Banca Etica elegge la sua prima presidente donna

Con la nomina di Anna Fasano, Banca Etica festeggia la sua prima presidente donna eletta dai soci e le socie che hanno salutato con un lungo applauso il presidente uscente Ugo Biggeri che ha guidato l’istituto di credito negli ultimi 9 anni, traghettandolo nel passaggio da start-up a realtà consolidata e riconosciuta del panorama della finanza etica in Europa e nel mondo. I soci e le socie di Banca Etica riuniti qualche giorno fa in assemblea hanno rinnovato il Consiglio di Amministrazione, approvato il bilancio e deliberato un aumento del sovrapprezzo delle azioni.

“Banca Etica ha appena festeggiato i suoi primi 20 anni: è una vera soddisfazione aver chiuso anche lo scorso anno un bilancio in utile e che – nonostante le difficili condizioni di mercato – evidenzia il grande impegno per aumentare costantemente il credito alle persone, alle imprese e alle organizzazioni attive nell’economia civile, solidale e sostenibile in Italia e in Spagna. Significativo il voto dei nostri soci che in una mozione hanno chiesto alla banca di continuare l’impegno al fianco delle organizzazioni che si occupano di salvataggio, tutela dei diritti e integrazione sociale e lavorativa dei migranti”, ha detto il presidente uscente Ugo Biggeri. Quello che si è chiuso nel 2018 è stato un bilancio che ha registrato un utile di 3.287.703 euro. Nel dettaglio gli altri numeri parlano di impieghi lordi che hanno toccato quota 931 milioni di euro (+10,7% sul 2017); la raccolta diretta ammonta a 1.549 milioni (+12,9% rispetto al 2017); la raccolta indiretta è a quota 670 milioni (+5,2% sul 2017). Sono in n calo i crediti deteriorati (NPL), passando dal 7% al 6% del totale impieghi, e in calo anche le sofferenze nette, che scendono allo 0,81%. La patrimonializzazione, infine, è solida con il Cet 1 al 12,24% (dal 12,15%). I soci e le socie di Banca Etica erano chiamati a votare per il rinnovo delle cariche sociali. Il nuovo Consiglio d’amministrazione, eletto con un sistema che prevede la possibilità di scegliere tra due liste e un nominativo da un elenco di candidati indipendenti, è così composto: Anna Fasano (presidente), Andrea Baranes, Andrea Di Stefano, Marina Galati, Raffaele Izzo, Adriana Lamberto Floristan, Giacinto Palladino, Pedro Sasia, Aldo Soldi, Marco Carlizzi, Elisa Bacciotti, Arola Farré Torras, Lino Sbraccia.

Il nuovo Consiglio d’Amministrazione di Banca Etica

Con la nomina di Anna Fasano, Banca Etica festeggia la sua prima presidente donna. Anna Fasano ha 44 anni ed è friulana: componente del CdA di Banca Etica dal 2010; dal 2016 ricopre il ruolo di Vicepresidente. Laureata in Economia Bancaria appassionata di Finanza Etica, economia sociale e organizzazioni del Terzo Settore è attualmente impegnata in diverse operazioni di housing sociale. L’assemblea ha salutato con un lungo e commosso applauso il presidente uscente Ugo Biggeri che ha guidato Banca Etica negli ultimi 9 anni, traghettandola nel passaggio da start-up a realtà consolidata e riconosciuta del panorama della finanza etica in Europa e nel mondo. In questi nove anni – mentre il Paese fronteggiava la recessione e il credit crunch e le altre banche si concentravano su riduzione dei costi e gestione dei crediti deteriorati  – i prestiti erogati da Banca Etica sono cresciuti con incrementi annui a due cifre, complessivamente del 112%, ed i collaboratori sono aumentati del +72%. Un exploit di cui anche le istituzioni si sono accorte approvando – nel 2016 – la prima legge che riconosce la specificità della finanza etica in Italia (purtroppo ancora inattuata). Nei mesi scorsi il CdA di Banca Etica ha deliberato di adottare una metodologia di valutazione del valore delle azioni basata sul Free Cash Flow to Equity Model (FCFE), riconsiderato con stima dell’Excess Capital, in base alla quale effettuare una periodica valutazione del valore delle azioni della Banca, in corrispondenza delle scadenze del ciclo di pianificazione industriale. Tenendo conto di quanto risultato dalla “prima adozione” di tale metodologia e delle ulteriori considerazioni prudenziali in ordine alla stabilità del valore delle azioni della Banca nel medio termine, alla continuità con le scelte operate in precedenza e alla sostenibilità degli impatti patrimoniali, il Consiglio di Amministrazione ha proposto all’Assemblea dei Soci – che ha approvato – di incrementare il sovrapprezzo di Euro 1,50 per azione (+2,6% rispetto al precedente prezzo unitario complessivo per azione) e, quindi, di fissarlo complessivamente in Euro 6,50 per ogni azione emessa (+12,3% l’incremento del valore di sovrapprezzo rispetto al valore nominale dell’azione) e di stabilire, inoltre, che la Banca riacquisti le azioni proprie al prezzo corrispondente al valore nominale maggiorato del sovrapprezzo così come determinato dall’Assemblea dei Soci. All’assemblea hanno partecipato e votato in totale circa 5.300 soci; sono state circa 1.770 le persone che hanno scelto di partecipare online.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/05/banca-etica-elegge-prima-presidente-donna/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Disuguaglianze: chi rende i ricchi sempre più ricchi?

