Sostenere la bellezza è una responsabilità sociale

È nostra responsabilità intervenire nella società anche attraverso il sostegno a quelle realtà che operano per il cambiamento che vogliamo. Ne sono convinti i soci del consorzio siciliano “Le Galline Felici” che nel loro ultimo pizzino ci aggiornano sui progetti da loro supportati: baluardi di bellezza contro brutture e ingiustizie dell’umanità. Come ormai sapete, siamo fortemente convinti che l’azione del Consorzio sia paragonabile a quella dell’ape, che, spinta dal proprio bisogno di cibo, procura benefici per sé, per i fiori e per l’ambiente tutto (qui per ricordarci il perché!). Ma cosa fare allora della piccola sovrabbondanza di miele che riusciamo, a volte, a produrre? Visto il ruolo che ci ritroviamo a ricoprire nel mondo e gli alti obiettivi che, assieme a voi, ci poniamo, non possiamo certo ambire ad ingrossare le nostre pance (sempre sull’orlo del sottopeso, per la verità…).

Estendere ad altri, meritevoli, il modello economico che riteniamo vincente, certo! Già ottimo risultato, per la verità. Ma anche questo può non bastare per la nostra coerenza. Se davvero il nostro obiettivo è cambiare l’economia e le relazioni tra gli umani, la nostra crescita deve significare aumento del profitto sociale e delle connessioni per mettere a sistema e rendere efficace il cambiamento che vogliamo. È dunque nostra responsabilità intervenire nella società anche con azioni che leggermente si distaccano dalla nostra quotidiana attività economica, con sostegni a realtà a noi vicine, che per varie ragioni incrociano il nostro cammino e la cui esistenza, seppur apparentemente lontana dalla vendita delle nostre arance, è fondamentale per creare quel tessuto multidimensionale e colorato, grazie a cui possiamo sperare di costruire un mondo migliore. Spesso il nostro intervento risponde ad emergenze e sempre cerca di supportare chi dimostra di voler reagire creativamente e positivamente alla bruttura umana, a furti, incendi dolosi, razzismi e chiusure. Perché riteniamo sia proprio questa creatività positiva ciò di cui il nuovo mondo ha bisogno. Non di tutti questi sostegni vi abbiamo dato comunicazione, spesso presi dalla quotidianità del nostro lavoro. Per molti di questi vi abbiamo invece coinvolto e voi avete sempre risposto con passione. Ma, una volta sostenuti, che ne è stato di questi progetti? Lo abbiamo chiesto a chi ha ricevuto il nostro supporto e ne sono risultati racconti appassionati e gratificanti, che ci sembra bello condividere con voi.

Il regalo Collettivo FX su una delle pareti della Club House ricostruita del Briganti di Librino

Per iniziare, come sono state impiegate le donazioni (molte venute dalla nostra comunità, ma moltissime anche da altre realtà vicine e lontane) che hanno fatto sentire ai Briganti di Librino di non essere “soli in un vicolo buio” ma di avere il sostegno necessario a ricominciare, ancora più forti, dopo il devastante incendio doloso di un anno fa?

Grazie alle molte donazioni, ed al lavoro di molti volontari, la clubhouse distrutta è stata ricostruita, in un altro spazio, “più bella di prima”, come premunito da una profezia ormai diventata leggenda! E il San Teodoro continua così ad essere un luogo in cui, “come alternativa al degrado, si fanno: l’orto, i compiti, le letture, gli scacchi, i placcaggi duri ma regolari, le feste, le sfilate di moda, i pesi, i calci, la cartapesta. É un posto dove ha attecchito la bellezza. É una trincea. É un baluardo”. Ce lo racconta Mario, pollo-brigante, in questo resoconto appassionato.

