Friuli Venezia Giulia, giunta regionale aggiorna il piano rifiuti: obiettivo l’autosufficienza impiantistica

L’aggiornamento del Piano, spiega una nota, propone soluzioni dirette a favorire prioritariamente riutilizzo, riciclo e recupero dei rifiuti urbani. Sono previsti, inoltre, la tipologia e il complesso degli impianti di recupero e di smaltimento necessari a soddisfare il fabbisogno regionale di trattamento, le disposizioni particolari per la gestione di specifiche tipologie di rifiuti trattati, nonché le iniziative dirette a favorire il recupero di materia e di energia dai rifiuti. Si apre adesso la fase delle osservazioni

“L’aggiornamento 2022 del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani è un’occasione che vogliamo cogliere per dare una spinta vigorosa all’economia circolare identificando tutte le soluzioni adatte a ridurre al minimo gli impatti ambientali e i costi e a massimizzare lo sfruttamento dei rifiuti come ‘risorsa’”. Lo ha affermato l’assessore alla Difesa dell’ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile della Regione Friuli Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro, commentando l’adozione preliminare del progetto di Piano da parte della Giunta regionale.

“Un aspetto fondamentale di questo percorso – ha spiegato Scoccimarro – è l’ascolto e l’acquisizione di contributi da parte dei soggetti gestori e di tutti i cittadini contro ogni rischio di scelte astratte o calate dall’alto e a favore di soluzioni equilibrate e innovative”. L’aggiornamento del Piano propone soluzioni gestionali e impiantistiche dirette a favorire prioritariamente il riutilizzo, il riciclo e il recupero dei rifiuti urbani, nel rispetto della gerarchia di trattamento prevista dalla direttiva 2008/98/Ce, con l’obiettivo di sfruttare i vantaggi derivanti dal rispetto del principio di prossimità ai luoghi di produzione. Nell’aggiornamento del Piano sono previsti, inoltre, la tipologia e il complesso degli impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti necessari a soddisfare il fabbisogno regionale di trattamento, le disposizioni particolari per la gestione di specifiche tipologie di rifiuti trattati, nonché le iniziative dirette a favorire il recupero di materia e di energia dai rifiuti.

“Finalità ultima del piano – ha rilevato Scoccimarro – è il raggiungimento dell’autonomia regionale nel trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati e dei rifiuti del loro trattamento, evitando la loro migrazione verso altre regioni o all’estero. Ciò consentirebbe di effettuare una gestione realmente sostenibile e responsabile di ciò che si produce come rifiuto, senza spostare gli impatti del trattamento finale sulle popolazioni di altri territori. Considerato, inoltre, che la gestione dei rifiuti comporta costi sia in termini ambientali che economici, è stringente la necessità di ottimizzare i sistemi di gestione integrata dei rifiuti, al fine di aumentare l’efficienza e di minimizzare tali costi”.

La Giunta, con l’approvazione preliminare, ha dato mandato al servizio Disciplina gestione rifiuti e siti inquinati della direzione centrale Difesa dell’ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile di depositare il Progetto di piano con il relativo rapporto ambientale e la sintesi non tecnica presso i propri uffici per la durata di 45 giorni. Con la pubblicazione sul sito istituzionale della Regione e sul Bollettino Ufficiale chiunque potrà prenderne visione e presentare osservazioni.

