Sette punti per rendere davvero etica la “finanza sostenibile” europea

Il 10 marzo è entrato il vigore il nuovo regolamento europeo sulla finanza sostenibile. Ma questo restyling normativo è davvero etico? Secondo Banca Etica, si tratta di un primo passo importante ma troppo timido: per rilanciare l’economia, proteggere il Pianeta e favorire la coesione sociale serve una finanza realmente etica. Il 10 marzo è entrato in vigore il primo regolamento europeo adottato nell’ambito dell’ambizioso Action Plan UE per la finanza sostenibile. L’Europa mira a rispondere ad alcune domande rese ancora più cruciali dalla necessità di progettare il modello economico per traghettare il Vecchio Continente fuori dalla crisi innescata dalla pandemia. Come si può riconoscere un’attività economico-finanziaria sostenibile? Quali caratteristiche deve avere un investimento per poter essere definito realmente “green”? E come difendersi da chi propone strumenti finanziari nei quali l’aspetto sostenibile risponde esclusivamente a logiche di marketing?

Oggi manca uno standard condiviso di che cosa s’intenda per “sostenibilità” negli investimenti finanziari, il che permette a ogni banca o gestore di darsi delle proprie definizioni, spesso piuttosto deboli e cucite su misura per le proprie esigenze. L’Europa si sta muovendo per definire una cornice di regole: la Sustainable Finance Agenda – il Piano d’azione per la finanza pubblicato a marzo del 2018 – da un lato riconosce l’insostenibilità di buona parte dell’attuale sistema finanziario, dall’altro prova a intervenire per inquadrare e sviluppare una possibile alternativa, ponendo tra i propri obiettivi il reindirizzamento dei flussi finanziari non solo pubblici ma anche privati verso la sostenibilità. Il Regolamento 2088 del 2019 entrato in vigore il 10 marzo 2021 prova a dare una definizione precisa di investimento sostenibile.

Finanza etica e finanza sostenibile non sono la stessa cosa

Le nuove normative europee sono di grande interesse per le reti internazionali della finanza etica (Gabv- Global Alliance for Banking on Values e Febea-Federazione Europea delle Banche etiche e alternative) che esprimono apprezzamento per gli sforzi dell’UE, ma non possono tralasciare di evidenziare alcune perplessità, a partire dalla controversa scelta della Commissione UE di affidare al colosso finanziario BlackRock il ruolo di advisor per la finanza sostenibile. La finanza etica – come intesa e praticata da decenni da molte istituzioni finanziarie in Europa e non solo – è infatti qualcosa di molto diverso dalla finanza sostenibile che l’Europa sta provando a regolamentare.

Ecco i sette principali punti di forza che è necessario evidenziare:

  • Massimizzazione del profitto vs massimizzazione dei benefici per la collettività – La prima differenza tra i due modelli risiede nei principi di base. Nelle definizioni di finanza sostenibile elaborate dalla UE la sostenibilità è, nel migliore dei casi, un obiettivo secondario alla massimizzazione dei profitti per pochi, un fattore competitivo da prendere in considerazione per rispondere alla crescente domanda di mercato o uno strumento di marketing per ridurre i propri rischi reputazionali e darsi un’immagine più pulita. L’approccio della finanza etica è radicalmente diverso: la realizzazione di utili economici è perseguita, ma è funzionale all’obiettivo di massimizzare i benefici per le persone, le comunità e il pianeta. È il passaggio dallo shareholders interest, e cioè agire nell’interesse esclusivo degli azionisti, allo stakeholders interest nella sua accezione più ampia, ovvero agire valutando gli impatti su tutti i portatori di valore.
  • Speculazione finanziaria vs focus sull’economia reale – La finanza mainstream oggi è caratterizzata da dinamiche quali l’uso spregiudicato di strumenti speculativi e dei paradisi fiscali, una continua creazione di bolle e instabilità; la stragrande maggioranza dei derivati sono utilizzati come pure scommesse speculative; oltre la metà delle operazioni sui mercati finanziari sono rappresentate dal trading ad alta frequenza; un sistema bancario ombra che sfugge a controlli e regolamentazione, etc. In questo contesto, la finanza sostenibile descritta nella nuova normativa europea non prevede alcun obbligo di “non nuocere alla collettività e all’economia reale” per gli operatori finanziari che vogliono dirsi sostenibili. La finanza etica, invece, ripudia la speculazione ed è orientata a sostenere l’economia reale capace di favorire il benessere della società. Tra i propri valori la finanza etica pone l’accento sull’accesso al credito e l’inclusione finanziaria dei soggetti più deboli. Un tema centrale in questa fase caratterizzata da un lato da un eccesso di liquidità ma dall’altro, nello stesso momento, da una crescente esclusione finanziaria di molte persone e imprese. Ad esempio: la bolla dei mutui subprime che ha innescato la terribile crisi finanziaria del 2008 potrebbe replicarsi anche con le nuove norme sulla finanza sostenibile, mentre non potrebbe verificarsi se, per ipotesi, tutti operassero secondo i criteri della finanza etica.
  • Modello “a scaffale” vs modello “olistico” – L’approccio alla finanza sostenibile promosso dall’UE si concentra quasi unicamente sullo specifico prodotto finanziario, non sull’insieme delle attività proposte da un gruppo bancario. Al momento, inoltre, l’ambito di applicazione riguarda unicamente le attività di gestione e investimento di prodotti finanziari, non l’erogazione del credito o altre attività bancarie. Gli istituti ispirati alla finanza etica, invece, si fondano sulla coerenza dell’insieme delle proprie attività. Per chi fa finanza etica non è ammissibile offrire alla propria clientela alcuni prodotti sostenibili e altri nocivi per il pianeta o le persone. Ad esempio offrendo fondi che investono sulle rinnovabili accanto ad altri che continuano a investire su fonti fossili. Gli enti che fanno finanza etica mettono al centro la trasparenza e l’equità e valutano ogni investimento sia sul piano dei possibili risultati economici sia su quello degli impatti sociali e ambientali.
  • Modelli di Governance: che ruolo per trasparenza e partecipazione? – La normativa europea non impone requisiti di governance a chi voglia vendere i propri prodotti finanziari come sostenibili. Secondo questa normativa un intermediario finanziario può essere opaco, gestito con il famoso sistema delle scatole cinesi, eludere le tasse e comunque pubblicizzare i propri prodotti come “sostenibili”. Gli operatori di finanza etica, invece, hanno governance e strutture societarie basate su trasparenza; partecipazione dei soci e dei clienti; forbice massima tra le remunerazioni, etc. Le nuove normative UE affrontano temi legati alla trasparenza, ma lo fanno in un’ottica di singolo prodotto e non guardano al comportamento complessivo del soggetto proponente.
  • Valutazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG): visione parziale vs visione d’insieme – Nell’approccio dell’UE, la sostenibilità è definita quasi esclusivamente guardando alla componente ambientale. La finanza etica, invece, prende in considerazione ogni aspetto ambientale, sociale e di governance nella tradizionale analisi ESG, e anche le loro rispettive interrelazioni. La finanza etica parte dalla definizione di alcuni settori economici che devono necessariamente essere esclusi dagli investimenti (armi, fonti fossili, pornografia, etc) e poi valuta le imprese operanti nei settori non esclusi in base a una visione complessiva dei loro impatti. Ad esempio in Europa c’è chi considera “sostenibili” investimenti in centrali a gas o in centrali idroelettriche realizzate costruendo dighe che devastano l’ambiente e mettono in pericolo le comunità che vivono in quei territori: per la finanza etica, invece, questi investimenti sono inaccettabili. O ancora, molti prodotti finanziari venduti come sostenibili investono nelle big tech, giudicate neutre sul piano delle emissioni di CO2 e quindi pulite. La finanza etica invece esclude questi investimenti perché le Big Tech non sono trasparenti sul piano fiscale e sono al centro di valutazioni circa i loro potenziali impatti negativi.
  • Lobby finanziaria vs educazione critica alla finanza – Un’altra differenza sostanziale è l’attività di lobby svolta dalla finanza mainstream che investe cifre consistenti per condizionare le scelte dei regolatori, arrivando persino a chiedere di includere il nucleare o alcuni investimenti nei combustibili fossili tra le attività da considerare come “sostenibili”. La finanza etica, pur dialogando con le istituzioni e i regolatori, si concentra più sull’attività di sensibilizzazione dal basso delle persone e delle comunità per rendere comprensibili gli impatti negativi di una finanza tutta orientata alla massimizzazione dei profitti nel brevissimo periodo. Le realtà della finanza etica – inoltre – sono in prima fila per chiedere normative capaci di arginare il casinò finanziario come ad esempio l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie; la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento; un serio contrasto ai paradisi fiscali; un limite all’uso dei derivati, etc.
  • Conservazione dello status quo vs trasformazione sociale – La normativa UE non impedisce alle società che vendono prodotti di finanza sostenibile di fare ricorso ai paradisi fiscali, adottare politiche di gestione interna poco eque, etc. Gli intermediari finanziari “sostenibili” non sono incoraggiati dalla normativa a farsi promotori di modelli più responsabili e inclusivi di gestione delle aziende su cui investono. Tra gli obiettivi della finanza etica, invece, vi è quello di promuovere attraverso l’engagement e l’azionariato attivo comportamenti più etici da parte delle aziende al fine di produrre impatti ambientali e sociali positivi nel lungo periodo. Attraverso i fondi comuni di investimento etici o in partnership con organizzazioni non governative, la finanza etica si impegna per diventare interlocutrice attiva di grandi corporation, denunciando pubblicamente comportamenti nocivi per le persone e per l’ambiente.

