ORTOBEE, la rete agricola che recupera terreni in abbandono sulle colline genovesi

Davide e Matteo sono due amici accomunati dallo stesso amore per il proprio territorio, le colline genovesi, con la voglia di sporcarsi le mani con la terra, recuperando terreni abbandonati, curando gli animali e ricercando la tipicità dei prodotti agricoli. ORTOBEE è una neonata rete agricola, aperta a gennaio di quest’anno, sulle alture di Genova, che fonde le tradizionali buone pratiche nella cura degli animali e della terra con le modalità d’acquisto del mondo di oggi: i prodotti sono naturali e, per dimostrarlo, ogni passaggio della filiera produttiva viene documentato, da ancora prima della messa a dimora della piantina, perché viene certificata persino la provenienza dei letami utilizzati per concimare i terreni. E poi, il cesto di prodotti viene settimanalmente consegnato sullo zerbino di casa, ordinato con un messaggio Whatsapp.

Da subito Davide e Matteo hanno deciso di sposare un approccio agricolo di tipo naturale, quindi i vari tipi di ortaggi seguono la stagionalità, rispettando i periodi di crescita di ogni prodotto. Mentre chiacchieriamo vedo arrivare Romeo, Giulietta e Apollo, seguiti da Filomena, Sandra, Honey, Happy e Bahamas. «Anche il nostro modo di tosare l’erba è completamente naturale – sorridono – come vedi, pecore e capre ci aiutano a tenere sempre pulito il terreno e noi, in cambio, offriamo grandi spazi da brucare e tutte le attenzioni di cui hanno bisogno».

«Quello che cerchiamo di trasmettere a chi si avvicina a noi è che i prodotti belli non sono necessariamente buoni, per questo le uova le inseriamo nei box esattamente come le raccogliamo, così come le insalate, per esempio, che vengono raccolte mezz’ora prima della consegna: il gusto è sicuramente autentico e poi mangiare prodotti di stagione apporta al proprio organismo gli esatti nutrienti di cui necessita».

Le loro pagine social sono molto seguite e raccontano i loro valori e la vita nell’orto: «Documentiamo praticamente ogni nostra azione sui social perché vogliamo che le persone che ordinano i nostri cesti sappiano esattamente cosa mangiano, come vivono le nostre galline, libere e all’aria aperta, con cosa concimiamo la terra, come imbottigliamo l’olio, come trattiamo le arnie e come potiamo le piante». Così si scopre che molti dei loro frutti nascono da alberi antichi, presenti nel nostro territorio da molti anni, a volte trascurati e non valorizzati o come funzionano gli alveari.

Tra i progetti futuri, è nell’aria l’idea di dare vita a una rete di collaborazioni con altri “farmer” come loro, in modo da allargare la produzione e far fronte a alle numerose richieste di questi mesi. Più nel breve termine, OrtoBee si sta preparando a creare due nuovi pollai utilizzando esclusivamente il metodo di allevamento del Rapace di Beano, un ragazzo di Udine che sta portando avanti una vera “rivoluzione della gallina”, che pensa innanzitutto al suo benessere, trattando questi animali come tali e non come macchine per produrre uova. Ogni uovo ha la sua particolarità, così come ogni gallina ha le sue tipicità e un proprio carattere. E così, la loro voglia di cambiamento investe ogni aspetto di questa realtà agricola, giovane e innovativa.

“Nell’alternarsi delle stagioni, la terra racconta le storie del vento, della pioggia, delle pietre e delle radici e il vero contadino è colui che sa ascoltarle”.Fabrizio Caramagna Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/09/ortobee-rete-agricola-terreni-abbandono/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Pensa 2040: “Costruiamo una rete di buone pratiche contro le mafie”

Italia che Cambia è tra gli organizzatori di Pensa 2040, un incontro nazionale ed un’iniziativa volta alla creazione di una rete di buone pratiche artistiche e culturali come strumento di promozione della responsabilità civile e della lotta alla criminalità organizzata. Associazioni, cooperative, imprese sociali e comitati sono invitati a partecipare. Cultura e cittadinanza attiva rappresentano uno strumento fondamentale per la lotta alle mafie. È a partire da questo presupposto che prende vita l’iniziativa “Pensa 2040”, il primo incontro nazionale tra gli amministratori locali della rete di Avviso Pubblico e di Anci e le associazioni che si occupano di queste tematiche per avviare un percorso finalizzato alla costruzione di una rete di scambio di buone pratiche che abbia come orizzonte la definizione di un piano nazionale culturale straordinario decennale di contrasto al crimine organizzato. L’incontro si terrà il 20 e 21 novembre 2020 a Firenze ed è organizzato da Avviso Pubblico, Biennale Democrazia, CO2 Crisis Opportunity Onlus, la Fondazione Giancarlo Siani Onlus e Italia che Cambia.

Foto di CO2 Crisis Opportunity Onlus

“Sei un’associazione, una cooperativa, un’impresa sociale o un comitato che si occupa di antimafia? Usi la cultura e soprattutto le arti performative come strumento di sensibilizzazione sociale? Ti piace sperimentare metodi innovativi per mobilitare le comunità locali?  Oppure hai organizzato dei laboratori che coinvolgono le scuole (di ogni ordine e grado) sperimentando buone pratiche di promozione della responsabilità civile e della lotta alla criminalità organizzata?”. Gli organizzatori stanno cercando su tutto il territorio nazionale buone pratiche che utilizzino le arti performative e la cultura come strumento per promuovere la responsabilità civile e contrastare la criminalità organizzata. Tutte le proposte che riceveremo verranno inserite, previa approvazione del Comitato Scientifico, all’interno di una mappa realizzata da Italia che Cambia con l’obiettivo di costruire una rete nazionale utile per la promozione e la diffusione di buone prassi che possano essere implementate su più larga scala. Alcuni dei progetti inviati saranno selezionati per una presentazione pubblica durante le due giornate di Firenze. Alcuni dei progetti inviati saranno selezionati per una presentazione pubblica durante le due giornate di Firenze. Per partecipare è necessario compilare il questionario entro il 5 settembre 2020.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/07/pensa-2040-costruiamo-rete-buone-pratiche-contro-mafie/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ogni anno in Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo

In Europa sprechiamo 88 milioni di tonnellate di cibo ogni anno in media e la parte del leone la fanno frutta e verdura. La maggior parte di questi sprechi sarebbe evitabile se solo maturassero nei cittadini coscienza civica e buone pratiche.9927-10716