Fonte: ecodallecitta.it

Cucunci: arte, autosufficienza e permacultura nel cuore della Sicilia

Come tanti grandi progetti di cambiamento, anche quello che vi portiamo a visitare oggi è nato come risposta a una domanda interiore, un anelito che dall’animo di un singolo si è diffuso mischiandosi al caldo vento siciliano. Nel siracusano si trova Cucunci Rural Hub, in cui arte, musica, autoproduzione, autonomia energetica, permacultura e buone pratiche condividono lo stesso tetto. Immersa tra le campagne di Noto, ci aspetta un’imperdibile tappa della Sicilia in cambiamento. È una piccola comunità rurale dove si coltivano buone pratiche ispirate alla permacultura, all’autosufficienza energetica e alimentare, all’ecologia profonda, alla comunicazione nonviolenta. È anche un luogo dove dare spazio all’arte, alla cultura e alla creatività, a stretto contatto con la natura. Si chiama Cucunci Rural Hub e i ciceroni che ci accolgono in questo luogo magico sono Stefania Corallo e Gesualdo Busacca. Stefania è la fondatrice del progetto, esperta in permacultura, artista e autrice di gioielli prodotti con materiale naturale. Da quindici anni vive a Cucunci in una bellissima yurta. «Cucunci è un sogno almeno in parte realizzato – ci racconta – che è nato dall’esigenza di staccarmi da una società che non mi rappresentava, in cui non trovavo spazio per potermi esprimere nella mia interezza». Due grandi domande esistenziali, tanto antiche quanto attuali, hanno albergato nella mente di Stefania per anni, fino a spingerla a creare questo spazio: “Cosa ci faccio qui?”. “Ci sarà un’alternativa a questo sistema?”.

Il percorso lungo cui la fondatrice di Cucunci sta cercando le risposte è più che mai variegato. Il suo punto di partenza è stato la macrobiotica, una filosofia dell’alimentazione che per lei ha assunto un valore politico, una presa di responsabilità e coscienza nei confronti di sé stessa e del mondo. «Successivamente si è palesata l’esigenza di creare un luogo come punto di incontro, un esempio pratico di vita sostenibile dove potersi riconoscere. Il sogno rimane quello di creare una comunità più allargata, ma intanto il luogo da cui partire c’è”, conclude Stefania. Cucunci si estende su un terreno adagiato tra le colline di Noto, vicino a Siracusa; un paesaggio suggestivo formato da antichi terrazzamenti realizzati per ospitare coltivazioni di mandorli, ulivi e carrubbi. Il suo nome – difficile da scordare, che rimane impresso – deriva dal frutto del cappero, pianta che cresce rigogliosa tra i muretti a secco del terreno, regalando nei periodi estivi fioriture di incontenibile bellezza. Cucunci Rural Hub è un luogo di condivisione, ma prima ancora è la casa di Stefania, che con passione e sacrifici ha creato ciò che è ora: un contenitore di bellezza e idee fantasiose per la rigenerazione della Terra, della Persona e delle Relazioni. È anche un laboratorio a cielo aperto dove si coltivano buone pratiche, si promuovono corsi dedicati all’agricoltura naturale – potatura, innesto, realizzazione di colori e tinture naturali, raccolta di erbe selvatiche… – e si svolgono seminari culturali e concerti. Proprio il giorno seguente alla nostra partenza ci sarebbe stata una cena con piatti tipici della cucina turca seguita da un concerto.

Gesualdo, invece, è lì da poco: dopo un dottorato in archeologia a Stanford, ha deciso di tornare nella sua isola d’origine poco distante dalla sua città natale, Caltagirone. Per lui Cucunci «rappresenta un percorso di transizione, un cammino verso un modo più armonioso di stare al mondo». Un modo di vivere naturale che Cucunci può offrire «tramite alcuni strumenti tra cui l’autosufficienza energetica e alimentare, la cura della terra e delle relazioni umane. Ma è anche una palestra per sperimentare questo stile di vita».

Una delle caratteristiche più innovative del progetto è quella di unire a uno stile di vita ecologico l’attenzione verso l’arte e la cultura: «La transizione ecologica non è solo un dovere, ma anche un piacere che va unito alla musica, alle arti, alla cultura», sottolinea Gesualdo. «Questa per me rappresenta la libertà, una forma di fare politica quotidiana anche attraverso l’arte, un mezzo molto importante e forte che unisce, utile a connetterci con le nostre parti più nascoste e intime», aggiunge Stefania.

Cosa c’è nel futuro di Cucunci? Fra i vari progetti, ce n’è uno volto a incrementare gli eventi legati al vivere sostenibile, ma è prevista anche la costruzione di una cucina in bioedilizia e la diffusione sempre maggiore delle buone pratiche sperimentate a Cucunci.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/03/cucunci-arte-autosufficienza-e-permacultura-nel-cuore-della-sicilia/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

L’autoproduzione è alla portata di tutti e può cambiare la vita!