La presidente di Banca Etica Anna Fasano

«Banca Etica con tutte le reti internazionali della finanza etica guarda con favore al lavoro dell’Unione Europea per regolamentare e incentivare la finanza sostenibile», commenta Anna Fasano, presidente di Banca Etica. «Ma non possiamo fare a meno di notare come questa normativa ad oggi sia molto complessa da applicare e soprattutto molto annacquata. Le differenze tra ciò che noi intendiamo per finanza etica e ciò che la UE certificherà come finanza sostenibile sono tante. È utile guardare alla “genealogia” e dunque alle dinamiche politiche che hanno generato la finanza etica da una parte e la finanza sostenibile (nella definizione che sta assumendo) dall’altra».

«La finanza etica aspira a un concetto di giustizia sociale e inclusione che va ben oltre la proposta dell’UE. Termini come profitto, speculazione, governance, impatto, incidenza, costruzione della cittadinanza acquisiscono un significato completamente diverso e configurano uno spazio coerente che non si limita a un’aggregazione di iniziative concrete, ma piuttosto ad una proposta completa sul modo in cui l’intermediazione finanziaria dovrebbe operare per generare giustizia sociale e bene comune».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/03/sette-punti-rendere-etica-finanza-sostenibile-europea/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Banca Etica elegge la sua prima presidente donna

Con la nomina di Anna Fasano, Banca Etica festeggia la sua prima presidente donna eletta dai soci e le socie che hanno salutato con un lungo applauso il presidente uscente Ugo Biggeri che ha guidato l’istituto di credito negli ultimi 9 anni, traghettandolo nel passaggio da start-up a realtà consolidata e riconosciuta del panorama della finanza etica in Europa e nel mondo. I soci e le socie di Banca Etica riuniti qualche giorno fa in assemblea hanno rinnovato il Consiglio di Amministrazione, approvato il bilancio e deliberato un aumento del sovrapprezzo delle azioni.

“Banca Etica ha appena festeggiato i suoi primi 20 anni: è una vera soddisfazione aver chiuso anche lo scorso anno un bilancio in utile e che – nonostante le difficili condizioni di mercato – evidenzia il grande impegno per aumentare costantemente il credito alle persone, alle imprese e alle organizzazioni attive nell’economia civile, solidale e sostenibile in Italia e in Spagna. Significativo il voto dei nostri soci che in una mozione hanno chiesto alla banca di continuare l’impegno al fianco delle organizzazioni che si occupano di salvataggio, tutela dei diritti e integrazione sociale e lavorativa dei migranti”, ha detto il presidente uscente Ugo Biggeri. Quello che si è chiuso nel 2018 è stato un bilancio che ha registrato un utile di 3.287.703 euro. Nel dettaglio gli altri numeri parlano di impieghi lordi che hanno toccato quota 931 milioni di euro (+10,7% sul 2017); la raccolta diretta ammonta a 1.549 milioni (+12,9% rispetto al 2017); la raccolta indiretta è a quota 670 milioni (+5,2% sul 2017). Sono in n calo i crediti deteriorati (NPL), passando dal 7% al 6% del totale impieghi, e in calo anche le sofferenze nette, che scendono allo 0,81%. La patrimonializzazione, infine, è solida con il Cet 1 al 12,24% (dal 12,15%). I soci e le socie di Banca Etica erano chiamati a votare per il rinnovo delle cariche sociali. Il nuovo Consiglio d’amministrazione, eletto con un sistema che prevede la possibilità di scegliere tra due liste e un nominativo da un elenco di candidati indipendenti, è così composto: Anna Fasano (presidente), Andrea Baranes, Andrea Di Stefano, Marina Galati, Raffaele Izzo, Adriana Lamberto Floristan, Giacinto Palladino, Pedro Sasia, Aldo Soldi, Marco Carlizzi, Elisa Bacciotti, Arola Farré Torras, Lino Sbraccia.

