Nuovo record CO2: nel 2021 + 6% di emissioni globali, il livello più alto mai raggiunto nella storia

Lo comunica l’IEA nel suo ultimo rapporto, in cui spiega che Il balzo è dovuto all’eccessivo affidamento al carbone. Il massimo storico è dovuto all’accelerazione dell’economia a causa del Covid-19 che si attesta a 36,3 miliardi di tonnellate, più che compensando il declino indotto dalla pandemia nell’anno precedente. Il balzo è dovuto all’eccessivo affidamento al carbone

Secondo una nuova analisi dell’IEA, nel 2021 il balzo economico dovuto alla pandemia ha accelerato le emissioni globali di anidride carbonica dovute all’energia portandole al suo massimo storico di 36,3 miliardi di tonnellate, con un aumento del 6%. L’accelerazione è dovuta al maggiore affidamento al carbone per alimentare tale crescita. L’IEA nel suo rapporto Global Energy Review: CO2 Emissions in 2021 ribadisce che l’aumento delle emissioni di oltre 2 miliardi di tonnellate è stato il più grande nella storia in termini assoluti, più che compensando il declino indotto dalla pandemia dell’anno precedente. La ripresa della domanda di energia nel 2021 è stata aggravata dalle condizioni meteorologiche e del mercato energetico avverse, in particolare dai picchi dei prezzi del gas naturale, che hanno portato a una maggiore combustione di carbone nonostante la produzione di energia rinnovabile abbia registrato la sua più grande crescita di sempre. I dati sulle emissioni globali di CO2 e sulla domanda di energia si basano sull’analisi dettagliata dell’IEA regione per regione e combustibile per combustibile, attingendo agli ultimi dati ufficiali nazionali e ai dati energetici, economici e meteorologici pubblicamente disponibili. Insieme alle stime delle emissioni di metano pubblicate dall’IEA il mese scorso e alle stime delle emissioni di protossido di azoto e di CO2 legate al “flaring”, la nuova analisi mostra che le emissioni complessive di gas serra dall’energia sono salite al livello più alto mai raggiunto nel 2021.

I numeri chiariscono che la ripresa economica globale dalla crisi del Covid-19 non è stata la ripresa sostenibile che il direttore esecutivo dell’IEA Fatih Birol ha chiesto durante le prime fasi della pandemia nel 2020. Il mondo ora deve garantire che il rimbalzo globale delle emissioni nel 2021 è stato un evento unico e che una transizione energetica accelerata contribuisce alla sicurezza energetica globale e alla riduzione dei prezzi dell’energia per i consumatori.

Il carbone ha rappresentato oltre il 40% della crescita complessiva delle emissioni globali di CO2 nel 2021, raggiungendo il massimo storico di 15,3 miliardi di tonnellate. Le emissioni di CO2 del gas naturale sono rimbalzate ben al di sopra dei livelli del 2019 a 7,5 miliardi di tonnellate. Con 10,7 miliardi di tonnellate, le emissioni di CO2 del petrolio sono rimaste significativamente al di sotto dei livelli pre-pandemia a causa della limitata ripresa dell’attività di trasporto globale nel 2021, principalmente nel settore dell’aviazione.

Nonostante il rimbalzo dell’uso del carbone, le fonti di energia rinnovabile e l’energia nucleare hanno fornito una quota maggiore della produzione globale di elettricità rispetto al carbone nel 2021. La generazione da fonti rinnovabili ha raggiunto il massimo storico, superando gli 8.000 terawattora (TWh) nel 2021, registrando 500 TWh al di sopra del livello del 2020. La produzione di energia eolica e solare fotovoltaica è aumentata rispettivamente di 270 TWh e 170 TWh, mentre la produzione idroelettrica è diminuita a causa degli effetti della siccità, in particolare negli Stati Uniti e in Brasile.

L’uso del carbone per la produzione di elettricità nel 2021 è stato intensificato dai prezzi record del gas naturale. I costi di esercizio delle centrali a carbone esistenti negli Stati Uniti e in molti sistemi energetici europei sono stati considerevolmente inferiori a quelli delle centrali a gas per la maggior parte del 2021.

Il passaggio da gas a carbone ha spinto le emissioni globali di CO2 dalla produzione di elettricità di ben oltre 100 milioni di tonnellate, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, dove la concorrenza tra centrali elettriche a gas e a carbone è più serrata.

Il rimbalzo delle emissioni globali di CO2 al di sopra dei livelli pre-pandemia è stato in gran parte trainato dalla Cina, dove sono aumentate di 750 milioni di tonnellate tra il 2019 e il 2021. La Cina è stata l’unica grande economia a registrare una crescita economica sia nel 2020 che nel 2021. L’aumento delle emissioni in questi due anni in Cina hanno più che compensato il calo aggregato nel resto del mondo nello stesso periodo. Nel 2021, le emissioni di CO2 della Cina sono aumentate di oltre 11,9 miliardi di tonnellate, rappresentando il 33% del totale globale.