Autoprodurre può migliorare il benessere individuale e quello della propria comunità, comporta notevoli benefici per l’ambiente e risparmio economico per la famiglia. Ne abbiamo parlato con Lucia Cuffaro, una delle maggiori esperte in Italia di autoproduzione e divulgatrice di stili di vita ecologici e ideatrice la Scuola dell’Autoproduzione online.

L’autoproduzione può rappresentare una porta d’ingresso verso un cambiamento generale del proprio stile di vita, in termini di autosufficienza, consumo critico, prevenzione e promozione della salute, creazione di reti e comunità, relazioni di vicinato e messa in pratica di piccole e grandi azioni di sostenibilità. In altre parole, autoprodurre può migliorare la vita ed è alla portata di tutti. Ne ho parlato con Lucia Cuffaro, una delle maggiori esperte in Italia di autoproduzione e divulgatrice di stili di vita ecologici, con semplicità. Dal 2012 conduce la rubrica eco di Unomattina in Famiglia in diretta su Raiuno, ha scritto numerosi libri e ideato il portale di formazione a distanza EcoSapere che propone al suo interno la Scuola dell’Autoproduzione online, un percorso di vita dedicato a chi vuole acquisire maggiore consapevolezza e benessere.

Lucia Cuffaro, una delle maggiori esperte in Italia di autoproduzione

Lucia, cos’è per te l’autoproduzione?

Tutto parte dal riconsiderare il proprio stile di vita, anche rispetto al contesto sociale in cui viviamo, basato sul consumismo e l’acquisto di prodotti che non ci servono e danneggiano l’ambiente e la nostra salute. In questo senso l’autoproduzione significa per me riprendere la tradizione ma adattandola in chiave moderna. Non si tratta di un ritorno al passato ma di capire quello di cui abbiamo bisogno e trovare il modo più semplice e divertente per realizzarlo. Autoprodurre vuol dire recuperare il saper fare e tendere verso l’autosufficienza.

Da dove iniziare per intraprendere un percorso verso l’autosufficienza?

Il principio di tutto non è il fai da te ma l’assunzione di consapevolezza rispetto al nostro benessere e all’impatto ambientale del trasporto delle merci, degli imballaggi e delle sostanze con cui vengono realizzati i prodotti. In questo senso è fondamentale la lettura delle etichette. Solo in un secondo momento, dunque, si comincia ad autoprodurre.

Che ambiti riguarda la pratica dell’autoproduzione?

L’autoproduzione riguarda cibo e bevande, detersivi e igienizzanti per la casa, cosmetici, prodotti per la cura del corpo e per l’igiene di adulti e bambini, cosmesi e rimedi per la salute, giardinaggio e cura delle piante, ortaggi e fiori. Tendenzialmente si tratta di un’autosufficienza legata all’autoproduzione di ciò che è necessario. Questo è un concetto fondamentale: bisogna eliminare ciò che non ci serve e spesso crea una concatenazione di bisogni. Per fare un esempio: compro uno shampoo, quello shampoo contiene MEA, TEA O DEA, ovvero una serie di ingredienti che possono far diventare i capelli grassi o con forfora, allora compro un prodotto specifico per capelli grassi, che a sua volta può indebolire i capelli, e allora acquisto qualcosa contro la caduta dei capelli… e così via in un circolo vizioso che non è basato sul benessere delle persone ma che crea dipendenza dal mercato e determina sì un aumento del Pil ma arricchendo settori ad alto inquinamento. Autoprodurre acquista dunque una profonda valenza politica.

Per te il concetto di autoproduzione è profondamente legato a quello di semplicità. Perché?

