Bracconaggio Connection: settemila specie minacciate

In Asia e Africa è ancora un’ecatombe, ma anche in Italia i numeri sono tutt’altro che tranquillizzanti. Il bracconaggio resta una piaga che sta favorendo la cancellazione della biodiversità.9827-10613

Sono almeno 7000 le specie minacciate dal bracconaggio e dal commercio illegale nel mondo. I criminali di natura perseguitano elefanti, trichechi e persino ippopotami (cacciati per i loro denti) e li ‘trasformano’ in avorio da commerciare (ogni giorno 55 elefanti uccisi, 20.000 ogni anno), massacrano rinoceronti per vendere sul mercato nero il loro corno a ‘peso d’oro’ (66.000 dollari al chilo, più di oro e platino), riducono in minutaglie per commerciarle sotto forma di carne, scaglie e pelle i pangolini (in 10 anni uccisi 1 milione di esemplari tra Africa e Asia, in Cina è quasi estinto). Bracconieri incalliti con fucili e trappole che decimano le tigri (oggi appena 3890 in tutta l’Asia),  per rivenderle a chi utilizza tutte le parti del corpo, dalla carne agli artigli: un chilo di ossa di tigre può essere pagato nel mercato ‘nero’ asiatico fino a 3.000 dollari. La fotografia della piaga peggiore per la biodiversità è quella del nuovo Report WWF “Bracconaggio Connection” che evidenzia l’urgenza della lotta a questo fenomeno.06_crimini_italia

I 10 ‘PECCATI ORIGINALI’ DEL BRACCONAGGIO

Il duro colpo alla biodiversità dato dai criminali di natura ha origine ben precise: il WWF ha identificato le 10 ‘cause’ la cui miscela diventa esplosiva per un fenomeno mondiale e che colpisce duramente anche l’Italia, vera e propria area ‘trappola’ per specie migratrici, lupi e orsi. Ad alimentare l’escalation del bracconaggio globale c’è sicuramente il bisogno di facili guadagni da parte di popolazioni povere spinte anche dalla domanda di ‘natura’ proveniente da paesi ricchi, ma sotto forma di prodotti illegali: è il benessere dei paesi più ricchi, soprattutto Asia, ad ‘armare’ i bracconieri e alimentare un crimine illegale che si pone al 4’ posto dopo quello di droga, beni contraffatti e traffico esseri umani. Se un tempo il bracconaggio veniva praticato in forma ridotta, negli ultimi anni questo si è trasformato in un business globale che si avvale di reti criminali organizzate e che in parallelo svolgono altri business illegali, come armi e droga. Il mercato nero viaggia anche sul web: questo nuovo strumento di commercio ha visto crescere del 70% i prodotti di fauna selvatica venduti illegalmente su internet. I crimini di natura si associano spesso ad altri gravissimi, tra cui delinquenza, attività terroristiche, immigrazione illegale. Il report del WWF mostra anche una mappa sulla Natura Connection, ovvero, le connessioni tra crimini di natura e gruppi armati finanziati dal traffico illegale di specie, da Boko Haram in Nigeria ai narcotrafficanti in Sudamerica. Sfruttando il valore delle specie bersaglio, i criminali locali e internazionali si muniscono di nuove armi che vengono usate sia per catturare altri animali sia per azioni terroristiche, un circolo vizioso che produce territori sempre più armati e habitat sempre più svuotati di specie di valore. Purtroppo le pene contro questi crimini sono ancora troppo deboli: l’impegno del WWF spesso è quello di spingere le indagini  affinché i casi di bracconaggio arrivino nelle aule di giustizia e i responsabili siano chiamati a pagare una pena adeguata. Alti profitti e bassi rischi in questo mercato sono tra l’altro nell’occhio degli investigatori: il commercio criminale di wildlife rientra secondo le analisi delle nazioni Unite nella ‘threat finance’ che mina la sicurezza nazionale e finanziaria mondiale.     cartina_01_italia_def2018

Il paradosso è che paesi “ricchi di natura” diventano sempre più poveri, svuotati costantemente dei loro beni. In Sud Africa nel 2016 nel solo Parco del Kruger sono entrati 7.500 bracconieri. In tutto il Sud Africa il bracconaggio al rinoceronte è aumentato in 10 anni del 9.000% e i ranger spesso sono poco preparati per far fronte a questa escalation. La lunga filiera del bracconaggio poggia su una fitta rete globale di collegamento che a sua volta viene favorita anche dalla corruzione di funzionari pubblici che omettono controlli e facilitano il passaggio di merci illegali. Altri fattori che alimentano il bracconaggio sono i conflitti tra le popolazioni locali e la presenza di animali che a loro volta vengono spinti verso gli allevamenti e le coltivazioni perché i bracconieri feriscono o indeboliscono le specie selvatiche.