L’aumento delle emissioni della Cina è il risultato in gran parte di un forte aumento della domanda di elettricità che dipendeva fortemente dall’energia a carbone. Con una rapida crescita del PIL e un’ulteriore elettrificazione dei servizi energetici, la domanda di elettricità in Cina è cresciuta del 10% nel 2021, più velocemente della crescita economica dell’8,4%. Questo aumento della domanda di quasi 700 TWh è stato il più grande mai registrato in Cina. Con la crescita della domanda che supera l’aumento dell’offerta da fonti a basse emissioni, il carbone è stato utilizzato per soddisfare più della metà dell’aumento della domanda di elettricità. Ciò nonostante il paese abbia visto anche il suo più grande aumento mai registrato nella produzione di energia rinnovabile nel 2021.

Le emissioni di CO2 in India sono fortemente rimbalzate nel 2021 per superare i livelli del 2019, trainate dalla crescita dell’uso del carbone per la produzione di elettricità. La produzione a carbone ha raggiunto il massimo storico in India, balzando del 13% al di sopra del livello del 2020. Ciò è in parte dovuto al fatto che la crescita delle energie rinnovabili è rallentata fino a un terzo del tasso medio registrato nei cinque anni precedenti.

La produzione economica globale nelle economie avanzate è tornata ai livelli pre-pandemia nel 2021ma le emissioni di CO2 sono aumentate in modo meno marcato, segnalando una traiettoria più permanente di declino strutturale. Le emissioni di CO2 negli Stati Uniti nel 2021 sono state del 4% inferiori al livello del 2019. Nell’Unione Europea erano inferiori del 2,4%. In Giappone, le emissioni sono diminuite del 3,7% nel 2020 e sono rimbalzate di meno dell’1% nel 2021. Su base pro capite, le emissioni di CO2 nelle economie avanzate sono scese in media a 8,2 tonnellate e sono ora al di sotto della media di 8,4 tonnellate in Cina, sebbene permangano ampie differenze tra le economie avanzate.

Fonte: ecodallecitta.it

Un video mostra l’assurda crescita della produzione di energia mondiale

Il video realizzato da un dottorando utilizza i dati forniti dal colosso petrolifero BP per visualizzare la crescita della produzione energetica al mondo dal 1860 ad oggi, a seconda della fonte. Quando teniamo in considerazione tutta l’energia prodotta (e non solo di quella elettrica) ci accorgiamo che siamo ancora molto distanti da emissioni 0 e che le rinnovabili, da sole, non bastano, se contemporaneamente non ci impegnamo a ridurre di molto i consumi complessivi.

Il canale Youtube Data is Beautiful ha pubblicato un video interessante che mostra la progressione cronologica della produzione globale di energia a seconda della fonte: carbone, biocarburanti tradizionali (legname), petrolio greggio, gas naturale, energia idroelettrica, nucleare, solare, eolica. Il canale appartiene a un dottorando appassionato di dati, che ha usato come fonte le Statistical Review di BP, uno dei colossi mondiali nel settore petrolifero. 

Il video mostra l’aumento della produzione di energia negli ultimi 160 anni. Parliamo qui del totale dell’energia prodotta, non soltanto dell’energia elettrica. Quindi si considera, ad esempio, anche il legname per scaldare le abitazioni, i carburanti per far viaggiare le automobili, gli aeroplani, azionare motori vari e così via. In pratica tutta l’energia prodotta dall’essere umano per alimentare le proprie attività. La progressione è a dir poco impressionante. Si parte dal 1860 quando l’energia complessiva prodotta sulla terra era di circa 8mila ThW ed era prodotta per la maggior parte dal legname, per giungere oggi a una produzione di 153mila ThW all’anno (2019), con petrolio, carbone e gas naturale a farla da padroni (87% del totale). Solo dal 2000 ad oggi la produzione mondiale di energia è cresciuta di oltre il 27%.

Le fonti rinnovabili producono oggi solo 6.500 ThW di energia all’anno, poco più del 4% dell’energia complessiva. Siamo ancora distanti anni luce dalle emissioni zero che la crisi climatica ci richiede. Inoltre va considerato che mentre per la produzione di energia elettrica la transizione verso le rinnovabili è relativamente semplice, perché l’infrastruttura di distribuzione dell’energia rimane sostanzialmente la stessa, lo stesso non vale ad esempio per la transizione da veicoli a carburante verso auto elettriche. Infatti in quel caso (come in molti altri) è necessario ripensare l’intera infrastruttura, dato che l’energia non “entra” più nella macchina attraverso una pompa di benzina ma attraverso una presa di corrente.

