La Cina punta a usare il bioetanolo su scala nazionale entro il 2020

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Il piano, riporta l’agenzia Nuova Cina, è stato svelato in una fase in cui il Paese spinge sull’utilizzo di un eco-carburante rinnovabile, valido e rispettoso dell’ambiente. La Cina vuole espandere l’uso su scala nazionale di bioetanolo come carburante entro il 2020: è l’obiettivo annunciato oggi dalla National Development and Reform Commission and National Energy Administration. Il piano, riporta l’agenzia Nuova Cina, è stato svelato in una fase in cui il Paese spinge sull’utilizzo di “un eco-carburante rinnovabile, valido e rispettoso dell’ambiente”.

Il bioetanolo si ottiene attraverso la fermentazione di biomasse, ovvero di prodotti agricoli ricchi di zucchero (glucidi) quali i cereali, le colture zuccherine, gli amidacei e le vinacce. “Si tratta di un’alternativa ideale ai carburanti fossili”, ha spiegato un funzionario dell’amministrazione. In particolare la Cina userà il bioetanolo E10, che come spiega Rinnovabili.it è una delle tante miscele di carburante – E5, E7, E10, E20, E85, E95 – nate in questi anni dall’aggiunta di alcol etilico (la cui percentuale in volume è indicata dal numero nel nome) alla benzina. Oltre 40 Paesi e regioni consumano 600 milioni di tonnellate circa di bioetanolo ogni anno, corrispondenti al 60% dei consumi annuali di carburanti. La Cina è terzo produttore mondiale di bioetanolo e usa 2,6 milioni di tonnellate annue, mentre il carburante mescolato a etanolo vale un quinto dei consumi. Le benzine arricchite di etanolo sono una realtà in diversi Paesi, adottate in alcuni casi con pretesti ecologici visto le minori emissioni, in altri per meri motivi economici. L’uso di questo combustibile in Cina è iniziato molto più tardi rispetto a paesi come il Brasile o gli Stati Uniti, oggi i maggiori fornitori e consumatori di bioetanolo. Nonostante ciò ha superato in poco tempo l’Unione Europea, conquistando il terzo posto sul podio mondiale: oggi il gigante asiatico ne produce oltre 7 milioni di litri, consumandone però meno della metà, in una quota più bassa dell’1 per cento sul consumo nazionale totale di carburante. Per accrescere il settore, il Paese sarebbe disposto a imporre a livello provinciale dei quantitativi minimi di biocarburanti da aggiungere al combustibile per trasporti.

Fonte: ecodallecitta.it

Brewtroleum, in Nuova Zelanda le auto vanno a tutta birra

L’originale miscela di benzina e bioetanolo è la prima operazione commerciale dopo quasi un ventennio di sperimentazioni

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È proprio il caso di dirlo: in Nuova Zelanda le auto andranno a tutta birra. No, niente fraintendimenti: non stiamo parlando di velocità, ma del propellente che la Gull Petroleum metterà in commercio e che sarà prodotto con un’originale miscela di benzina e bioetanolo prodotto dal riciclo degli scarti dei birrifici. Un’azienda produttrice di birra, la Molson Coors, aveva già tentato questa strada nel 1996, ma la Brewtroleum prodotta dalla DB Export sarà la prima operazione commerciale mai realizzata. La DB Export ha dato il via alla distribuzione nelle pompe di Auckland. Inizialmente sono stati prodotti 30mila litri di etanolo attraverso la fermentazione dei sottoprodotti del luppolo; successivamente il biofuel è stato miscelato alla benzina super con una proporzione di 1 a 9 e, successivamente, è stato distribuito in 60 stazioni di servizio nel nord dell’isola. Attualmente le auto non sono in grado di funzionare con alte percentuali di etanolo, ecco perché la proporzione è stata tenuta così bassa. Sean O’Donnell, capo marketing presso la DB Export, ha rivelato che l’idea di Brewtroleum è arrivata quando la dirigenza si è chiesta che cosa avrebbe potuto fare per aiutare in maniera concreta l’ambiente. Con questa proporzione Brewtroleum emette, a parità di prestazioni, l’8% in meno di carbonio rispetto alla normale benzina. Questa innovativa benzina 98 ottani verrà testata sul mercato per un breve periodo dopo il quale si farà il punto della situazione. La speranza degli ideatori di Brewtroleum è che il pubblico risponda con entusiasmo e si possano creare i presupposti per un maggiore equilibrio fra etanolo e benzina.

Fonte:  Gull Petroleum

Immagine | Gull Petroleum

USA: il 44% del mais è destinato a biofuel

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Negli USA la terra arabile è sempre più usata per produrre biofuel invece che cibo. Come si vede dal grafico, la produzione di mais per bioetanolo è letteralmente esplosa nell’ultimo decennio ed ormai interessa il 44% della superficie destinata a questo cereale, per un’area pari a oltre 150 000 km², ovvero un’estensione maggiore dell’intero stato dell’Iowa.(1)  La quota rimanente è in massima parte destinata ad essere usata come mangime negli allevamenti intensivi.

La pressione generata dai biofuel sta aggredendo  un’importante area naturale quale la grande prateria, in particolare in South Dakota e Iowa.  Secondo una ricerca di Wright e Wimberly negli ultimi 5 anni oltre 5300 km² di prateria sono stati messi a coltivazione per il mais. In questo modo sono stati distrutti habitat importanti per gli uccelli, in particolare le anatre selvatiche.

Ma la follia del bioetanolo non si ferma qui.

Primo: l’attuale produzione di bioetanolo, pari a 22,6 Mtep, copre appena il 3% dei consumi di petrolio degli USA. Nemmeno se tappezzassero tutta l’Unione di campi di mais, gli americani potrebbero soddisfare la loro economia ultra energivora.

Secondo: il mais per il bioetanolo è coltivato con grandi input fossili (fertilizzanti, trasporto, trattamento chimico) e il guadagno energetico è modesto, in genere di qualche punto percentuale.

Terzo: i cambiamenti climatici potrebbero ridurre in modo significativo la resa agricola negli USA e quindi occorrerà più terra per produrre lo stesso cibo: la terribile siccità dell’estate del 2012 potrebbe essere solo un’avvisaglia di quello che ci aspetta.

(1) Fonti: Renewable Fuel Association e Faostat. I dati relativi alla produzione e alle rese del 2012 provengono invece da USDA.

 

Fonte: ecoblog