FIERi, la Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso nel centro di Catania

E il nostro sostegno al progetto FIERi (Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso) quali frutti ha portato? Ne è nato un altro angolo di bellezza, questa volta in centro a Catania, in uno spazio pubblico prima abbandonato. E soprattutto ne è sorta una cooperativa mista, di migranti ed italiani, che sta cercando di creare lavoro in ambiti artigianali sostenibili. Qui  trovate qualche parola in più, scritta da Antonio D’Amico. Lo scorso anno, inoltre, forse qualcuno di voi non avrà ricevuto l’uva da tavola che aveva gentilmente richiesto. E forse qualcuno dunque sa che il nostro pulcino Vincenzo Di Dio (qui la sua presentazione) è stato derubato dei frutti di due filari, proprio a pochi giorni dalla consegna. Vista la precarietà della sua situazione, il Consorzio ha deciso di pagargli comunque buona parte di ciò che avrebbe potuto consegnare, a condizione che quei soldi fossero impegnati per contribuire a far rivivere la sua campagna ancora in stato di semiabbandono. E così Vincenzo, oltre a risistemare le vigne, ha deciso di avviare un orto per fornire la sua zona (Caltagirone) e non solo… ha investito in piantine, impianto di irrigazione e concime organico e ora lavora con entusiasmo, insieme a suo padre e a due ragazzi che prima lavoravano, supersfruttati, nelle vigne intensive.

Vincenzo Di Dio

Tutti i giorni in campo e in giro per le consegne, presidiando il suo territorio e dando vita ad un altro “baluardo di bellezza”. Qui trovate una mail che Michele Russo, socio e amico d’infanzia di Vincenzo, ha girato a noi del Consorzio e ci ha commossi al punto di volerla condividere con voi così com’è.

Da il “pizzino” di aprile 2019 de Le Galline Felici

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/04/sostenere-bellezza-responsabilita-sociale/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Confiscata alla mafia, diventa una “casa memoria” della lotta alle cosche

Siamo in centro a Catania, in Sicilia, dove un immobile confiscato alla mafia è diventato, grazie a una rete di associazioni, una “casa della memoria” della lotta alle cosche.

Un bene confiscato alla mafia. Una casa con un bellissimo giardino nel centro della città di Catania, in via Randazzo 27. Una rete di associazioni che ha trasformato quello che è stato un luogo di mafia in un giardino per il quartiere e in una “casa memoria” della lotta alla mafia. Sono gli ingredienti di un progetto diventato realtà grazie a una raccolta fondi e all’impegno di tanti volontari.

«L’abbiamo chiamato “Il Giardino di Scidà” . Gli abbiamo dato il nome di un giudice, storico presidente del Tribunale dei minori di Catania, che tanto ha fatto per combattere la mafia e per salvare intere generazioni dalla criminalità – spiegano dall’associazione culturale I Siciliani, tra i promotori dell’iniziativa – Catania ha pochissimi luoghi della memoria della lotta alla mafia. Per qualcuno a Catania la mafia non è mai esistita. Per questo abbiao voluto costruire, proprio in un bene confiscato alla mafia e affidatoci dal Comune, una “casa memoria” , dove raccontare attraverso documenti, oggetti, foto, video, racconti la storia del potere mafioso in città, ma soprattutto le tante storie di chi contro la mafia si è battuto. Come Giuseppe Fava , direttore de I Siciliani, assassinato il 5 gennaio 1984. Come Giambattista Scidà che ha speso la sua vita “per la giustizia, per Catania”. Una casa e un giardino aperti alle scuole, alle famiglie, al quartiere».

E nel 2017 le associazioni impegnate nel progetto sono riuscite a raccogliere più di quindicimila euro, a cui si sono aggiunti 2500 euro di Banca Etica.

«Non c’era nulla e abbiamo dovuto fare tutto – spiegano I Siciliani – il contratto della luce, l’impianto elettrico, l’impianto idraulico. Abbiamo dovuto togliere le porte distrutte, cambiare gli infissi, ripristinare le pareti, montare lo scaldabagno, montare le lampade e i lampioni. Controllare i tetti malconci e ripristinarli. Rimettere in sesto il giardino, costruire i gradini, la rampa, il massetto. C’è stato Maurizio Parisi, senza il quale nulla si sarebbe potuto fare: la mattina stringeva i tubi, metteva in ordine il giardino, la sera riunione di redazione. Ci sono stati gli architetti Giuseppe Mazzeo e Lorenzo La Mantia che prima sono venuti a fare i sopralluoghi, poi a prendere le misure. Hanno redatto un progetto di riqualificazione dell’immobile e ci hanno aiutato nelle richieste al Comune e infine lo hanno realizzato, rendendo fruibile il giardino e l’immobile. Irene Cummaudo che ci ha insegnato a rimettere in sesto le pareti e a leggere Pippo Fava. Andrea, Elena, Giorgio, Soemia che ci hanno portato il circo, le bolle di sapone e la magia. Salvo Castro e gli attivisti del Comitato Popolare Antico Corso hanno invece portato la luce».

