Dal PIL alla Felicità Interna Lorda: la lezione del Bhutan

Il Bhutan occupa il 160° posto nella classifica mondiale del PIL, che misura la ricchezza economica. Eppure i suoi abitanti sono felici, tanto che il benessere viene calcolato attraverso un indicatore chiamato “felicità interna lorda”. Abbiamo intervistato il dottor Saamdu Chetri, direttore del GNH, il centro che si occupa della diffusione di questo concetto. Fra i relatori del NESI Forum di Malaga, di cui Italia Che Cambia è media partner italiano, ci saranno anche i rappresentanti del GNH Centre del Bhutan. GNH sta per Gross National Happiness, che possiamo tradurre alla lettera come “felicità interna lorda”. Si tratta infatti di un indice che misura il benessere di un popolo attraverso la felicità e la consapevolezza e non calcolando la ricchezza economica. Ne abbiamo parlato con il dottor Saamdu Chetri, direttore esecutivo del GNH Centre. Oltre a spiegarci come funziona questo indicatore – che trova un omologo anche il Italia: il BIL, benessere interno lordo –, il dottor Chetri si sofferma su alcuni aspetti fondamentali come il rapporto con la natura, la decrescita e il percorso di cambiamento interiore da cui deve partire tutto.GNHC1

Una domanda un po’ scontata, ma che offre l’opportunità di spiegare meglio la vostra filosofia: perché i due concetti di PIL e Felicità Interna Lorda sono divergenti?

Se guardiamo questi concetti dal punto di visa olistico, sono divergenti al punto da diventare opposti. In ogni caso, l’idea di PIL nella sua accezione squisitamente economica è inglobata nel concetto di FIL. Mi spiego meglio: il GNH riguarda lo sviluppo olistico dell’Uomo grazie al bilanciamento del benessere materiale e spirituale dei bhutanesi. La crescita del GNH si misura attraverso l’incremento o il decremento della felicità sociale e diventa così indice di progresso. Noi sosteniamo che se un bhutanese ha dal 50% al 65% delle condizioni a sua disposizione nei nove domini allora accede al livello di persona appena felice. Se queste condizioni si verificano in una percentuale dal 66% al 76%, è abbastanza felice. Se questa percentuale supera il 76% è profondamente felice. Non consideriamo la felicità soggettiva, che è individuale, effimera e momentanea – la felicità misurata dal GNH è servire gli altri, vivere in armonia con la Natura e realizzare la bontà dei valori e della saggezza delle persone. Il GNH si basa sui concetti di confini planetari, di un’economia fondata sui bisogni e non sull’avidità e di una crescita sostenibile che prosegua anche quando arriveranno le generazioni future.  D’altra parte, il PIL si basa sulla distruzione e sull’eccesivo consumo delle risorse naturali. L’80% del territorio del Bhutan è verde e il 72% è coperto da foreste. Gli alberi vivi non hanno valore secondo la logica del PIL, ma se li uccidiamo e li abbattiamo gli indicatori economici salgono improvvisamente… ma qual è il prezzo da pagare in termini di equilibrio biologico e biodiversità? Allo stesso tempo, per esempio, se ci sono dei conflitti, se cresce il consumo di droghe, l’alcolismo, il fumo, allora la compravendita di armi e di sostanze che creano dipendenza fa aumentare automaticamente il PIL. E ancora: se uno dei due genitori smette di lavorare e rimane a casa per curare il futuro del Paese, che sono i figli, non c’è alcuna crescita economica. In altre parole, come abbiamo visto, ciò che fa progredire l’economia non si traduce in felicità e benessere per le persone.