A livello mondiale l’1% di persone detiene una ricchezza pari a quella del restante 99%: la questione delle disuguaglianze è un tema assai dibattuto, ma ci si dovrebbe chiedere chi contribuisce a fare diventare i ricchi sempre più ricchi.Occupy Wall Street Protestors March Down New York's Fifth Avenue

Se ad esempio mangio da Mc Donald’s, bevo Coca Cola, acquisto prodotti della Nestlè, investo in azioni speculative, metto i miei soldi in banche ben poco etiche, non potrò poi sorprendermi che immense ricchezze siano in pochissime mani che sempre più si arricchiscono e sempre più impoveriscono gli altri; non potrò sorprendermi dell’effetto serra, della desertificazione dei suoli, dell’inquinamento massiccio, dello sfruttamento di schiavi in tutto il mondo, perché io contribuisco indirettamente a tutto questo. Nel mondo vetrina in cui l’unica cosa che conta sono i soldi, chi è già ricco, grazie alla finanza, al controllo dei mass media, attraverso la politica connivente e alla pubblicità, avrà sempre più possibilità di arricchirsi. Nella legge del mercato chi è grande vuole diventare più grande per mangiarsi gli altri. E’ esattamente il nostro sistema di competizione, dove la distruzione della concorrenza è obiettivo prioritario e dove plotoni di coach, counselor, esperti e consiglieri vari, forniti di lauree e lunghi pedigree, attraverso grandi sorrisi e metodologie spesso made in USA, suggeriscono alle ditte e ai manager in ogni modo possibile, comprese le varie trovate mistiche, meditative e new age, su come prevalere sui concorrenti e vendere alla gente qualsiasi prodotto. E alla fine della catena chi c’è? Ci sono il consumatore e l’investitore che con le loro scelte consentono a chi è già ricchissimo di diventarlo ancora di più. Un sistema che non mette nessun freno alla crescita dei patrimoni, che benedice il denaro, che santifica chi è capace di arricchirsi velocemente e lo tratta come un genio o un divo, è chiaro che si sta facendo del male da solo. Poiché ci si dimentica che chi fa tanti soldi, veloce e in fretta, di solito non si comporta in maniera filantropica o con attenzione all’ambiente e se sporadicamente lo fa è solo per ragioni di immagine, non certo perché ha a cuore gli altri o il mondo, altrimenti molto probabilmente si sarebbe posto ben altri obiettivi che non esclusivamente arricchirsi. Da un punto di vista culturale sarebbe poi assai educativo smettere di pensare che chi è ricco e ha successo attraverso i soldi, sia una persona da imitare, da prendere ad esempio. Spesso chi fa tanti soldi non ha altra motivazione e scopo, come fosse una droga, una malattia e ne ha così tanti che non sa più nemmeno come spenderli.

Quindi, chi fa diventare i ricchi sempre più ricchi, almeno nei paesi occidentali e nei cosiddetti paesi emergenti che ci seguono nella strada del consumismo folle, è proprio gran parte della popolazione che si lamenta che i ricchi sono sempre più ricchi. Per farli diventare meno ricchi e diminuire le disuguaglianze, basterebbe comprare il meno possibile i loro prodotti e investire il meno possibile nelle loro azioni. In fondo non è difficile, ormai in rete si trovano notizie di qualsiasi patrimonio, ditta, banca e multinazionale per rendersi conto a chi si stanno dando i propri soldi. Se ciò non bastasse, ormai da anni è disponibile la guida al consumo critico  che facendo un lavoro egregio dà dettagliate informazioni su multinazionali e affini.

In genere si pensa che la soluzione alle diseguaglianze sia redistribuire la ricchezza, il che sarebbe giusto per chi non ha nulla o quasi nulla; ma che senso ha dare più denaro a chi ne ha e li spreca costantemente? Uno dei motivi dei grandi disastri ambientali e sociali è proprio il consumismo. Avere a disposizione maggiori soldi spesso significa maggiori consumi  e di conseguenza ingrassare ancora di più l’1%. Se non si cambia profondamente il sistema di valori, più soldi si distribuiscono, a chi comunque ha già tutto e più si comprano merci superflue arricchendo gli stessi responsabili delle disuguaglianze. Invece che maggiori soldi si dovrebbero avere meno esigenze, soprattutto se indotte da un sistema pubblicitario martellante e costante che ci fa nascere bisogni  assolutamente non necessari ma altamente impattanti. Basta guardare le pubblicità in televisione, internet, giornali e riviste per rendersene conto: su 100 pubblicità ce ne potrà essere forse solo una di un prodotto che serve realmente. Tutto il resto è costituito da prodotti di cui potremmo benissimo fare a meno e, non comprandoli, ci basterebbero meno soldi per vivere e dovremmo lavorare meno. Non si capisce infatti come mai si dica che siamo in crisi e allo stesso tempo siamo sommersi di pubblicità di automobili, profumi e cosmetici, gioielli, orologi di marca, vestiti e moda in genere, accessori per cani e gatti (indispensabili in tempi di carestia) costantemente in crescita, giochi d’azzardo, cellulari sofisticatissimi e via di questo passo. Se avessimo più soldi li getteremmo ulteriormente in tutti questi e altri oggetti simili che servono solo ad arricchire chi è già ricco sfondato. E dando meno soldi a loro si riducono anche gli abusi, gli sfruttamenti degli schiavi che lavorano per i super ricchi e ci permettono di avere moltissimi prodotti a prezzi irrisori che riempiono le nostre case. Per fermare i giganti dell’1% che grazie anche alla nostra complicità, sfruttano, affamano e non hanno nessun rispetto per l’ambiente, bisogna togliere loro il nostro appoggio, comprare il meno possibile i loro prodotti, non investire nelle loro azioni e non supportare le banche che li tengono in vita.

Sembra un passo piccolo e insignificante ma invece è l’inizio di un cammino di liberazione.

Fonte: ilcambiamento.it

 

 

Ecco le banche che finanziano la violazione dei diritti umani e delle norme ambientali

La campagna “Non con i miei soldi” punta il dito contro le banche che continuano a finanziare la violazione dei diritti umani e delle norme ambientali. A stigmatizzare il fenomeno è anche il rapporto “Dirty profits” di Facing Finance.9499-10239

Per il quinto anno consecutivo Facing Finance ha pubblicato un report sulle violazioni delle norme e degli standard ambientali e sociali ad opera di multinazionali, evidenziando come troppo spesso le banche, così come i loro clienti, beneficiano dalla violazione dei diritti umani, dallo sfruttamento e dalla distruzione dell’ambiente e dalla corruzione associata a queste aziende. A stigmatizzare il fenomeno è anche la campagna “Non con i miei soldi”, che da anni fa informazione critica sulla finanza italiana e internazionale. «La dimensione delle transazioni finanziarie, secondo Facing Finance, supera i 52 miliardi di euro – spiega Claudia Vago di “Non con i miei soldi” – Il report “Dirty Profits” (Profitti sporchi) conferma, secondo il direttore di Facing Finance Thomas Küchenmeister, che l’autoregolamentazione di banche e aziende, fatta a porte chiuse, è largamente insufficiente e non permette di assicurare il rispetto dei diritti umani, dell’ambiente e degli standard anti corruzione. Il report è stato redatto con la collaborazione di importanti organizzazioni internazionali, come Transparency International, Greenpeace e Human Rights Watch. Dodici autori di otto diversi paesi hanno documentato decine di casi di violazione di diritti umani, corruzione, sfruttamento e distruzione dell’ambiente, compresi contributi ai cambiamenti climatici). Sono state analizzate quattordici aziende multinazionali, tra cui Bayer, VolksWagen, BP e Hewlett Packard Enterprise Co., e cinque tra le principali banche europee (Deutsche Bank, UBS, ING, BNP Paribas e HSBC). I servizi finanziari forniti dalle cinque banche alle quattordici aziende sono analizzati nel dettaglio nel report. Le cinque banche detengono azioni e obbligazioni delle aziende analizzate per un totale di 5,8 miliardi di euro. Deutsche Bank, UBS, ING, BNP Paribas e HSBC hanno fornito alle aziende considerate capitali per 46,9 miliardi di euro tra il gennaio 2013 e l’agosto 2016, attraverso la sottoscrizione di azioni, obbligazioni e la fornitura di prestiti. Questi prestiti sono spesso forniti per “generici scopi aziendali”, senza richiedere alcun genere di sostenibilità alle operazioni aziendali. Dal report emerge che queste banche hanno continuato a fornire prestiti consistenti a VolksWagen anche dopo la scoperta dello scandalo delle emissioni. Un atto inaccettabile, secondo Jan Schultz di Facing Finance». «Il 64% delle aziende analizzate ha uno o più casi documentati di coinvolgimento nella distruzione dell’ambiente e del clima. Per il 42% sono stati documentati casi di corruzione nelle loro operazioni e il 57% è coinvolto in violazioni dei diritti umani. Il fatto che otto delle quattordici aziende siano firmatarie dell’UN Global Compact, che specifica una serie di standard ambientali e sociali minimi, evidentemente non impedisce questi comportamenti. Per Lesly Burdock, editor di Dirty Profits 5, questo report punta a fare pressione per ottenere una migliore regolamentazione sulla sostenibilità e trasparenza dell’industria finanziaria. In particolare in un momento in cui affrontiamo una preoccupante deregolamentazione, anche del settore finanziario, negli Stati Uniti».

Fonte: ilcambiamento.it

Economia e Felicità: come votare con il portafoglio!

L’associazione Economia e Felicità è dedita dalla sua nascita alla promozione della cultura del consumo critico. Dopo aver informato le persone sui temi legati all’economia sociale e civile, è passata all’azione pratica con l’organizzazione di Cash Mob, Bank Mob e SlotMob. Dal consumo, al risparmio fino alla lotta all’azzardo, storia di un movimento che cerca di educare a votare con il portafoglio.

“Sora Maria entra in un supermercato prende in mano due succhi d’ananas per i nipotini. Le coltivazioni in Congo da cui provengono sono gestite da una multinazionale della frutta che si è accaparrata la terra dei coltivatori pagandola sottocosto allo stato congolese. I contadini si sono visti costretti a lavorare nelle terre una volta loro con una paga che imbarazzerebbe buona parte dei condomini del palazzo della Sora Maria. La Sora Maria non sa nulla di tutto questo e acquista il succo d’ananas”.

Così recita una parte del manifesto dell’associazione di promozione sociale Economia e Felicità, nata nel 2013 dall’iniziativa di un gruppo di amici romani. “Questa associazione è nata quasi per scherzo questa associazione, per fare degli incontri per iniziare a parlare di economia sociale e civile e per diffondere il concetto di votare con il portafoglio” ci spiega Gabriele Mandolesi, co-founder dell’associazione. “Questo tema è piaciuto talmente tanto che, quando organizzavamo questi incontri, ci siamo trovati i teatri pieni. E quindi abbiamo deciso di cominciare a fare anche delle cose pratiche”.

Economia e Felicità ha come punto fondante l’idea che noi, con i nostri consumi, giochiamo un ruolo fondamentale all’interno del mercato e dell’economia, perché ogni volta che compriamo qualcosa stiamo implicitamente legittimando ciò che c’è dietro: se è prodotto in maniera etica e sostenibile, se i lavoratori che partecipano alla filiera produttiva hanno condizioni contrattuali e lavorative rispettose… oppure tutto il contrario di ciò. Dunque il punto di partenza dell’Associazione Economia e Felicità è stata l’educazione ad un consumo critico e consapevole, per cercare da un lato di premiare le aziende più responsabili e dall’altro far assimilare il concetto che migliaia di consumatori insieme, con i loro acquisti, possono influenzare profondamente il sistema economico ed i processi produttivi per cercare di innestare un cambiamento positivo e innescare una concorrenza virtuosa tra le aziende (e non solo) etiche che rispettano certi parametri. Il voto con il portafoglio, appunto.

Il cash mob etico

Ma come si fa a votare con il portafoglio? “La prima attività di cui ci siamo occupati, insieme all’associazione Next, è stata il cash mob etico. La proposta è stata vederci tutti insieme in un supermercato, entrare e comprare i prodotti del commercio equo e solidale. L’idea era quella di cominciare ad abituarci a consumare criticamente, però non da soli – ci spiega Gabriele – sia per mostrare l’impatto di un’azione collettiva che per farlo in maniera divertente tutti insieme, per riconoscersi in una collettività che sta facendo un percorso”. Nel primo Cash mob etico realizzato a Roma nel quartiere Monteverde parteciparono centocinquanta persone, un successo sia numerico che di contenuto perché Economia e Felicità realizzò per l’occasione delle schede prodotti, allo scopo di informare i partecipanti del cash mob etico su quali erano i processi produttivi e contrattuali che l’azienda produttrice della singola merce metteva in pratica: “la maggioranza dei partecipanti aveva studiato quelle schede, anche prima di venire al cash mob, e sceglievano anche in base alla storia del prodotto. E questo è lo scopo primario della nostra realtà”.DSC4270

Il primo cash mob etico è stato realizzato a Roma nel quartiere Monteverde

 

Il Bank Mob

E’ indubbio che come e dove spendiamo i nostri soldi sia uno strumento fondamentale che noi cittadini abbiamo ancora in mano, per premiare o punire determinate condotte. Oltre alla spesa, un altro aspetto centrale della nostra esistenza è il risparmio, dove mettiamo i nostri soldi. Un argomento molto spinoso: “la finanza è ormai pervasiva, è responsabile di molti dei problemi che oggi viviamo e le persone, per quello che abbiamo potuto constatare come Economia e Felicità, sono sempre più scettiche nei confronti delle banche. Ma anche la scelta della banca alla quale affidare i nostri soldi è una scelta che facciamo come consumatori. Anzi, l’impatto di questa scelta sulle nostre vite è enorme, perché le banche usano i nostri soldi per erogare finanziamenti!”.

Molte banche usano questi soldi per finanziare attività come gli armamenti e l’azzardo, dimenticandosi dell’economia locale e reale, spesso investendo anche in operazioni speculative. Tutto ciò, nella maggior parte dei casi, con scarsa trasparenza perché non è semplice scoprire come vengono impiegati e dove vengono investiti i soldi dei correntisti.
A partire da questa riflessione e in linea con la sua filosofia di azione, Economia e felicità organizza anche il Bank Mob: seguendo lo stesso schema, l’associazione ha organizzato prima degli incontri per approfondire il tema, dal quale si è creato un gruppo di persone che insieme un giorno hanno deciso di chiudere il proprio conto, spiegando le ragioni del perché lo facevano, e andandolo ad aprire in una banca che rispetti i principi di prossimità, di supporto alle imprese e aiuto all’economia reale. “L’unica banca che abbiamo trovato e che ha queste caratteristiche in Italia è Banca Etica, perché aderisce ai principi della finanza etica: sul sito della banca possiamo trovare l’elenco di tutti i finanziamenti erogati, cosicché se non si è d’accordo su come vengono utilizzati i tuoi soldi sei libero di andartene. L’idea a lungo termine del Bank Mob è che più siamo a trasferire il nostro conto in un’altra banca più la banca che perde clienti prima o poi dovrà soddisfare le nostre richieste di consumatori responsabili”.