Il video rende anche evidente che incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili non è sufficiente se non si pensa contemporaneamente a ridurre di molto il consumo complessivo di energia. È infatti improbabile che le sole fonti rinnovabili riescano a far fronte all’attuale fabbisogno energetico in tempi brevi. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/01/crescita-consumi-energia-mondo/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

E se l’energia da vento e sole arrivasse a costare meno di petrolio e carbone?

A preannunciarlo è il rapporto Renewable Power Generation Costs in 2017 dell’International Renewable Energy Association: entro il 2020 con ogni probabilità si potrebbe avere energia elettrica da sole e vento a un costo pari o inferiore a carbone e petrolio.

9735-10509

Dal 2010 il costo di generazione elettrica dall’eolico onshore è sceso di circa il 23% e quello del solare fotovoltaico del 73%. È quanto emerge dal rapporto Renewable Power Generation Costs in 2017 di Irena (International Renewable Energy Association), secondo cui i costi del solare dovrebbero scendere ulteriormente entro il 2020.
Quindi, se le previsioni saranno rispettate, i progetti eolici e solari più avanzati potrebbero fornire elettricità, nel giro di tre anni, a un prezzo pari o addirittura inferiore (nei due anni successivi) a 3 centesimi di dollaro per kwh. Un costo questo che sarebbe inferiore a quello con cui si produce oggi energia dalle fonti fossili (5-17 centesimi di dollaro per kWh). Dai dati provenienti dai progetti e dalle aste, sempre entro il 2020, tutte le tecnologie per la produzione di energie rinnovabili attualmente commercializzate concorreranno, e persino batteranno sul prezzo, i combustibili fossili, con una produzione compresa tra i 3 e i 10 centesimi di dollaro/kWh. L’energia eolica è già disponibile al prezzo di qualsiasi altra fonte: i costi medi ponderati globali negli ultimi 12 mesi ammontano a 6 centesimi di dollaro (-23% dal 2010) e l’energia eolica è oggi disponibile anche a 4 centesimi per kWh. Per il solare si è invece nell’ordine di 10 cent. Un calo percentuale ancora maggiore l’ha fatto registrare il fotovoltaico diminuito del 73% dal 2010 a un Lcoe (costo di produzione costante dell’energia sull’intera vita operativa dell’impianto) di 10 centesimi di dollaro/kWh, con una previsione di un’ulteriore riduzione entro il 2020.

“Questa nuova dinamica segna un significativo cambiamento nel paradigma energetico”, ha dichiarato Adnan Z. Amin, direttore generale di Irena. “Il declino dei costi grazie alla tecnologia sono senza precedenti e dimostrano il grado con cui le rinnovabili stanno cambiando il sistema energetico globale”.

Ma la riduzione nei costi per la produzione di energia da sole e vento non basta: servono investimenti, ricerca e sviluppo. A sostenerlo sono studiosi ed economisti del settore energetico in tutto il mondo, preoccupati dal rallentamento osservato nell’implementazione di sistemi di produzione energetica verdi. Come riportato da Bloomberg, le compagnie del settore dell’energia solare spendono solo l’uno per cento dei loro introiti nella ricerca, affossando così le possibilità di crescita del mercato. Nel suo libro, “Taming the Sun. Innovations to Harness Solar Energy and Power the Planet”, Varun Sivaram invita i governi a farsi carico della ricerca per dare impulso al mercato.

Fonte: ilcambiamento.it

 

Il Consiglio Europeo resta attaccato a carbone e fonti fossili

Adottato lunedì sera a Bruxelles l’accordo preliminare sulla riforma del pacchetto energia; i ministri degli Stati membri si fanno beffe degli impegni promessi e puntano su carbone e fonti fossili. La denuncia di Greenpeace.9720-10494

Il Consiglio europeo ha adottato lunedì sera, 18 dicembre, l’accordo preliminare sulla riforma del pacchetto energia denominato, «in modo quasi beffardo» commenta Greenpeace, “Clean Energy for All Europeans”. «I ministri dell’energia riuniti a Bruxelles hanno infatti deciso di privilegiare carbone e altri combustibili fossili, anziché puntare sulle energie rinnovabili, e hanno confermato discutibili incentivi per le fonti fossili, decidendo di finanziare anche alcune tra le più inquinanti centrali a carbone del Continente» spiega l’associazione ambientalista. Inoltre hanno indebolito la proposta della Commissione Europea per quanto riguarda il diritto di cittadini, cooperative energetiche e comuni di produrre e vendere la propria energia da fonti rinnovabili.

«Il Consiglio ha infine ignorato l’invito del Parlamento europeo ad aumentare l’obiettivo al 2030 per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tutto questo nonostante l’attuale obiettivo sia troppo basso per rispettare gli impegni che l’Ue ha preso con gli Accordi di Parigi» spega sempre Greenpeace.