E dicono ancora: «L’Arci, la Fondazione Fava, il Gapa, partner de I Siciliani nella gestione del Giardino hanno lanciato il cuore oltre l’ostacolo e grazie a Francesca Andreozzi, Giuseppe Andreozzi, Dario Pruiti, Saro Rossi, Ivana Sciacca, siamo riusciti a organizzare eventi, a presentare progetti, ad avviare campagne, a mettere in piedi un gruppo di educatrici ed educatori che adesso sono i veri protagonisti delle attività del Giardino».

«Alessio Di Modica al Giardino ha portato il suo spettacolo Ossa, Turi Zinna ha recitato Doppio Legame, l’associazione Terre Forti con Alfio Guzzetta ha messo in scena quattro spettacoli teatrali – proseguono i promotori del progetto, che ringraziano un intero quartiere mobilitatosi – Le bambine e i bambini dello Studio di logopedia e psicomotricità hanno giocato e sguazzato in piscina nelle mattine di luglio, le bambine i bambini del Gapa si sono tinti di blu e hanno dato colore al giardino. Le donne del quartiere hanno fatto yoga, le mamme e i papà del quartiere hanno festeggiato in giardino i compleanni dei loro figli. Sono venuti da tutta Italia a visitare il bene confiscato: scuole del piemonte, di Trento, licei di Catania. Sono venuti i ragazzini di Librino a scoprire cos’è e come funziona un bene confiscato alla mafia. Una sera d’estate abbiamo esposto le foto scattate per il giornale del sud e abbiamo proiettato Prima che la notte, il film sulla storia de I Siciliani e di Pippo Fava. C’erano gli attori del film, c’era Claudio, c’era Riccardo e c’erano tantissime persone, sedute a terra, sulle scale, sull’antica cisterna che sovrasta il giardino».

«Abbiamo ancora tanta strada da fare. Tra poco al giardino arriverà internet, arriverà la radio, sono già arrivate, direttamente dal set del film, le riproduzioni dei quadri di Pippo Fava, donati dalla Fondazione Fava al Giardino. E arriveranno le classi delle scuole per imparare cosa significa giornalismo, cosa significa combattere davvero, non solo a parole, la mafia».

Buon lavoro ragazzi!

Fonte: ilcambiamento.it

La Porta della Bellezza: quando l’arte risveglia le coscienze

L’arte entra a Catania dalla Porta della Bellezza, opera monumentale collettiva e progetto artistico ed etico voluto a Librino da Antonio Presti, imprenditore e mecenate siciliano che ha deciso di dedicare la sua vita ad una missione: innestare attraverso l’arte un moto di civiltà, il valore della cura ed il senso di appartenenza ad un territorio.

“Siamo a Catania, nel quartiere periferico di Librino: settantamila abitanti, diecimila bambini, nove scuole elementari e medie, nove istituzioni religiose e oratori, un luogo contemporaneo che si riconosce sempre con il valore di mancamento. A quarant’anni dalla nascita di queste periferie contemporanee non siamo ancora riusciti ad innestare in queste comunità il senso comune di essere cittadini”.

Con queste parole inizia l’intervista che ci ha rilasciato Antonio Presti proprio di fronte alla “sua” (nostra!) Porta della Bellezza: un muro, un ponte, un angolo di squallida periferia trasformato in opera d’arte collettiva, realizzata da artisti e poeti con la partecipazione di 2000 bambini delle scuole di Librino.

“Figlio di un importante imprenditore siciliano, attivo in ambito immobiliare, ereditò l’azienda paterna a ventisette anni e affiancò all’attività imprenditoriale quella di mecenate. Presidente della Fondazione Fiumara d’Arte, Antonio Presti – si legge sul sito Ateliers sul mare –  è un siciliano che ha deciso di dedicare tutto se stesso, compreso il suo patrimonio personale, per far trionfare l’arte in tutte le sue forme. È impegnato da anni a creare una coscienza legata alla cultura ma soprattutto ad uno spirito etico, che si forma proprio attraverso un rapporto differente con la bellezza”.