Quando quindici anni fa mi sono approcciata all’autoproduzione alcune cose erano più difficili rispetto ad oggi. Il mio obiettivo è quello di renderla semplice, divertente, veloce anche per chi ha poco tempo, alla portata di tutti e condivisibile, anche in un’ottica di abbattimento dei costi, con un risparmio in casa fino al 70%. Una volta che compri una materia prima, infatti, la puoi utilizzare per realizzare tantissime cose incrociando pochi ingredienti. In altre parole, l’autoproduzione è una scelta di felicità!

Vuoi dire che l’autoproduzione rende felici?

È proprio così. Chiunque autoproduce ha come effetto collaterale un profondo senso di soddisfazione legato alla riscoperta della manualità, qualcosa di innato che nella nostra società è andato scomparendo per via dell’automazione di molti processi. L’autoproduzione, come l’orticoltura o il giardinaggio, risponde quindi al nostro desiderio ancestrale di creare con le mani, tocca delle corde molto profonde e porta con sé bellezza e appagamento.

A chi si rivolge la Scuola dell’Autoproduzione e come funziona?

La scuola è rivolta a chi vuole intraprendere un percorso facilitato verso l’autoproduzione e trovare una comunità con cui confrontarsi e percorrere questa strada. L’obiettivo del corso è di imparare a far da sé tutti i prodotti di uso comune, permettendo a chiunque di sperimentare e apprendere in modo veloce e produttivo. Chi si iscrive ha accesso illimitato e per sempre ad un portale facile da usare con 40 lezioni, sia da pc, tablet che da cellulare. Ogni video è accompagnato da una dispensa, un quiz divertente per fissare i concetti ed alcuni approfondimenti. In aggiunta a ciò periodicamente si possono seguire anche le lezioni aggiuntive in cui approfondisco alcuni temi o tratto argomenti di attualità (anche in questo caso i video rimarranno a disposizione per sempre). Si tratta di un percorso di formazione in continuo aggiornamento: laddove acquisisco nuove conoscenze e sperimento nuove pratiche aggiorno le lezioni ed i materiali e chi si iscrive ha accesso a vita e la possibilità di essere sempre seguito da me. Per questo la classe di studenti è limitata ad un certo numero di persone, anche per creare un legame profondo e diretto.

Credi che negli ultimi tempi ci sia un interesse maggiore nei confronti dell’autoproduzione?

Sì, riscontro un interesse enorme verso l’autoproduzione, il saper fare e anche verso la prevenzione. Ci si è resi conto, infatti, che autoprodurre comporta anche un miglioramento della salute, tenendoci lontani da sostanze tossiche e in alcuni casi cancerogene che si trovano in commercio.

L’autoproduzione è alla portata di chi ha poco tempo libero?

Assolutamente sì! Ci vuole molto meno tempo ad autoprodurre che ad acquistare tutti i prodotti che riempiono le nostre case. Per capire basti pensare che solo sciogliendo in 800 ml di acqua una sola sostanza, 200 g di acido citrico, si possono realizzare ben quattro diversi prodotti per la casa: brillantante, ammorbidente, decalcificante e anticalcare. Dunque basta comprare una tantum e magari in condivisione con altri grandi quantità di acido citrico per averlo poi sempre alla portata di mano quando occorre per realizzare con molta praticità i vari prodotti. Si tratta quindi di un’ottimizzazione che deriva da una buona pianificazione. La scuola dell’autoproduzione va proprio in questo senso: rendere facile l’autoproduzione per chi ha poco tempo, non sa come risparmiare, come ridurre gli imballaggi, sostenere i piccoli produttori e non inquinare. Una vera e propria guida al consumo critico e alla consapevolezza, prima ancora che all’autoproduzione stessa.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/06/autoproduzione-portata-tutti-puo-cambiare-vita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