«Per l’industria dei combustibili fossili il Natale è arrivato in anticipo, grazie ai ministri Ue che ieri si sono pronunciati in favore di sussidi persino per alcune tra le centrali a carbone più inquinanti d’Europa», dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Il potenziale dei cittadini europei, invece, non è stato minimamente tenuto in considerazione, dato che il Consiglio Europeo sta sostanzialmente svuotando la proposta della Commissione per quanto riguarda il diritto di tutti di produrre e vendere energia da fonti rinnovabili».

Secondo Greenpeace, l’Italia ha giocato un ruolo molto marginale. Il ministro Calenda, assente a Bruxelles, ha infatti appoggiato tutte le richieste delle grandi aziende legate all’uso di carbone, petrolio e gas, boicottando completamente l’idea di supportare la produzione rinnovabile per i cittadini, le cooperative e i comuni.

«Un comportamento incomprensibile, visto che l’Italia abbandonerà il carbone entro il 2025 e ha tutte le possibilità per diventare leader nella produzione di energia da fonti rinnovabili», continua Iacoboni. «Calenda continua però a vedere solo un futuro pieno di gas, con impianti come il TAP a farla da padrone, senza considerare che l’unica strada per essere meno dipendenti dall’estero è quella di puntare su sole, vento ed efficienza energetica», conclude.

La palla ora passa nuovamente al Parlamento europeo, che dovrebbe finalizzare la propria posizione sulla direttiva sulle energie rinnovabili in un voto in plenaria previsto per la seconda metà di gennaio. A marzo è invece programmato il voto per la normativa denominata “Electricity Market Design”. Per quanto riguarda il Consiglio europeo ci si attende la conferma, il prossimo 26 febbraio, dell’accordo preliminare raggiunto ieri sull’intero pacchetto. I successivi negoziati tra le tre parti coinvolte (Parlamento europeo, Commissione e Consiglio) partiranno poi in primavera.

Fonte: ilcambiamento.it

Energia: stop al carbone dal 2025

Stop al carbone dal 2025. È quanto prevede la nuova Strategia Energetica Nazionale. Per il WWF si tratta di una prima vittoria per il clima e la salute dei cittadini. La scelta del Governo di fissare “l’obiettivo politico” dell’uscita dell’Italia dal Carbone nel 2025 con la nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) rappresenta una prima vittoria per il clima e per la salute dei cittadini e corona anni di battaglie, proposte e richieste che il WWF ha ribadito anche nelle osservazioni presentate al documento in fase di consultazione.  Il fatto che finalmente un documento governativo ufficiale dichiari questo obiettivo, per quanto definendolo ambiguamente “obiettivo politico”, rappresenta un importantissimo passo avanti verso un più ampio processo di decarbonizzazione, assolutamente indispensabile, secondo la comunità scientifica internazionale, per tentare di contrastare i più gravi effetti dei cambiamenti climatici in atto.2364_FotoGaleria_179698_0

Ora, però, è necessario che alla dichiarazione della SEN seguano provvedimenti e politiche: come tutti gli obiettivi, infatti, anche quello del phase out dal carbone, necessita di azioni concrete e operative oppure rischia di rimanere sulla carta: per questa ragione da domani il WWF chiederà al governo di dar corso alle norme attuative, tenendo conto delle indicazioni contenute nel rapporto “Politiche e misure per accelerare la transizione energetica e l’uscita dall’uso del carbone nel settore elettrico”, in cui si dimostra  come l’introduzione di adeguate regole finanziarie e meccanismi fiscali non solo possa facilitare l’uscita dal carbone, ma possa tradursi in un vantaggio economico per il nostro Paese.  Altro aspetto certamente positivo della SEN, è rappresentato dall’aver accolto l’obiettivo 55% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030, che costituisce un punto imprescindibile non solo verso la decarbonizzazione ma anche verso una maggiore sicurezza negli approvvigionamenti energetici visto che le fonti di energia rinnovabile (FER) non devono dipendere da  importazione esterne.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/11/energia-stop-carbone-2025/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Chi scommette ancora sul carbone?

Le compagnie assicurative sembrano fare un passo indietro dal business del carbone, incriminato numero tra i combustibili fossili per livelli di inquinamento. È proprio così? E chi invece deciderà di continuare a scommetterci?9701-10476

Le miniere e le centrali a carbone in Nord Boemia provocano da decenni danni ambientali molto pesanti, minando l’ecosistema della regione e la salute di chi la abita. Eppure la compagnia di Stato Ceca CEZ non intende rinunciare a questo business che non fa altro che esacerbare gli effetti dei cambiamenti climatici. L’italiana Generali è tra i soci di minoranza di CEZ.