Dopo aver reso possibile la nascita di vere e proprie opere viventi in provincia di Messina e non solo, il nostro imprenditore-artista decide di dedicarsi al quartiere catanese di Librino permettendo la realizzazione della Porta della Bellezza. Quello che più colpisce – come si può anche vedere dalla video-intervista che qui vi proponiamo – è come in una zona caratterizzata dal degrado e dal vandalismo, quest’opera – in oltre otto anni – non sia stata toccata o deturpata. La cittadinanza, evidentemente, la sente in qualche modo ‘sua’.

In un quartiere abbandonato dalle istituzioni e dagli stessi cittadini di Catania – che spesso fingono di non conoscerne l’esistenza e raramente lo attraversano – un artista è quindi riuscito ad innestare un moto di civiltà, un sentimento di appartenenza. A noi, che attraversiamo il quartiere per la prima volta, colpisce ulteriormente come questo luogo sia situato a pochi chilometri dal campo di rugby ‘San Teodoro Liberato dei Briganti di Librino’, protagonista di altre commoventi storie siciliane. Ma torniamo all’ingresso del quartiere.porta-della-bellezza-2

“Lavoro da venti anni con la mia fondazione a Librino – ci spiega Presti – e ho potuto constatare come in nome del ‘non luogo a procedere’ tutto è rimasto statico rispetto a quel mancamento. Ho visto tante politiche sociali volte al recupero della devianza, ma la città le ha sempre rigettate, ha rigettato l’innesto innaturale di un’altra città nella città (Librino ‘ospita’ 70 mila persone…). Catania dovrebbe assumersi la responsabilità di far diventare questo luogo città. Purtroppo, invece, la politica, nel suo esercizio di potere, ha instillato in intere generazioni la logica dell’assistenza, del chiedere per esistere… Ecco perché diventa necessario entrare in quelle scuole, educare anno dopo anno (con impegno devozionale) e restituire bellezza e educazione alla bellezza. È la responsabilità degli artisti”.

Librino diventa, quindi, un luogo doppiamente simbolico. Da un lato rappresenta quel “mancamento” di cui parla Presti, dall’altro – con i suoi nuovi cittadini – può diventare motore di un cambiamento nella coscienza, che metta al centro la responsabilizzazione del cittadino e la sua pro-attività. In quest’ottica diventa evidente come un muro non si debba necessariamente abbattere; lo si può, infatti, anche trasformare con la condivisione. L’opera d’arte – per Presti – diventa quindi il mezzo e lo strumento per creare contatto e condivisione. Non solo: “È bello pensare – afferma – che a Librino esista un’opera unica al mondo, portatrice di una grande rivoluzione, anche spirituale. Quest’opera, restituisce anima ad un quartiere che non pensava di averla. Creare bellezza è restituire anima ai cittadini”. In questo modo, questi ‘cittadini di serie b’ possono forse uscire da uno stato di ‘schiavitù’ instaurato dalla propria condizione di ignoranza. Per liberarsi, è fondamentale educarsi alla conoscenza e al potere del sapere.porta-della-bellezza-3

Antonio ama ripetere che “l’utopia non è ciò che non si può realizzare, ma ciò che il sistema non vuole che si realizzi. Se Librino, in passato conosciuta tristemente come simbolo delle periferie degradate, poteva essere utopia, ora non lo è più grazie alla Porta della Bellezza; quando la bellezza si manifesta non ti dice mai che sei in pericolo ma ti ricorda che sei bello!”.

Tutto ebbe inizio dal desiderio di trasformare la scuola in un tempio della conoscenza. Gesualdo Bufalino ha affermato: “La mafia sarà vinta da un esercito di maestri elementari”! In effetti, – secondo Presti – in questi luoghi di mancamento, non ci vogliono eserciti di poliziotti o carabinieri, ma eserciti di insegnanti, che diventino “guerrieri di luce che consegnano conoscenza”.