ITALIA, UN PAESE TRAPPOLA PER UCCELLI MIGRATORI, LUPI E ALTRE SPECIE

L’Italia è un paese ad alto tasso di illegalità e criminalità ambientale e allo stesso tempo è anche la nazione in Europa con la maggiore ricchezza di biodiversità. Nel Report WWF la mappa dei crimini contro la fauna punta l’occhio, tra le tante trappole per le specie selvatiche, su 4 aree particolarmente ‘calde: le valli bresciane e bergamasche, un buco nero per i piccoli uccelli e rapaci. Testimoni di questa pressione sulla fauna sono le decine di animali (come la punta di un iceberg) ricoverati ogni anno nei Centri di recupero WWF della Lombardia, Vanzago e Valpredina. Altra area calda è  il Delta del Po, un inferno per uccelli acquatici e specie di acqua dolce dove si usano perfino le bombe per pescare; esiste poi un ‘triangolo della morte’ per il lupo tra Toscana, Marche e Romagna dove il percorso di conciliazione tra attività umane e presenTa di questo importante predatore è ancora molto lungo; infine i monti della Sicilia, una culla ma al tempo stesso una trappola per rapaci rarissimi come l’aquila di Bonelli, il falco lanario e il capovaccaio, i cui piccoli o uova vengono rubati e rivenduti sul mercato nero (soprattutto arabo) per diverse migliaia di euro. In queste aree il WWF vuol rafforzare sia gli interventi di controllo e sorveglianza sul territorio munendo le guardie volontarie di attrezzature sempre più all’altezza dell’evoluzione tecnologica dei bracconieri; ma vuole svolgere anche un’attività di sensibilizzazione e educazione consentendo, in alcune aree di ‘conflitto’, a specie simbolo come orsi e lupi di convivere pacificamente con le attività umane. Il nodo comunque resta quello dell’impunità relativa che ancora persiste in Italia in caso di bracconaggio: la richiesta del WWF è quella di riformare il sistema sanzionatorio penale e introdurre il DELITTO DI UCCISIONE DI SPECIE PROTETTA quando si tratta di uccisione, catture illegali, commercio illecito di animali appartenenti a specie protette dalle leggi italiane, europee o internazionali.
Donatella Bianchi presidente WWF Italia ha affermato: “Una delle peggiori forme di crimini di natura, il bracconaggio, si è insinuato come un virus nel mondo, Italia compresa. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per offrire ai nostri ranger le dotazioni necessarie per fermare i bracconieri e smantellare le reti criminali che spesso abbinano al traffico illegale di specie animali anche altri gravi forme di delinquenza, dal terrorismo al riciclaggio. Nel nostro Paese il successo di progetti di conservazione Made in Italy come quello che ha riportato, finalmente, la nidificazione del falco pescatore anche nell’Oasi WWF di Orbetello rappresenta una grandissima iniezione di energia oltre che la migliore risposta a bracconieri e a chi distrugge la natura: è, finalmente, la vittoria di chi ha dedicato la vita, con sacrifici e competenza, a proteggere un patrimonio, fragile, delicato ma bellissimo e che appartiene a tutti noi”.

Fonte: ilcambiamento.it

Usa-Cina, accordo per sconfiggere il mercato illegale dell’avorio

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Stati Uniti Cina hanno firmato un importante accordo per porre fine al commercio globale di avorio. La Casa Bianca ha comunicato che i due Paesi sono pronti a emanare un divieto quasi completo sull’importazione e l’esportazione di avorio, un divieto che riguarda “restrizioni significative e tempestive per l’importazione di avorio come trofei di caccia” e anche “passi significativi e tempestivi per fermare il commercio nazionale d’avorio”. La Cina è il primo paese al mondo nel commercio dell’avorio, seguito proprio dagli Stati Uniti. Negli ultimi anni il prezzo all’ingrosso delle zanne di elefante è letteralmente esploso, quadruplicando dal 2010 al 2014, per cui l’accordo cino-statunitense è visto come un passo cruciale per fermare il commercio di avorio. Nella popolazione cinese sta maturando una forte coscienza ecologica e anche il tema dell’avorio non fa eccezione: secondo un sondaggio condotto quest’anno da Wild Aid, il 95% degli intervistati a a Pechino, Shanghai e Guangzhou ha dichiarato che il governo cinese dovrebbe bandire la vendita dell’avorio. Nella stessa indagine si è scoperto che la consapevolezza del bracconaggio è aumentata del 50% dal 2012.