Il nuovo Consiglio d’Amministrazione di Banca Etica

Con la nomina di Anna Fasano, Banca Etica festeggia la sua prima presidente donna. Anna Fasano ha 44 anni ed è friulana: componente del CdA di Banca Etica dal 2010; dal 2016 ricopre il ruolo di Vicepresidente. Laureata in Economia Bancaria appassionata di Finanza Etica, economia sociale e organizzazioni del Terzo Settore è attualmente impegnata in diverse operazioni di housing sociale. L’assemblea ha salutato con un lungo e commosso applauso il presidente uscente Ugo Biggeri che ha guidato Banca Etica negli ultimi 9 anni, traghettandola nel passaggio da start-up a realtà consolidata e riconosciuta del panorama della finanza etica in Europa e nel mondo. In questi nove anni – mentre il Paese fronteggiava la recessione e il credit crunch e le altre banche si concentravano su riduzione dei costi e gestione dei crediti deteriorati  – i prestiti erogati da Banca Etica sono cresciuti con incrementi annui a due cifre, complessivamente del 112%, ed i collaboratori sono aumentati del +72%. Un exploit di cui anche le istituzioni si sono accorte approvando – nel 2016 – la prima legge che riconosce la specificità della finanza etica in Italia (purtroppo ancora inattuata). Nei mesi scorsi il CdA di Banca Etica ha deliberato di adottare una metodologia di valutazione del valore delle azioni basata sul Free Cash Flow to Equity Model (FCFE), riconsiderato con stima dell’Excess Capital, in base alla quale effettuare una periodica valutazione del valore delle azioni della Banca, in corrispondenza delle scadenze del ciclo di pianificazione industriale. Tenendo conto di quanto risultato dalla “prima adozione” di tale metodologia e delle ulteriori considerazioni prudenziali in ordine alla stabilità del valore delle azioni della Banca nel medio termine, alla continuità con le scelte operate in precedenza e alla sostenibilità degli impatti patrimoniali, il Consiglio di Amministrazione ha proposto all’Assemblea dei Soci – che ha approvato – di incrementare il sovrapprezzo di Euro 1,50 per azione (+2,6% rispetto al precedente prezzo unitario complessivo per azione) e, quindi, di fissarlo complessivamente in Euro 6,50 per ogni azione emessa (+12,3% l’incremento del valore di sovrapprezzo rispetto al valore nominale dell’azione) e di stabilire, inoltre, che la Banca riacquisti le azioni proprie al prezzo corrispondente al valore nominale maggiorato del sovrapprezzo così come determinato dall’Assemblea dei Soci. All’assemblea hanno partecipato e votato in totale circa 5.300 soci; sono state circa 1.770 le persone che hanno scelto di partecipare online.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/05/banca-etica-elegge-prima-presidente-donna/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

«Il denaro sia al servizio della comunità, non viceversa»

Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, non ha dubbi: «La finanza etica, cioè un modo equo di usare il denaro a beneficio della comunità, non è solo il futuro, è anche il presente. E ci attendiamo che anche la politica se ne accorga».Print

Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, rilancia sul presente e sul futuro, a fronte di risultati notevoli e importanti, indici di una sempre più diffusa sensibilità e consapevolezza dei benefici di un uso etico del denaro.

Qual è il valore oggi della finanza etica in un contesto che “vende” ben altri valori?

La finanza – se usata bene – è uno strumento efficace per far girare l’economia. Permette a chi ha del denaro che non gli serve nell’immediato di metterlo a disposizione – tramite istituti finanziari che offrono prodotti con diversi gradi di rischio e di rendimento – di chi invece ha bisogno di finanziamenti per avviare un’attività economica o comprare una casa. L’uso distorto e opaco di strumenti finanziari sempre più complessi ha portato a una deriva negativa della finanza, e l’ha allontanata dalle esigenze vere delle persone e delle comunità. La finanza etica nasce negli anni ‘90 proprio per proporre una finanza pulita, al servizio dell’economia reale e capace di selezionare i progetti su cui investire considerando non solo i ritorni economici, ma anche e soprattutto l’impatto sociale e ambientale. La finanza etica, in poche parole, offre a risparmiatori e investitori la possibilità di gestire il proprio denaro – tanto o poco che sia – con la certezza che esso sarà utilizzato per finanziare progetti che non danneggiano l’ambiente e fanno bene alle comunità. Ad esempio: non finanziamo centrali nucleari o a carbone, ne produttori di armi, ma diamo credito ad asili nido, imprese per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, startup innovative sul piano sociale, imprese che producono e distribuiscono energia da fonti rinnovabili o gestiscono in sicurezza il ciclo dei rifiuti. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a una forte crescita dell’attenzione e dell’interesse delle persone, delle imprese e delle istituzioni per le tematiche di responsabilità sociale e ambientale: quindi non direi che vendiamo valori poco condivisi, anzi!

Il “sistema” per come lo conosciamo vi ritiene un pericolo?

Quando Banca Etica è nata, 20 anni fa, il sistema bancario tradizionale più che vederci come un pericolo, pensava che non ce l’avremo fatta. E invece  Banca Etica ha dimostrato rapidamente di essere in grado di stare in piedi sulle sue gambe. Il capitale sociale, la raccolta di risparmio, gli impieghi, i dipendenti: continuiamo a crescere anno dopo anno, anche nel pieno della crisi. E facciamo anche utili, che reinvestiamo per migliorare le nostre attività. Oggi il sistema si è appropriato dei nostri temi, e usa il nostro stesso linguaggio: anche se per ora spesso si tratta solamente di operazioni di greenwashing, ne siamo soddisfatti. L’effetto contagio era uno degli obiettivi che ci eravamo dati quando abbiamo fatto nascere Banca Etica.

I  decisori politici vi hanno sempre visto con diffidenza o sono state anche adottate misure che agevolano la scelta della finanza etica? Se sì, quali?

Negli ultimi anni abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti legislativi. A fine 2016 il parlamento italiano è stato il primo in Europa a riconoscere e definire per legge le banche etiche (per ora in Italia siamo solo noi). A fine 2017 un’altra legge ha stabilito che gli investimenti in finanza etica vanno esclusi dalle partecipazioni che gli enti locali sono obbligati a dismettere in virtù della legge Madia. Anche in Europa, stiamo riscontrando un forte interesse da parte della Commissione UE sulle nostre attività.

Quali sono i temi e le misure più urgenti, nel vostro campo, di cui secondo voi il prossimo governo italiano dovrebbe curarsi?

Ai partiti che si candidano a Governare l’Italia per i prossimi 5 anni chiediamo impegni sul piano nazionale e internazionale per arginare la speculazione finanziaria, anche attraverso una Tobin Tax; per porre un serio argine all’emorragia di risorse per il bene comune causata dai paradisi fiscali. Sul piano operativo chiediamo che vengano approvati i decreti attuativi della legge italiana sulla finanza etica e che – a fronte di una definizione seria di quali si possono veramente definire investimenti e prodotti finanziari etici – venga previsto qualche incentivo fiscale per i risparmiatori che scelgono la finanza etica.

Avete fiducia nella politica e c’è qualcuno nel panorama politico attuale che vede positivamente il vostro lavoro?

Noi parliamo spesso di “voto con il portafoglio” per dire alle persone che possono contribuire a tracciare la direzione in cui va il mondo in cui viviamo, non solo quando vanno nelle urne, ma ogni giorno, quando scelgono cosa comprare, come consumare e come investire. Detto ciò, abbiamo fiducia nella politica, che è alla base dei sistemi democratici. Tra i politici italiani che ne sono tanti che sono soci e clienti di Banca Etica e che rappresentano per noi interlocutori importanti con le istituzioni. Appartengono a diversi schieramenti.

Gli investimenti e il risparmio “etico” crescono costantemente e molte banche tradizionali fiutando il business hanno istituito investimenti ad hoc. Come vi differenziate?

Siamo felici che le tematiche di responsabilità sociale e ambientale siano oggi al centro delle azioni di marketing di molti istituti finanziari che si sono accorti del grande interesse del pubblico. Noi siamo diversi da tutti gli altri perché siamo nati esclusivamente per fare finanza etica. Le altre banche – per ora – trattano il prodotto di investimento etico come uno dei tanti prodotti a scaffale. E’ come essere al supermercato: puoi scegliere il cioccolato equo e solidale o quello prodotto sfruttando i lavoratori. Da noi c’è solo quello equo e solidale. Inoltre la nostra analisi è molto scrupolosa e a 360°. Abbiamo notato che invece alcune banche propongono come investimento etico quello che per esempio esclude i produttori di armi, ma non le centrali nucleari.  Credo anche che ci differenziamo dagli altri per un continuo e concerto sforzo di trasparenza verso i clienti: vogliamo che siano realmente consapevoli dei costi, e dei rischi dei prodotti finanziari che sottoscrivono.

Sono ormai circa venti anni dalla nascita di Banca Etica, vi aspettavate di avere una risposta così positiva dalle persone in merito alla vostra proposta di una finanza diversa?

Sì e avevamo ragione!

Fonte: ilcambiamento.it

Persone e progetti dietro Banca Etica

La Consob ha autorizzato la pubblicazione del nuovo prospetto informativo per l’offerta pubblica di azioni ordinarie di Banca Etica. Ciò riapre la possibilità per cittadini, organizzazioni e imprese, in Italia e in Spagna, di aderire al progetto di Finanza Etica diventando soci e socie, sottoscrivendo quindi il capitale sociale.

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Se in finanza il capitale sociale indica il capitale finanziario sottoscritto dai proprietari di una banca, per Banca Etica è certamente questo, ma anche molto di più. Dietro le quote azionarie ci sono persone e progetti associativi e imprenditoriali che vogliono contribuire alla costruzione di un modello di banca che sostiene l’economia reale, alternativo rispetto alla finanza che specula e genera disuguaglianze Il capitale sociale assume così una forte valenza partecipativa che si traduce nelle dinamiche cooperative proprie del nostro istituto, diventando, grazie alle interazioni tra soci, anche capitale relazionale. I soci hanno così la possibilità di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di Banca Etica attraverso diverse iniziative:

  • nell’appuntamento annuale dell’Assemblea dove si vota rispettando il principio “una testa, un voto” o nel processo del credito dove i soci e le socie contribuiscono a verificare l’impatto sociale ed ambientale dei nostri finanziamenti;
  • nei gruppi di soci e socie organizzati a livello locale, dove è possibile condividere i processi che determinano le scelte strategiche della banca, promuovere la finanza etica sul territorio, conoscere altre persone e organizzazioni che si impegnano per un’economia di giustizia;
  • online, attraverso lo scambio di prodotti e servizi – anche con il baratto – su Soci In Rete.

Inoltre, per dare concretezza al principio della mutualità, i soci e le socie di Banca Etica possono accedere ai nostri servizi e finanziamenti a tariffe vantaggiose.

Perché è importante il capitale sociale
Banca Etica ha bisogno di capitale sociale per poter continuare a crescere in modo equilibrato e partecipato. Se vogliamo più finanza etica, per questo diventare socio o sottoscrivere ulteriori azioni fa la differenza:

  • più cresce il capitale sociale, più possiamo erogare finanziamenti all’economia del bene comune e sviluppare un indotto sostenibile fatto di famiglie che scelgono acquisti sostenibili, dalla casa all’automobile, e di imprese che producono occupazione di qualità, rispettano l’ambiente, creano valore per la comunità;
  • più cresce il capitale sociale più si rafforza la nostra natura di banca etica e cooperativa: non raccogliamo capitale sul mercato azionario dove il brand “banca etica” sarebbe sicuramente attrattivo, ma lo raccogliamo tra persone e imprese disponibili non solo a fare un investimento, ma anche a partecipare concretamente ad un progetto di cambiamento.

Per dare valore alla scelta di chi diventa socio o sottoscrive ulteriori azioni abbiamo introdotto la bonus share – un meccanismo di attribuzione di 1 azione aggiuntiva per ogni 20 nuove azioni sottoscritte. E’ un modo per riconoscere da subito anche un ritorno economico a chi sostiene Banca Etica, come in passato abbiamo fatto aumentando il valore delle azioni o il loro sovrapprezzo.

I numeri di Banca Etica
“L’interesse più alto è quello di tutti” è lo slogan che dal 1999 accompagna la nostra azione, con questo spirito ogni anno vediamo crescere l’adesione a Banca Etica in termini di capitale sociale, senza essere guidati da necessità impellenti come recentemente accade in molte realtà finanziarie.

Scegliere di diventare soci significa dare ulteriore spinta ad una banca che, con oltre 50.000 clienti e 38.000 soci, presenta tassi di crescita significativi e costanti, testimoniati anche nell’ultima semestrale:

  • Utile – € 4.490.421 (rispetto ai 974.000 euro del 30/06/2015)
  • Raccolta diretta – € 1.132.289.899 (+5,80% rispetto al 31/12/2015)
  • Raccolta indiretta tramite fondi di Etica Sgr – € 471.630.000 (+7,90% rispetto al 31/12/2015)
  • Impieghi lordi – € 705.380.000 (+3,4% rispetto al 31/12/2015; confronto a una media del sistema bancario italiano che si ferma a un +0,06%)
  • Capitale sociale: € 55.718.355 (+2,5% rispetto al 31/12/2015)
  • CET1 – 12,35%

Metti in azione i tuoi valori
In tanti ci rendiamo conto che occorre cambiare la finanza se vogliamo affrontare i problemi sociali ed ambientali che spesso il sistema finanziario alimenta. Occorre che questa consapevolezza si concretizzi con un impegno preciso.

Sostenere il capitale sociale di Banca Etica è sicuramente un modo efficace per mettere in azione i tuoi valori,scopri come diventare socio o sottoscrivere ulteriori azioni.

Fonte: ilcambiamento.it

Gli scambi solidali e il crowdfunding per sociale e cultura: Banca Etica fa comunità

Scambi solidali tra i soci in rete e la raccolta fondi dal basso per finanziare progetti sociali e culturali portati avanti da chi fa parte della comunità: Banca Etica fa il punto a due anni dall’avvio di questi due progetti.bancaetica_crowdfunding

Progetti che sempre più consentono di far comprendere come il denaro non sia e non debba essere un fine ma un mezzo per realizzare un obiettivo sostenibile e portatore di valori positivi. Soci in Rete (www.sociinrete.bancaetica.it) è stato sviluppato nel 2013 con l’obiettivo di rafforzare la mutualità interna nei confronti dei soci. «Il progetto è finalizzato a facilitare la relazione tra le persone e le organizzazioni sul territorio – spiegano da Banca Etica – attraverso l’apertura alla partecipazione attiva e la capacità di rispondere ai bisogni della comunità di riferimento. Si tratta in particolare di un mercato virtuale a cui possono partecipare solo i soci della Banca, in cui si incontra chi offre e chi acquista beni e servizi, materiali e relazionali. Il principio è, da un lato, quello di riservare un vantaggio a chi sostiene una visione economica e sociale nuova, dall’altro, privilegiare, nelle scelte di acquisto, soggetti economici coerenti con questa visione. Lo strumento è accessibile tramite un portale online, gestito da Banca Etica, che accetta esclusivamente le offerte di prodotti e servizi di persone o organizzazioni socie e che rispettano i valori espressi nel Codice Etico e nello Statuto della Banca. A fine 2014 al portale risultano iscritti 21 soci che hanno proposto complessivamente 48 offerte: il progetto consente l’iscrizione ad una newsletter, alla quale sono iscritte 1.400 persone. Banca Etica attualmente sta riflettendo in merito all’evoluzione dello strumento: in particolare si prevede di estendere le offerte commerciali a possibilità di lavoro e di volontariato. Riguardo al crowdfunding, la Banca ha iniziato un percorso importante con la prima piattaforma di settore, Produzioni dal Basso (www.produzionidalbasso.com), sviluppando al suo interno una specifica rete. Il network di Banca Etica all’interno di Produzioni dal Basso è attivo da giugno 2014 e ha visto l’inserimento progressivo di progetti nati dalla base sociale o che la base sociale ha deciso di sostenere con azioni proattive di affiancamento e di comunicazione. I progetti inseriti nel 2014 sono stati 12: tra questi 7 hanno raggiunto il budget indicato, concludendosi positivamente, 2 non hanno raggiunto il budget e si sono chiusi e 3 si sono conclusi nei primi mesi del 2015. Nei giorni scorsi è stato anche presentato il bilancio sociale: a fine 2014 il capitale sociale di Banca Etica ammontava a 49.769.055 euro, registrando un incremento di 3.167.062 euro rispetto a fine 2013 (+ 6,8%).

A fine 2014 i soci di Banca Etica sono 36.815:

  • 16,1% persone giuridiche
  • 83,9% persone fisiche.

Il capitale sociale è apportato per il 35,5% da persone giuridiche e per il 64,5% da persone fisiche.

Tra i soci ci sono 355 enti pubblici (284 Comuni, 43 Province, 8 Regioni), che rappresentano il 3,1% del capitale sociale (1.586.025 euro).

Fonte: ilcambiamento.it

Il Risparmiatore Etico e Solidale
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Banca Etica scommette sul biologico: venti milioni di credito e non si ferma

Venti milioni di euro, a tanto ammonta il credito che Banca Etica ha in corso con le aziende agricole del biologico, cifra che potrebbe aumentare dopo l’accordo siglato di recente con Federbio. Una scelta di campo, «perché anche se siamo nel campo del profit, il biologico rappresenta un’agricoltura sostenibile che ha ricadute positive sulla salute dell’uomo e dell’ambiente» spiega Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica.agricoltura_biologica_banca_etica

Aiab è tra i soci fondatori di Banca Etica, che a sua volta ha contribuito alla nascita di Icea, ente di certificazione del biologico. Ora è arrivato anche l’accordo con Federbio ad ampliare ancor più la gamma delle possibilità garantite agli operatori di un settore in crescita «che incontra e rispetta in pieno quelle che sono le nostre finalità, cioè un uso responsabile del denaro per finanziare quelle realtà che apportano valore aggiunto positivo alla nostra società in una visione di economia sostenibile» spiega Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica. Quello dell’agricoltura biologica è stato il primo settore al quale la banca cooperativa si è rivolta quando ha deciso di aprirsi anche ai settori del profit, mentre prima si dedicava solo al non profit. «Ci siamo resi conto che si può fare molto di positivo anche in questo senso, si può contribuire anche così al bene comune e alla salvaguardia dei diritti – aggiunge Biggeri – il biologico è stato una scelta di campo decisa, perché è sostenibile e rispettoso della salute dell’uomo e dell’ambiente». Questa scelta è stata ora coronata dalla convenzione con Federbio, Federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica. Banca Etica finanzia le aziende che vogliono iniziare, quelle che vogliono ammodernarsi e anche quelle che vogliono convertirsi, prevedendo prestiti che hanno a che fare con l’attività specifica dell’azienda ma anche, per esempio, l’installazione di dispositivi che permettano di utilizzare energie rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici. Un grande aiuto, dunque, per chi ha le idee chiare su quale direzione imboccare nel rispetto della sostenibilità e dell’ambiente e che spesso non riesce invece a ottenere linee di credito dalle banche mosse da interessi ben meno nobili. Tanti, poi, al di là del mondo del biologico, sono i progetti sui quali Banca Etica ha concentrato la propria attenzione, fungendo a volte da vero e proprio volano per realtà che poi si sono affermate e hanno proseguito sulle loro gambe, con basi solide. «Come ad esempio la Cooperativa siciliana Lavoro e Non Solo che lavora le terre confiscate alla mafia. Abbiamo poi un’operazione di workers buyout con un’azienda ceramica della provincia di Reggio Emilia,la GresLab, dove i lavoratori hanno rilevato la fabbrica dai precedenti proprietari  e hanno dato vita a una cooperativa. Ci sono poi le operazioni che riguardano scuole che hanno installato sui tetti i pannelli solari grazie all’impegno dei genitori, i progetti con Medici senza Frontiere per i quali abbiamo anche un conto dedicato e i gruppi di autocostruzione. Poi ancora i salvataggi delle Case del Popolo dell’Arci in Toscana quando rischiavano di essere tutte vendute a privati. Voglio poi anche citare – prosegue Biggeri – il consorzio Abn di Perugia che è partito dal nulla grazie a noi e ora è un colosso con esigenze di credito di diversi milioni di euro.  Insomma, vogliamo essere un acceleratore di quell’economia che produce le cose “giuste”, le cose positive, quelle che fanno bene a noi e al territorio».