Dunque il PIL non è un concetto negativo di per sé…

Non siamo contrari al PIL, nella misura in cui ha una ricaduta positiva sull’Uomo e sulla Natura, sulla lotta ai combustibili fossili o sul contenimento delle emissioni, in modo che il riscaldamento globale si riduca; in questi termini, può continuare a crescere! Ma per chi stiamo costruendo? Quale sarà l’utilità per le generazioni future se tutto verrà esaurito mentre ci siamo noi? Stiamo vivendo per noi stessi o per i posteri? Se è per loro che lo stiamo facendo, allora dobbiamo modificare il nostro stile di vita, mentre se è per noi, non abbiamo alcun diritto di mettere al mondo dei figli e lasciare loro in eredità un futuro di sofferenza. Scienza e tecnologia possono continuare a crescere finché noi saremo capaci di essere rigenerativi e sostenibili nel nostro approccio alla crescita, che sia legato al PIL o ad altri concetti equivalenti. “Sviluppo” è una parola fluida senza confini precisi. Uno dei nove domini del GNH è lo stile di vita e mira a un concetto sostenibile di PIL: crescere ma in modo sensato e non essere solo dei voraci consumatori.gnhc2

Abbiamo ancora la possibilità di recuperare il nostro rapporto con la Natura? 

Sì, possiamo ancora farlo. Sappiamo tutti che noi siamo la Natura e la Natura è noi. Quando distruggiamo la Natura, stiamo distruggendo noi stessi. Circa l’80% della superficie coltivabile è usata per produrre cibo per nutrire 1000 miliardi di animali ogni anno. 700 miliardi di essi vengono uccisi e macellati per soddisfare la voracità di una popolazione di 7,5 miliardi di persone. Gli allevamenti contribuiscono a circa l’11% dell’inquinamento atmosferico attraverso il metano prodotto dagli animali. Non abbiamo bisogno di carne e prodotti di origine animale per sostentarci e se qualcuno è convinto del contrario, lasci che chiediamo ai cavalli, agli elefanti, ai rinoceronti, alle giraffe, alle zebre e ad altri animali che tipo di carne mangiano e mangiamola anche noi! Se smettessimo di mangiare carne e altri prodotti di origine animale, restituiremmo alla Natura questo 80% di terra fertile ed essa si rigenererebbe. Il 20% della superficie coltivata secondo metodi biologici sarebbe sufficiente per mantenere il triplo dell’attuale popolazione terrestre. Questo è stato dimostrato dalla dottoressa Vandana Shiva presso la fattoria Navdanya dell’Università della Terra nel Deharadun indiano e dal professor Ganesh Bagaria dell’Istituto Indiano di Tecnologia di Kanpur attraverso il concetto del valore umano. Ciò che l’America Settentrionale e l’Europa sprecano ogni anno sarebbe abbastanza per il fabbisogno di tre anni dell’intera popolazione mondiale.gnhc4

Quali sono quindi le misure più urgenti da adottare?

Abbiamo bisogno di superare le barriere imposte dal pensiero attuale e imparare a condividere e curarci degli altri, ovvero redistribuire. La Terra si vendicherà presto con l’aumento del livello dei mari, calamità naturali e il ritorno di antiche malattie e la comparsa di nuove. Per l’umanità è arrivato il momento di distaccarsi dal vecchio paradigma e abbracciarne uno nuovo e siamo convinti che il GNH possa essere di grande aiuto in questo. Dobbiamo anche placare la nostra sete di consumo, condividere l’uso delle auto alimentate a combustibili fossili, usare di più il trasporto pubblico, non utilizzare gli impianti di condizionamento se non quando è strettamente necessario, utilizzare la luce elettrica il minimo indispensabile – dal momento che la maggior parte di essa è generata da fonti fossili –, non comprare una quantità eccessiva di vestiti, scarpe e altri oggetti – prima di acquistarle dobbiamo chiederci se ne abbiamo davvero bisogno, mangiare per nutrire il nostro corpo e smetterla con il cibo spazzatura… e molte altre cose! Prosegue la nostra intervista (qui la prima parte) con Saamdu Chetri, direttore esecutivo del GNH Centre del Bhutan. In questo paese da anni il PIL è stato sostituito dall’idea di Gross National Happiness, ovvero felicità interna lorda. Abbandonando il paradigma economico per misurare il benessere di un popolo cambiano molte cose, come il modo di rapportarsi fra Uomo e Natura e fra gli stessi uomini.saamdu1

Secondo lei, perché il GNH è nato proprio in Bhutan?

