Coltivare l’economia solidale. La Terra e il cielo, agricoltura biologica dal 1980

Senza esperienza e senza soldi ma motivate dalla volontà di stare in campagna e vivere dei prodotti della terra, nel 1980 un gruppo di persone ha dato vita a quella che nel tempo è divenuta una delle più importanti cooperative agricole biologiche italiane, in una regione contadina per eccellenza: le Marche.

In un periodo in cui imperava l’agricoltura convenzionale ed il biologico rappresentava un settore di nicchia, “La Terra e il cielo” è nata grazie alla coraggiosa iniziativa dei soci fondatori che hanno deciso di adottare un nuovo approccio più sostenibile alla coltivazione, riscoprendo, al contempo, un rapporto più equilibrato con la natura e con se stessi.

Il marchio della cooperativa, l’uomo vitruviano con i piedi piantati a terra e la testa in cielo, rispecchia proprio la filosofia che anima i fondatori ed i lavoratori de “La Terra e il cielo”: l’importanza dell’equilibrio Uomo-Natura, non soltanto per la salvaguardia dell’ambiente ma anche, come si legge nel sito della cooperativa, “perché l’uomo riacquisti la dignità della propria essenza, possibile solo nel pieno rispetto del Mondo, sia esso un campo da coltivare, una pianta da crescere, un animale da allevare o l’essere umano che incontriamo durante il nostro cammino”.8528872425_b194375c1e_b

La sede operativa de “La Terra e il cielo” sorge ai piedi del castello di Piticchio, frazione di Arcevia, nelle campagne della provincia di Ancona, a metà strada tra l’Appennino marchigiano ed il mare Adriatico. In linea con i principi di sostenibilità ed ecologia che guidano la cooperativa, la struttura (uffici e magazzino) è stata costruita seguendo i principi della bioarchitettura e del feng-shui al fine di garantire un ambiente salutare a chi vi lavora ed al contempo una condizione di salubrità ai prodotti. “Da subito – racconta il presidente Bruno Sebastianelli, che è stato anche tra i soci fondatori della cooperativa – anche se erano concetti praticamente sconosciuti in Italia, abbiamo deciso di coltivare biologico e biodinamico, e ci siamo concentrati sulla produzione di cereali”. La riscoperta ed il rilancio di antiche varietà di cereali e legumi rappresenta infatti da sempre uno dei punti cardine dell’attività della cooperativa che, quindi, si è specializzata nel mercato della pasta biologica con l’intento di “promuovere la cultura della salute e del rispetto dell’ambiente attraverso la qualità, la tracciabilità e la tipicità dei prodotti alimentari, e quindi, delle metodologie produttive”. Nell’ottica di coltivazioni e quindi alimentazione il più possibile diversificata, nel tempo si è allargato il ventaglio di prodotti, tutti caratterizzati da una tracciabilità, quasi completamente locale e regionale.8529983000_5070e99024_b

Oggi la cooperativa rappresenta circa 110 aziende agricole biologiche e movimenta 15.000 quintali di cereali all’anno. “La Terra e il cielo” lavora e commercializza esclusivamente materia prima biologica italiana, in prevalenza marchigiana, proveniente dai produttori agricoli soci, ai quali è garantito un prezzo equo. La tutela della piccole aziende e l’impegno per migliorare le condizioni degli agricoltori costituiscono infatti i pilastri della cooperativa, che collabora anche con i Gas. Proprio da questa collaborazione è nata l’idea del prezzo giusto e anche quella del prezzo trasparente. “Adesso Pasta” è un importante patto sottoscritto dalla nostra cooperativa con i consumatori organizzati in Gruppi di Acquisto Solidale (leggi box a destra), nella linea dei principi dell’Economia solidale. Oltre che di un patto di fornitura dei prodotti della cooperativa ad un prezzo equo per il produttore e per il consumatore, si tratta anche di un progetto che è volto a coinvolgere i GAS italiani in una filosofia di piena trasparenza e conoscenza dei processi produttivi e di formazione dei prezzi. “Acquistando i nostri prodotti – si legge sul sito della cooperativa – non solo si difende l’agricoltura biologica italiana dei piccoli produttori che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma si contribuisce alla affermazione di un modello economico e sociale più equo, che chiamiamo ‘economia solidale‘ che si sta sviluppando dal basso. Questo nuovo, urgente approccio va contro una certa globalizzazione finanziaria che sta sostanzialmente minando alla base l’economia locale a vantaggio soltanto di progetti speculativi di imprenditori singoli o della grande finanza internazionale”.8529983246_ea5c9970c8_b