Secondo le stime della FAO, un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano va sprecato, nella sola Europa ogni anno se ne sprecano circa 88 milioni di tonnellate, per un costo stimato in circa 143 miliardi di euro l’anno. E a fare il punto, nello specifico, sullo spreco di frutta e verdura è uno studio curato dal Joint Research Centre della Commissione Europea (JRC), che fa il punto sul settore frutta e verdura che contribuisce a quasi il 50% degli sprechi alimentari generati dalle famiglie della UE a 28 Stati; si stima che ogni persona riduca in rifiuto 35,3 kg di frutta e verdura all’anno, 14,2 kg dei quali sarebbero evitabili. La prima differenziazione che fa lo studio è tra il non commestibile, o rifiuto inevitabile, e il commestibile, che diventa rifiuto a causa di comportamenti di acquisto e consumo sbagliati. Sono stati presi in esame 51 tipi di frutta e verdura acquistati, consumati e sprecati nel Regno Unito, Germania e Danimarca nel 2010, arrivando alla conclusione che 21,1 kg di rifiuti pro capite sarebbero inevitabili e 14,2 kg evitabili. In media, il 29% (35,3 kg per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie è sprecato, e di questo il 12% (14,2 kg) potrebbe non venire gettato. Gli autori rilevano differenze a causa dei diversi livelli di comportamenti nei consumi, legati essenzialmente a fattori culturali ed economici, che influenzano direttamente la quantità di rifiuti generati. Per esempio, i dati mostrano che sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito rispetto alla Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito.

Il problema, dunque, non è di poco conto. In proposito, la Commissione Europea sta predisponendo la seguente serie di azioni:

– elaborazione, entro marzo 2019, di una metodologia comune europea per misurare coerentemente i rifiuti alimentari, in cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate;

– utilizzo di una piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari che riunisce organizzazioni internazionali, organi dell’UE, Stati membri, attori nella catena alimentare, per contribuire a definire le misure necessarie, facilitare e sviluppare la cooperazione, analizzare l’efficacia delle iniziative di prevenzione degli sprechi alimentari, condividere le migliori pratiche e i risultati raggiunti;

– adozione di linee guida per facilitare la donazione di cibo e la valorizzazione di alimenti non più destinati al consumo umano come alimenti per animali, senza compromettere la sicurezza di alimenti e mangimi;

– esaminare i modi per migliorare l’uso della marcatura delle date di scadenza e la loro comprensione da parte dei consumatori.

Non è detto che tali misure siano destinate a funzionare, anche perché gli interventi “dall’alto” non sempre sono veloci ed efficaci e non sempre sortiscono effetti significativi. La cosa più importante sarebbe che ogni persona, ogni cittadini maturasse la consapevolezza che non è più momento per potersi permettere di sprecare nulla.

Fonte: ilcambiamento.it

Civita di Bagnoregio: la rinascita ecologica della “città che muore”

Diventare il primo comune plastic free d’Italia ed un esempio di pratiche virtuose. È questa l’ambizione di Civita di Bagnoregio, suggestivo borgo della provincia di Viterbo noto come “la città che muore”. Promotori della rinascita ecologica di questo piccolissimo comune, oggi meta di tantissimi turisti, sono il sindaco Francesco Bigiotti e l’artista scozzese James P. Graham, impegnato per l’abolizione della plastica. Sembrava destinata a scomparire e invece Civita di Bagnoregio, meglio nota coma la città che muore, è esplosa come fenomeno turistico internazionale, manifestando un’inarrestabile vitalità. La piccola frazione di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, conta una decina di abitanti e un giro di 800 mila visitatori che, ogni anno, attraversano il ponte pedonale (unico accesso al borgo) per addentrarsi tra viuzze e case medioevali sospese sullo sperone di roccia tufacea. Un delicato mix di equilibri che l’attuale amministrazione sembra intenzionata a gestire anche in chiave ecosostenibile. E infatti all’interno di questa vetrina mondiale del Belpaese è in cantiere un progetto ambizioso: diventare ufficialmente il primo comune plastic free d’Italia.32247370_1509994992459292_7519074841379471360_n

“Faremo guerra alla plastica – ci anticipa il sindaco Francesco Bigiotti –. Definirsi sensibili all’ambiente non basta, vogliamo continuare a mettere in campo iniziative concrete che possano cambiare in meglio il territorio. Soprattutto siamo disposti a mettere sul piatto incentivi economici. Un comune come Bagnoregio che vive grazie ai turisti, il cui impatto è centinaia di volte superiore a quello popolazione locale, ha il dovere di dare il buon esempio e di farsi portavoce di un nuovo approccio verso l’ecosistema” .

Il primo step sarà l’introduzione di piatti, posate e bicchieri biodegradabili durante le sagre e gli eventi promossi dal Comune. “In secondo luogo vogliamo sensibilizzare e coinvolgere i commercianti della zona affinché abbraccino pratiche virtuose. Certo, bisognerà misurarsi con la grande distribuzione ma sono certo che con il sostegno del Comune non sarà impossibile immaginare che bar, ristoranti e negozi facciano scelte alternative nel rispetto dell’ambiente”. Pugno duro anche contro l’abitudine di buttare a terra le cicche di sigarette: “Distribuiremo posaceneri tascabili a chiunque ce ne faccia richiesta e faremo multe di 65 euro ai trasgressori”.

Sbandierare una politica plastic free in uno dei borghi più belli d’Italia significa, in definitiva, fare da cassa di risonanza in momento in cui, su più fronti, sembra esserci spazio per un salto di qualità. E infatti l’annuncio di Civita di Bagnoregio, che aspira a diventare patrimonio Unesco, coincide curiosamente con la proposta dell’Unione Europea di tassare gli imballaggi in plastica non riciclabile.25994555_2011527972221475_7477668211298483926_n

Tra i promotori della svolta sostenibile di Civita di Bagnoregio troviamo lo scozzese James P. Graham, artista di professione e referente in Italia di A Plastic Planet, il movimento a cui si deve l’apertura ad Amsterdam di Ekoplaza, il primo supermercato balzato all’attenzione dei media mondiali per aver abolito totalmente la plastica. “A livello globale – spiega – l’obiettivo del movimento è azzerare la produzione della plastica. Altro tema su cui ci battiamo è la corretta informazione. Per esempio diamo per scontato che tutta la plastica sia riciclabile e invece non è così. In Inghilterra se ne incomincia a parlare, in Italia c’è ancora molto lavoro da fare. In compenso gli italiani hanno un grande vantaggio: su buona parte della popolazione il background contadino è ancora presente e questo permette di avere una straordinaria una vicinanza con il linguaggio della natura”.

