Uranio impoverito, a 15 anni dai bombardamenti Nato in Serbia si muore ancora

Secondo l’ex generale Slobodan Pektovic il problema degli effetti dell’Ui è stato “spinto sotto il tappeto” per non compromettere i rapporti con i paesi occidentali186628524-586x354

A 15 anni dall’intervento Nato nei Balcani, la Serbia si sta organizzando per eliminare gli effetti nocivi dell’uranio impoverito, quell’uranio che nell’ultimo decennio ha moltiplicato i casi di tumori fra adulti e bambini, un disastro che Slobodan Cikaric, presidente della Società dei medici serbi, ha definito peggiore dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima. Per tre lustri non c’è stata, nel paese dell’ex Jugoslavia, la volontà politica di sottoporre alla comunità internazionale il problema degli effetti delle radiazioni nocive, ma ora la Serbia ha in programma una strategia nazionale per eliminare gli effetti delle radiazioni. A dicembre, durante una tavola rotonda organizzata da un’associazione di generali e ammiragli della Serbia, il generale in pensione Slobodan Pektovic ha dichiarato:

La questione dell’uso di munizioni all’uranio impoverito da parte delle forze della Nato in Serbia è stato spinto sotto il tappeto per anni a causa del rapporto con i paesi occidentali. È necessario organizzare con urgenza il monitoraggio , il trattamento dei pazienti e aiutare la popolazione che è stata “spruzzata” con queste munizioni.

Nel territorio del Kosovo, durante la guerra nel 1999, sono stati utilizzati oltre 31mila missili e proiettili e in altri territori dell’ex Jugoslavia più di 5.000 missili con uranio impoverito. Terreni contaminati da uranio impoverito si trovano nei pressi di VranjeBujanovac e Presevo, si tratta di aree sono circondate da pilastri di cemento con cartelli che avvertono la popolazione sul pericolo di contaminazione. Nel 2000 era stato avviato un programma di prevenzione e di monitoraggio dello stato di salute del personale militare venuto a contatto con l’uranio impoverito, ma è stato successivamente annullato. I tumori maligni sono cresciuti del 100% rispetto al periodo precedente il bombardamento della Nato e, secondo gli ex militari serbi, a rallentare le operazioni di messa in sicurezza del territorio ha contribuito lo smembramento dell’esercito da parte della Nato: con la riduzione della consistenza numerica del personale militare e l’abolizione del servizio di leva sono stati creati i presupposti per un controllo della Nato in Serbia. Un atteggiamento che i serbi non accettano, da qui le recriminazioni sull’utilizzo dell’uranio impoverito, il proseguimento della guerra con altri mezzi che nessuno vede e che qualcuno non vuol far vedere.

Fonte:  In Serbia

Uranio impoverito: dai Balcani a Israele un dramma da nascondere

Israele usa uranio impoverito a Damasco, incurante delle conseguenze. Che sono sotto gli occhi di tutti: in Italia, nei Balcani e sui principali teatri di guerra dell’ultimo ventennio29734502-586x409