Fonte:  The Guardian

Avorio, il massacro degli elefanti continua

In tanti confidano nel ricordo di una convenzione internazionale, vecchia di ormai 26 anni, che nel 1989 ha bandito il commercio internazionale di avorio? Eppure i gioielli in avorio sono ancora reperibili e gli elefanti continuano ad essere massacrati al ritmo di 1 ogni quarto d’ora in Africa.vignettaelefanti

Nell’Africa centrale dal 2002 ad oggi il numero degli elefanti è diminuito del 76% e dal 1989, cioè dall’accordo che bandì il commercio internazionale dell’avorio, sono state fatte deroghe e ci si è accorti che i controlli non sempre sono efficienti. Non è solo colpa del bracconaggio se in Africa viene ucciso un elefante ogni 15 minuti, benchè i bracconieri abbiano le loro pesanti colpe (basti pensare che negli ultimi otto anni il commercio illegale di avorio è raddoppiato). Lo si è visto già dopo pochi anni che il bando del 1989 non bastava a preservare dall’estinzione gli elefanti, uccisi per le zanne e quindi per l’avorio. Sulla rivista Conservation Biology è stato detto chiaramente che, se si vuole conservare quanto resta degli esemplari selvatici di elefanti nelle nazioni dell’Africa, tutti i mercati d’avorio internazionali e locali devono essere chiusi. Inoltre, scorte governative di avorio, attualmente sparse per il mondo, devono essere distrutte, dal momento che sono note fonti di immissione sul mercato nero di avorio illegale. Secondo l’autore della ricerca, la corruzione mina tutti gli aspetti dei controlli lungo la catena distributiva del mercato legale di avorio. Un caso emblematico fu raccontato dai media americani nel 2012. In una gioielleria di Manhattan fu scoperta una tonnellata di avorio illegale; era tutto quanto rimaneva di cento elefanti che erano stati massacrati. Pensate a cosa si potrebbe scovare setacciando tutta New York oppure una grande metropoli italiana. Di questo passo nel giro di pochi anni gli elefanti saranno solo immagini sui libri da mostrare ai nipoti, né più né meno, come i dinosauri. Nel febbraio dell’anno scorso negli Stati Uniti il presidente Obama annunciò progetti per imporre il divieto totale della commercializzazione di avorio eppure…La regolamentazione della vendita non è stata mai realmente introdotta a causa di ritardi amministrativi. Avrà giocato un ruolo la pressione della National Rifle Association, che ha strenuamente combattuto il divieto e ha sollecitato il Congresso ad alleggerire anche le norme già in vigore? L’accordo del 1989 permetteva di continuare a commercializzare l’avorio ottenuto da elefanti massacrati prima di quell’anno; il problema è che si fatica a datare l’avorio, a meno che non si utilizzino test molto costosi! E c’è chi continua a procurarselo spacciandolo magari per vecchio di oltre 26 anni. Perché sennò i bracconieri nel solo 2002 avrebbero ucciso 35.000 elefanti? Secondo William Woody, dirigente del Fish and Wildlife Service americani, spesso i documenti vengono falsificati e le sanzioni legali non servono come deterrente. L’Asia è il primo mercato dell’avorio, gli Stati Uniti il secondo, con epicentro a New York, California e Hawaii. A gennaio l’Unione Europea ha approvato una risoluzione che raccomanda agli Stati membri di prevedere una moratoria di tutti i commerci e le vendite di avorio. La Francia l’anno scorso ha distrutto le sue scorte. Eppure negli ultimi dieci anni i massacri di elefanti sono di nuovo aumentati fino a livelli pressochè irreparabili. Quindi, o il divieto diventa assoluto e da subito oppure presto non ci sarà più niente da fare.