Ma è solo l’inizio! Mentre passeggiamo per le vie adiacenti la “porta”, il nostro intervistato ci descrive i progetti di trasformazione artistica previsti in questa zona. “Voglio compiere i prossimi passi attraverso la fotografia: le immagini delle persone qui residenti saranno installate su tutti i pali della luce e lì diventeranno il cantico delle creature. È bello pensare ai pali della luce con questi banner che restituiscono cuore e appartenenza ad ognuno di noi, invitandoci a sentirci appartenenti all’universo.porta-della-bellezza

La notte – continua – mi piacerebbe proiettare sulle facciate cieche le immagini dell’archivio antropologico. Sarebbe bello, nel pensiero della continuità, creare una rete di condivisione di pensiero culturale, ma anche di impegno civile e partecipazione. Deve rimanere la devozione e la libertà del pensiero d’arte e di cultura, che dovrà parlare di rispetto. Mi fa piacere pensare come l’arte contemporanea, in Sicilia, riesca sempre a seminare e nella semina trovare il suo vero raccolto. L’obiettivo, quindi, è quello di creare qui un museo della bellezza”.

Un museo che appartenga veramente alle comunità e che non diventi passerella per questo o quel politico. “Mi piacerebbe donare questo museo ai ragazzi e agli uomini di Librino che hanno sbagliato… come una sorta di pena rieducativa. Voglio pensare che un domani questo progetto possa essere preso in mano da persone che, in nome di un percorso rieducativo, uscite dal carcere, possano ritrovare nella protezione della bellezza la restituzione della bellezza stessa”.

Una bellezza, quindi, che diventa rivoluzionaria senza andare contro qualcuno, ma muovendosi a favore di un mondo diverso. Su questo Presti non ha dubbi: “La via della bellezza non è Anti, ma è altro. Ho visto le primavere siciliane diventare presto freddi inverni. Oggi dico che quelle primavere sono state delle passerelle. Le nuove generazioni devono sapere che la rivoluzione passa dalla conoscenza. La bellezza, quando si esprime, non è mai anti”.

 

Intervista: Daniel Tarozzi
Realizzazione video: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/09/io-faccio-cosi-224-porta-della-bellezza-arte-risveglia-coscienze/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Centrocontemporaneo: le antiche botteghe rinascono grazie all’arte

Riaprire le botteghe storiche per favorire la rinascita culturale e sociale del centro storico di Catania. Il progetto di rigenerazione urbana Centrocontemporaneo ha avviato una vera e propria rivoluzione strappando dal degrado il centro catanese e trasformandolo in un luogo vivo e ricco di idee, arte, condivisione e bellezza. “In un momento in cui tutte le botteghe storiche del centro venivano chiuse, noi abbiamo accettato la sfida e abbiamo provato a riaprirle”. Comincia così il racconto del progetto di rigenerazione urbana Centrocontemporaneo da parte di Alessandro, uno dei fondatori. Il primo passo è stato proprio quello di credere nel cambiamento: dal basso, sostenibile, di lungo periodo. E poi? “Abbiamo cominciato a far aprire i palazzi, per trasformare ogni cortile in un luogo di produzione culturale”, prosegue. Socialità e condivisione sono infatti altri due pilastri di questo percorso che ha pochi eguali in Italia e che ha trasformato in pochi mesi il “quadrilatero dell’arte” del centro storico di Catania in un luogo vivo e frequentato, strappandolo al degrado e restituendolo alla cittadinanza.

Da questa zona centrale è partita una grande rivoluzione che sta ridefinendo l’idea stessa di città: non più un ammasso di case, strade e negozi che ospita semplicemente i cittadini, ma un organismo con una sua identità, nata grazie all’unione delle tante anime che lo compongono. Il minimo comune denominatore? L’arte!

Dal 2013 Centrocontemporaneo lavora per ridisegnare il volto urbano di Catania attraverso pedonalizzazioni, mobilità ciclabile, fiori e piante che abbelliscono i marciapiedi. “Le botteghe che abbiamo fatto riaprire in questi anni rifioriscono di idee, di arte, di musica e di bellezza”. Tantissimi artisti – prevalentemente locali, ma anche provenienti da fuori – si esibiscono coinvolgendo le attività commerciali e gli abitanti del quadrilatero dell’arte.centrocontemporaneo

La bellezza dunque ha salvato questa porzione di città. Non solo! Ha anche rimesso a nuovo il suo tessuto sociale ed economico: “Sono tutte attività – spiega Nino, un altro dei fondatori – che hanno un’ispirazione di tipo artistico e artigianale e che campano con questo”. Arte e artigianato che garantiscono una fonte di reddito? In Italia (purtroppo!) si vede raramente, ma qui a Catania succede!