Video realizzato da Fosco d’Amelio, Mario e Stefano Martone di Audioimage e prodotto da Re:Common

Ma il nuovo rapporto della coalizione di Ong e associazioni della società civile internazionale Unfriend Coal segnala come 15 tra le principali compagnie assicurative del pianeta nell’ultimo anno abbiano deciso di disinvestire dai progetti per l’estrazione del carbone per un importo pari a 20 miliardi di dollari. Un numero crescente di società del comparto assicurativo sta rinunciando a entrare nel business delle nuove centrali o miniere a carbone, considerato il più inquinante dei combustibili fossili. “Insuring Coal no more”, questo il titolo del rapporto, permette di scoprire, per esempio, che la svizzera Zurich ha smesso di offrire assicurazioni a compagnie il cui business dipende per almeno il 50% dal carbone, mentre Swiss Re e Lloyd’s hanno espresso l’intenzione di presentare nei prossimi mesi delle nuove politiche improntate su principi più “ambientalisti”.

La francese Axa nel 2015 aveva rinunciato a 500 milioni di dollari di asset carboniferi. Un impegno confermato nel 2016.

Anche l’italiana Generali non riceve giudizi lusinghieri nel rapporto di Unfriend Coal. Nel 2016 la compagnia triestina ha investito almeno 33,8 milioni di dollari nella PGE, Polska Grupa Energetyczna (PGE), che produce l’85% della propria energia dal carbone, incluso un 30 per cento dalla lignite, il carbone di più bassa qualità e più inquinante, estratto in buona parte dalle miniere di Bełchatów e di Turów. Quest’ultima è direttamente assicurata da Generali. La più importante società assicuratrice italiana è presente anche in Repubblica Ceca, dove detiene azioni per 14,5 milioni di dollari della CEZ

Fonte: ilcambiamento.it

Centrale Enel a Brindisi: ricorso al Tar contro il rinnovo dell’autorizzazione

Il WWF e ClientEarth hanno presentato ricorso al Tar contro il rinnovo dell’autorizzazione per la centrale Enel di Brindisi, da anni accusata di avvelenare la zona: «La situazione è drammatica dal punto di vista della salute pubblica e dell’ambiente».

enel

Il WWF Italia e ClientEarth hanno presentato ricorso al TAR contro l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla centrale ENEL “Federico II” di Brindisi, la più grande centrale a carbone d’Italia e quella che emette più sostanze inquinanti e CO2 (13,11 milioni di tonnellate nel solo 2015), estesa al 2028 con un decreto del luglio scorso. L’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che le associazioni ritengono illegittima, rilasciata il 3 luglio 2017, consentirebbe all’impianto di funzionare fino al 2028, nonostante la situazione già grave. Quattro i principali motivi del ricorso. Innanzitutto, l’Autorizzazione è stata rilasciata per l’ennesima volta senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), dopo un primo dissenso del ministro della Salute e del Comune di Brindisi, superato a seguito dell’intervento del Consiglio dei ministri. Da 24 anni la centrale Enel di Brindisi Sud opera senza essere mai stata sottoposta a valutazioni di impatto ambientale e sanitario di alcun tipo. Per WWF e ClientEarth questa situazione di illegittimità deve avere fine.  Altro punto nevralgico del ricorso depositato dalle due associazioni riguarda gli impatti sanitari devastanti e più volte ignorati. I risultati di un recente studio [1] realizzato dall’Arpa Puglia dimostra come ad una maggiore esposizione alle poveri sottili e all’anidride solforosa di origine industriale, corrisponda un aumento della mortalità per tumore, di patologie cardiovascolari e respiratorie. I principali risultati dello studio sono stati resi noti dall’Agenzia Regionale Sanitaria – ARES il 20 settembre 2016, quasi un anno prima del rilascio della nuova AIA, in una audizione alla Commissione Ambientale del Senato specificatamente dedicata alla centrale ENEL Federico II di Brindisi. Ma sono stati completamente ignorati nella procedura di rinnovo dell’AIA.