Bruno Sebastianelli, presidente e tra i soci fondatori de La Terra e il cielo

Peraltro, come molte realtà legate all’economia solidale, “La Terra e il cielo” non ha avvertito la crisi: “nel 2012 – afferma Bruno Sebastianelli – il nostro fatturato è aumentato del 10%”. Negli anni “La Terra e il cielo” ha interrotto i rapporti con le banche tradizionali ed ora si rivolge solo a Banca Etica. In trent’anni la cooperativa è cresciuta sino a diventare una solida realtà italiana del biologico, preservando nel tempo i valori della solidarietà, dell’equità e del rispetto della natura. Sono stati tra i primi ad ottenere la certificazione bio, di cui oggi però il presidente della cooperativa mette in dubbio il valore effettivo: “quando l’abbiamo ottenuta eravamo orgogliosi. Adesso, invece, pensiamo che sia più che altro un ente burocratico. I controlli, infatti, sono pochi. La vera garanzia, per i cittadini, potrebbe venire dalla conoscenza diretta dei produttori. Un motivo in più per incentivare i consumi locali”.

Alessandra Profilio

Il sito de La Terra e il cielo 

Fonte: italiachecambia.org

Olio extravergine di oliva: quando può definirsi commestibile e salutare?

Negli ultimi 30 anni è radicalmente cambiato il modo di produrre l’olio extravergine di oliva, uno dei prodotti più rappresentativi dell’agricoltura italiana. Soltanto un olio extravergine di oliva biologico o biodinamico può essere considerato commestibile e assolutamente privo di tracce di insetticidi e altri veleni.olio9_

Insieme al vino e al frumento l’Olio extravergine di oliva è il prodotto più importante e più rappresentativo dell’agricoltura italiana. Poche sono le aziende agricole che non lo producono e moltissime sono le famiglie contadine che ne traggono un reddito indispensabile. Il modo di produrre Olio dalle olive è radicalmente cambiato negli ultimi 30 anni, con l’inserimento ormai generalizzato della macinatura meccanica, in sostituzione delle vecchie macine a pietra che avevano il difetto di ossidare eccessivamente il prodotto della spremitura naturale delle olive. Partiamo come al solito dal campo. Troviamo oliveti in pianura, sul mare, sui laghi, in collina, in alta collina e persino in montagna fino a 800 metri sul livello del mare. Il mantenimento della fertilità del suolo da osservare, per definire un prodotto genuino è delegato oltre che all’uso di letame maturo, anche al sovescio di leguminose o di opportuni miscugli di piante adatte ad essere incorporate nel terreno per apportare con l’aiuto di microrganismi ed insetti utili i 30 elementi chimici che compongono ogni singola oliva. Le concimazioni chimiche che mettono a disposizione delle piante solo azoto, fosforo e potassio servono invece a squilibrare e a rendere suscettibili alle più disparate malattie queste piante così longeve, favorendo solo l’uso di rimedi “curativi” altamente tossici per le varie patologie che di conseguenza si manifestano. Molto importanti risultano infine le consociazioni e le naturalizzazioni degli uliveti, si è visto infatti che all’interno di un contesto ricco di biodiversità naturale gli antagonisti delle avversità viventi sono molteplici e ben equilibrati, mentre nelle monocolture intensive e molto estese sono praticamente assenti. Di solito l’altitudine influisce notevolmente sugli attacchi del parassita più temuto: la mosca olearia che, deponendo un semplice uovo nella piccola oliva acerba, permette alla larva che ne fuoriesce di cibarsene (in simbiosi con un batterio) deturparla e sporcarla causando notevoli danni al prodotto finale.pesticidi9_

Salto a piè pari tutto lo scibile scontato dei danni provocati dagli oli di semi estratti con solventi chimici e dalle margarine proposte dagli anni 60 alle nostre massaie e ancora presenti come grassi deidrogenati in molteplici prodotti industriali, causa principale di obesità e disparate disfunzioni. Solo un Olio extravergine di oliva biologico o biodinamico risulta davvero commestibile e assolutamente privo di tracce e cocktail di insetticidi e anticrittogamici, mentre non è escluso che negli olii extravergini, anche IGP e DOP senza distinzione, possano ritrovarsi veleni, normalmente in tracce ammesse, ma comunque consistenti. Oggi sistemi collaudati basati sull’esperienza dell’agricoltore, la raccolta precoce, l’uso di trappole e prodotti che creano confusione sessuale consentono a questo prodotto di essere coltivato senza uso di veleni anche in pianura, rendendo l’olivicoltura convenzionale ormai obsoleta ed inutile. Per avere un prodotto perfetto servono comunque ancora tante attenzioni. Esistono aziende che portano in frangitura le olive il giorno stesso della raccolta. Esistono frantoi che non superano i 28 gradi di temperatura nelle operazioni di spremitura e non vanno oltre i 90 minuti nelle operazioni di separazione dell’olio dalla pasta ottenuta. Queste cure seguite: dall’evitare assolutamente il contatto con la plastica così detta “alimentare” spesso usata a bidoni e puntualmente corrosa e diluita da alcuni dei molteplici acidi presenti soprattutto nei primi giorni di olio nuovo, dal mantenimento dell’olio in bottiglie scure, dall’evitare il più possibile il contatto con l’aria, permettono di ottenere dei prodotti davvero speciali. Esistono infine olii monocultivar con sapori ben chiari e diversificati: favolosa Olivastra seggianese, olii saporiti di solo Olivo Frantoiano, olii indefinibili di Leccino o Moraiolo, Ogliarola barese o Cima di Bitonto, tutti adatti a restituire al nostro palato la capacità di sentire, degustare, osservatore con tutti i sensi quel condimento che previene le malattie, cura da sempre i più svariati squilibri e dona alle pietanze della nostra dieta un sapore che lo rendono insostituibile. Che non senso miscelarlo col falso, rettificarlo, contaminarlo chimicamente, squilibrarlo con fertilizzanti costosi ed inutili! Un prodotto così importante non può essere valutato in base al costo o alla semplice acidità che ne determina l’attuale classificazione in rancido, lampante (buono solo per le lampade ad olio) rettificato (manipolazione chimica e fisica), olio di sansa di oliva, olio d’oliva (un rettificato con 1% di vergine) , vergine (max 2% acidità libera) ed extravergine (max 0,8% acidità libera). Un buon olio si definisce in base agli aromi, ai profumi, alla presenza indispensabile di acidi grassi insaturi, di antiossidanti naturali, di clorofilla e di vitamina E, di enzimi e di vitamine B e C. Così come non ha senso valutarlo in base al costo unitario, molto più sensato calcolarne invece il costo giornaliero pro capite per rendersi conto che bastano pochi centesimi ben spesi per vigilare sulla salute di tutta la famiglia o sulla reale qualità della propria ristorazione. A voi questa volta il compito di riscoprirlo direttamente tra le aziende agricole bio più vicine, nelle molteplici individualità che lo producono, lo accarezzano, lo confezionano per non farlo mai mancare sulle tavole imbandite, dalle minestre dei bambini alle zuppe dei più anziani, dalle ricette dei grandi chef alle pietanze delle più anonime massaie, dai consigli dei nutrizionisti fino ai rimedi dei monaci camaldolesi, che da sempre in tutto il Mediterraneo non c’è miglior aiuto per far partire dalla cucina la salute di ognuno.

Fonte: il cambiamento