Il vero obiettivo del Centrocontemporaneo è conquistare la città. Ambizioso certo, ma non impossibile! Come? Attraverso la bellezza condivisa, la partecipazione, il cambiamento dal basso, l’arte, l’artigianalità.

Intervista: Daniel Tarozzi
Realizzazione video: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/08/io-faccio-cosi-222-centrocontemporaneo-le-antiche-botteghe-rinascono-arte/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Un rogo mafioso cancella la club house dei ragazzi del Librino

A Catania, nel difficile quartiere di Librino, un rogo doloso ha distrutto la “club house” dei Briganti, la squadra di rugby locale, che da anni fornisce un’alternativa ai ragazzi della zona, sottraendoli alla criminalità e insegnando loro la cultura dello sport, della convivenza e del rispetto. Ecco il comunicato di Roberto Li Calzi delle Galline Felici, che in questo luogo sono di casa. È bruciata una CASA, una grande casa per molte persone, tanti ragazzini in calzoncini e scarpette, ma che è stata CASA più volte anche per NOI.

NOI europei, che abbiamo firmato là le co-produzioni (non c’è più quel tavolo nè quelle librerie).

NOI LoFaccioBene e compagni di strada italiani, francesi, africani e indiani, che vi abbiamo fatto arrivare ed esprimere e ballare e sfilare ragazzi dall’Africa (non c’è più la cucina che ci ha sfamato).

NOI abitanti di quel quartiere che ci coltiviamo lattughe e pomodori (non c’è più il bar in cui rifocillarsi).

NOI comunità senza frontiere e senza nome, che vogliamo affermare a tutti i costi il BEN-VIVERE, in tutte le sue declinazioni (non ci sono più i divani su cui sedersi a ragionare).

Quel posto è STRACARICO delle NOSTRE emozioni e di ricordi… qualcuno, in quella CASA, ha persino trovato il grande amore della sua vita, probabilmente, molti più d’uno. Quella casa sta continuando a funzionare: ogni giorno vi si continuano a svolgere i normali allenamenti, i ragazzini si presentano puntuali chiedendo ai “vecchi” – che possiamo fare? – e poi vanno ad allenarsi…unnamed

QUELLA CASA COMUNE VA RICOSTRUITA! E SUBITO! Ed è importante che quei ragazzini sentano più che mai che non sono soli che sappiano, molto più di come è stato, già tanto, in questi anni, che stanno nei pensieri e nelle azioni di donne e uomini a Bergamo come a Parigi che si sentano parte attiva di un organismo molto più grande che dalla reazione corale alla disgrazia traggano forza e motivi di fiducia nel mondo e nell’umanità.

SERVE TUTTO quello che serve per rimettere in piedi una grande casa esclusi i lampadari, perché la nuova club house sarà riallestita “dieci volte più grande e più bella” – dice Mario – nella palestra ancora dismessa e appendere lampadari ad un soffitto a 17 metri di altezza non è il caso…

Esclusi i lampadari serve tutto, pensando ai più piccoli, anche, che hanno bisogno di tavolini e sedie basse per il doposcuola; serve riallestire una cucina capace di preparare 100 pasti, uno o più frigoriferi, scaffali, una fotocopiatrice, divani e poltrone, scaffali, legname da costruzione, macchine per il caffè, qualche branda, bagni e lavandini e rubinetterie, impianto elettrico, lampade da tavolo e da muro, scaffali, materiale di cancelleria, materiale medico per il pronto soccorso, giochi da tavola, scaffali.librino

L’avevo detto? Serve una mano per fare i numerosi lavori, servono soldi per acquistare i materiali per ricostruire e quello che non si riuscirà a reperire di riuso. Potete versare direttamente sul conto dei Briganti: C/C intestato a: A.S.D. I Briganti Iban: IT 03T 03127 26201 000000190243 – BIC: BAECIT21263 – Unipol Banca o partecipare al crowdfunding prontamente allestito da Social Business World. I Briganti sono già all’opera per coordinare la ricostruzione e domenica si è tenuta un’affollatissima assemblea in palestra tutta la Catania che vuole che vinca la LUCE era là oltre ai numerosissimi attestati di stima e solidarietà, bello sarebbe se nei prossimi giorni i Briganti potessero contare su consistenti sostegni economici grazie! anticipato da parte di quelle centinaia di ragazzini che si formano alla vita qua e le migliaia che passeranno da qua nei prossimi trent’anni… di più?