“Dietro questi fatti c’è la sofferenza di moltissime persone e di un’intera comunità” ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. “La centrale di Brindisi è il simbolo della battaglia WWF per chiudere con il carbone, per la tutela della salute dei cittadini, del territorio e del clima globale. La storia di grande inquinamento che ha colpito una delle località più belle di Italia deve vedere la parola fine; ora deve iniziare il futuro del rilancio di un territorio naturalmente vocato allo sviluppo pulito e rinnovabile. Vorremmo da parte di tutti un impegno visibile e concreto a favore di un radicale e tempestivo cambio di rotta, ponendo fine alle produzioni inquinanti e risanando l’area”.
“Le emissioni industriali hanno contribuito a creare una situazione sanitaria critica nel territorio di Brindisi”, ha aggiunto Ugo Taddei, avvocato di ClientEarth, no profit europea specializzata in controversie legali nel campo della protezione dell’ambiente e della salute, con azioni avviate in tutta Europa. “È incredibile che un nuovo permesso sia stato concesso senza alcuna valutazione degli impatti sulla popolazione locale. Non esistono cittadini di serie A e serie B: abbiamo tutti diritto a vivere in un ambiente sano e pulito. Esiste un obbligo giuridico e morale di utilizzare le migliori tecniche disponibili per tutelare la salute e siamo intenzionati a farlo rispettare anche nella centrale di Brindisi”.
Tra i principali imputati del disastro sanitario descritto nello studio epidemiologico della Regione Puglia ci sono, infatti, i livelli eccessivi di emissioni, terzo punto di censura del ricorso. Per molte delle sostanze inquinanti, non sono rispettati i parametri di legge per abbattere in modo più efficace gli inquinanti emessi dall’impianto. E, infine, oltre il danno la beffa: il trattamento dei rifiuti. La nuova AIA è gravemente carente per quanto riguarda le prescrizioni in materia di smaltimento dei rifiuti. Eppure, secondo quanto contestato dalla magistratura penale in un recente atto di sequestro, i rifiuti pericolosi e non pericolosi prodotti dalla Centrale Enel Federico II di Brindisi sarebbero stati mischiati insieme, con un indebito profitto contestato dalla magistratura di circa mezzo miliardo di euro in cinque anni.

“Nei giorni scorsi i ministri Calenda e Galletti hanno annunciato che la Strategia Energetica Nazionale ha individuato tra gli obiettivi la chiusura di tutte le centrali a carbone italiane entro il 2025: una decisione che appoggiamo convintamente. WWF e Client Earth si augurano che tale decisione diventi operativa nel più breve tempo possibile per salvare vite umane e consentire da subito la transizione verso le energie rinnovabili”, conclude Mariagrazia Midulla.

Fonte: ilcambiamento.it

Carbone addio. Ma il gas resta

Il governo ha annunciato quella che ha definito “la decarbonizzazione totale” entro il 2025. E meno male che finalmente ci si è arrivati, almeno all’annuncio. Ma poi il premier e il suo ministro hanno frapposto una serie di “se”, “hanno giocato al ribasso” con le rinnovabili, come denunciano le associazioni ambientaliste, e continuano a puntare sul gas.9690-10465

Il premieri Gentiloni, il ministero per lo sviluppo economico Carlo Calenda e dell’ambiente Galletti hanno presentato la cosiddetta “Strategia energetica nazionale” annunciando l’uscita dal carbone entro il 2025.Grandi applausi, ma anche molte richieste di ulteriori garanzie e concretezze.

«Ora è necessario che alla dichiarazione della SEN seguano provvedimenti e politiche: come tutti gli obiettivi, infatti, anche quello del phase out dal carbone, necessita di azioni concrete e operative oppure rischia di rimanere sulla carta» dice il WWF. «Chiederemo al governo di dar corso alle norme attuative, tenendo conto delle indicazioni contenute nel rapporto “Politiche e misure per accelerare la transizione energetica e l’uscita dall’uso del carbone nel settore elettrico”, in cui si dimostra come l’introduzione di adeguate regole finanziarie e meccanismi fiscali non solo possa facilitare l’uscita dal carbone, ma possa tradursi in un vantaggio economico per il nostro Paese».
«Uno degli aspetti probabilmente più critici della nuova SEN è però continuare a puntare sul gas, intendendo erroneamente questo combustibile come adeguato a un serio processo di decarbonizzazione» prosegue il WWF. «La letteratura scientifica ci dice invece come il gas, seppur dotato di performance ambientali migliori del carbone, non debba essere oggetto di massicci investimenti in una fase di transizione già iniziata e avanzata, giacché questo impedirebbe di puntare sulle tecnologie a zero carbonio e, quindi, non consentirebbe di conseguire gli obiettivi climatici stabiliti dall’accordo di Parigi (ossia di contenere l’innalzamento delle temperature planetarie entro i 2°C rispetto al periodo preindustriale, puntando a 1,5°C). Oggi occorre puntare direttamente sulle fonti rinnovabili, sull’efficienza e sul risparmio energetico, su sistemi di accumulo efficienti, sulle smart grid, su un massiccio riassetto nel sistema dei trasporti. Disperdere risorse su tecnologie “non definitive” rappresenta solo un spreco di denaro e di tempo che il pianeta, come è ormai evidente a tutti, non può permettersi».