Fonte: ilcambiamento.it

Avorio, la Cina distrugge oltre 6 tonnellate di “oro bianco”

A Donngguan frantumati 6100 chili di avorio. Soddisfazione fra gli ambientalisti: “Un potente atto dimostrativo”182971001-586x390

La Cina è fra i principali importatori di avorio al mondo, ecco perché la notizia della distruzione, da parte del governo di Pechino, di oltre 6 tonnellate di quello che viene soprannominato “oro bianco” è evento che segna un discontinuità rispetto al passato. Quest’oggi le guardie forestali della città di Donngguan hanno organizzato un grande evento pubblico che, secondo i gruppi di ambientalisti e animalisti, ha evidenziato come l’acquisto di avorio non sia solamente “immorale e sbagliato”, ma abbia raggiunto, ormai, dimensioni tali da mettere in pericolo la sopravvivenza degli elefanti. Azzedine Downs dell’International Fund for Animal Welfare ( IFAW ) ha dichiarato che la distruzione è un potente atto dimostrativo in grado di dimostrare come il governo cinese sia “preoccupato per gli effetti che il traffico di avorio sta assumendo per le popolazioni di elefanti, così come le altre minacce alla sicurezza regionale che sono connesse alla criminalità della fauna selvatica. Secondo IFAW, nel corso del 2013, ben 35mila esemplari di elefante sono stati uccisi per alimentare il business dell’avorio. La domanda è sospinta dalla rapida e crescente richiesta del mercato cinese, ormai seconda economia del mondo, che ha visto, nell’ultimo decennio, l’esplosione di una classe media con un’ampia capacità di spesa per acquistare sculture di avorio che sono considerate un vero e proprio status symbol. I funzionari governativi hanno distrutto 6100 chili di avorio, il cosiddetto “oro bianco” che rende a bracconieri e società criminali fino a 2000 euro al chilo. L’avorio frantumato proveniva da spedizioni provenienti dall’Africa e intercettate in dogana. Alcune settimane fa anche gli Stati Uniti avevano mandato un’identica quantità (sei tonnellate di zanne di avorio). E i cinesi hanno voluto fare meglio, con un quintale in più di avorio.

Fonte:  Al Jazeera

Il Sudafrica legalizza il commercio di corni di rinoceronte: aiuta la lotta al bracconaggio

Il commercio illegale di corno di rinoceronte è diventato una vera piaga che il governo del Sudafrica sta tentando disperatamente di combattere: la proposta del ministro dell’ambiente, legalizzare il commercio di corno per potere stabilire controllo sulla barbarie del bracconaggio, sta facendo fortemente discutere nella grande democrazia sudafricana.

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Nel 2012 sono stati uccisi e ’scornati’ 668 rinoceronti, mentre dall’inizio del 2013 il pallottoliere è già arrivato a 158, la maggior parte dei quali all’interno del Parco Nazionale Kruger: da qualche anno infatti, a causa di una leggenda metropolitana diffusasi nel sud-est asiatico che attribuisce al corno di rinoceronte proprietà mediche antitumorali, il bracconaggio è sempre più presente, e fa sempre più danni. La medicina tradizionale di alcuni paesi come il Vietnam ha altrettanto un peso in questo commercio illegale di corni. Secondo molte associazioni ambientaliste infatti, al ritmo attuale nel 2016 le morti violente di questi animali supereranno le nascite: un punto di non ritorno che bisogna necessariamente scongiurare. Il ministro dell’ambiente sudafricano Edna Molewa porta avanti una politica decisamente rivoluzionaria: legalizzare il commercio internazionale di corno di rinoceronte, unico mezzo per estromettere completamente il mercato nero e salvare la specie controllando la ‘produzione’ alla fonte.

Nel corso di una recente conferenza del CITES, durante la quale la Thailandia ha bandito il commercio di avorio nel paese, la posizione del Sudafrica è stata fortemente controcorrente:

Il modello che abbiamo si basa semplicemente sulla legge della domanda e dell’offerta. I nostri rinoceronti vengono uccisi continuamente, ogni giorno, e i numeri sono in aumento; la realtà è che abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere, ma non funziona. Pensiamo di dover affrontare la questione del commercio controllato, in modo da cercare di far spingere verso il basso la domanda.

ha spiegato all’assemblea del CITES.

A differenza delle zanne di elefante, fatte di avorio, il corno del rinoceronte è, come le unghie, di cheratina: quindi, se rimossi possono ricrescere. In alcune riserve africane i corni vengono tagliati appositamente dai veterinari per evitare che questi rappresentino una preda appetibile per i bracconieri. La proposta di Molewa ha già accolto consensi in Sudafrica: John Hume, il più grande proprietario terriero sudafricano, possessore di oltre 800 esemplari di rinoceronte, il quale sostiene che gli animali potrebbero essere periodicamente ’scornati’ in maniera indolore e barbara. La proposta è stata invece rispedita al mittente in toto da associazioni ambientaliste come il WWF e Traffic.