Fonte: ilcambiamento.it

REES Marche: l’economia solidale dai Gruppi d’Acquisto alle grandi imprese

Era il 1994, esattamente vent’anni fa, quando nacque il primo GAS, Gruppo di Acquisto Solidale. Fu come la posa della prima pietra di un grande edificio a cui oggi stiamo sistemando le ultime tegole del tetto. È l’edificio dell’economia solidale. Secondo un’analisi di Coldiretti/Censis, i Gruppi d’Acquisto coinvolgono quasi tre milioni di italiani, per un giro d’affari di novanta milioni di euro. È lo sconfinato mondo dell’”altra” economia, uno specchio buono di quella produttivistica, consumistica e speculativa che per anni ha manipolato le nostre vite con le sue regole e le sue strutture. Un mondo ben organizzato, un’alternativa reale e strutturata. Dall’esperienza dei GAS infatti, derivano i DES, Distretti di Economia Solidale, piccole reti territoriali che uniscono al loro interno i protagonisti dei circuiti economici alternativi, dai produttori ai consumatori. Alla base di questa grande piramide, troviamo le RES, Reti di Economia Solidale, grandi contenitori di Gruppi e Distretti, operatori economici e fornitori di servizi, utenti finali e distributori. Intere filiere accomunate da un insieme di valori e obiettivi comuni. All’origine di queste esperienze infatti, risiede la volontà – o meglio, la consapevolezza della necessità – di cambiare le regole del gioco: basta con il mito della crescita infinita, basta con lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, basta con i modelli culturali incentrati sul consumo, basta con la mercificazione dei lavoratori. Etica, sostenibile e solidale, ecco come deve essere questa nuova economia.

Questa grande marea sta montando in maniera omogenea in tutta Italia, ma c’è una regione in cui la voglia di sperimentare nuove modalità e l’audacia di attuare soluzioni mai pensate prima sono particolarmente spiccate. Si tratta delle Marche. Lì, abbiamo incontrato i rappresentanti di REES Marche, la Rete di Economia Etica e Solidale regionale. La prima particolarità riguarda la direzione della rete, che non è affidata a un presidente, bensì a diversi co-presidenti. «Una realtà come la nostra non può parlare al singolare», ci spiegano. «Una voce sola che la rappresenta è limitativa, ma lo erano anche due, quindi abbiamo pensato a una serie di presidenze sovrapposte nel tempo: tre anni di mandato, di cui un anno e mezzo insieme ai co-presidenti uscenti e un anno e mezzo insieme ai co-presidenti entranti, per un totale di quattro co-presidenti per volta. La scelta che abbiamo fatto è rivoluzionaria, ma assolutamente calzante per la gestione di una struttura reticolare, che ha bisogno di sensibilità complementari. Ed è stata decisiva anche dal punto di vista strategico: se non avessimo fatto così probabilmente saremmo scomparsi». In questa direzione va anche la prassi di evitare la ricandidatura dei co-presidenti uscenti, non solo per favorire il ricambio, ma anche per far sì che le lotte collettive non si personifichino, identificandosi con un solo volto e un solo nome.screenshot-rees

Il percorso di creazione e di crescita di REES Marche è stato anomalo rispetto alle altre esperienze analoghe in giro per l’Italia, poiché è avvenuto al contrario: non è nata una rete dall’unione dei distretti, dei GAS e delle piccole realtà di altra economia, ma si è deciso di costituire per prima cosa la REES, per poi radunare sotto il suo cappello tutti i rappresentanti del tessuto economico del territorio. Adesso la rete regionale sta lavorando al consolidamento delle realtà di zona, che si stanno auto organizzando. Di fatto, è divenuta un coordinamento di nodi autonomi. Formalmente, la REES nasce dopo due anni di lavoro sul campo, iniziato nel 2004; nel 2006 è stata costituita l’associazione di promozione sociale “Rete di economia solidale”.  Ma ci sono altri ambiti in cui le Marche si distinguono da molte realtà di economia solidale italiane. Uno di questi è il modo di portare avanti le relazioni con gli altri attori economici e politici del territorio, anche quelli appartenenti alla sfera dell’economia convenzionale. «Quando, in tempi non sospetti, abbiamo cominciato a parlare di nuovi valori da attribuire all’economia – riduzione dei consumi, sostenibilità ambientale, riciclo delle materie prime e così via –, eravamo dei precursori. Oggi i fatti ci stanno dando ragione: i vecchi modelli entrano in crisi, mentre quelli da noi proposti si affermano con decisione. Questo però ci carica di una grande responsabilità: non tenere per noi le idee e le azioni grazie alle quali abbiamo costruito questi percorsi innovativi, ma condividerle». Per farci capire meglio, ci hanno raccontato un fatto realmente avvenuto: «Tempo fa abbiamo ricevuto un invito da parte di Confindustria: volevano incontrarci per capire da noi in che modo riuscivamo a tenere così uniti i territori, poiché la loro presa a livello locale è sempre stata debole e poco radicata, mentre le nostre imprese sono molto legate alla rete. In un’altra epoca, non solo Confindustria non si sarebbe rivolta a noi, ma noi stessi avremmo rifiutato categoricamente l’invito, considerando quella sigla espressione di un mondo ostile. Un nemico, insomma. Ma oggi, a nostro avviso, bisogna sforzarsi di superare queste divisioni. La vera sfida semmai è trovare il modo di portare avanti con coerenza percorsi condivisi con realtà imprenditoriali o amministrative che, in altri ambiti, agiscono in antitesi con i nostri valori».724_a2768a