 

Guarda il video del Bank Mob di Banca Etica a Roma 

 

Lo Slot Mob

Non meno importante di tutte queste attività è il lavoro fatto da Economia e Felicità – insieme ad altri movimenti e associazioni – sull’azzardo. L’Italia negli ultimi anni è diventata il più grande mercato dell’azzardo in Europa e uno dei più grandi al mondo, con risvolti drammatici per l’economia e la salute di molte famiglie. “Ci hanno chiamato molte persone che stavano vivendo molto male questo problema, si sentivano impotenti rispetto al degrado generato dall’azzardo: ci hanno chiamato perché volevano fare un’azione pratica per denunciare il problema e cercare una possibile soluzione”. L’idea di Economia e Felicità è stata quindi di fare uno slot mob: “ci sono persone in Italia che hanno un bar o un’ attività e che hanno deciso di non vendere nessuna forma di azzardo. Sono tante, più di quanto immaginiamo, che in periodi di crisi economica hanno deciso di rinunciare ad un guadagno facile pur di non alimentare questo sistema. Perché non premiarli?”.4f648eb2-6413-4c18-8510-3b60395da7b3

Dopo il primo Slot Mob il successo è stato esponenziale

Il riconoscimento pubblico segue quindi lo stesso schema: un gruppo numeroso di persone si ritrovano e, tutte insieme, decidono di fare colazione o un aperitivo nel bar che ha detto no all’azzardo. Il successo è stato esponenziale: “eravamo partiti per fare tre slot mob – ci racconta Gabriele – e siamo finiti, dopo due anni, ad averne fatti centodiciotto. Siamo stati tempestati di telefonate da tutta Italia da persone che volevamo organizzare uno slot mob nelle loro rispettive città, noi abbiamo solo suggerito il format e li abbiamo aiutati nella comunicazione dell’evento, abbiamo insistito affinché ognuno si prendesse la responsabilità nella propria città e li organizzasse con la gente del luogo”.

I risultati di un’azione nata quasi per gioco sono stati importanti: sindaci, assessori regionali fino ad arrivare a politici di livello nazionale hanno chiesto ad Economia e Felicità e ad altri movimenti di dare una mano dal basso, allo scopo di portare avanti delle iniziative legislative per cercare di dilagare la pratica dell’azzardo. Uno degli ultimi risultati ottenuti è un divieto parziale di pubblicità: dalle 7 alle 22 sulle reti generaliste non si fa più pubblicità dell’azzardo, “noi avevamo chiesto il divieto totale, non siamo riusciti ad ottenerlo però è stato bello vedere come numerose manifestazioni locali hanno avuto un’influenza e dei risultati nazionali”.ccdcd51f-08de-4e87-8fc3-523ce6504323

“Una caratteristica dei nostri slot mob è che noi portiamo i giochi, ma quelli veri!”

In questo articolo non abbiamo mai definito l’azzardo come gioco, non per caso ma come scelta consapevole, nata da una riflessione di Gabriele Mandolesi. “Una caratteristica dei nostri slot mob è che noi portiamo i giochi, ma quelli veri! Uno dei grandi inganni dell’azzardo è che loro lo chiamano gioco, l’azzardo. Se io ti dico andiamo ad azzardare c’è un accezione negativa che fa capire la reale pericolosità dell’azione. Il gioco invece richiama a qualcosa di innocuo, positivo e leggero, caratteristiche che sono l’esatto contrario dell’azzardo. Abbiamo detto no a questa operazione di marketing, infatti noi nei nostri slot mob portiamo il biliardino, il ping pong perché il gioco è qualcosa che ti mette in relazione con le altre persone. L’azzardo, invece, ti isola”.

Per il futuro, Economia e Felicità spera di poter organizzare altri bank mob a livello nazionale e di farli diventare virali come la campagna slot mob; sull’azzardo, la speranza è quella di poter ottenere risultati ancora più forti per regolamentare il settore “e per farlo dobbiamo rafforzarci come movimento e far sentire alla politica che c’è un pezzo grosso dell’Italia che lo vuole fortemente.” Sempre, naturalmente, votando con il portafoglio.

 

Il sito dell’associazione Economia e Felicità 

 

Fonte:  http://www.italiachecambia.org/2016/03/io-faccio-cosi-112-economia-felicita-votare-con-portafoglio/

Enric Duran, il “Robin Hood delle banche”, ha un piano per sconfiggere il capitalismo globale

Soprannominato il Robin Hood delle banche, l’attivista catalano Enric Duran ha preso nei confronti delle banche utilizzata per finanziare il movimento anticapitalista – operazione che gli è valsa il soprannome di “Robin Hood delle banche”. Ora si trova, forse, in Francia.

 

mezzo milione di euro in prestiti bancari mai ripagati per finanziare il movimento anticapitalista. Adesso il tentativo è quello di far crescere Faircoop, una rete mondiale basata sui principi di solidarietà e cooperazione.