Fonte: Guardian

 

Massacro di elefanti: 86 esemplari uccisi dai bracconieri in Ciad

Ottantasei elefanti di cui trentatré femmine in gravidanza sono stati uccisi dai bracconieri, in meno di una settimana, nel sud-ovest del Ciad. Si tratta di un vero e proprio massacro che potrebbe avere effetti devastanti su una delle ultime popolazioni sopravvissute nell’Africa Centrale.

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Nella stagione secca, gli elefanti si muovono, seguendo le rotte migratorie, dalla Repubblica Centrafricana verso Ciad e Camerun. Secondo le stime di scienziati e ricercatori, trent’anni fa gli animali erano 150mila in tutta la regione, ma ora potrebbero essere circa duemila. Secondo l’International Fund for Animal Welfare, gli elefanti sono stati uccisi nei pressi di Fianga, in una zona di confine fra Ciad e Camerun, molto vicina ai due parchi nazionali di Sene Oura (Ciad) e Bouba N’Djida (Cameroon), nei quali gli elefanti trascorrono la stagione secca prima delle piogge di aprile. I bracconieri ciadiani e sudanesi si muovono a cavallo, armati di fucili automatici Kalashnikov (AK 47) e attrezzati con seghetti per rimuovere le preziose zanne di avorio. “I bracconieri hanno ucciso le femmine in gravidanza e i cuccioli. Anche se le condizioni fossero favorevoli – e oggi non lo sono – occorrerebbero più di 20 anni per recuperare la popolazione uccisa recentemente” ha detto Celine Sissler-Bienvenu dell’IFAW.

Secondo quanto riportato dall’Ong Sos Elephants, lo scorso anno centinaia di elefanti si erano mossi all’interno del Ciad per sfuggire alla caccia di frodo nel parco di Bouba N’Djida, dove nel solo mese di febbraio 2012 erano stati uccisi 650 elefanti. Anche le iniziative prese di recente dal presidente del Ciad, Idriss Deby Itno, hanno dato scarsi risultati. Le squadre governative anti-bracconaggio sono spesso poco attrezzate e ben dieci guardie sono state uccise fra il 2006 e il 2009 nel tentativo di proteggere gli elefanti da azioni di bracconaggio. In quel triennio, nel pieno del conflitto del Darfur, i predoni a cavallo hanno ucciso circa tremila elefanti in tre anni, a una media di tre al giorno. Nonostante le recenti proibizioni – per esempio in Thailandia – il contrabbando dell’avorio continua a essere un mercato appetibile per i cacciatori di frodo. L’avorio cacciato nel centro dell’Africa arriva ai porti di Sudan e Nigeria e prende la rotta della Cina e qualche tempo fa alcuni cittadini cinesi sono stati trovati con avorio nelle valigie all’aeroporto di N’Djamena. Nessun procedimento giudiziario è stato avviato dalle autorità del Ciad.

Fonte: The Guardian

Stop al commercio di avorio in Thailandia, lo promette il primo ministro Shinawatra

 

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Stop al commercio di avorio in Thailandia: questa la solenne promessa fatta oggi dal primo ministro thailandese Yingluck Shinawatra (nella foto in alto)all’apertura della conferenza del CITES a Bangkok. Ha dichiarato infatti il primo ministro Shinawatra:

Come prossimo passo riformeremo la legislazione nazionale con l’obiettivo di porre fine al commercio dell’avorio e allinearci con le normative internazionali. Questo ci aiuterà a proteggere tutte le specie di elefanti, da quelli africani a quelli tailandesi selvatici o domestici.

La campagna mediatica per sollecitare la Thailandia a sospendere il commercio di avorio ha visto anche un testimonial di eccezione come Leonardo DiCaprio e a condurla anche il WWF.

Ma tra i paesi coinvolti nel commercio di avorio ci sono anche la Cina che vanta il più grande mercato mondiale,il Vietnam, la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo (DRC). Il Primo ministro Shinawatra assumendo l’impegno ha però anche chiesto che il resto del mondo faccia la sua parte.

Si tenga presente, ad esempio che l’Italia è uno dei più importati mercati mondiali per l’acquisto di legno tropicale e pelli di rettile che se non direttamente implicati con l’avorio fanno parte comunque di quel mercato illegale alimentato dal bracconaggio non di meno dei denti degli elefanti.

Resta ancora attiva la petizione da firmare on line e lanciata dal WWF in 156 paesi, per portare entro il 14 marzo altre firme al Primo ministro Shinawatra a cui sono già state consegnate 500 mila.

Fonte: Comunicato stampa