Ma c’è tanto lavoro da fare anche all’interno della rete, per capire quali sono le prospettive di crescita: «Un passo necessario da compiere consiste nel riconoscere le professionalità, le energie e il tempo che i volontari mettono a disposizione della REES», sottolineano. «Ciascuno di noi ha il proprio impiego, ma dedichiamo tutti diverse ore al giorno all’attività associativa. Non ci piace l’idea che le imprese della rete paghino semplicemente i volontari. Ci aspettiamo piuttosto compartecipazione a un percorso che è diventato di tutti e quindi tutti devono contribuire con spazi, strutture, forza lavoro. Se ci fossero delle risorse umane con cui condividere parte delle funzioni, l’impegno diminuirebbe e potrebbe rientrare nel volontariato, diversamente no. Purtroppo c’è ancora un profondo vuoto da riempire: bisogna che chi beneficia di questi servizi ne percepisca il valore reale. Bisogna far capire alle persone che questi sono percorsi inevitabili che vanno riconosciuti».  Concludiamo la discussione ricordando le novità più recenti e forse anche più importanti per l’attività dei prossimi anni di REES Marche. «In occasione dell’assemblea di giugno 2014 abbiamo votato una delibera che prevede una rinuncia all’attività identitaria della rete; d’ora in poi, le nostre azioni saranno mirate a favorire realtà che vogliamo supportare e aiutare a crescere, a diffondersi e a conoscere altre forme di economia. Vogliamo diventare noi stessi divulgatori di buone pratiche e aspetti valoriali, perché crediamo che ciascuna esperienza tocchi una sensibilità diversa e abbia quindi la capacità di far suonare corde fuori dalla portata delle organizzazioni di economia solidale». In pratica, REES Marche ha rinunciato a una parte della propria crescita per contribuire alla buona riuscita di un percorso collettivo. Sono già attive collaborazioni con Slow Food, rappresentanze per la difesa dei beni comuni – nelle Marche sono 220 i comitati censiti –, tre circoli della Decrescita Felice, alcune Città in Transizione, reti di Bioregionalismo e ONG che si occupano di cooperazione internazionale. Questa linea è stata deliberata il 2 giugno e lo stesso tema è emerso all’incontro nazionale di economia solidale tenutosi a Collecchio circa tre settimane dopo, il 24 giugno. Ma mentre le altre reti nazionali hanno per ora solo dichiarato di voler attuare questa politica, la REES la sta già mettendo in pratica. È la base programmatica dei prossimi tre anni. Ancora una volta in anticipo su tutti.

 

Il sito di REES Marche

Fonte:  italiachecambia.org

Finanziare la solidarietà e la sostenibilità: Banca Etica compie 15 anni

In quindici anni Banca Etica ha fatto della finanza etica un modello strutturato di intervento a sostegno di una economia responsabile e sostenibile. Il 2014 non è solo il “compleanno” di questa realtà, ma anche un passaggio e un approdo. Perché ora tutti sanno che un’alternativa è possibile, concreta e già comincia a dare frutti.banca_etica_15_anni

Banca Etica, il primo istituto di credito interamente dedito alla finanza etica, festeggia i quindici anni dalla nascita. Un anniversario che suggella il passaggio dalla fase pionieristica della finanza etica al suo consolidamento in un modello ormai strutturato e pronto ad aprirsi a nuovi settori dell’economia responsabile e sostenibile. Banca Etica – nata a Padova su impulso di migliaia di singoli cittadini e di tante organizzazioni del Terzo Settore Italiano – conta oggi 17 filiali e 25 cosiddetti banchieri ambulanti in tutta Italia; ha un capitale sociale di oltre 46 milioni di euro, una raccolta di risparmio pari a  873 milioni di euro e prestiti accordati per oltre 774 milioni a favore di oltre  7.000 imprese sociali. «Ancora oggi siamo gli unici a raccontare con trasparenza online come utilizziamo il denaro dei risparmiatori, pubblicando tutti i finanziamenti erogati» dicono da Banca Etica. «Il concretizzarsi di questa utopia capace di coniugare finanza, valore sociale, risparmio, solidarietà, sobrietà e sostenibilità, riconosciuta come best practice anche a livello internazionale, viene festeggiato con oltre 60 eventi organizzati dai soci di Banca Etica in altrettante città italiane. Un programma ricco e partecipato che spazia tra rappresentazioni teatrali, dibattiti, feste, flash mob, concentrati tra il 5 e il 23 marzo per far conoscere al maggior numero di persone le opportunità offerte dalla finanza etica e dall’uso responsabile del denaro». E’ anche on line il sito web dedicato http://www.bancaetica.it/15anni/ dove è possibile consultare il programma degli eventi; conoscere e interagire con la storia di Banca Etica dalla sua ideazione fino al progetto che la porterà nei prossimi mesi ad aprire sportelli anche in Spagna; conoscere tutti i numeri della Banca anche attraverso infografiche sintetiche e di immediata comprensione. “Dedichiamo il 2014 a questo anniversario perché crediamo importante raccontare una storia collettiva, fatta dell’impegno di migliaia di persone e organizzazioni che hanno saputo costruire una banca unica, farla crescere e diventare una buona pratica tutta italiana, indipendente, trasparente, partecipata – spiega Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica – Le oltre 60 iniziative in programma per festeggiare i nostri 15 anni rappresentano momenti di ascolto, confronto e convivialità dove tutti potranno contribuire ad un dialogo che possa essere il motore per il nostro sviluppo futuro. Uno sviluppo che dal 2014 oltrepasserà le frontiere italiane e ci vedrà protagonisti di un nuovo progetto di Finanza Etica in Spagna”.

Ecco i settori cui Banca Etica fa credito:
• sistema di welfare: servizi sociosanitari, housing sociale, microcredito assistenziale;
• efficienza Energetica ed Energie Rinnovabili: coibentazione immobili, cogenerazione, solare termico, solare fotovoltaico, eolico, idroelettrico;
• ambiente: gestione dei rifiuti, riciclaggio delle materie prime, produzioni eco-compatibili;
• biologico: produzione e commercializzazione di prodotti biologici;
• cooperazione internazionale: cooperazione allo sviluppo riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri e/o da Istituzioni Sovranazionali, microfinanza, finanza etica e solidale;
• animazione socio-culturale: educazione, cultura, sport per tutti, centri giovanili, ecc.;
• commercio equo e solidale
• realtà economiche con forte connotazione sociale come le organizzazioni che gestiscono beni confiscati alla mafia;
• impresa sociale e responsabile: attività imprenditoriali che, facendo riferimento ai principi dell’ ‘economia civile’, contemplino anche l’inserimento di criteri sociali, solidali e ambientali (c.d. Di Responsabilità Sociale d’Impresa – RSI), superando la dicotomia “profit/non profit” e privilegiando, invece, il concetto di “beneficio sociale per la comunità locale”;
• credito alla persona: fabbisogni finanziari primari (prima casa, mezzi di trasporto, ecc.) dei soci di Banca Etica e dei dipendenti o aderenti alle realtà socie della Banca.
Eventuali dubbi interpretativi in ordine ai settori di impiego devono essere sottoposti dall’Organo Proponente alla valutazione del Comitato Etico.
Attività non finanziabili

Vengono escluse le attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano, in particolare:
• produzione e commercializzazione di armi; attività con evidente impatto negativo sull’ambiente; utilizzo e sviluppo di fonti energetiche e di tecnologie rischiose per l’uomo e l’ambiente;
• sfruttamento del lavoro minorile, violazione dei diritti della persona, non rispetto delle garanzie contrattuali;
• allevamenti animali intensivi che non rispettino i criteri previsti dagli standard della certificazione biologica;
• esclusione/emarginazione delle minoranze o di intere categorie della popolazione;
• rapporto diretto con regimi che notoriamente non rispettino i diritti umani e/o che siano gravemente responsabili della distruzione dell’ambiente;
• attività di ricerca in campo scientifico che conducano ad esperimenti su soggetti deboli o non tutelati o su
animali;
• mercificazione del sesso;
• gioco d’azzardo.