Perché il nostro leader, il Re, era al servizio dell’umanità e non in carica come semplice reggente. Egli, il nostro Quarto Re Jigme Singye Wangchick, aveva a cuore la felicità dei suoi cittadini e del mondo intero. È diventato Re a soli 17 anni, ma già a quella giovane età aveva realizzato che il modello economico convenzionale era basato sulla distruzione della natura, sul consumismo e sullo spreco – tutte cose lontanissime dalla vera felicità. Sapeva che lo scopo ultimo di ogni essere umano è essere felice e per questo era alla ricerca di un nuovo paradigma di sviluppo. In più, sapeva che l’antico codice legale del 1729 diceva che se il Governo non è in grado di provvedere alla pace e alla felicità del suo popolo, allora non ha ragione di esistere. Voleva che il suo Governo non seguisse il modello convenzionale fondato sul PIL, ma si affidasse a uno che portasse felicità alle persone, così propose che il GNH diventasse l’indicatore principale per il Bhutan e i bhutanesi al posto del PIL. A 52 anni, all’apice della sua popolarità, abdicò per consegnare la democrazia nelle mani del popolo bhutanese. Spesso la gente pensa che il GNH sia nato in Bhutan per via del buddhismo, ma esso si basa su valori universali e secolari. In nostro attuale Re Jmge Khesar Nagyel Wangchuck ha scelto il GNH come indicatore, legando lo sviluppo ai valori e i valori alla bontà, all’uguaglianza e all’umanità. In questo modo ha attribuito al GNH uno scopo superiore, che ha inizio con l’amore e termina con la fiducia.saamdu2

Pensa che i principi del GNH potrebbero essere applicati anche in altri paesi?

Sì, i principi del GNH sono adatti a qualsiasi paese, poiché sono al centro di questa idea ci sono gli esseri umani. Gli indicatori che utilizziamo non sono universalmente validi e hanno bisogno di essere adattati da caso a caso. Ma il GNH non è altro che un’occasione per proporre un nuovo paradigma di sviluppo per il futuro.

Avete ma provato a esportarlo?

No, il Bhutan non ha mai ricevuto richieste da altri paesi di misurare la loro felicità attraverso il GNH, anche se potrebbe essere fatto con alcuni adattamenti al contesto specifico. Abbiamo convissuto con questa idea per più di 40 anni prima che il mondo ci chiedesse di misurarlo. Ora lo facciamo e questo ci ha indicato una buona strada verso l’obiettivo della crescita della felicità umana.

In Italia esiste un movimento chiamato Decrescita Felice. Pensa che questi due aspetti – decrescita e felicità – possano essere compatibili?

 Questo è il momento giusto per un salto in avanti in termini di consapevolezza, a beneficio delle generazioni future. Non conosco bene questo movimento, ma posso dire che la decrescita è una cosa diversa dalla non-crescita: si riferisce a una crescita consapevole. I giapponesi hanno lanciato il cosiddetto “approccio minimalista”, che non è esattamente decrescere, ma usare solo le risorse necessarie per sostentare la vita e gli esseri viventi. E questo genera appagamento, che sta alla base della felicità. Se siamo contenti con quello che abbiamo, diventiamo connessi come parte dell’”inter-essere” – per usare il termine del Maestro del buddhismo zen Thich Nhat Hanh – e favoriamo l’interdipendenza, diventando così consapevoli e, quindi, felici. Se siamo consapevoli infatti, siamo sempre felici, poiché impariamo a vivere nel presente. La mia risposta quindi è: sì, decrescita e felicità sono compatibili.saamdu3

Cosa suggerirebbe a chi volesse cambiare la propria vita, rendendola più consapevole e sostenibile?