Lo sa bene James, che ha lasciato Londra per vivere nella quiete della campagna laziale. Nel suo studio, a pochi chilometri di Bagnoregio, ci mostra gli involucri bio-compostabili di alcuni prodotti acquistati da Ekoplaza: “Le alternative ci sono e non sono così difficili da adottare come si pensa. Forse non tutti sanno che anche in Italia esistono diverse aziende all’avanguardia che offrono soluzioni di imballaggio sostenibili. Novamont, per esempio, produce il mater-bi, una famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili. Per far luce sulla filiera alternativa alla plastica, gli attivisti italiani di A Plastic Planet hanno preparato una presentazione dettagliata da sottoporre all’amministrazione e ai commercianti di Bagnoregio”.IMG-20180430-WA0000

James P. Graham e Satish Kumar (Credits @He Longxiang)

In attesa che il progetto “plastic free” venga preso in carico dal Comune, si pensa a un tavolo di riflessione di più ampio respiro: a luglio, infatti, James ospiterà a Bagnoregio Satish Kumar, fondatore dello Schumacher College, centro internazionale di studi ecologici, ed ex editor della rivista inglese Resurgence/Ecologist. “Oltre che intimo amico, Kumar è una fonte di ispirazione. Siamo stati di recente in Cina, invitati dall’University of Forestry and Agriculture della Provincia del Fujian. Con grande sorpresa abbiamo appreso che la Cina ha intenzione di diventare la più grande civiltà ecologica del mondo, un piano a cui il governo sta lavorando dal 2007. Una sfida non facile ma che ci dimostra che i tempi sono ormai maturi per ripensare lo sfruttamento delle risorse del pianeta”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/05/civita-di-bagnoregio-rinascita-ecologica-citta-che-muore/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

Milano vince il premio Vivere a Spreco Zero 2017

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Il riconoscimento al capoluogo lombardo “per la portata internazionale dei progetti culminati attraverso Expo con l’attivazione del Milan Urban Food Policy Pact a partire dalla creazione di una Politica Alimentare Urbana in cui la lotta allo spreco alimentare è uno dei principali obiettivi”

Buone pratiche contro lo spreco alimentare. Bologna premia Enti pubblici, aziende e scuole virtuose in Italia con la V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero vinto dal Comune di Milano “per la portata internazionale dei progetti avviati negli ultimi anni, culminati attraverso Expo con l’attivazione del Milan Urban Food Policy Pact, il network internazionale di 160 città impegnate per lo sviluppo di Sistemi Alimentari Sostenibili a partire dalla creazione di una Politica Alimentare Urbana in cui la lotta allo spreco alimentare è uno dei principali obiettivi”. Nella categoria “Amministrazioni pubbliche” erano in gara quest’anno anche i Comuni di Modena e Cremona. La categoria “Buone pratiche Impreseha premiato Dalma Mangimi, per l’innovazione di processo che ha portato alla riduzione dello spreco, convertendo in materia prima i prodotti che sarebbero diventati rifiuto. Menzione speciale per la tecnologia Gio’ Style di conservazione, cottura e riutilizzo del cibo. Nella categoria Scuole, infine, premiati gli studenti della Fondazione Casa del Giovane Don Mario Bottoglia di Castiglione delle Stiviere (Mantova), del circuito Scuola Centrale Formazione, per il progetto “Cucino con ciò che ho”.

“Siamo davvero onorati di ricevere il Premio Vivere a Spreco Zero – ha commentato la vicesindaco e assessore all’Educazione del Comune di Milano, Anna Scavuzzo – perché oltre ad essere un riconoscimento del lavoro svolto finora, è uno stimolo ulteriore per continuare ad impegnarci nell’attuazione degli obiettivi stabili dalla nostra Food Policy, di cui la lotta allo spreco alimentare costituisce un pilastro fondamentale. La costruzione di un futuro più equo e più sostenibile per tutte le nostre città passa necessariamente da un nuovo sistema di produzione e consumo del cibo, più attenta ai bisogni di tutte le persone e più rispettosa dell’ambiente”.

I vincitori della V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero, i piccoli ‘Oscar’ della sostenibilità assegnati dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dal progetto Reduce del Ministero dell’Ambiente e Università di BolognaDistal, sono stati annunciati e premiati martedì 28 novembre, a Bologna – Palazzo Magnani, sede UniCredit, presente il Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani con il fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè e con Livio Stellati responsabile Centro-Nord Relazioni Istituzionali UniCredit partner storico di Spreco Zero, Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco e Diego Pagani, presidente Conapi-Mielizia.

E al geniale cartoonist Francesco Tullio Altan, grande Maestro della satira e sguardo acuto e ironico sull’evoluzione del costume in Italia, va quest’anno il Premio Vivere a Spreco Zero 2017 nella categoria testimonial: “per aver illustrato con fulminea incisività il paradosso del nostro tempo bulimico e sprecone, dando voce e matita, nell’ultimo decennio, ai temi dello speco alimentare, idrico ed energetico. E per aver così contribuito a sensibilizzare adulti e giovani, amichevolmente ma con straordinaria efficacia, intorno ad una questione tema centrale e ineludibile del nostro tempo”. Altan raccoglie dunque il testimone dei riconoscimenti consegnati nel 2015 a Susanna Tamaro e nel 2016 a Paolo Rumiz e Moreno Cedroni. Altan, che dal 2010 illustra la campagna Spreco Zero, sarà a sua volta motore di nuove buone pratiche attraverso una borsa di studio assegnata dal Premio Vivere a Spreco Zero

«Sono i nostri comportamenti che fanno la differenza in tema di ambienteha dichiarato Barbara Degani, Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente – E’ un concetto che vale a maggior ragione per i temi dello spreco di cibo e dell’educazione alimentare alla base del Premio “Vivere a Spreco Zero” cui sono felice di aver contribuito e partecipato anche nelle passate edizioni. Il cambiamento passa in primis per le persone e le organizzazioni di cui fanno parte, si tratti di istituzioni come le amministrazioni comunali o le aziende e le scuole, che sono le categorie premiate oggi. I dati Waste Watcher dimostrano che c’è un’attenzione crescente in questo campo da parte dei cittadini in occasione di una ricorrenza come il Natale in cui lo spreco risulta evidente: 4 italiani su 10, il 41% degli intervistati, afferma che il rischio di spreco è dietro l’angolo del ‘cenone’. Le azioni che da anni abbiamo messo in atto per la riduzione degli sprechi, dalla family bag alle campagne di educazione alimentare e ambientale, dimostrano che stiamo andando nella giusta direzione».

