Sacchetti in plastica illegali, sequestrate 89 tonnellate nella campagna estiva condotta da Ministero e Carabinieri

I controlli della campagna condotta dai Carabinieri del Comando per la Tutela dell’ambiente hanno rilevato non conformità in 33 società, presenti soprattutto nelle aree industriali del nord Italia. Il valore complessivo dei sequestri è di 524 mila euro ma la strada è ancora lunga386313_1

Prosegue l’azione di contrasto alla diffusione di sacchetti di plastica illegali da parte del Ministero dell’Ambiente. Nel corso della campagna estiva condotta dai Carabinieri del Comando per la Tutela dell’Ambiente, in esecuzione alle direttive del ministro Gian Luca Galletti, che si è concentrata anche sul controllo degli scarichi delle acque reflue, sono state sequestrate 89 tonnellate di shoppers da asporto monouso difformi dalla norma UNI EN13432 o contraffatte con segni falsi.  Le ispezioni tra produttori e rivenditori all’ingrosso per verificare il rispetto della legge italiana, che ricordiamo vieta dal 2012 la commercializzazione di sacchetti monouso che non siano biodegradabili e compostabili, sono state 150. I Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente hanno rilevato non conformità in 33 società, presenti soprattutto nelle aree industriali del nord Italia. Il valore complessivo dei sequestri è di 524 mila euro, mentre le 38 sanzioni amministrative comminate ammontano a 183 mila euro. Un’azione importante, che arriva dopo le ultime condotte a Cagliari, Rimini, Torino, Milano, Sicilia e Calabria, ma che non è di certo sufficiente a smantellare un’economia illegale ancora molto florida. Si stima infatti che circa la metà dei sacchetti tuttora in circolazione siano illegali: un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica e una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale. Si tratta di un business sommerso che danneggia chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore, oltre ovviamente ai gravi danni al territorio e al mare e all’aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti. Lo ricordiamo ancora una volta. I sacchetti usa e getta ammessi alla vendita devono avere la scritta“biodegradabile e compostabile”, con la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002” e il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi). Qui il testo completo del decreto 18 marzo 2013, “Individuazione caratteristiche tecniche sacchi per l’asporto merci”. Le sanzioni per gli esercenti variano dai 2.500 € ai 25.000 €. Sanzione amministrativa che può essere aumentata fino al quadruplo del massimo (quindi100.000 €), se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l’asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore.

Fonte: ecodallecitta.it

Bellezza e legalità: il coraggio di difendere la propria terra

Emanuele1-620x350

 

Emanuele Feltri è un giovane siciliano innamorato della sua terra e della legalità, che ha deciso di restare per far rinascere una delle valli più belle dell’isola. Emanuele Feltri ha 34 anni, è nato a Catania ed è perito agrario. Dopo aver preso il diploma, ha deciso di non emigrare al nord, ma di restare nella sua Sicilia per avviare una coltivazione di prodotti biologici e un allevamento di ovini nella Valle del fiume Simeto.  I primi due anni di attività, però, non sono stati facili. Emanuele crede fermamente nell’imprenditoria agricola sana, svincolata da ricatti e prepotenze, che non convive con le ecomafie, ma che punta su biologico, vendita diretta, qualità dei prodotti e consorzi tra piccole aziende. Ma la criminalità organizzata ha cercato di piegarlo alle sue “regole” in tutti i modi, con richieste di pagamento del pizzo, minacce e danneggiamenti. Hanno bruciato l’agrumeto, danneggiato l’impianto d’irrigazione, rubato attrezzature, ma Emanuele ha deciso di non cedere. Si è rivolto alle forze dell’ordine e ha denunciato tutti i tentativi di soffocare la sua piccola azienda biologica attraverso l’imposizione di pizzo, prezzi di vendita e passaggi commerciali.“La scelta di rimanere”, spiega, “è avvenuta nel momento in cui una proposta di lavoro mi stava portando per l’ennesima volta lontano dalla Sicilia. Adesso è giunto il momento di mettere a frutto il mio vissuto per dare il mio apporto ad una terra che amo profondamente, ma che è piena di problemi e contraddizioni”.

La Valle del Simeto incarna tutte le problematiche della Sicilia”, continua, “ma la sua bellezza, la storia del suo vissuto rurale mi hanno chiamato a proporre un modello di lavoro e di vita che esprimono la volontà di non scendere a compromessi con un sistema basato sullo sfruttamento del territorio e dell’uomo”.

L’azienda agricola di Emanuele si trova su una collina vicino a Paternò, dalla quale si vede l’Oasi avi-faunistica di Ponte Barca, nata nel 2009. Ma Emanuele si rende conto che l’area protetta esiste solo sulla carta: la zona non solo è incustodita, ma è anche una discarica a cielo aperto. Mancano recinzioni e controlli e chiunque può entrarvi per appiccare incendi, cacciare la selvaggina e scaricare rifiuti. Si rivolge, ancora una volta, alle forze dell’ordine per segnalare lo stato di degrado dell’Oasi e anche le numerose discariche abusive presenti nella Valle, dove i camion scaricano rifiuti di ogni tipo, anche pericolosi e tossici. Inoltre, denuncia la continua moria di pesci e lo sversamento di sostanze nocive nel fiume Simeto, che, con i suoi 113 km di lunghezza, è il secondo fiume dell’isola e il primo per portata d’acqua ed estensione del bacino idrografico. Denuncia l’assenza di vigilanza nei boschi, che favorisce la presenza dei bracconieri, e la mancanza di controllo e manutenzione delle aree archeologiche, per la gioia di ladri e tombaroli. E consegna ai Carabinieri di Paternò un lungo memoriale dove racconta tutto ciò che ha visto e ha subito in prima persona.

Avere espresso in maniera forte la mia distanza dalle dinamiche criminali presenti nella valle”, racconta Emanuele, “proponendo uno sviluppo eco-sostenibile, è bastato per scatenare due anni di furti, danneggiamenti alla proprietà, minacce, tentativi di tirarmi dentro ad una rete di “protezione” e, infine, due episodi intimidatori di stampo mafioso, con l’uccisione delle mie pecore, sparate a pallettoni, e il ritrovamento della testa di un agnello di fronte alla porta di casa”.

Dopo questo episodio, avvenuto il 29 giugno scorso, la notizia fa il giro della Valle e il 7 luglio viene organizzata una manifestazione spontanea di solidarietà nei suoi confronti, alla quale partecipano 500 persone. Due giorni dopo, la criminalità risponde facendogli trovare un agnello sventrato, ma accade piccolo miracolo: nasce un coordinamento spontaneo di cittadini, trasversale e privo di connotazioni politiche (il “Coordinamento in Difesa della Valle del Simeto”), che sostiene Emanuele nella sua battaglia in difesa del territorio, della legalità e dell’imprenditoria sana.

Sono i ragazzi di Paternò e dei paesi limitrofi”, spiega,“che, come me, hanno scelto di non partire e di costruire un futuro migliore nella loro terra; sono le famiglie con i loro figli che hanno espresso la voglia di una vita più a misura d’uomo; sono agricoltori consapevoli che vogliono difendere il mio e il loro diritto di esistere, vivendo e lavorando in pace e serenità”.

Grazie al nuovo comitato, la storia di Emanuele raggiunge l’opinione pubblica, i social network, i media nazionali e le autorità. Anche il sindaco di Paternò, Mauro Mangano, e il Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, sposano la sua causa, mentre il Prefetto di Catania si impegna personalmente, insieme all’associazione Libera, ad offrirgli protezione contro nuove intimidazioni.

“Non bisogna essere super eroi”, sottolinea Emanuele, “per portare avanti i propri ideali, per testimoniare che, a volte, il coraggio sta proprio nel condurre la propria vita quotidiana con coerenza e senza compromessi. Quando ci renderemo conto che ci stanno togliendo tutto, anche la possibilità di vivere nella propria terra, forse inizieremo a voler essere i reali protagonisti del nostro futuro. Io resto qui, non andrò via”.

E conclude: “La Valle del Simeto è già rinata, perché ha reagito ad un forte attacco con coraggio ed unione. Adesso la sfida è riuscire a trasmettere tutto questo, andando avanti e fronteggiando i possibili ulteriori contrattacchi di chi vuole che nulla cambi. Io la mia terra non la lascio: è come chiedermi di smettere di respirare”.

Fonte:buonenotizie.it