Roberto

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/01/rogo-mafioso-cancella-club-house-librino/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Bellezza e legalità: il coraggio di difendere la propria terra

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Emanuele Feltri è un giovane siciliano innamorato della sua terra e della legalità, che ha deciso di restare per far rinascere una delle valli più belle dell’isola. Emanuele Feltri ha 34 anni, è nato a Catania ed è perito agrario. Dopo aver preso il diploma, ha deciso di non emigrare al nord, ma di restare nella sua Sicilia per avviare una coltivazione di prodotti biologici e un allevamento di ovini nella Valle del fiume Simeto.  I primi due anni di attività, però, non sono stati facili. Emanuele crede fermamente nell’imprenditoria agricola sana, svincolata da ricatti e prepotenze, che non convive con le ecomafie, ma che punta su biologico, vendita diretta, qualità dei prodotti e consorzi tra piccole aziende. Ma la criminalità organizzata ha cercato di piegarlo alle sue “regole” in tutti i modi, con richieste di pagamento del pizzo, minacce e danneggiamenti. Hanno bruciato l’agrumeto, danneggiato l’impianto d’irrigazione, rubato attrezzature, ma Emanuele ha deciso di non cedere. Si è rivolto alle forze dell’ordine e ha denunciato tutti i tentativi di soffocare la sua piccola azienda biologica attraverso l’imposizione di pizzo, prezzi di vendita e passaggi commerciali.“La scelta di rimanere”, spiega, “è avvenuta nel momento in cui una proposta di lavoro mi stava portando per l’ennesima volta lontano dalla Sicilia. Adesso è giunto il momento di mettere a frutto il mio vissuto per dare il mio apporto ad una terra che amo profondamente, ma che è piena di problemi e contraddizioni”.

La Valle del Simeto incarna tutte le problematiche della Sicilia”, continua, “ma la sua bellezza, la storia del suo vissuto rurale mi hanno chiamato a proporre un modello di lavoro e di vita che esprimono la volontà di non scendere a compromessi con un sistema basato sullo sfruttamento del territorio e dell’uomo”.

L’azienda agricola di Emanuele si trova su una collina vicino a Paternò, dalla quale si vede l’Oasi avi-faunistica di Ponte Barca, nata nel 2009. Ma Emanuele si rende conto che l’area protetta esiste solo sulla carta: la zona non solo è incustodita, ma è anche una discarica a cielo aperto. Mancano recinzioni e controlli e chiunque può entrarvi per appiccare incendi, cacciare la selvaggina e scaricare rifiuti. Si rivolge, ancora una volta, alle forze dell’ordine per segnalare lo stato di degrado dell’Oasi e anche le numerose discariche abusive presenti nella Valle, dove i camion scaricano rifiuti di ogni tipo, anche pericolosi e tossici. Inoltre, denuncia la continua moria di pesci e lo sversamento di sostanze nocive nel fiume Simeto, che, con i suoi 113 km di lunghezza, è il secondo fiume dell’isola e il primo per portata d’acqua ed estensione del bacino idrografico. Denuncia l’assenza di vigilanza nei boschi, che favorisce la presenza dei bracconieri, e la mancanza di controllo e manutenzione delle aree archeologiche, per la gioia di ladri e tombaroli. E consegna ai Carabinieri di Paternò un lungo memoriale dove racconta tutto ciò che ha visto e ha subito in prima persona.

Avere espresso in maniera forte la mia distanza dalle dinamiche criminali presenti nella valle”, racconta Emanuele, “proponendo uno sviluppo eco-sostenibile, è bastato per scatenare due anni di furti, danneggiamenti alla proprietà, minacce, tentativi di tirarmi dentro ad una rete di “protezione” e, infine, due episodi intimidatori di stampo mafioso, con l’uccisione delle mie pecore, sparate a pallettoni, e il ritrovamento della testa di un agnello di fronte alla porta di casa”.

Dopo questo episodio, avvenuto il 29 giugno scorso, la notizia fa il giro della Valle e il 7 luglio viene organizzata una manifestazione spontanea di solidarietà nei suoi confronti, alla quale partecipano 500 persone. Due giorni dopo, la criminalità risponde facendogli trovare un agnello sventrato, ma accade piccolo miracolo: nasce un coordinamento spontaneo di cittadini, trasversale e privo di connotazioni politiche (il “Coordinamento in Difesa della Valle del Simeto”), che sostiene Emanuele nella sua battaglia in difesa del territorio, della legalità e dell’imprenditoria sana.