Nel corso dell’incontro sono stati infatti illustrati i nuovi dati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, che rilevano i comportamenti dei consumatori in vista del Natale. Cosa si spreca a Natale? «Denaro e cibo, secondo gli intervistati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg – ha spiegato Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e del movimento Spreco Zero – Anche se la sensazione di gettare il cibo è andata calando nelle ultime rilevazioni, segno dell’attenzione crescente a comportamenti virtuosi in questo campo: ma non dobbiamo abbassare la guardia: lo spreco domestico ci costa infatti ogni giorno all’incirca 1 euro, pari a 145 kg di cibo gettato in casa ogni anno, per 6,9 € la settimana e 360 € ca ogni anno. Lo spreco è un tema su cui si gioca il futuro della terra, per questo dobbiamo sensibilizzare innanzitutto i giovani, dai bimbi ai millennials della generazione Z».

I nuovi dati Waste Watcher evidenziano che in Emilia Romagna la percezione di sprecare cibo a Natale è lievemente inferiore alla media nazionale, indice di sensibilizzazione più forte intorno al cibo e al suo valore. Cresce anche l’attenzione al proprio tempo: 1 italiano su 20 ritiene di sprecarlo, a Natale, era 1 su 100 lo scorso anno! E Natale, di per sé, cosa rappresenta per gli italiani? Un periodo di ‘abbondanza e ricchezza’ più per i cittadini dell’Emilia Romagna (48% degli intervistati) che per gli italiani (45%). In Emilia Romagna il Natale genera più piacere (30% contro 28% degli intervistati in Italia), si fanno più regali (23% contro 19% del resto d’Italia) e si dà più attenzione al cibo (21% contro 18%). «Le azioni condotte in questi anni per la riduzione degli sprechi, in particolare quelli alimentari, producono un loro effetto – conferma il curatore del progetto reduce Luca Falasconi – La sensibilità sullo spreco alimentare è aumentata, ma tanta strada ancora deve essere fatta. Proprio per questo motivo abbiamo pensato a “Waste Notes” un piccolo diario che ha l’obiettivo di affiancare le famiglie nel monitorare cosa succede nelle proprie cucine e di poter condividere attraverso i portali sprecozero le buone pratiche che ognuno adotta per prevenire e ridurre lo spreco domestico. Osservare e ‘copiare’ le buone pratiche delle cucine degli altri è sicuramente un ottimo strumento per vincere sullo spreco».

«UniCredit – ha spiegato Livio Stellati, responsabile Centro-Nord Relazioni Istituzionali UniCredit – considera la sostenibilità un concetto fondante per il successo delle proprie attività e agisce per perseguire l’obiettivo di una crescita sostenibile non soltanto dal punto di vista bancario. Così la banca è attiva anche nel supporto a progetti culturali e sociali come “Spreco Zero” che UniCredit sostiene da cinque anni e nella quale si riconosce in virtù del proprio impegno per la crescita del territorio che non può prescindere dall’attenzione al risparmio a tutto campo. UniCredit è quindi entusiasta di ospitare la cerimonia di consegna del Premio “Vivere a Spreco Zero”. Un’occasione per promuovere le buone pratiche valorizzando le esperienze più rilevanti e favorendone la diffusione».

Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco ha annunciato i vincitori della categoria enti pubblici sottolineando che «la lotta allo spreco è uno degli strumenti portanti dell’economia circolare: solo riducendo l’uso indiscriminato di risorse le successive azioni di raccolta e riciclo possono essere efficaci. Il Comune di Milano affronta da anni, anche con il sostegno di Comieco, la gestione sostenibile del territorio e i progetti premiati oggi sono il riconoscimento dei risultati finora raggiunti e di come Milano possa rappresentare su questo fronte l’Italia anche in ambito internazionale».

«Partecipiamo volentieri a questo appuntamento che mette in evidenza le tante aziende che in Italia realizzano idee ingegnose utilizzando tecnologie avanzate – ha dichiarato Diego Pagani presidente di Conapi-Mielizia, annunciando i vincitori della categoria Imprese – Il premio Vivere a Spreco Zero nutre e stimola le nostre coscienze rispettando il semplice principio non si butta il cibo, che nonne e mamme avevano insegnato per millenni, mostrandoci come anche un gesto semplice sia importante per innescarne mille altri virtuosi, in grado di dare obiettivi concreti e raggiungibili per il futuro dell’umanità».

I vincitori della categoria Scuole sono stati annunciati da Giuseppe Zuliani, Direttore Customer Marketing e Relazioni Esterne Conad, che ha dichiarato: «combattiamo lo spreco per recuperare e donare i prodotti che sono ancora perfettamente commestibili ma sono a ridosso della data di scadenza. Tramite le associazioni che operano nei vari territori in cui siamo presenti con i nostri soci forniamo un aiuto a tante persone bisognose offrendo loro un pasto e un sostegno alimentare quotidiani. E’ uno dei modi in cui ci mettiamo a servizio della comunità, perché per noi il legame sociale è un elemento fondamentale della vita e della competitività della nostra impresa. E’ un lungo filo che ci lega a ogni comunità, al mondo della scuola, alle istituzioni, all’imprenditoria locale… avendo sempre come riferimento delle nostre attività la relazione con la persona, con cui vogliamo ora iniziare a fornire un ulteriore aiuto in più per combattere anche lo spreco in casa».

«I consum-attori sono l’elemento cardine della politica antispreco e premiare le virtuose esperienze e’ doveroso, darne evidenza una missione – ha osservato Myriam Finocchiaro, responsabile Comunicazione e Corporate Affairs Granarolo SpA – Per questo ci piace essere vicini al progetto da tanti anni e in tanti modi diversi. Il Gruppo Granarolo ha da tempo avviato politiche interne ed esterne tese alla progressiva riduzione del consumo di risorse naturali e di emissioni nell’ambiente mediante il controllo delle attività che promuove alla stalla, in produzione e sulla tavola dei consumatori. Benvenuto anche al quaderno delle buone pratiche, strumento utile e intelligente, che abbiamo contribuito a riempire con qualche piccolo suggerimento sulla gestione domestica del frigorifero».