Di imparare a vivere con consapevolezza. Siate voi stessi, non cercate termini di paragone, non lamentatevi, non mettetevi in competizione con gli altri. Imparate a guardare profondamente dentro di voi e siate consci della natura della vostra mente – la felicità è interiore ed esteriore. Sappiate che siete costituiti per due terzi da acqua e per un terzo da aria e dal cibo che mangiamo, proveniente dalla Terra. Quindi, siamo al 99,99% Natura. Se prendiamo coscienza di questo fatto, impariamo a rispettare l’interdipendenza e diventiamo esseri consapevoli. Vedete, non possiamo essere tutti primi ministri, dottori, ingegneri e così via, ma chiunque saremo nella vita siamo destinati a morire e questa è la verità definitiva. Dobbiamo ricordarlo ogni giorno a noi stessi e dedicare una parte della nostra esistenza a servire gli altri. Servono solo tre cose per vivere: cibo, qualche cambio di vestiti a seconda della stagione e un tetto sopra la testa. Dobbiamo passare dalla consapevolezza animale alla consapevolezza umana costruendo relazioni più solide, più sane e più amorevoli fra l’Uomo e tutti gli altri esseri senzienti.

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/04/ricchi-benestanti-felici-consapevoli/

Il Bhutan forse non riuscirà a vietare pesticidi e erbicidi al 100% entro il 2020

Il Regno del Bhutan non sarà un paese senza pesticidi e erbicidi al 100%, promessa pre elettorale rilasciata troppo in fretta171397266-594x350

La promessa di rendere il Bhutan il primo Paese senza pesticidi e erbicidi al 100% fu fatta, forse troppo frettolosamente e in pieno stile pre elettorale (le elezioni ci sono state tra aprile e maggio di quest’anno NdR) lo scorso anno dal primo ministro Jigmi Thinley (rieletto) alla Conference on Sustainable Development di Rio20+ dichiarò che i contadini del piccolo regno himalayano:

lavorando in armonia con la natura, possono contribuire a sostenere il flusso di doni della natura.

Tanto è bastato per scatenare media e blog americani (e con effetto rimbalzo anche tutti gli altri) che ancora oggi riportano quella dichiarazione di un anno fa senza tener conto che in Bhutan ci sono state le elezioni questo luglio e che il piccolo regno himalayano non è lo ShangriLa e che probabilmente non riusciranno molto realisticamente a eliminare del tutto pesticidi e erbicidi se la produzione agricola deve bastare a sfamare 700 mila bhutanesi. Infatti a febbraio di quest’anno Pema Gyamtsho ministro per l’Agricoltura nel question time rispondendo alla domanda del leader dell’opposizione Tshering Tobgay che chiedeva chiarimenti in merito alle notizie diffuse dalla stampa in merito alle dichiarazioni di un’agricoltura in Bhutan biologica al 100% entro il 2020 disse:

Non vi è una dichiarazione ufficiale che vieti i pesticidi chimici e gli erbicidi. Si richiedono molte discussioni con gli agricoltori prima di prendere una tale decisione. Tuttavia l’uso di prodotti chimici è stato ridotto del 70%. Un improvviso divieto di erbicidi e pesticidi porterebbe al blocco delle attività essendone l’agricoltura completamente dipendente. C’erano circa 16 pesticidi a base di potassio, fosforo, azoto, calcio e magnesio usati dagli anni ‘60 per coltivare riso, patate e mais. Ne sono stati eliminati 34 tonnellate con l’aiuto della Svizzera tra il 2005 e il 2006. Oggi usiamo erbicidi in piccole quantità.

Ma dopo le elezioni la squadra di governo è cambiata e primo ministro è Tshering Tobgay mentre ministro per l’agricoltura è stato nominato Lyonpo Yeshi Dorji del partito dell’opposizione People’s Democratic Party (PDP)che ha stravinto al voto. E’ biologo con master all’Università del Missouri.

Fonte: ecoblog