Sono i ragazzi di Paternò e dei paesi limitrofi”, spiega,“che, come me, hanno scelto di non partire e di costruire un futuro migliore nella loro terra; sono le famiglie con i loro figli che hanno espresso la voglia di una vita più a misura d’uomo; sono agricoltori consapevoli che vogliono difendere il mio e il loro diritto di esistere, vivendo e lavorando in pace e serenità”.

Grazie al nuovo comitato, la storia di Emanuele raggiunge l’opinione pubblica, i social network, i media nazionali e le autorità. Anche il sindaco di Paternò, Mauro Mangano, e il Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, sposano la sua causa, mentre il Prefetto di Catania si impegna personalmente, insieme all’associazione Libera, ad offrirgli protezione contro nuove intimidazioni.

“Non bisogna essere super eroi”, sottolinea Emanuele, “per portare avanti i propri ideali, per testimoniare che, a volte, il coraggio sta proprio nel condurre la propria vita quotidiana con coerenza e senza compromessi. Quando ci renderemo conto che ci stanno togliendo tutto, anche la possibilità di vivere nella propria terra, forse inizieremo a voler essere i reali protagonisti del nostro futuro. Io resto qui, non andrò via”.

E conclude: “La Valle del Simeto è già rinata, perché ha reagito ad un forte attacco con coraggio ed unione. Adesso la sfida è riuscire a trasmettere tutto questo, andando avanti e fronteggiando i possibili ulteriori contrattacchi di chi vuole che nulla cambi. Io la mia terra non la lascio: è come chiedermi di smettere di respirare”.

Fonte:buonenotizie.it

Ricercatori morti alla Facoltà di farmacia a Catania, il film va a Venezia

In memoria di Emanuele Patané sarà presentato a Venezia 70 fuori concorso per la regia di Costanza Quatriglio il film Con il Fiato sospeso che in 35 minuti racconta dei veleni inalati alla facoltà di farmacia di Catania da parte dei ricercatorifiato-sospeso1-620x350

La storia di Emanuele Patané, dottorando alla Facoltà di farmacia all’Università di Catania che muore per cancro a 29 dopo aver inalato a lungo miasmi del laboratorio di ricerca, vera e propria discarica di veleni tossici, diventa un film. Sarà Michele Riondino a dare voce a Emanuele Patanè nella pellicola Con il fiato sospeso diretto da Costanza Quatriglio e presentato al Venezia Film Festival 2013.

Emanuele Patané era ricercatore della Facoltà di Farmacia di Catania e nel suo memoriale raccontò come i veleni che aveva inalato durante i suoi anni di studio lo avessero fatto ammalare di cancro ai polmoni. Emanuele è morto all’età di 29 anni nel 2003 e con lui hanno perso la vita altre 15 persone, fatto per cui è in atto un processo presso il Tribunale di Catania. Il progetto della Quatriglio dunque sarà presentato a Venezia 70 dall’Istituto Luce il prossimo 31 agosto e come viene spiegato sulla pagina Fb dedicata al film:

Tutti coloro che hanno partecipato al film, lo hanno fatto prima di tutto per dare voce a questa storia. Questa storia difficile da contenere in una definizione, una storia di università, di giovani ricercatori, di inadeguato trattamento di sostanze tossiche, di professori che dicono che tutto va bene e di ragazzi che muoiono di cancro. Grazie ad Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Anna Balestrieri e i Black Eyed Dog, Gaetano Aronica, Paolo Buonvino, Sabrina Varani, Luca Gasparini, Letizia Caudullo, Andrea Campajola, Beatrice Scarpato, Francesca Vecchi, Roberta Vecchi, Daniela Tartari, Gianluca Scarlata, Edgar Iacolenna, In House, Laura Muccino, Gianmaria Sortino, Christian Bonatesta, Paolo Sperandeo, Ines Vasiljevic, l’Istituto Luce Cinecittà che per primo se ne è innamorato e l’ha voluto in distribuzione e la casa di produzione Jolefilm che si è unita a noi in questi giorni.

Fonte:  Catania Today