“Vogliamo creare una società postcapitalista in tutto il pianeta”. Enric Duran lo dice con la tranquillità di chi ti sta raccontando i programmi per la domenica pomeriggio. La sua voce su Skype arriva leggermente distorta dalla connessione e non riesco a fare a meno di immaginarlo in una stanza semibuia piena di cavi, processori, schede e circuiti, col viso illuminato a metà dallo schermo del computer. Enric è ricercato in Spagna dove rischia una pena fino ad 8 anni di reclusione per una truffaEnricDuranGuapo

Spagnolo – o meglio, catalano – classe 1976, Enric iniziò ad avvicinarsi al mondo dell’anticapitalismo organizzato sul finire degli anni Novanta. Allora era un esperto di reti e contribuì ad organizzare le manifestazioni di protesta al meeting della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale a Praga, nel 2000. In seguito studiò a lungo i meccanismi della finanza globale, il debito, la natura stessa dei soldi, avvicinandosi alle idee della decrescita e della transizione. Infine l’idea: chiedere prestiti alle banche (in un periodo di credito facile) senza la minima intenzione di restituirli per finanziare un costruire una società alternativa” scriverà sul suo blog. Con parte dei soldi avuti dalle banche Duran pubblicò Crisis, un giornale in catalano stampato e distribuito gratuitamente in 200mila copie, in cui spiegava i meccanismi di ricatto e sopraffazione messi in atto dalla finanza capitalista globale. Crisis uscì il 17 settembre 2008, appena 3 giorni dopo che Lehman Brothers iniziò la procedura di bancarotta, sistema alternativo. Mungere il capitalismo per nutrire i suoi anticorpi. Fra il 2006 e il 2008 Duran chiese ed ottenne 68 prestiti da 39 banche differenti per un totale di quasi mezzo milione di euro. “Ho rubato 492.000 euro a coloro che più di tutti ci derubano, per denunciarli e il che aumentò a dismisura la risonanza dell’iniziativa. Nell’anno successivo fece uscire un nuovo giornale, Podem (possiamo), che venne distribuito il 17 marzo 2009 in 350.000 copie e che alla denuncia di Crisis faceva seguire una serie di proposte di alternative percorribili; il sottotitolo era: “Possiamo vivere senza capitalismo. Possiamo essere il cambiamento che vogliamo!”. In quell’occasione Enric si presentò fisicamente al campus della UB, la Università di Barcellona e fu immediatamente arrestato, restando in detenzione cautelare. Fu rilasciato dopo due mesi in seguito al pagamento della cauzione da parte di un donatore anonimo. Dal febbraio 2013 è latitante per non essersi presentato all’udienza del processo in cui il fisco e le banche chiedevano una condanna a 8 anni di carcere.

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Nel frattempo Enric non ha certo perso la voglia di cambiare il mondo, né il suo tipico spirito di iniziativa. Dal 2008 è attiva la Cooperativa Integrale Catalana (CIC), una progetto a cui ha dedicato attenzioni crescenti e che negli anni ha messo in relazione molti soggetti dell’altermondialismo e del successivo movimento degli Indignados – 15M. Alla CIC lavorano circa un’ottantina di persone, che aiutano e sostengono i circa 700 progetti produttivi associati e le migliaia di membri. Adesso il tentativo è quello di compiere il passaggio successivo, il più importante e ambizioso: creare una rete mondiale, al cui interno far confluire la CIC, basata su principi di solidarietà e cooperazione. La rete mondiale ha un nome, Faircoop , ha la forma di una cooperativa ed esiste a partire dall’ottobre 2014. Ne fanno parte già circa 80 realtà che si scambiano beni e servizi attraverso una moneta elettronica chiamata faircoin.
Alberto Gallo, esperto di monete sociali, volontario attivista in Arcipelago SCEC  e facilitatore degli scambi territoriali per Piemex, ci ha messo in contatto con Enric perché potessimo capire meglio come funziona questo sistema complesso. Ed ecco che torniamo alla chiamata Skype, alla voce di Enric che esce lievemente distorta dai microfoni del pc e alla sua sicurezza nel professare i propri intenti.

Enric, ci spieghi cos’è Faircoop?

E’ una cooperativa aperta mondiale che opera per creare una società postcapitalista in tutto il pianeta di cui attualmente fanno parte fra le settanta e le ottanta realtà.

E invece il faircoin? Come Funziona?

Il faircoin è la moneta utilizzata per gli scambi interni fra le realtà che partecipano alla cooperativa. Si basa sull’algoritmo del bitcoin, ma è stato modificato per cambiarne alcune caratteristiche sostanziali. Mentre il bitcoin ha dei forti elementi competitivi e speculativi, il faircoin si basa sulla cooperazione.download

Il bitcoin ha un alto impatto ambientale per via dell’energia consumata dai computer centrali per crittare i segnali (si calcola che una singola transazione consumi la stessa di energia di un villino familiare americano in un giorno). Quello del faircoin sarà minore?

Sì, il dispendio energetico è decisamente minore. Inoltre stiamo lavorando a un faircoin 2.0 che migliori ancora questo aspetto, assieme a tante altre migliorie nel sistema di emissione e gestione della moneta.

Sappiamo che state pensando di integrare all’interno del sistema faircoin altre valute alternative o complementari, come Arcipelago SCEC. Si tratta di monete con sistemi di emissione e valore molto diversi (ad esempio lo SCEC è emesso a credito e il suo valore è legato all’euro, mentre l’emissione e la valutazione dei faircoin è data da un algoritmo), come pensate di fare?

