Produttori europei di bevande analcoliche: entro il 2025 bottiglie al 25% in PET riciclato ma non solo

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I produttori di bevande analcoliche, di cui fa parte anche l’italiana Assobibe, puntano a utilizzare negli imballi il 25% di PET riciclato entro il 2025 e ad avere etichette e confezioni interamente riciclabili entro la stessa data. Entro il 2025 solo bottiglie plastica con un contenuto di PET riciclato di almeno il 25%, ma anche bottiglie, chiusure ed etichette in plastica interamente riciclabili e inoltre miglioramento della raccolta degli imballaggi utilizzati, rafforzando la collaborazione con i soggetti coinvolti e incremento del riutilizzo, dove questa soluzione offre particolari benefici a livello ambientale ed economico. Sono questi in sintesi i punti del programma europeo di Unesda, associazione europea dei produttori di bevande analcoliche (soft drink), che ha annunciato oggi l’impegno preso dai propri associati. In Italia l’iniziativa è stata rilanciata da Assobibe, l’associazione di Confindustria federata Unesda.

“L’obiettivo del settore, i cui imballaggi sono i più raccolti nell’UE – afferma David Dabiankov, direttore generale Assobibe – è quello di contribuire alla creazione di un modello circolare per gli imballaggi in plastica migliorandone la riciclabilità, il contenuto riciclato, la raccolta e il riutilizzo. E’ un messaggio davvero importante che questi impegni vengano estesi a tutta Europa: le imprese vogliono che i loro imballaggi, comprese le materie plastiche, siano raccolti e riciclati e non vengano gettati nelle strade, negli oceani e nei corsi d’acqua”. Secondo Dabiankov infine “una migliore raccolta e riciclo degli imballaggi, insieme a una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori, sono elementi fondamentali per questi obiettivi e per aumentare quantità e qualità di materie plastiche riciclate da poter usare”. Assobibe ricorda infine che in Italia, l’83,5% degli imballaggi in plastica è già raccolto e recuperato, anche grazie al sistema Conai-Corepla per cui le imprese pagano per ogni tonnellata di materiale immesso in consumo.

Fonte: ecodallecitta.it

CIBO BIO ALTRO CHE CRISI: nel 2012 + 7.3% in Italia


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Nel 2012 la crisi ha indotto gli italiani a drastici tagli della spesa alimentare, una sforbiciata che, per la prima volta dopo vent’anni  ha visto il peso medio degli italiani in diminuzione rispetto all’anno precedente. Anche il cibo di qualità ha avuto una battuta d’arresto con un -3,4% di spesa per il pesce fresco e un -1,9% per la frutta. Al cospetto di questa contrazione c’è una nicchia che non solo ha tenuto, ma ha addirittura aumentato il giro d’affari: quella del cibo biologico. In controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato la spesa per i prodotti biologici è aumentata del 7,3% dopo il notevole +9% del 2011.

Se per biscotti, dolciumi e merendine (+22,9%) e bevande analcoliche (+16,5%) si può parlare di un vero e proprio boom, l’aumento è superiore alla media generale del settore anche per pasta, riso e sostituti del pane (+8,9%) e frutta e ortaggi (+7,8%). I prodotti bio lattiero-caseari registrano un +4,5%, mentre per quanto riguarda le uova i dati sono in calo di un -1,9%. Proprio le uova, nonostante il segno meno del 2012, restano il prodotto bio più gettonato con una quota del 12,5% sulla spesa complessiva; confetture e marmellate bio rappresentano l’8,8% del mercato bio, mentre il latte è all’8,6%.

Geograficamente il Paese è spezzato in tre con il 70,8% della spesa nelle regioni del Nord Italia, il 22,3% in quelle del Centro e 6,9% in quelle del Sud. Tra esportazioni e consumi interni il giro d’affari del biologico, secondo i dati FIBL-IFOAM, ammonterebbe a 3 miliardi di euro, un fatturato che fa del nostro Paese il quarto in Europa dopo Germania, Francia e Regno Unito e il sesto a livello mondiale.

Fonte: ecoblog