Fermato oleodotto in Canada, brutto colpo per le lobbies delle sabbie bituminose

Lo stop al Enbridge Northern Gateway rappresenta una battuta di arresto per le aziende petrolifere che stanno devastando la foresta canadese per estrarre petrolio di bassa qualità dalle sabbie bituminose: senza uno sbocco al mare per una veloce esportazione l’attività diventa sempre meno redditizia.

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Il governo della British Columbia ha bloccato il progetto di un oleodotto di oltre 1000 km che avrebbe dovuto trasportare il petrolio delle sabbie bituminose dell’Alberta verso il Pacifico e i mercati asiatici. Lo stop all’ Enbridge NorthernGateway rappresenta un brutto colpo per le brame di espansione dell’industria petrolifera ed è una bella vittoria degli ambientalisti. Il progetto è stato fermato perchè non presentava garanzie ambientali sufficienti in caso di perdite di greggio, nè un adeguato piano di risposta. Questa decisione rappresenta un fattore importante nella battaglia per fermare un altro e ben più devastante progetto, l’oleodotto Keystone XL, che dovrebbe trasportare il greggio canadese per 3500 km fino in Texas e che è fortemente contestato dalla popolazione americana. Non si tratta di uno stop definitivo, ma ora i costi del progetto lieviteranno, i piani di sviluppo verranno rallentati, mentre il prezzo del greggio canadese continua a scendere in mancanza di una via di esportazione affidabile.

L’industria delle sabbie bituminose è una delle più inquinanti del pianeta: per ricavare una tonnellata di petrolio occorre scavare 14,6 tonnellate di sabbie, spendere 0,21 t equivalenti di petrolio con l’emissione di 0,58 t di CO2. L’industria petrolifera dell’Alberta ha devastato 715 km² di foreste ed è responsabile dell’ 8% delle emissioni dell’intero Canada. Con una certa velleità secessionista, lo stato dell’Alberta si vanta di essere la terza “nazione” al mondo per riserve di petrolio, dopo Arabia Saudita e Venezuela, con 23 Gt sepolte nelle sabbie bituminose: non è vero, per due motivi:

·                                 la cifra di 23 Gt potrebbe essere gonfiata, visto che in un solo anno, tra il 1998 e il 1999, la valutazione delle riserve è curiosamente passata da 6 a 23 Gt .

·                                 spendendo 1t di greggio se ne ricavano 4,76 (è il concetto di EROEI), per cui soltanto il 79% dell’energia è di fatto disponibile, ovvero 18 Gt (l’EROEI del greggio saudita è pari a 10, cioè è disponibile al 90%).

Come giustamente fa notare il NY Times, lo stop agli oleodotti potrebbe mettere fine non solo alla devastazione ambientale del Canada, ma anche alla sua erosione democratica; il governo conservatore minoritario canadese ha la sua base elettorale proprio nell’Alberta e nell’appoggio delle lobbies petrolifere. Non è un caso che abbia ridotto i finanziamenti alla ricerca sul clima e stia trasformando il Canada in un petro-stato come il Texas. Speriamo che il 60% dei canadesi che non li hanno votati riescano presto a trovare un accordo.

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Fonte:ecoblog

Ecuador, il governo mette all’asta la foresta amazzonica

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L’Ecuador sta per mettere all’asta circa tre milioni di ettari di foresta amazzonica, polmone verde della Terra. L’intenzione delle autorità sarebbe quella di venderli alle compagnie petrolifere internazionali, in particolare a quelle cinesi. Il governo di Quito ha infatti organizzato un tour nelle capitali straniere che potrebbero essere maggiormente interessate all’affare. Lunedì a Pechino i rappresentanti dell’Ecuador hanno quindi illustrato le potenzialità energetiche dei terreni in vendita ai manager delle principali aziende petrolifere cinesi, tra cui la China Petrochemical e la China National Offshore Oil. L’intenzione delle autorità dell’Ecuador ha provocato la dura protesta di organizzazioni non governative e leader delle tribù locali, che denunciano una “sistematica violazione dei diritti sulle terre ancestrali”. La vendita della foresta amazzonica aprirebbe infatti la strada a nuove esplorazioni petrolifere e a nuove deportazioni di popolazioni indigene. In particolare, secondo l’organizzazione Amazon Watch, sono sette le popolazioni che rischiano di essere espropriate della loro terra. “Chiediamo che le compagnie petrolifere pubbliche e private di tutto il mondo non partecipino al processo di gara che viola sistematicamente i diritti di sette nazionalità indigene, imponendo progetti petroliferi nei loro territori ancestrali”, ha scritto un gruppo di associazioni indigene dell’Ecuador in una lettera aperta dello scorso autunno. Il ministro ecuadoregno per gli Idrocarburi, Andrés Donoso Fabara, ha replicato all’appello duramente accusando i leader della protesta di non fare gli interessi delle loro popolazioni, ma di inseguire di inseguire degli obiettivi politici. Eppure secondo Amazon Watch, un eventuale acquisto violerebbe anche le linee guida fissate congiuntamente dai ministri cinesi per l’Ambiente e per il Commercio estero. In base al documento approvato il mese scorso, infatti, gli investimenti all’estero dovrebbero avvenire “promuovendo uno sviluppo armonioso dell’economia locale, dell’ambiente e delle comunità”. Nel luglio scorso la Corte interamericana dei diritti umani ha stabilito di vietare sviluppi petroliferi nel Sarayaku, un territorio della foresta pluviale tropicale nel sud dell’Ecuador raggiungibile solo in aereo e in canoa, al fine di preservare il suo ricco patrimonio culturale e della biodiversità. La corte ha inoltre ordinato che i governi ottengono “previo consenso libero e informato” da gruppi indigeni prima di approvare le attività petrolifere sulle loro terre indigene. La foresta amazzonica, ecosistema più ricco al mondo di specie animali e vegetali, è già fortemente minacciata dalla deforestazione che tra l’agosto del 2012 e il febbraio del 2013 è aumentata del 26,6%. Secondo i dati raccolti dal sistema di rilevamento satellitare Deter, del National Space Research Institute (Inpe), soltanto in quell’arco di tempo sono andati distrutti 1.695 kmq di foresta, una superficie più grande di quella di San Paolo, la città più grande del Sud America. Nello stesso periodo dell’anno precedente erano andati distrutti, invece, 1.339 kmq di foresta.

Fonte: il cambiamento

L'uomo che Piantava gli Alberi

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