Con la V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero è stato presentato il progetto Waste Notes. Un Diario per Amico, quaderno di buone pratiche realizzato dalla campagna Spreco Zero con Reduce – Ministero dell’Ambiente e Università di Bologna – Distal. Sarà distribuito in 10mila copie ad altrettante famiglie campione, già impegnate in progetti di prevenzione dello spreco alimentare. La giuria 2017 del Premio Vivere a Spreco Zero, presieduta dal fondatore Last Minute Market Andrea Segrè, è composta dal Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani con il curatore del progetto Reduce Luca Falasconi, i giornalisti Antonio Cianciullo e Marco Fratoddi, il conduttore di Caterpillar Radio2 Rai Massimo Cirri e inoltre Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco, Diego Pagani, presidente Conapi e Giuseppe Zuliani, Direttore Customer Marketing e Relazioni Esterne Conad. Sostiene la campagna Spreco Zero, con UniCredit, un pool di aziende dell’agroalimentare italiano e del packaging nazionale: Alce Nero, Camst, Comieco, Conad, Conapi-Mielizia, Granarolo SpA, Istituto Nazionale Imballaggio.

Fonte: ecodallecitta.it

Buone pratiche dei Comuni e riduzione della tariffa sui rifiuti a quasi un anno dalla legge contro gli sprechi alimentari

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Si allunga la lista dei comuni che oltre a sviluppare buone pratiche per la riduzione degli sprechi alimentari a favore di chi ne ha bisogno riducono anche la Tari in proporzione alle quantità dei beni donati. Ecco alcune esperienze

Si allunga la lista dei comuni che oltre a sviluppare buone pratiche per la riduzione degli sprechi alimentari a favore di chi vive una situazione di disagio sociale ed economico, riducono anche la tariffa sui rifiuti in proporzione alle quantità certificate dei beni ritirati dalla vendita e donati dalle utenze non domestiche. Alcune di queste esperienze sono state presentate martedì 23 maggio alla Camera dai deputati del Partito Democratico Maria Chiara Gadda e Dario Parrini, assieme ad alcuni sindaci provenienti da diverse Regioni italiane, che si sono attivati per attuare la legge 166/2016 contro gli sprechi alimentari a distanza di quasi un anno dalla sua approvazione.

Alla conferenza stampa sono intervenuti i sindaci Davide Galimberti (Varese) e Brenda Barnini (Empoli, FI), l’assessore Stefano Pellizon (San Stino di Livenza, VE) e l’assessore Carmen Celi (Potenza) e hanno partecipato anche il Tavolo di coordinamento interministeriale che proprio la legge 166/2016 ha istituito presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, e a cui partecipano rappresentanti delle imprese e degli enti caritativi. Hanno inoltre portato la loro esperienza l’associazione “Solidarietà in Vallesina” (costituita da 14 Comuni della provincia di Ancona), e il Comune di Bucine (Arezzo) e altre amministrazioni comunali impegnate su questo fronte.

Ad introdurre la conferenza stampa, l’on. Maria Chiara Gadda, promotrice e relatrice alla Camera della norma, che ha fatto una presentazione, “non esaustiva” ha tenuto a precisare, delle iniziative che si sono sviluppate sull’onda della legge “o in continuità con le esperienze avviate in precedenza e che dimostrano come il recupero delle eccedenze alimentari è possibile.” Gadda ha poi passato la parola agli amministratori locali presenti dopo aver sottolineato l’importanza della risoluzione del parlamento europeo sulla riduzione dello spreco alimentare, approvata qualche giorno fa, il 16 maggio. I deputati europei chiedono: di tagliare lo spreco alimentare del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030, di facilitare le donazioni di cibo e di rendere più chiare le etichette (“da consumarsi preferibilmente entro” e “da consumarsi entro”).

Ecco alcune delle esperienze presentate:

C’è San Stino di Livenza (VE) che nel regolamento della TARI ha introdotto uno sconto fino ad un massimo del 20% della parte variabile della tariffa per le attività commerciali che donano gli alimenti.  Le aziende che intendono donare le eccedenze alimentari per poter ottenere la riduzione della tariffa sui rifiuti dovranno integrare i documenti già in loro possesso con una certificazione dell’Associazione che riceve le donazioni. In questo caso sono stati seguiti i suggerimenti del Banco Alimentare.

A Empoli il comune oltre a recuperare abiti usati (passando dal sistema a cassonetto stradale ai contenitori nelle parrocchie)  ha inserito nel regolamento TARI “la riduzione della tassa per tutte quelle attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere che producono o distribuiscono beni alimentari, e che a titolo gratuito cedono, direttamente o indirettamente, tali beni alimentari per scopi assistenziali, ai fini della  ridistribuzione agli indigenti e alle persone in maggiori condizioni di bisogno ovvero per l’alimentazione animale, proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione, ai sensi della Legge n. 166 del 19 agosto 2016. A queste utenze, come previsto all’art. 17 L. 166/2016, viene riconosciuta un somma di denaro in rapporto ai kg effettivamente donati (0,225 €/Kg).”

Il comune di Bucine, in provincia di Arezzo, che oltre alla riduzione della tariffa rifiuti per le utenze no domestiche che donano il cibo ha anche programmato una campagna informativa per la promozione di una rete di distribuzione delle eccedenze e un progetto per l’ascolto e il sostegno di cittadini e famiglie che vivono in condizioni di disagio socio-economico.

Nei comuni di Collegno e Grugliasco (Torino) c’è il progetto “Fa bene” che consente alle famiglie in difficoltà di accedere a cibo fresco in cambio di attività di “restituzione”.

C’è anche il progetto “Kiss Mugello” del comune Scarperia e San Piero (Firenze) che in occasione del prossimo Gran Premio d’Italia Moto GP,  all’autodromo del Mugello dal 2 al 4 giugnoha proposto la quinta edizione di un programma di sostenibilità ambientale e sociale che coinvolge team, piloti, spettatori, fans, imprese, addetti ai lavori, la comunità e le organizzazioni non profit. L’obiettivo è quello di aumentare i comportamenti orientati alla sostenibilità nei grandi eventi sportivi con un programma che avrebbe “permesso in questi anni di ridurre l’impatto ambientale connesso all’evento e di sviluppare sempre più riflessi culturali e sociali positivi“.

Ci sono anche 14 comuni della provincia di Ancona che hanno costituito l’associazione “Solidarietà in Vallesina” e dal 2014 hanno avviato una raccolta giornaliera di cibo coinvolgendo più di 40 aziende, anche fuori regione, e 39 associazioni caritatevoli che riescono a sostenere quasi 2.500 persone. Il cibo raccolto viene adeguatamente selezionato grazie anche al supporto della Asl locale che ha organizzato un corso per volontari. I responsabili delle organizzazioni hanno ricevuto invece una formazione di tipo fiscale per la compilazione dei moduli e la stipulazione delle convenzioni con gli esercizi commerciali e le aziende che possono detrarre l’importo della merce donata e poi recuperare anche l’iva. Ecco in sintesi la procedura seguita: “Il cibo arriva in magazzino con la bolla di consegna dell’azienda fornitrice; il documento viene caricato in un programma computerizzato ed al momento della consegna dei prodotti alle Caritas parrocchiali, viene generata un’altra bolla di consegna in modo che l’amministrazione dell’associazione possa sempre tenere sotto controllo le entrate e le uscite dei prodotti in magazzino. ”

La sintesi dal punto di vista numerico in sintesi, tra kg di cibo recuperato, distribuito e valore economico simbolico: “Dal giugno 2014 ad oggi l’associazione “Solidarietà in Vallesina” ha raccolto e distribuito: 250 quintali di pane,3.600 quintali di frutta e verdura,71 mila litri di latte, 4.100 quintali di pasta, scatolame 2.100 quintali, 950 chili di dolci, 120 litri di olio fra semi e d’oliva, 4 mila quintali di latticini, 10 quintali di zucchero, 750 uova, 41 quintali di alimenti vari, 5 mila litri di succhi di frutta. Se simbolicamente si attribuisse il valore della merce distribuita tutta ad €. 1,00 si può stabilire che da quando ha iniziato la propria attività l’associazione “Solidarietà in Vallesina” ha distribuito merce per un valore totale di €. 490.000,00“.

A Carpi (Modena) dal 2007 il comune ha avviato una collaborazione con la Caritas e altre associazioni per il recupero delle eccedenze attraverso iniziative come “il pane in attesa”, sul modello del “caffè sospeso”, e il progetto “S.O.Spesa” e “la Spesa in dono” che consente agli esercizi commerciali di donare l’invenduto alle famiglie in difficoltà economica.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Cilento: la scuola virtuosa di Maria de Biase vittima di giochi politici

Nel Cilento la preside Maria de Biase ha trasformato l’istituto comprensivo che dirige in un esempio di buona scuola, in cui si insegnano e si mettono in atto pratiche come la differenziazione dei rifiuti e l’autoproduzione della merenda. Purtroppo, una faida fra amministratori rischia seriamente di porre fine a questo bellissimo esempio di cambiamento.

Vi abbiamo già parlato di Maria de Biase  la preside che con la sua educazione alla ruralità ha creato un modello di scuola virtuoso centrato sulle buone pratiche. La sua storia, partita da San Giovanni a Piro, nel Cilento, ha destato attenzione in Italia e non solo: una scuola che guarda al futuro valorizzando il passato, le tradizioni, il cibo sano e la lotta ai rifiuti. Ora questo modello rischia di scomparire, perlomeno dal Cilento, a causa sia delle legge sul dimensionamento scolastico ma soprattutto per i litigi degli amministratori locali, che nulla hanno a che fare con le pratiche della scuola.debiase1

L’avventura della preside Maria De Biase ha inizio nell’istituto comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro – in Cilento – dove ha dato vita a una vera rivoluzione

La situazione è complessa ma proviamo a riassumervi i fatti: a causa della legge sul dimensionamento scolastico (spiegata bene qui in breve), nel 2013 la Preside De Biase fu costretta a lasciare la presidenza dell’Istituto Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro (che perse l’autonomia scolastica), divenne preside dell’Istituto Comprensivo di Santa Marina e tenne come reggente la scuola di San Giovanni a Piro (per non perdere il buon lavoro fatto) e le altre scuole del Cilento accorpate all’istituto di Santa Marina. Una situazione già difficile allora per la preside, perché mentre gli istituti di San Giovanni e di Santa Marina sono vicini, le altre scuole accorpate a causa del dimensionamento scolastico sono molto lontane una dall’altra: “La conformazione del Cilento è particolare, i comuni sono molto piccoli e distanti l’uno dall’altro. Sono più in macchina che nella mia scuola, per espletare le mie funzioni. La legge sul dimensionamento non tiene comunque conto delle difficoltà delle piccole comunità” ci spiegò la De Biase. Purtroppo il paradosso non è questo: infatti dal prossimo anno la sua ex scuola, la Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro, recupererà l’autonomia scolastica proprio a danno dell’istituto di Santa Marina, della quale è preside ora, che andrà in reggenza. Si rimescolano le carte e il destino della De Biase è dunque di nuovo incerto: può una lotta, un’inimicizia politica profonda tra amministratori locali compromettere così gravemente un lavoro così innovativo e incisivo, come quello fatto dalla Preside de Biase?.

“Non è un’operazione contro di me e la mia persona. Alcuni sindaci del luogo, in base ad alleanze locali e a logiche che niente hanno a che fare con i processi educativi scolastici, hanno sottratto dei plessi di scuola dell’istituto che attualmente dirigo e gli hanno fatto perdere l’autonomia, per poi accorparli ad un altro istituto il cui sindaco è loro alleato. Detta in breve è così. Queste decisioni vengono prese non rispetto al bene comune, ma in base all’appartenenza del momento degli amministratori locali” ci spiega la preside De Biase “è una cosa che trovo scandalosa, è una situazione perennemente transitoria perché gli equilibri locali potrebbero saltare di nuovo da un momento all’altro, in base al cambiamento degli scenari politici. Dunque per me è assurdo che il dimensionamento scolastico sia affidato ai personaggi politici locali: se facessero bene il loro lavoro andrebbe anche bene, ma qui non è così e credo ci sia bisogno di un’autorità sovradimensionata. Dovrebbe intervenire il Ministero della Pubblica Istruzione, perché non è possibile che le scuole siano ostaggio di queste decisioni che sono solo politiche. La mia speranza è che il mio messaggio arrivi direttamente a loro, perché non possiamo rimanere ostaggio di queste dinamiche”.