Sul tema è intervenuto anche il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio:«Non possiamo pensare di sostituire il carbone con il gas naturale: bisogna investire in smart grid, efficienza energetica e rinnovabili, per limitare al minimo indispensabile il ricorso al gas e la costruzione di nuove infrastrutture come gasdotti o rigassificatori, visto che questo andrebbe anche contro i dichiarati obiettivi di indipendenza energetica. Sul tema della mobilità attendiamo inoltre la definizione di strumenti chiari, non solo in sostegno alle auto elettriche, ma anche in favore di mobilità alternativa e condivisa».

Secondo l’associazione ambientalista è importante che, contestualmente all’abbandono del carbone, si diano ai cittadini gli strumenti per diventare energy citizen, ovvero per autoprodurre energia e diventare consumatori consapevoli.

Greenpeace ha proiettato in questi giorni in Germania un messaggio in diverse lingue per ricordare che non c’è nessun futuro nei combustibili fossili. In Italia, invece, l’organizzazione ambientalista ha lanciato venerdì scorso un tweet bombing, indirizzato proprio al Presidente del Consiglio Gentiloni e al ministro Calenda, per fare chiarezza sulla posizione del governo italiano sul cosiddetto “Winter package”, un pacchetto di misure in discussione in Ue che deciderà il futuro energetico del nostro continente fino al 2030.

«In Europa l’Italia si dice favorevole al capacity payment, ossia al finanziamento con soldi pubblici di centrali a carbone e a gas, senza alcuna restrizione. Sul tema degli energy citizen invece la posizione del governo a Bruxelles è vaga e certamente non virtuosa, mentre la SEN si limita a citare il tema senza dare obiettivi. Inoltre, in Ue, siamo tra i Paesi che non vogliono definire obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili, richiesti invece perfino da parte dell’industria elettrica, con Enel in testa. Tutto ciò appare ancor più incomprensibile per un Paese che giustamente ha annunciato l’abbandono del carbone e che dichiara di volersi impegnare a fondo per portare avanti l’Accordo di Parigi», conclude Onufrio.

Sottolinea dal canto suo Legambiente: «Ci aspettiamo che il Governo approvi politiche per lo sviluppo delle rinnovabili già nella Legge di Bilancio, per rilanciarne la crescita e consentire di raggiungere gli obiettivi indicati dalla SEN».

L’obiettivo energetico al 2030 «va ora accompagnato da politiche che spingano davvero le rinnovabili: attraverso l’autoproduzione, che invece è ancora bloccata nel nostro Paese, e gli investimenti nelle smart grid, nell’efficienza, nella mobilità elettrica e sostenibile nelle città, nei sistemi di accumulo» prosegue Edoardo Zanchini dell’associazione.

«Ora davvero servono scelte coraggiose per rilanciare questi interventi, a partire dalla Legge di Bilancio, dopo anni in cui la produzione da rinnovabili ha smesso di crescere in Italia. Altrimenti il rischio è che la produzione da carbone sia sostituita dal gas, vanificando gli obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici. Anche a livello europeo – conclude Zanchini – ci aspettiamo che l’Italia non si metta di traverso, come troppo spesso è avvenuto, rispetto alla scelta di introdurre target più ambiziosi a livello europeo nel pacchetto Energia e Clima al 2030”.

Fonte: ilcambiamento.it

Giornata mondiale della Terra: a chi e a cosa serve?

Quest’anno la Giornata Mondiale della Terra, che si celebra il 22 aprile, è giunta alla sua 47ima edizione. È promossa dalle Nazioni Unite e lo scopo dichiarato è quello di sconfiggere il degrado ambientale. Ma in questi 47 anni quanti progressi sono stati fatti in questa direzione? Dateci il vostro parere.terra

Da 47 anni il 22 aprile si celebra la Giornata mondiale della Terra con iniziative simboliche ed estemporanee un po’ dappertutto. Quest’anno addirittura la Nasa si è inventata una iniziativa in occasione della Giornata: la possibilità di “adottare” un pezzetto del pianeta, in modo, ovviamente, del tutto simbolico. Per partecipare a “Adopt The Planet” bastano pochi secondi: basta digitare il proprio nome nel modulo e premere sul tasto verde. Uno dei 64mila posti disponibili del globo terracqueo verrà assegnato all’utente, che potrà visualizzarlo sulla mappa con tanto di coordinate e conoscerne anche le caratteristiche.

QUI tutte le iniziative organizzate in Italia per il 22 aprile

Ma quanti passi concreti, scelte efficaci e scomode, provvedimenti efficaci e definitivi sono stati adottati in questi 47 anni? Dai dati e dalle condizioni del pianeta, sembra chiaro che si è andati in tutt’altra direzione.

Sui trasporti che si fa? Ci stiamo soffocando e avremo aerosol al veleno per i prossimi 30 anni

Le grandi foreste? Le stiamo divorando

L’inquinamento? Fa già sei milioni di morti

La barriera corallina? Presto sarà solo un ricordo

L’Europa? Salva il carbone e affonda le rinnovabili

Eppure avremmo la soluzione già in tasca se lo si volesse.