Secondo fonti governative siriane citate da Russia Today, sabato 5 maggio, durante un raid contro un centro di ricerca militare a nord di Damasco, l’esercito di Israele avrebbe utilizzato proiettili con uranio impoverito. Durante un’esplosione i testimoni avrebbero notato un fungo di fuoco color oro che dimostrerebbe l’utilizzo d’uranio impoverito. Dopo la Guerra del Golfo, i conflitti in Somalia, in IraqAfghanistan e nei Balcani l’uranio impoverito, la scoria che diventa risorsa e, dunque, il costo che diventa guadagno resta sulla scena, provocando disastri ambientali e portando con sé morte e malattie che si trasmettono di padre in figlio. In Italia queste storie hanno il silenziatore, specialmente sui media mainstream. Noi di Ecoblog cerchiamo di monitorare la situazione, di capire cosa accade nei poligoni di Torre Veneri e di Salto di Quirra e in quali accidentati percorsi siano costretti a muoversi i nostri militari ammalatisi nelle cosiddette “missioni di pace”. La rivista epidemiologica Mutagenesis, edita dall’Università di Oxford, ha pubblicato una ricerca condotta da Marco Peluso, Armelle Munnia, Marcello Ceppi, Roger W. Giese, Dolores Catelan, Franca Rusconi, Roger W.L. Godschalk e Annibale Biggeri su 75 bambini di Sarroch, in Sardegna. I risultati hanno evidenziato come la prossimità al polo industriale ma soprattutto al poligono interforze di Teulada dove sono state utilizzate senza controllo armi all’uranio impoverito provochi “incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna”. I risultati, purtroppo, sono simili a quelli ottenuti nelle indagini condotte in prossimità della centrale termica di Taichung e a Pancevo, dove si trova il più grande polo petrolchimico della Serbia. L’utilizzo dell’uranio impoverito nelle guerre combattute in Bosnia,ErzegovinaKosovo Metohija è un’altra situazione “silenziata” dai media. Neoplasie maligne, tumori alla tiroide, tumori alle gonadi e linfomi di Hodgkin si sono moltiplicati nell’area balcanica e veicolati dal liquido seminale sono stati tramandati di generazione in generazione. Il caso di Nicolina Petkovic – nata senza i bulbi oculari da genitori “contaminati” durante i bombardamenti di Metohija – non è, purtroppo, isolato. Solamente in territorio serbo sono stati scaricati (secondo l’Associazione della Serbia per la lotta ai tumori) circa 15 milioni di tonnellate d’uranio impoverito, materiale che è cancerogeno anche in piccole quantità e causa di mutazioni genetiche. Nell’ultimo decennio l’aumento delle morti per effetti di queste malattie è stato del 180%. I tempi di latenza prima che la malattia esploda vanno dai sette anni e mezzo della leucemia ai quindici dei carcinomi al seno, all’utero e ai polmoni. E le mutazioni non interessano solo l’uomo ma anche animali come volpi, lupi, cani e gatti presenti nelle aree bombardate. Un’eredità pesantissima che presenta il conto a quindici, venti anni di distanza. Israele ipoteca il futuro della Siria, con l’inspiegabile follia di chi sa benissimo che basterà un refolo di vento per portare quella stessa morte a casa sua.

Fonte: Rinascita

 

Uranio impoverito: nei Balcani un disastro ambientale superiore a Fukushima

Preoccupante aumento di tumori a partire dal 2008

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Quindici tonnellate di uranio impoverito sganciate dalla Nato sulla Serbia sono la pesante eredità con cui la popolazione dell’intera ex Jugoslavia deve fare i conti. L’argomento resta tabù per la maggior parte degli organi d’informazione che a questo disastro ambientale hanno contribuito attivamente (non l’Italia che essendo membro dell’alleanza ha operato nelle zone contaminate senza utilizzare l’U.I. direttamente), ma le associazioni umanitarie che operano nell’area balcanica e i suoi medici fanno quotidianamente i conti con l’eredità del conflitto di quattordici ani fa.

Esistono falsi esperti i quali continuano a sostenere che l’epidemia di tumori maligni nell’ultimo decennio non ha nulla a che vedere con le oltre 15 tonnellate di uranio impoverito disseminate nel nostro Paese in 78 giorni di bombardamenti soprattutto in Kosovo e nella regione di Pcjnj, ma oltre che dal nostro Paese continuano a giungere rapporti da Grecia e Bulgaria che parlano di un incremento di oltre 30 volte dei casi di neoplasie e lo collegano all’evidente innalzamento della radioattività in molte aree della penisola balcanica,

racconta Slobodan Cikaric, presidente della Società dei medici serbi.

La controinformazione è il mezzo con cui i Governi si difendono da potenziali azioni collettive. In Italia i casi di soldati, volontari dell’ong e membri della Croce Rossa ammalatisi per l’esposizione sono quasi 3.800. Spiega Cikaric che le nanoparticelle dopo essersi diffuse nell’aria sono penetrate nel terreno e, quindi, sono entrate a far parte della catena alimentare con l’insorgenza di linfomi e l’incremento dei tumori solidi.

Il periodo di latenza si è concluso nel 2008 fino ad allora la crescita delle manifestazioni tumorali era stata del due per cento circa, poi anno per anno ha cominciato a crescere prima dei sei, poi del dieci per cento, e continuerà a farlo nei tempi a venire. Il disastro giapponese di Fukushima è nulla paragonato a quanto sta accadendo nelle nostre regioni, e se consideriamo il fatto che ai pescatori di quell’area è stato riconosciuto un risarcimento di due milioni di dollari soltanto per l’effetto che la fuga radioattiva avrebbe potuto avere sul mare, sarebbe interessante chiedersi quanti miliardi di dollari potrebbero mai chiedere la Serbia ed i Paesi vicini,

conclude Cikaric.

Fonte: Globalist