Con la nuova perdita dell’autonomia della sua scuola attuale, la De Biase perde infatti tutti i progetti ai quali stava lavorando (nuove iniziative e partecipazione a vari bandi), in cambio di un futuro completamente incerto.8597198077_1677fb0abf_h-845x684

Eppure la Preside aveva la soluzione ideale: in passato ha provato a far dialogare le amministrazioni dei comuni di San Giovanni a Piro e di Santa Marina, per convincerle a unire i due istituti scolastici: “La scelta più razionale sarebbe stata questa: le due località sono vicine, hanno una storia comune. Cosi le altre scuole più lontane si sarebbero accorpate ad un altro istituto vicino a loro, e non a uno di questi due che sono distanti. Pensate che un genitore di un alunno che risiede in quei comuni lontani, dovrà andare direttamente a San Giovanni a Piro per firmare anche solo una giustificazione”.
E poi se è solo di numeri che si tratta l’ istituto di San Giovanni a Piro avrebbe potuto accorpare i plessi di un solo comune dell’interno e lasciare a Santa Marina le scuole dell’altro comune. In questo modo l’uno avrebbe recuperato l’autonomia e l’altro l’avrebbe conservata. Invece si è voluto seguire la logica del “mi prendo tutto io” , mortificando l’istituto di Santa Marina facendogli perdere l’autonomia che, dall’anno prossimo, andrà in reggenza. La De Biase in questi tre anni ha gestito tutte queste scuole sperando che prima o poi avrebbero trovato la soluzione per affidarle un istituto gestibile e non un insieme di scuole cosi vasto. E’ chiaro che a questo punto la preside si trova di fronte ad una scelta molto difficile, o tornare a San Giovanni a Piro e provare a dirigere la sua enormità di scuole o trasferirsi in altra scuola della Campania. Lei ritiene che quella di San Giovanni, così come è stata organizzata, sia una situazione impossibile da coordinare, la qualità della scuola non sarebbe garantita né le famiglie delle piccole comunità sarebbero tutelate avendo un ufficio di presidenza così distante. Non appena diffusasi la notizia, molte persone hanno pensato ad un attacco diretto alla preside de Biase, legato al suo lavoro da molti ritenuto “scomodo” per una scuola diversa: purtroppo (permetteteci il termine) il male sa essere più banale. È una situazione nella quale noi che scriviamo e voi che leggete avvertiamo la fastidiosa sensazione dell’impotenza. Noi nel nostro piccolo la scriviamo e la diffondiamo, lanciamo il nostro sasso nello stagno. Dopo aver respirato direttamente l’atmosfera della sua scuola, l’entusiasmo delle insegnanti, dopo aver visto centinaia di bambini mangiare pane e marmellata fatta in casa per merenda, imparare a fare un orto, il sapone con il riciclo dell’olio e dopo essere stati travolti dalla gioia e dalla vitalità di Maria nel raccontarci e nel mostrarci tutto questo, noi perlomeno non vogliamo lasciarla sola. Voi?

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/03/cilento-scuola-virtuosa-maria-de-biase-giochi-politici/

 

Emergenza smog: pratiche virtuose contro l’inquinamento

L’Italia è tra i peggiori paesi d’Europa per inquinamento atmosferico , ma alcuni comuni hanno già adottato pratiche virtuose che potrebbero risolvere definitivamente il problema, se utilizzati su larga scala. Secondo l’ultima relazione pubblicata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) l’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute degli europei. C’è di peggio: in Europa l’Italia risulta essere la nazione con il tasso d’inquinamento atmosferico più alto in assoluto, registrando addirittura il record tra i 28 paesi UE di morti premature dovute allo smog.  In particolare, la regione d’Europa più colpita da inquinamento atmosferico, risulta essere la Pianura Padana. Questo record negativo in Italia è dovuto prevalentemente ad un’elevata concentrazione nell’atmosfera (per ordine di importanza) di micro polveri sottili (Pm 2.5, le più pericolose, anche perché in grado di penetrare profondamente nei polmoni, specie durante la respirazione dalla bocca), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) .image01042006_500m-1024x768

Come spiega molto bene ASPO Italia (Association for the Study of Peak Oil), nel nostro Paese si è registrato un trend negativo: accanto ad un miglioramento progressivo in termini di inquinamento da trasporto automobilistico, si è verificato un vero e proprio boom nell’uso di impianti di riscaldamento a biomasse nelle abitazioni. In particolare, l’aumento vertiginoso dei livelli del Pm 2.5 nell’atmosfera è dovuto al fatto che dal 2003 in poi, nel nostro Paese per riscaldarci abbiamo bruciato un’enorme quantità di legna e pellet nelle stufe e nei caminetti domestici. Proprio così: come riportato anche dalle fonti più autorevoli, il riscaldamento domestico pare sia una delle fonti primarie di produzione di micro polveri sottili, estremamente nocive per la salute. Ciò che però non viene riportato altrettanto spesso è che la combustione di biomasse quali la legna ed il pellet non è affatto ecologica, come spesso siamo erroneamente portati a pensare .  Ovviamente, più che misure d’emergenza transitorie e quindi poco efficienti come il blocco del traffico solo in determinati momenti dell’anno in cui si registrano livelli troppo alti di sostanze nocive nell’aria (come è successo ad es. a Milano dal 28 al 30 dicembre), ci sarebbe bisogno di misure efficaci e durature, atte ad evitare che il problema dell’inquinamento atmosferico molto oltre le soglie consentite dall’UE non si verifichi affatto.bosnia-environment-pollution-smog

A questo proposito Legambiente ha stilato un vero e proprio decalogo dove, tra le altre cose, chiede che si riduca l’inquinamento industriale, si incentivi l’uso di sistemi di riscaldamento non inquinanti vietando l’uso di combustibili fossili (e magari anche di legna e pellet, ndr), ad esclusione del metano e propone al governo di sostenere economicamente e replicare le buone pratiche. Come ad esempio quella della “Bicipolitana” di Pesaro  una metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette. Lo schema utilizzato è quello delle metropolitane di tutto il mondo. Vi sono delle linee (gialla, rossa, verde, arancione…) che collegano diverse zone della città, permettendo uno spostamento rapido, con zero spesa, zero inquinamento, zero stress. La Bicipolitana è in fase di costruzione; ci sono alcune linee che sarano completate a breve, altre che richiederanno un tempo più lungo”. Ma anche il servizio di “Pedibus” e “Bicibus” scuola di Reggio Emilia: il Bicibus è un servizio di accompagnamento in bicicletta per scolari offerto da genitori, nonni e insegnanti volontari lungo percorsi prestabiliti, messi in sicurezza, segnalati da scritte a terra facilmente individuabili da bambini e automobilisti. Il Pedibus funziona allo stesso modo, ma il gruppo in questo caso si sposta a piedi.pedibus-badoere-2-1024x764