Paolo Ermani (presidente dell’associazioe Paea), per esempio, lo ha scritto innumerevoli volte facendo alcuni semplici esempi:

Il futuro energetico è già qui

La (non) politica energetica italiana è alla canna del gas

Vivere basso, pensare alto: è tempo di scelte

Ma servono scelte radicali, scomode, che scombinano lo status quo, che toccano enormi interessi… quindi meglio celebrare una volta l’anno la Giornata mondiale della Terra e tornarsene ai propri affari gli altri 364 giorni.

fonte: ilcambiamento.it

 

Carbone in declino: “Merito delle rinnovabili e svolta per il clima”

Dismissione delle centrali obsolete e nessun progetto di realizzazione di nuovi impianti. Il 2016 ha registrato un forte declino dell’economia del carbone, grazie anche alla crescita delle rinnovabili. È quanto riferisce Greenpeace che afferma: “Siamo ad un punto di svolta per il clima”. Il numero di centrali a carbone in via di realizzazione nel mondo ha registrato un forte decremento nel 2016, principalmente per l’instabilità della politica industriale di alcuni Paesi asiatici. È quanto emerge dal nuovo rapporto “Boom and Bust 2017: Tracking The Global Coal Plant Pipeline”, realizzato da Greenpeace, Sierra Club e CoalSwarm, e giunto alla sua terza edizione annuale. Secondo il rapporto, l’effetto congiunto del rallentamento nella costruzione di nuovi impianti e della dismissione di parte della flotta di quelli operativi apre alla possibilità di contenere l’aumento delle temperature medie globali nei 2 gradi centigradi, a patto che i Paesi coinvolti nell’”economia del carbone” proseguano in questa direzione.10_15_2015_Bobby_Magill_CC_Carbon_XPrize1_1050_718_s_c1_c_c

Il declino dell’economia del carbone si articola in una riduzione del 48 per cento nelle attività che precedono l’inizio della costruzione delle centrali (realizzazione dei progetti, richiesta di permessi, attività finanziarie dedicate), in una riduzione del 62 per cento nell’avvio di nuovi cantieri e in un decremento dell’85 per cento nel rilascio di nuovi permessi in Cina. Questo andamento è dovuto principalmente a due fattori: ai provvedimenti restrittivi adottati dalle autorità centrali cinesi nella concessione di autorizzazioni alla realizzazione di nuovi impianti; ai tagli di budget degli investitori che operano in India. In questi due Paesi, al momento, sono stati congelati più di 100 progetti di nuove centrali. Oltre al declino dei trend di costruzione di nuovi impianti, lo studio rivela anche la cifra record di 64 GW di potenza installata a carbone dismessi nel 2015 e nel 2016, principalmente nell’Unione europea e negli Stati Uniti: l’equivalente di circa 120 grandi centrali.

“Il 2016 rappresenta un autentico punto di svolta per il clima”, commenta Lauri Myllyvirta, responsabile della campagna globale Carbone e Inquinamento atmosferico per Greenpeace e co-autore del rapporto. “La Cina, ad esempio, ha fermato la realizzazione di molte nuove centrali a carbone dopo che la fortissima crescita delle energie rinnovabili in quel Paese le ha rese superflue per il sistema energetico. Dal 2013, le energie pulite hanno in pratica colmato il deficit energetico cinese”.newseventsimages

Sempre nel 2016, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno registrato un forte decremento delle emissioni, grazie al ritiro dalla produzione di molte centrali a carbone. Anche il Belgio e l’Ontario hanno chiuso la loro ultima centrale, mentre tre Stati del G8 hanno annunciato una data ultima per il *phase out* della fonte più nociva per il clima.

“Il trend che emerge da questo rapporto ricalca la situazione del nostro Paese”, dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace in Italia. “L’età del carbone non si è conclusa, ma si vanno dismettendo le centrali più obsolete. E soprattutto non vi sono progetti per la realizzazione di nuovi impianti. L’ultimo che si minacciava di voler realizzare, a Saline Joniche, è stato definitivamente cancellato. Ma il nostro governo, al contrario di altri, non trova il coraggio di indicare una data ultima per l’uscita dal carbone: è il sintomo più evidente, questo, della mancanza di una strategia energetica veramente orientata al futuro e alla salvaguardia del clima”, conclude Boraschi.

In un quadro complessivamente molto positivo, nel rapporto emergono alcuni Paesi che non stanno investendo nelle energie rinnovabili e che sono invece fortemente impegnati a realizzare nuovi impianti a carbone: Giappone, Corea del Sud, Indonesia, Vietnam e Turchia.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/03/carbone-declino-rinnovabili-svolta-clima/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni