Ambiente Urbano, il rapporto dell’Istat sull’ ecosostenibilità delle città italiane | Documento

Secondo l’analisi Istat sull’ambiente urbano ben 81 comuni su 116 hanno aderito al Patto dei Sindaci. Passi avanti nella gestione dei rifiuti e della mobilità smart, ma ancora indietro l’erogazione dell’acqua potabile381286

L’Istat ha pubblicato il rapporto “Ambiente urbano: gestione eco compatibile e smartness” relativa ai capoluoghi di provincia e riferita all’anno 2013. Ecco i dati principali:

In tema di strumenti innovatori di programmazione eco compatibile, sono 81 su 116 i capoluoghi che al 31 dicembre 2013 hanno aderito al Patto dei sindaci, (impegnandosi a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 20% entro il 2020) e 50 hanno già approvato il Piano di azione per l’energia sostenibile.
A favore della gestione eco sostenibile dei rifiuti, la raccolta porta a porta nel 2013 è attiva in 101 capoluoghi, il ritiro su chiamata degli ingombranti in 111 (in 79 esteso anche ad altre tipologie di rifiuto). 105 comuni hanno isole ecologiche e 38 stazioni mobili per il conferimento diretto da parte dei cittadini, 97 hanno attivato interventi programmati di raccolta dei rifiuti abbandonati. Permangono inefficienze nell’erogazione dell’acqua potabile: nel 2012 le dispersioni delle reti di distribuzione comunali sono pari al 34%. Il settore della mobilità è tra i più dinamici per l’applicazione di tecnologie innovative da parte dei comuni. Nel 2013, Genova e Bologna hanno l’offerta più completa di servizi di infomobilità; quasi la metà dei comuni dispone di pannelli a messaggio variabile su strada (56), offre informazioni via web sul trasporto pubblico (52), dispone di paline elettroniche alle fermate (50). Più di un terzo delle città utilizza “semafori intelligenti” e poco meno permette la ricarica dei veicoli elettrici in aree pubbliche. Diffusi gli investimenti “smart” di efficientamento dell’illuminazione pubblica: nel 2013 il 14,6% dei punti luce ha un sistema di regolazione del flusso luminoso; il 4,8% utilizza lampade a LED e una piccola quota in forte crescita è fotovoltaica (0,7‰; +44,6% in un anno). Nel campo delle fonti rinnovabili e dell’uso efficiente dell’energia, 105 comuni producono in proprio energia solare fotovoltaica, 6 comuni quella idroelettrica, 3 energia eolica e altrettanti la geotermica. Il teleriscaldamento è presente in 34 capoluoghi; 78 città dispongono di propri impianti solari termici, 20 a biomasse e/o biogas e 24 pompe di calore ad alta efficienza.
Le “Zone 30” sono presenti in 63 capoluoghi nel 2013 (9 in più rispetto al 2012), i servizi di bike sharing in 58 città (10 in più in un biennio) con oltre 1.000 punti di prelievo (+42%) e quasi 10 mila biciclette (+62%). Il car sharing è attivo nel 2013 in 22 città, con circa 1.000 veicoli (il 23% elettrici) e oltre 25 mila abbonati (+36% in un biennio).
Per favorire gli utenti e la trasparenza dei processi sono diffusi i servizi on line: nel 2013, 51 capoluoghi ne hanno attivato almeno 3 di tipo anagrafico; 38 offrono la possibilità di prenotare appuntamenti con referenti degli uffici comunali; 39 consentono il pagamento per almeno due tipi di servizi o tributi.

 

Ambiente Urbao, Istat [0,64 MB]

Fonte: ecodallecitta.it

Ecosistema Urbano, presentata a Torino la 21° edizione. Ecco i risultati

Il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani, realizzato in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, presentato lunedì 27 ottobre a Torino. Quest’anno il dossier si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei capoluoghi di provincia”Città a tre velocità: lente, lentissime, statiche. A Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone i risultati migliori. Agrigento è ultima”380759

Inquinamento atmosferico a livelli d’emergenza e tasso di motorizzazione in crescita, gestione dei rifiuti altalenante e trasporto pubblico in crisi. Questo il quadro che emerge dalla ventunesima edizione di Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani, realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore e presentato oggi a Torino. Le prime cinque città in classifica sono Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone ma per capire la brutta aria che tira nei nostri centri urbani basta sbirciare le prestazioni dei comuni che dovrebbero essere al top. Trento, per intenderci, ha valori eccessivi di biossido di azoto, Verbania e Belluno perdono un terzo dell’acqua immessa in rete, Pordenone depura poco più della metà dei suoi scarichi fognari. Non è difficile, allora, immaginare qual è la situazione in fondo alla classifica, dove si collocano Agrigento e Isernia, Crotone e Messina, Catanzaro e Reggio Calabria. Nel nostro paese, prevale un format decisionale che guarda alla città da prospettive parziali, ciascuna delle quali persegue logiche di settore spesso contraddittorie e in reciproca elisione che favoriscono un’incoerente destinazione delle risorse e una perniciosa disorganicità nelle azioni. Ma diversamente vanno le cose in numerose città europee. Barcellona, Bilbao, Londra, Malmö, Copenaghen, Vienna e Amburgo, per citarne solo alcune, mostrano ognuna a modo suo una capacità di ripensarsi: la rigenerazione passa o almeno tenta di passare attraverso piccoli e grandi interventi di trasformazione tesa a cancellare gli errori del passato e accrescere la qualità dei servizi e la vivibilità. E il confronto con i nostri vicini europei è fondamentale per leggere correttamente le classifiche di Ecosistema Urbano, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei nostri capoluoghi di provincia, per osservare in modo più approfondito quello che l’amministrazione locale fa, o non fa, per migliorare la mobilità, la gestione dei rifiuti e delle acque e, in generale, la qualità del proprio territorio. L’insieme dei dati ci dice, ancora una volta, che le città italiane vanno a tre velocità: sono lente, lentissime e statiche.
“Non mancano i segnali di cambiamento: il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – pochi segnali positivi in una situazione bloccata. Eppure la discussione nel paese sta ripartendo, complice il dibattito sui fondi strutturali e le questioni aperte dalla istituzione delle città metropolitane. Al suo ventunesimo anno, Ecosistema Urbano ripete con evidenza che c’è bisogno di una strategia positiva di trasformazione delle città. Quello che davvero manca è la capacità di immaginare il traguardo, il punto d’arrivo verso cui tendere, sia nel breve che nel lungo o lunghissimo periodo. In assenza di obiettivi chiari e ambiziosi – prosegue Cogliati Dezza – le nostre città non andranno da nessuna parte, schiacciate come sono da logiche parziali e settoriali, a compartimenti stagni. Eppure è proprio la crisi economica in edilizia, la pessima qualità della mobilità urbana e periurbana, le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie energetiche che rendono possibile e necessario avviare concreti percorsi di rigenerazione urbana. Serve un piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti e mostri una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città. Purtroppo, il decreto SbloccaItalia rappresenta solo l’ennesima occasione persa. E le città pagheranno anche questo”. Quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). Quattro indicatori su diciotto selezionati per la classifica finale (tasso di motorizzazione auto, tasso di motorizzazione moto, incidenti stradali e consumi energetici domestici) utilizzano dati pubblicati da Istat. Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza. In particolare, aumentano le situazioni critiche nei comuni più grandi. Per il biossido di azoto (NO2), Trieste, Milano, Torino e Roma fanno registrare valori oltre i 50 μg/mc. Le politiche urbane sulla mobilità, uno tra i principali fattori di pressione sulla qualità dell’aria, non sembrano ancora portare i risultati sperati.
I dati sugli spostamenti in auto e moto, supportati da un tasso di motorizzazione ancora in leggero aumento, mostrano come la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente) sia una realtà ancora lontana. Solo a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi. Mentre sono 26 le città in cui gli spostamenti in auto e moto superano i due terzi del totale. Sul fronte del trasporto pubblico, non raggiungono la soglia dei 100 passeggeri per abitanti Bari (57 pass./ab), Napoli (56 pass/ab), Catania (47 pass/ab), Palermo (37 pass/ab). Chiudono, tra le grandi città, gli “nd” di Taranto e Messina. Continua a risentire della congiuntura economica negativa la produzione di rifiuti. Nel 2013 la produzione pro capite scende a una media di 541 kg/abitante (-3,4% rispetto all’anno precedente), mentre la raccolta differenziata arriva al 40,8% (+3,9%). Al di là del valore medio, lo sviluppo della raccolta differenziata mostra ancora gruppi fortemente polarizzati. A fronte di un terzo dei comuni che non raggiunge nemmeno quell’obiettivo del 35% previsto per il 2006, ve ne sono altrettanti che superano abbondantemente il 50%. Otto di questi – tra cui due città campane, Benevento e Salerno – hanno praticamente raggiunto o superato l’obiettivo di legge del 65%, ponendo le basi per lo sviluppo di un’economia circolare basata sul riciclo e riuso delle risorse che è una dei pilastri fondamentali dell’agenda europea per il 2020. Il dato sulla dispersione dell’acqua conferma un panorama molto variegato: si passa dall’8% di Foggia al 77% di Cosenza. Ancora oggi in 52 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa; in 19 le perdite sono addirittura superiori al 50% (Bari, Como, Chieti, Matera, Messina, Palermo, Massa, Rieti, Gorizia, Catanzaro, Salerno, L’Aquila, Vibo Valentia, Potenza, Sassari, Latina, Ragusa, Frosinone, Cosenza).
Per la depurazione, in testa alla classifica troviamo 43 capoluoghi in grado di servire più del 95% degli abitanti, tra questi 11 raggiungono quota 100%, riuscendo a coprire la totalità della popolazione. Quattro, invece, i comuni, tutti meridionali, in cui viene servita dal depuratore solo la metà, o meno, della popolazione: Benevento (21% di capacità di depurazione), Catania (24%), Messina (48%) e Palermo (49%). A passarsela meglio sono città medio-piccole, soprattutto del nord Italia. Anche se tra le prime 10 in classifica troviamo ben tre città del centro: Oristano, L’Aquila e Perugia. Prima in assoluto è Verbania che colleziona buone performance negli indicatori più significativi, a cominciare da quelli sull’inquinamento atmosferico. Seconda è Belluno: buoni risultati negli indici legati all’inquinamento atmosferico, ai rifiuti e a parte della mobilità. E’ seconda dietro a Oristano nella graduatoria della produzione procapite di rifiuti con 383,8 chili per abitante all’anno e si attesta al 70,6% di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Sul podio anche Bolzano: seconda assoluta nella classifica dedicata alle polveri sottili, balza dal 46% di raccolta della scorsa edizione all’attuale 54,8%. Trento si piazza al quarto posto, grazie alle basse medie delle polveri sottili e al buon binomio totale di rifiuti raccolti-percentuale di raccolta differenziata. Per quest’indice è addirittura terza con il 70,9% di Rd, dietro solo a Pordenone e Verbania. Conquista inoltre il primo posto per consumi elettrici annui procapite: con 896 kWh/abitante è il capoluogo che consuma meno. In coda alla graduatoria ci sono Crotone (102), Isernia (103) e Agrigento (104), che collezionano una lunga serie di “nd” negli indici più significativi della ricerca e dove rispondono evidenziano performance molto poco brillanti. A Crotone sono appena 3 i viaggi l’anno effettuati dagli abitanti sugli autobus, 0,02 i metri quadrati di superficie pedonale a disposizione di ogni residente, il 16,6% i rifiuti raccolti in modo differenziato. Isernia dichiara l’8,0% di rifiuti raccolti in maniera differenziata, 71 auto ogni 100 abitanti, zero metri equivalenti di strada destinata ai ciclisti, zero potenza installata da solare termico e fotovoltaico su edifici comunali. Agrigento, assieme a Cosenza e Caserta, ha inviato informazioni inferiori al 50% del totale dei punti assegnabili.

Alcune delle buone pratiche segnalate e premiate nell’ambito dei lavori della giornata:

Zona 30 km/h Mirafiori Nord a Torino. La prima e unica Zona 30 di concezione “europea” a Torino è nel quartieri Mirafiori Nord. Precisamente nel quadrilatero via G. Reni, C.si Sebastopoli-Siracusa-Orbassano: 50 ettari, 10.000 abitanti. In un confronto tra i due anni prima dell’intervento, e quelli dopo l’intervento, si può osservare: il traffico nelle ore di punta è diminuito del 15% circa e del 30% per i mezzi pesanti; una riduzione del 74% dei giorni di prognosi per incidenti; il rumore è diminuito di 2 decibel; il risparmio complessivo è stato di 1,5 milioni di euro, di cui 500.000 solo di costi sanitari. Coloro che si dichiarano soddisfatti della Zona 30 sfiorano il 70% dei contattati tra i residenti (68%).
Efficientamento energetico degli edifici pubblici a Roma. Roma Capitale, con l’obiettivo di riduzione dei consumi e delle emissioni per le circa 1.800 strutture pubbliche, tra scuole, uffici ed ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), ha studiato un innovativo appalto per la fornitura dell’energia termica basato sull’EPC, ovvero un Contratto di Prestazione Energetica. Nei prossimi 3 anni infatti tutti gli appalti per la gestione del calore saranno basati sul principio del “pago con quello che risparmio”. Il fornitore dell’energia infatti avrà il compito di effettuare investimenti sugli impianti e gli immobili tali da ripagare la stessa energia attraverso il risparmio ottenuto dall’efficientamento energetico degli edifici. Attraverso il Protocollo d’intesa firmato con il GSE i fornitori potranno poi avere accesso all’incentivo del Conto Termico, normalmente riservato ai Comuni, che sarà parte integrante della nuova gara e che permetterà ai fornitori del calore di apportare fino al 40% degli investimenti in più.

Andria e il suo sistema di raccolta differenziata dei rifiuti. La raccolta differenziata è ormai una scelta obbligata, sinonimo di rispetto dei nostri habitat. Il merito del successo della raccolta differenziata, avviata in tutto il territorio comunale di Andria il 1° settembre 2012, è innanzitutto dei cittadini andriesi, i quali hanno operato un profondo cambiamento nel loro stile di vita quotidiano. La percentuale di Rd nel 2014, aggiornata al mese di settembre: 66,7%.
Il Bike to school. E’ un’iniziativa spontanea di genitori, nata in alcune città italiane nel 2013, che si organizzano per accompagnare a scuola i propri i figli, pedalando insieme in bicicletta, in sicurezza. L’iniziativa si è allargata molto e si pone come obiettivo quello di coinvolgere le generazioni del futuro, i bambini appunto, abituandoli a vivere la loro realtà urbana in maniera più sostenibile. Più in generale si vuole porre l’attenzione, anche quella delle amministrazioni pubbliche, sulle necessità dei ciclisti urbani.

Il “Bike Pride”. La festosa parata di biciclette che per una volta l’anno restituisce ai cittadini le strade, ha portato in strada nell’ultima edizione quasi 40mila persone. La grande mobilitazione di cittadini ha permesso di far entrare nelle agende politiche i temi della ciclabilità e della sicurezza stradale, sdoganando la bici da oggetto del tempo libero a mezzo di trasporto quotidiano. Il Mobility manager studentesco. E’ un progetto nel quale i ragazzi delle scuole superiori hanno vestito i panni dei mobility manager per promuovere tra i loro coetanei l’abitudine agli spostamenti collettivi o non motorizzati con mezzi privati. Il progetto ha coinvolto 8 scuole superiori di altrettante città italiane, per un totale di 5.516 studenti. Progetti come questo provano quanto sia importante formare in maniera attiva e concreta i ragazzi prossimi alla patente per favorire una cultura della mobilità che aiuti a mantenere contenuta la tendenza tutta italiana ad un uso smodato dell’automobile.

Voci di Scampia. L’associazione Vo.di.Sca (Voci di Scampia) si è posta l’obiettivo di rilanciare il quartiere di Scampia attraverso il radicamento di imprese culturali e di una rete civica per favorire l’occupazione giovanile come contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata e per il ripristino della normalità e della legalità. A Scampia tra le azioni imprenditoriali che coinvolgono l’associazione c’è la casa editrice Marotta&Cafiero e la compagnia teatrale Vodisca Teatro. Non mancano le azioni di riqualificazione di spazi sociali e fisici delle aree circostanti. Tra le più note le “Fattorie Vodisca”, un’area di 5 ettari destinata a bambini con disabilità. Tutte le attività messe in piedi dall’associazione Vo.di.Sca. fanno della realtà di Scampia il fulcro di un laboratorio di virtuosismo che ha consentito la crescita culturale e sociale dei suoi abitanti e la creazione di 15 posti di lavoro qualificati.

Scarica il rapporto 2014

Fonte.ecodallecitta.it

Un paese poco attento agli animali

Un Paese pigro e poco attento alla tutela e alla gestione degli animali. Le migliori città raggiungono a malapena la sufficienza (60 punti su 100) in un settore che, invece, dovrebbe ottenere punteggi ben più alti considerata la grande presenza di amici a quattro zampe in città. È quanto emerge dalla terza edizione “Rapporto Animali in Città”, l’indagine di Legambiente dedicata ai servizi e alle attività dei Comuni capoluogo di provincia.animali_in_citta

Il quadro che viene fuori è quello di un Paese che, seppur ama gli animali, è ancora molto indietro nell’effettiva tutela e nei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali d’affezione.
Se l’86% delle amministrazioni dichiara di avere un assessorato e/o un ufficio comunale dedicato ad affrontare le problematiche animali, scende al 72% il numero delle amministrazioni che ha semplicemente chiesto alle ASL quale fosse il numero dei cani iscritti all’anagrafe canina (ad eccezione di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dove i Comuni tengono l’anagrafe canina), strumento indispensabile per fronteggiare il randagismo in Italia. Per quanto riguarda i servizi mancano sufficienti spazi aperti dove portare quotidianamente a spasso i propri amici a quattro zampe: in media nei Comuni italiani è presente uno spazio dedicato ogni 28.837 cittadini. Ed ancora il 47% dei Comuni ha dichiarato di aver adottato regolamenti per l’accesso degli amici a quattro zampe in uffici e/o locali aperti al pubblico, mentre solo il 34% dei Comuni costieri che ha risposto al questionario ha adottato un regolamento per l’accesso al mare o al lago. Dati ancor più negativi arrivano anche quest’anno dalla conoscenza della biodiversità animale in città: solo il 26% dei Comuni realizza una mappatura delle specie animali presenti sul territorio. Nella Penisola le città che nel complesso si impegnano maggiormente per gli animali d’affezione sono le città medie che, nella classifica finale dell’indagine di Legambiente, superano la sufficienza come Prato, prima in graduatoria (79,36), seguita da Bolzano (74,34) e Modena (71,42). Le grandi e le piccole città, invece, arrancano. Padova, seppur prima tra le grandi città, ha un punteggio appena al di sotto della sufficienza (59,97) seguita da Firenze (50,81) e Verona (47,99). Tra le piccole città il gradino più alto lo conquista Pordenone che supera di poco la sufficienza (63,5), seconda e terza posizione in classifica per Chieti (59,1) e Biella (57,51).

“Il quadro che emerge dal Rapporto Animali in Città – dichiara Antonino Morabito, responsabile nazionale Fauna e Benessere animale – mostra tutta l’urgenza, anche economica, di un totale cambio di strategia tra i diversi attori responsabili: Amministrazioni comunali, Regioni e Governo. Una città pet-friendly non è un sogno impossibile da realizzare, ma è fondamentale che le Istituzioni diano assoluta priorità ad anagrafe e sterilizzazione mettendo in campo soluzioni innovative ed economicamente vantaggiose per cittadini, al fine di ‘chiudere quei rubinetti’ oggi totalmente aperti che ininterrottamente alimentano le vie del randagismo di cani e gatti, con tutti i problemi e le sofferenze che porta con sé. Nel contempo non è possibile trascurare oltre l’attivazione di efficaci e regolari controlli e sanzioni per il funzionamento delle regole di civile convivenza in città”.

Anche quest’anno per la lettura e il confronto dei dati ricevuti, i capoluoghi di provincia, ai quali è stato inviato il questionario per l’anno 2012, sono stati suddivisi in tre gruppi: 15 grandi città con più 200mila abitanti, 44 medie città con popolazione tra 80mila e 200mila abitanti e 45 piccole città con meno di 80mila abitanti. Al questionario hanno risposto 13 grandi città, 37 medie città e 31 piccole città. Novità di questa terza edizione è la classifica dei capoluoghi di provincia realizzata sulla valutazione di trentatré differenti indicatori.

I dati del Rapporto. Ben il 100% delle grandi città, l’89% delle medie e il 77% delle piccole città. Invece per quanto riguarda le strutture e i luoghi dedicati ai servizi agli animali d’affezione (come canili, colonie feline, pensioni per cani e gatti, campi di educazione e addestramento cani, allevamenti, aree urbane per cani presenti sul territorio comunale), il 60% dei capoluoghi di provincia ha risposto positivamente, con migliori performance nelle medie città, dove il 72% delle amministrazioni ha censito tali strutture, contro il 54% delle grandi città e il 48% delle piccole città. In particolare per quanto riguarda le colonie feline, il 69% delle medie città ha dichiarato che esiste un piano di monitoraggio, contro il 61% delle grandi città e il 58% di quelle piccole.

Comuni informati sul numero di cani iscritti all’anagrafe canina – L’anagrafe canina è uno strumento fondamentale per combattere il randagismo. Dall’indagine emerge che il 72% dei Comuni conosce il numero dei cani presenti sul territorio (un dato in possesso delle ASL, ad eccezione dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia dove sono i Comuni che direttamente curano l’anagrafe canina). In particolare sui 13 grandi capoluoghi di provincia presi in esame, il 69% ha risposto positivamente. Tra le 37 medie città, il 73% ha risposto di sì. Su 31 piccoli capoluoghi di provincia il 74% ha risposto in maniera positiva. Ma è nel merito del dato che emerge il dramma: in media, ai Comuni capoluoghi risulta un cane ogni 24 cittadini residenti, passando da un cane ogni 33 residenti nelle grandi città, ad uno ogni 24 residenti nelle medie città ed uno ogni 21 residenti nelle piccole, cifre palesemente irrealistiche anche se solo confrontate con la media nazionale (un cane ogni 9 cittadini) e che dimostrano la totale assenza di attenzione data dagli uffici al valore e alla coerenza di quanto registrato.

Spesa media – Alla domanda se nel bilancio comunale è previsto uno specifico capitolo di spesa ha risposto positivamente l’83% dei Comuni. Dalle risposte date è emerso che la spesa media dichiarata dai Comuni capoluogo, in questo ambito, è di 2,87 euro/residente, con differenze per le tre categorie di città che vanno da un valore medio di 1,58 euro/residente delle grandi città, ai 2,95 euro/residente delle medie, ai 3,47 euro/residente delle piccole città. Ad esempio nelle grandi città, si passa da un massimo di spesa di 3,4 euro/residente di Roma agli 0,6 euro/residente di Genova, quindi dai 9,7 euro/residente di Terni agli 0,4 euro/residente di Novara e Treviso nelle medie città, e dagli 11,5 euro/residente di Matera agli 0,3 euro/residente di Belluno nelle piccole città. Costi molto diversi per le tasche dei cittadini italiani e, ad esempio, come accade a Matera, Grosseto e Roma non correlati ad una maggiore qualità del servizio offerto come conferma la posizione in classifica.

Regolamenti e/o ordinanze sindacali che vietano e sanzionano l’utilizzo di esche e bocconi avvelenati. Solo un Comune su due lo ha adottato (il 49% dei casi), molto meglio nelle grandi città (il 77% dei casi) che nelle medie (il 53% dei casi), mentre solo un Comune su tre delle piccole città lo ha fatto (il 32% dei casi). Per quanto riguarda invece gli spazi aperti dove giocare e rilassarsi insieme al proprio amico, dall’indagine di Legambiente è emerso che solo un Comune su due (il 52%) li ha realizzati ed, in media, nei Comuni capoluogo è presente uno spazio dedicato ogni 28.837 cittadini, valore che diventa di uno ogni 42.583 cittadini nelle grandi città, di uno ogni 27.308 cittadini nelle medie città e di uno spazio ogni 26.167 cittadini nelle piccole città. Dati poco positivi arrivano dai regolamenti che consentono l’accesso negli uffici e/o locali aperti al pubblico, solo il 47% dei Comuni capoluoghi di provincia ha, infatti, risposto di aver adottato tali provvedimenti. Le più attente sono le grandi città, dove il 77% delle Amministrazioni ha risposto positivamente contro il 55% delle città medie e il 26% delle piccole città. Situazione poco felice anche per chi ama portare gli amici a quattro zampe al mare e/o al lago. Tra i Comuni capoluogo costieri che hanno risposto al questionario, solo il 34% ha adottato un regolamento o un’ordinanza sindacale per l’accesso degli animali alla spiaggia: nel 33% dei casi nelle grandi città, per il 40% dei casi nelle medie e solo in un Comune su quattro (il 25%) per le piccole città costiere.

“In Italia – spiega Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – sono milioni le famiglie che hanno animali da compagnia in casa. Una tendenza in crescita che sottolinea lanecessità di ripensare e arricchire i centri urbani garantendo servizi e strutture di qualità a cittadini e ai loro amici a quattro zampe. Per realizzare ciò è indispensabile l’impegno delle amministrazioni per quanto riguarda una buona conoscenza della presenza e distribuzione di questi nuovi “abitanti”, la promozione di anagrafe canina e sterilizzazione degli animali, la sensibilizzazione dei proprietari di animali d’affezione a tenere comportamenti virtuosi nel rispetto dell’ambiente, delle persone e del benessere del proprio animale domestico. È inoltre importante rendere noti i contatti dello sportello comunale a cui le persone si possano rivolgere se soccorrono animali liberi in difficoltà. A questo riguardo il Rapporto Animali in città offre una accurata fotografia dei punti critici su cui lavorare per migliorare le nostre città attraverso l’impegno congiunto di amministrazioni e cittadini”.

Tornando ai dati del Rapporto Animali in Città, è emerso che i Comuni che hanno cani liberi controllati e tutelati dalla Pubblica Amministrazione sono nel 72% dei casi al sud, nel 28% al centro e in zero casi al nord Italia. Una peculiarità che si conferma, con alcune differenze, anche all’interno dei singoli gruppi di città grandi (0% nord, 20% centro, 80% sud), medie (0% nord, 28% centro, 72% sud) e piccole (0% nord, 33% centro, 67% sud). Per quanto riguarda l’esistenza di un nucleo del Corpo di Polizia municipale dedicato all’applicazione di regolamenti e ordinanze comunali sugli animali, il 54% dei Comuni ha risposto positivamente, senza differenza tra grandi (54%), medie (53%) e piccole (55%) città. Dato negativo arriva dai lettori dei microchip, un indispensabile strumento per leggere la “targa” del cane, il microchip. Benché il 64% dei Comuni dichiari di aver dotato il proprio personale di tale lettore, andando a vedere quanti sono i microchip che le amministrazioni dichiarano di aver dato in uso al personale ne risultano soltanto 106 in tutta Italia, ossia in media 1 per Comune capoluogo.

Animali liberi in difficoltà – Dall’indagine di Legambiente è emerso che il 54% dei Comuni sa dare informazioni ed ha predisposto procedure di intervento per aiutare i cittadini che soccorrono animali liberi in difficoltà, come un falco, un gabbiano ferito o un gattino. Meno di un Comune su tre nelle grandi città (il 31% dei casi), quasi due volte su tre nelle medie città (il 64% dei casi) ed esattamente nella media nazionale nelle piccole città (il 52% dei casi). I contatti per rivolgersi ad un Centro di recupero di animali selvatici li ha invece solo il 15% dei Comuni. Risposte efficienti si riscontrano, tra i grandi centri, ad esempio a Napoli grazie al servizio h24 svolto dal pronto soccorso veterinario dell’ASL NA1, tra le medie città a Modena e tra le piccole città a Biella grazie al lavoro degli uffici comunali in collaborazione con i Centri di recupero della fauna selvatica.

Biodiversità animale – Solo il 26% dei Comuni realizza una mappatura degli animali selvatici presenti sul territorio comunale, il 23% nelle grandi città, il 33% nelle medie e il 19% nelle piccole città. Una conoscenza indispensabile per migliorare le azioni di prevenzione e ridurre conflitti e danni (basti pensare ai rischi di incidente stradale) che sono sempre più costosi e talvolta drammatici.
CLASSIFICA FINALE RAPPORTO ANIMALI IN CITTÀ – 2013

Pos. Città Punti Pos. Città Punti Pos. Città Punti
Città Grandi   20 Vicenza 50,75 11 Asti 46,25
1 Padova 59,97 21 Foggia 49,63 12 Belluno 45,66
2 Firenze 50,81 22 Monza 47,46 13 Verbania 44,4
3 Verona 47,99 23 Udine 47,39 14 Teramo 44,15
4 Torino 47,39 24 Livorno 44,86 15 Nuoro 41,75
5 Genova 44,85 25 Pisa 42,34 16 Pavia 40,26
6 Venezia 42,45 26 Sassari 40,4 17 Ragusa 39,83
7 Catania 42,18 27 Como 38,21 18 Frosinone 39,72
8 Trieste 38,66 28 Varese 36,96 19 Aosta 38,41
9 Roma 30,84 29 Salerno 35,76 20 Matera 38,37
10 Palermo 29,87 30 Lecce 28,16 21 Benevento 34,63
11 Napoli 29,25 31 Grosseto 27,13 22 Macerata 34,28
12 Bari 28,55 32 Siracusa 26,81 23 Lodi 31,91
13 Messina 22,76 33 Pescara 26,71 24 Oristano 29,75
14 Bologna  0 34 Brescia 26,36 25 Avellino 29,08
15 Milano  0 35 Latina 25,76 26 Caltanissetta 28,61
Città Medie   36 Taranto 22,14 27 Campobasso 27,47
1 Prato 79,36 37 Catanzaro 18,78 28 Trapani 27,43
2 Bolzano 74,34 38 Reggio Calabria 0 29 Imperia 25,53
3 Modena 71,42 39 Ravenna 0 30 Savona 20,91
4 Terni 71,04 40 Rimini 0 31 Crotone 17,29
5 Parma 65,25 41 La Spezia 0 32 Vercelli 0
6 Bergamo 63,17 42 Ancona 0 33 Rovigo 0
7 Reggio Emilia 61,63 43 Brindisi 0 34 L’Aquila 0
8 Arezzo 61,62 44 Cagliari 0 35 Cosenza 0
9 Alessandria 60,12   Città Piccole   36 Vibo Valentia 0
10 Piacenza 59,85 1 Pordenone 63,5 37 Caserta 0
11 Pistoia 58,03 2 Chieti 59,1 38 Rieti 0
12 Perugia 57,02 3 Biella 57,51 39 Viterbo 0
13 Ferrara 56,56 4 Cremona 56,67 40 Lecco 0
14 Pesaro 56,31 5 Gorizia 55,3 41 Ascoli Piceno 0
15 Treviso 54,68 6 Siena 55,05 42 Isernia 0
16 Forlì 54,28 7 Cuneo 54,94 43 Agrigento 0
17 Novara 54,1 8 Potenza 52,06 44 Enna 0
18 Trento 53,91 9 Sondrio 48,7 45 Massa 0
19 Lucca 51,53 10 Mantova 46,83

Fonte Legambiente, Rapporto Animali in Città (Comuni, dati 2012) Legenda:
– in azzurro, Comuni costieri, marini e/o lacuali, di cui è stato valutato anche l’accesso alla costa;
– in arancione, Comuni che hanno trasmesso questionari non valutabili;
– in giallo, Comuni che non hanno trasmesso il questionario.

Fonte: il cambiamento

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