Fonte: il cambiamento

Ho Sognato una Banca
€ 15

Carta conto EVO Arci di Banca Etica: la finanza etica a portata di mano

Arci e Banca Etica hanno rinnovato la loro collaborazione per offrire alle persone un messaggio incoraggiante: il cambiamento non passa solo dalla protesta ma anche da piccole azioni concrete. Come? Con Carta conto EVO Arci, uno strumento che permette di scegliere da subito la finanza etica per alcune delle principali operazioni bancarie quotidiane.carta_evo_arci

Arci e Banca Etica hanno rinnovato ancora una volta la loro storica collaborazione per offrire alle persone un messaggio incoraggiante: il cambiamento non passa solo dalla protesta ma anche da piccole azioni concrete, alla portata di tutti. Come? Con Carta conto EVO Arci, uno strumento agile e innovativo, una carta conto ricaricabile evoluta, emessa da Banca Etica e dedicata ad Arci. Carta conto EVO Arci permette ai soci Arci, e a tutti coloro che vogliono avvicinarsi all’uso responsabile del denaro, di scegliere da subito la finanza etica per alcune delle principali operazioni bancarie quotidiane. Alle funzioni di base di una ricaricabile – accesso ai servizi degli sportelli automatici ATM e pagamenti nei negozi come un bancomat, acquisti online come una carta di credito – unisce alcune funzioni tipiche del conto corrente: fare e ricevere bonifici, accreditare lo stipendio, domiciliare le bollette e altri pagamenti (RID). È comoda, flessibile e conveniente: prevede un costo di emissione una tantum (5 euro) e un canone mensile di 1 euro per i saldi inferiori a 1.000 euro. Non prevede l’imposta di bollo. Chi sceglie Carta conto EVO Arci sceglie di sostenere progetti di promozione sociale e culturale, di solidarietà internazionale, di tutela dell’ambiente e dei beni comuni, per il rispetto dei diritti e contro ogni discriminazione. Ogni volta che i clienti ricaricano la carta, Banca Etica destina 25 centesimi ai progetti di ARCI. Per attivare la Carta conto EVO Arci è possibile recarsi presso tutte le Filiali o gli uffici dei Banchieri Ambulanti di Banca Etica (per trovarli clicca qui).

Fonte: il cambiamento

Credito alle imprese under 36: varato un “Fondo per l’occupazione giovanile”

Banca Etica e Fondazione Anti-usura Interesse Uomo varano un “Fondo per l’occupazione giovanile”. Politici e cittadini potranno contribuire al nuovo strumento finanziario creato per dare credito alle imprese under 36.giovani_lavoro

Il CdA di Banca Etica ha approvato una convenzione con la Fondazione Antiusura “Interesse Uomo” per la costituzione e la gestione di un fondo di garanzia che consentirà di dare credito alle imprese sociali giovanili. Il nuovo strumento finanziario varato da Banca Etica risponde alle istanze sollevate negli ultimi mesi da parlamentari e consiglieri regionali di diversi gruppi politici che hanno manifestato l’intenzione di rinunciare a una parte dei loro emolumenti per liberare risorse da destinare alla collettività. Considerata la drammaticità dei dati sulla disoccupazione giovanile in Italia, Banca Etica ha deciso di creare uno strumento per finanziare le imprese che impiegano giovani al di sotto dei 36 anni, siano esse già avviate o in fase di start up, con priorità alle imprese cooperative e mutualistiche. Il Fondo di Garanzia sarà alimentato dalle donazioni di rappresentanti eletti delle istituzioni e dai contributi di tutti coloro – organizzazioni e privati cittadini – che vorranno aderire all’iniziativa. Il plafond di finanziamenti a imprese giovanili che Banca Etica potrà erogare sarà pari al doppio della cifra raccolta con le donazioni (2 euro di finanziamenti erogati per ogni euro di donazioni raccolto). Il Fondo di Garanzia consentirà a Banca Etica – con la collaborazione della Fondazione antiusura Interesse Uomo – di valutare anche le richieste di finanziamento provenienti da imprese giovanili in fase di start up che difficilmente avrebbero accesso al credito in assenza di garanzie. “Diversi parlamentari e consiglieri regionali hanno chiesto a Banca Etica di creare uno strumento di finanza etica che veicolasse verso obiettivi sociali la quota di emolumenti a cui sono disposti a rinunciare. Abbiamo pensato di rispondere a questa sollecitazione realizzando – insieme alla Fondazione Antiusura “Interesse Uomo – un progetto di sostegno ai giovani che intendono creare imprese, preferibilmente cooperative e mutualistiche – spiega il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri – . Lo contribuzione al fondo è aperta agli eletti di tutti gli schieramenti, ma anche a organizzazioni, imprese e cittadini. Banca Etica, che ribadisce la sua natura apartitica e trasversale ai diversi orientamenti della società civile, da sempre propone modelli innovativi di redistribuzione delle risorse, dimostrando come la finanza etica contribuisce ad alleviare gli effetti drammatici di uno squilibrio economico che non si attenua. Per questo insistiamo nel chiedere ai politici non solo iniziative personali verso una maggior equità e solidarietà, ma l’impegno ad adottare nuove regole per la finanza, che premino le istituzioni che lavorano al servizio dell’economia reale e del bene comune e impediscano quelle attività puramente speculative che hanno innescato la crisi”. “È la politica che ci piace: quella che senza proclami costruisce percorsi di rinascita e di sviluppo; quella che si mette le mani in tasca e si muove dal principio che se vogliamo davvero che cambi qualcosa occorre partire da ciascuno di noi; quella – in sostanza – che continua a concepirsi al servizio della gente e del bene comune – aggiunge Don Marcello Cozzi, esponente di Libera e presidente della Fondazione Antiusura Interesse Uomo – . E’ solo il punto di partenza di un percorso di corresponsabilità che ci auspichiamo possa coinvolgere quanti più uomini e donne delle Istituzioni per i quali il cambiamento si attua solo nella concretezza dei fatti”.

Fonte: il cambiamento