Un altro magnifico esempio di lotta contro l’inquinamento è il “Bosco Sociale” di Ferrara, che si pone come obiettivo quello di piantare alberi da frutto, che vengano curati dalla comunità cittadina e che siano utili all’assorbimento delle emissioni inquinanti . Noi di Italia che Cambia invece ci rivolgiamo soprattutto a voi lettori: massima attenzione dunque ai riscaldamenti nocivi per la salute e per l’ambiente; utilizzate la macchina solo se strettamente necessario e più in generale incentivate il più possibile le buone pratiche prendendo parte ad esse o facendo partire un progetto virtuoso nel vostro quartiere o nelle vostre città: sappiamo che ne siete capaci e che tutti insieme possiamo cambiare in positivo il volto, ma soprattutto l’aria del nostro Paese!

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/01/emergenza-smog-pratiche-virtuose-inquinamento/

Buone pratiche e sostenibilità: le opportunità per i giovani

Corsi online gratuiti, corsi residenziali sulle buone pratiche, progetti Erasmus per incubatori di comunità sostenibili: crescono le opportunità per i giovani che vogliono guardare oltre il sistema attuale e cambiare paradigma.buone_pratiche_corsi_giovani

“Crediamo che i giovani sappiano che il sistema attuale non funziona e che sono necessarie alternative sostenibili – spiega Genny Carraro della Rive – crediamo anche che abbiano l’energia ed il potenziale per portare avanti i cambiamenti necessari, rispetto alle relazioni umane e al rapporto con la nostra casa: il pianeta Terra. I giovani chiedono un rafforzamento delle proprie abilità, competenze e conoscenze spendibili nei differenti ambiti della sostenibilità. Abbiamo quindi promosso un corso di formazione online gratuito, il cui obiettivo è di fornire a giovani leader ed educatori una serie di strumenti utili per coinvolgere altri giovani in iniziative comunitarie sostenibili. Il nostro target è quello degli youth workers, ovvero giovani impegnati nel lavoro con gruppi di ragazzi e in generale con il pubblico giovanile, con l’idea che possano incoraggiarli e responsabilizzarli per realizzare il loro pieno potenziale e per essere attori protagonisti di una società olisticamente sostenibile”.< Il corso verrà lanciato nell’autunno 2016.
“Al momento organizziamo un corso di formazione, per giovani ed educatori, con l’idea di verificare il grado di apprezzamento del contenuto del programma online. Si svolge all’ecovillaggio di Sieben Linden, in Germania, dal 4 al 6 dicembre”. Qui il progetto.  Potete inoltre consultare le opportunità di volontariato e per rimanere aggiornati iscrivervi alla mailing list. Di recente invece ventuno rappresentanti di nove reti nazionali di ecovillaggi si sono incontrati a Torri Superiore (Ventimiglia) per iniziare a delineare un programma chiamato “l’incubatore” e rivolto ad ecovillaggi ed iniziative sostenibili in via di realizzazione. Si tratta di un progetto biennale Erasmus+ finanziato dalla UE dal titolo “Sustainable Community Incubator Partnership Programme” (SCIPP), che offrirà un programma di sostegno per le fasi più delicate dello sviluppo di un progetto. La nascita e la crescita delle comunità sostenibili attraversano sfide e fasi cruciali, e la maggior parte delle iniziative si esaurisce nel giro di pochi anni. Il programma SCIPP affronta il problema dei fallimenti dei progetti collettivi “con un approccio innovativo e basandosi sulle esperienze delle comunità europee già consolidate”. Un manuale essenziale di circa 40 pagine delineerà le soluzioni chiave per i problemi più rilevanti che sorgono all’interno delle comunità nascenti o di iniziative collettive, offrendo strumenti di autovalutazione e un elenco di esperti competenti sulle varie tematiche trattate. Il quadro del programma è analogo al telaio di una bicicletta, in cui le parti mobili (come le ruote, che rappresentano simbolicamente i metodi e le strategie esistenti) sono già noti, mentre il telaio (l’inquadramento concettuale) deve ancora essere definito. L’incubatore fornirà un ambiente controllato per consentire ai gruppi di passare da una fase iniziale più vulnerabile a una successiva di maggiore stabilità. Gli ideatori del Sustainable Communities Incubator Framework ritengono che il ruolo svolto dalle comunità nella transizione verso una società globale più giusta e sostenibile non debba essere sottovalutato. Come cita un popolare proverbio africano: “Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme”.

 

Fonte: ilcambiamento.it

 

Nelle Langhe un Barolo biologico e di qualità

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Monforte d’Alba, nel cuore delle Langhe, la cantina Josetta Saffirio ha scelto di percorre una strada alternativa nella produzione del Barolo: trattori più leggeri per non compattare troppo il terreno, riduzione dei prodotti chimici usati nei vigneti, utilizzando solo quelli ammessi dall’agricoltura biologica, un sistema di packaging sostenibile, una corretta gestione dei rifiuti. La vendemmia 2015 nasce sotto i migliori auspici, grazie al clima favorevole dei mesi estivi e fra le soluzioni adottate dalla cantina Josetta Saffirio vi è l’utilizzo di rame e zolfo che non entrano nel ciclo linfatico e consento all’azienda vitivinicola – che produce 30-35mila bottiglie l’anno e possiede 5 ettari di vigne – di ottenere la certificazione di sostenibilità EcoProWine. La cantina si trova a Monforte d’Alba, uno degli undici comuni di produzione del mitico vino Barolo, inserito nel contesto paesaggistico che un anno fa è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’Umanità. Fra le buone pratiche messe in atto da questi coltivatori attenti all’ambiente vi è, per esempio, l’erba tra i filari per ridurre l’erosione provocata dalle acque superficiali.

“Siamo partiti per esigenze di salute. Perché con i prodotti che utilizzavamo dell’agricoltura tradizionale stavamo male, io non riuscivo più ad andare nel vigneto. Poi siamo andati avanti. E a maggior ragione abbiamo percorso questa strada quando ci sono nati i figli”,

spiega la titolare Sara Vezza Saffirio che ha ricevuto in eredità i terreni da sua nonna Josetta. Una scelta “green” che si spera possa fare scuola.

Fonte:  Askanews

Foto Davide Mazzocco