Faircoin è un sistema nato per connettere realtà anche molto distanti tra loro, e allo stesso tempo per creare una rete di supporto alle realtà che stanno lavorando per un cambiamento del sistema economico, sociale ed ambientale. La funzione delle valute locali rimane molto importante per creare occasioni di incontro e tessere relazioni umane, oltre che a valorizzare le specifiche aree che emergono come cruciali a livello locale. In futuro questo passaggio potrà trovare convergenze che renderanno forse possibile un’integrazione completa, ma per ora stiamo concentrando lo sforzo sulla creazione di un meta-livello culturale e strutturale, capace di dare organicità e maggior capacità di impatto alle singole esperienze locali.

 

Com’è possibile supportare Faircoop ora?

Occorre innanzi tutto conoscere l’iniziativa, e se si ha la disponibilità partecipare ai lavori di costruzione degli strumenti. In secondo luogo ci si può iscrivere alla piattaforma di Faircoop e crearsi un wallet (i.e. portafoglio virtuale) in Faircoin (info in italiano su https://fair.coop/it/, ndr). Per le associazioni e movimenti che aderiranno, c’è un campagna per donare 1000 Faircoin alle prime 100 realtà che si iscrivono: questa è una delle modalità che abbiamo previsto per valorizzare chi saprà farsi promotore di questo cambiamento e già sta contribuendo a creare valore in quest’ottica. Invito chi sia interessato a questa iniziativa a prendere contatti per creare un gruppo di attivisti e includere così anche l’Italia al gruppo di paesi dell’Europa Meridionale che già si sono avvicinati a questo progetto (Spagna, Grecia, Portogallo, Francia).en1

Enric continua a parlare col suo tono calmo e coinvolgente. Dà l’impressione che un cambiamento sia ineluttabile e che tutti ne facciamo parte. Prima di salutarci gli raccontiamo di Italia Che Cambia, riceviamo altri input sugli sviluppi in altri stati europei, sulla scelta di disobbedienza civile, sull’evolversi della situazione europea e non solo. Ci salutiamo con un abbraccio virtuale. In attesa che Enric torni ad essere un uomo libero e non più un fuggitivo (e in tanti stanno lottando per questo), continueremo a seguirlo con interesse. A vederla dall’esterno, la lotta di un uomo contro il sistema capitalista sembra l’ennesima riproposizione dell’epopea di Don Chisciotte, destinato a perdere la propria battaglia contro i mulini a vento. Ma sono tanti gli Eric Duran in Europa, in Italia, nel mondo, e si stanno organizzando con sempre maggiore precisione e strategia. Persino i mulini ormai si accorgono che il vento sta cambiando.

 

 

Fonte : italiachecambia.org

Due banche negli USA e in Europa scelgono di non finanziare più impianti a carbone

La banca pubblica USA per l’import-export e la banca europea per lo sviluppo hanno definito nuove linee guida per finanziare gli impianti di produzione di energia ponendo stretti limiti alle centrali a carbone. Per la prima volta si inizia a capire che le attività economiche non sono tutte ugualiCentrale-a-carbone-Asia-586x389

La Export-Import Bank degli Stati Uniti ha deciso di non finanziare più centrali elettriche a carbone nei paesi in via di sviluppo né impianti ad alta emissione di CO2. «Senza limiti o linee guida, un numero crescente di impianti continuerà a emettere inquinamento da carbonio nell’aria che respiriamo», ha detto Fred P. Hochberg, presidente della Ex-Im Bank, che è un organismo ufficiale del governo federale USA e che quindi ha recepito la politica dell’amministrazione Obama per la riduzione dell’inquinamento. La stessa cosa sta avvenendo in Europa dove la European Bank for Reconstruction and Development, una banca pubblica con larga partecipazione dell’UE, sta ponendo limiti stringenti al finanziamento di nuovi impianti inquinanti a carbone. Il suo amministratore, Riccardo Puliti (nomen omen?) ha così commentato: «“Non possiamo usare il carbonio senza pensare al suo impatto sui cambiamenti climatici. Sono un problema e dobbiamo  agire per risolverlo». In passato, questi istituti di credito sono stati piuttosto prodighi nel sostenere il carbone, con circa 3 miliardi di € negli ultimi 20 anni la Ex-Im Bank e con 800 milioni di € negli ultimi 7 la EBRD. Questo non significa che non si faranno più impianti a carbone, perchè le banche private continuano a finanziarli, ma è almeno il primo timido segnale che qualcosa sta cambiando: i banchieri non hanno improvvisamente scoperto un’anima verde, ma sono più che altro terrorizzati dalla bolla del carbonio. L’importante è che si smetta di usare risorse pubbliche per avvelenare il clima.

Fonte: ecoblog

Banche a confronto: vince la finanza etica e sostenibile

È stato presentato ieri a Washington uno studio che mette a confronto le più grandi banche del mondo ed una rete di banche eticamente orientate. I risultati mostrano che le banche sostenibili hanno risultati migliori anche sul piano degli andamenti finanziari.finanza__etica8

È stato presentato ieri a Washington uno studio a cura della Global Alliance for Banking on Values (Gabv), rete internazionale di banche sostenibili alla quale aderisce anche l’italiana Banca Etica, che ha messo a confronto i dati finanziari chiave delle più grandi banche del mondo (le così dette banche di importanza sistemica globale) e un gruppo di significative banche sostenibili che operano in diversi Paesi del mondo.

risultati, frutto dell’aggiornamento di una ricerca svolta lo scorso anno, mostrano che:

– le banche eticamente orientate erogano circa il doppio del credito in proporzione agli attivi di bilancio rispetto alle banche di sistema (75,9% contro il 40,1%);

– i bilanci delle banche eticamente orientate si sostengono grazie alla raccolta di risparmio dalla clientela (73,1% per le banche eticamente orientate contro il 42,9% della banche di sistema);

– le banche eticamente orientate mantengono un miglior livello di capitalizzazione, soprattutto se si misura il rapporto tra capitale e attivi totali (7,2 % contro 5,5%);

– le banche eticamente orientate offrono una redditività sul capitale investito (ROA) più elevata (0,53 % contro 0,37%), con bassi livelli di volatilità.

La ricerca è stata presentata oggi a Washington presso la Georgetown University nell’ambito di un evento organizzato dalla Global Alliance for Banking on Values intitolato: “Un futuro migliore per la finanza”. Il direttore della Gabv, Peter Blom, ha sottolineato che le banche sostenibili erogano proporzionalmente più credito rispetto alle banche ‘ troppo grandi per fallire’: questo avviene grazie all’aumento dei depositi della clientela che sempre più sceglie di affidare i propri risparmi a istituti di credito orientati al bene comune. “La finanza sostenibile è diventata un settore sempre più rilevante e non può più essere ignorata. È ormai chiaro che nel lungo termine le banche che mettono al centro i valori quali il rispetto delle persone e del pianeta, hanno dimostrato di essere più robuste e resistenti rispetto alle grandi banche di sistema”, ha detto Blom. “Abbiamo bisogno di un sistema bancario più forte ed equo a sostegno di un’economia sostenibile, e ne abbiamo bisogno subito. Così la finanza può svolgere il suo ruolo nel contribuire ad affrontare le sfide sociali, ambientali ed economiche che diventano sempre più urgenti. Abbiamo un’opportunità senza precedenti per costruire un sistema bancario più diversificato, trasparente e sostenibile nell’interesse di tutti”, aggiunge il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri. Rispetto alla versione precedente della ricerca, questo aggiornamento include un focus sugli istituti di credito europei. Le banche sostenibili in Europa hanno mostrato livelli più elevati di prestiti all’economia reale, un rafforzamento del capitale azionario e rendimenti migliori e meno volatili rispetto alle banche sistemiche europee.

Fonte: il cambiamento

Le banche continuano a finanziare il carbone in Slovenia e Serbia ma cresce la protesta

Alcune importanti banche europee stanno finanziando nuove centrali a lignite in Slovenia e Serbia, invece di puntare sulle energie rinnovabili che hanno potenzialità e costi paragonabili, ma non generano gas serraCarbone-inquinamento-586x389

Due grandi banche europee, la European Investment Bank e la European Bank for Construction and Development stanno finanziando al 50% con 650 milioni di € la costruzione di una centrale a lignite da 600 MW a Sostanj in Slovenia. Progetti simili sono in corso anche in Serbia. Gli investitori sostengono che la nuova centrale avrà un maggiore rendimento rispetto alle vecchie unità esistenti. La lignite è però una forma di carbone di minore qualità e quindi particolarmente inquinante: contribuisce all’effetto serra con 990 g CO2per ogni kWh prodotto, rispetto ai 400 del metano. La centrale consumerà da solo l’intero budget di carbonio sloveno per l’anno 2050. Perchè non investire invece nelle rinnovabili? Secondo uno studio dell’università di Maribor, la Slovenia ha un buon potenziale per nuove installazioni idroelettriche e sarebbe possibile produrre una quantità di energia equivalente a quella della centrale in progetto a Sostanj con costi paragonabili  (1), senza però tenere conto del futuro costo delle emissioni di CO2 che penalizzeranno sempre di più il carbone. Anche l’energia eolica potrebbe garantire la stessa produzione a costi paragonabili (2). Non sono le banche a dover scegliere tra il carbone o le rinnovabili, ma la società nel suo complesso. Le banche vogliono restare avvinghiate al mondo fossile? Non con i nostri soldi. Su questo tema il bankwatch network sta svolgendo un ottimo lavoro, poichè “fa le pulci” ai grandi progetti finanziari per portare la finanza a lavorare per le popolazioni e per l’ambiente e non contro di loro. (1) Ipotizzando un capacity factor del 42% per il carbone, la produzione annua di Sostanj sarebbe di 2,2 TWh all’anno, perfettamente realizzabili con nuovo idroelettrico che in Slovenia ha un potenziale di 8 TWh/anno. Supponendo per l’acqua un capacity factor del 36%, per produrre 2,2 TWh occorrerebbe una potenza di 716 MW. Secondo lo studio citato, la forbice dei costi sarebbe di 1,5-2,6 €/W, con un costo totale compreso tra 1 e 1,8 miliardi. (2) 2,2 TWh di produzione sarebbero fattibili visto il potenziale eolico di 3 TWh. Con un capacity factor del 27%, occorrerebbero 925 MW, con un costo complessivo di 1,1 miliardi (1,2 €/W).

Fonte: ecoblog