RIVE 2019, torna il raduno degli ecovillaggi italiani

Si svolgerà dal 18 al 21 luglio presso la Comune di Bagnaia il raduno annuale degli ecovillaggi italiani, aperto a ecovillaggisti, sostenitori e semplici curiosi. Anche quest’anno l’evento, al quale parteciperà anche Italia che Cambia, presenta un ricco programma di progetti, soluzioni e conoscenze in grado di ispirare azioni concrete e un cambiamento duraturo sia all’interno che fuori dal mondo degli ecovillaggi. È da 23 anni uno degli eventi più attesi nel mondo del cambiamento e torna per la 22esima volta (nel 2018 non si è svolto a causa di imprevisti organizzativi) fra le destinazioni più interessanti per chi ha deciso di percorrere le “strade nuove” di cui parliamo ogni giorno nelle nostre storie. Stiamo parlando del raduno estivo della RIVE-Rete Italiana Villaggi Ecologici, associazione nata nel 1996 per tenere in contatto le eterogenee realtà degli ecovillaggi sparse su tutto il territorio nazionale e per supportare la nascita di nuovi progetti di comunità intenzionali. Il raduno si svolgerà quest’anno da giovedì 18 a domenica 21 luglio in Toscana, precisamente a Sovicille, in provincia di Siena, territorio dove è situata la Comune di Bagnaia – lo storico ecovillaggio italiano immerso tra boscose colline, oliveti e vigneti – che lo ospiterà.

La comune di Bagnaia

La Comune di Bagnaia è stata fondata nel 1979 da un gruppo di sessantottini interessati alla vita comunitaria, a superare il concetto di proprietà privata e al ritorno alla terra. Composta attualmente da 16 persone, le parole d’ordine che la contraddistinguono sono il principio di equità dei diritti e dei doveri, la totale condivisone economica, l’agricoltura e l’allevamento biologici, l’impegno politico e sociale. Oggi la Comune – le cui decisioni collettive vengono prese attraverso il metodo del consenso – è una delle esperienze più interessanti di autosufficienza alimentare nel nostro paese.

Il raduno estivo della RIVE è da anni il principale momento di confronto fra i ben 37 ecovillaggi già esistenti sul territorio nazionale e fra questi e i 20 nuovi progetti in via di realizzazione supportati dall’associazione, nonché l’occasione – per chi vive in città ma è interessato a forme di vita rurale e comunitaria – di conoscere coloro che stanno già sperimentando stili di vita ecologici e collaborativi. Pur essendo queste esperienze comunitarie molto diverse fra loro per orientamento filosofico e organizzativo, esse sono tutte accomunate dalla ricerca e dalla sperimentazione di stili di vita responsabili e sostenibili, non soltanto dal punto di vista ecologico, ma anche da quello spirituale, socioculturale ed economico. Il crescente interesse per il mondo degli ecovillaggi, infatti, è la testimonianza di un sempre più diffuso interesse per la possibilità di coniugare riduzione dei bisogni e scollocamento, rispetto per l’ambiente e cibo sano, vita sociale e relazioni umane profonde.

Quest’anno il raduno degli ecovillaggi italiani è preceduto dalla conferenza europea degli ecovillaggi, ossia il raduno annuale di GEN Europa, che si svolgerà nella stessa Comune di Bagnaia dal 14 al 17 luglio. Il GEN Europa, che si svolge a rotazione nei vari paesi europei, è uno dei cinque rami continentali del Global Ecovillage Network (GEN), la rete mondiale in continua espansione che raggruppa migliaia di comunità intenzionali e iniziative analoghe presenti oggi in 26 diversi paesi (ma altri se ne stanno aggiungendo) attraverso le suddette reti continentali e le reti nazionali. Fra le reti nazionali c’è naturalmente anche la RIVE, che quest’anno è co-organizzatrice dell’evento europeo. Il programma del raduno RIVE è come sempre ricco di progetti, soluzioni e conoscenze in grado di ispirare azioni concrete, spesso innovative, e stimolare un cambiamento duraturo non soltanto all’interno, ma anche fuori dal mondo degli ecovillaggi. Sia i dibattiti che i tanti laboratori previsti avranno come protagonisti e facilitatori ecovillagisti da tutta Italia, che offriranno la loro esperienza in forma di dono, per diffondere la possibilità del cambiamento di paradigma, a partire dalle forme abitative e produttive e fino ad arrivare al cambiamento più importante: quello del sé.

Bagnaia

Come ogni anno, oltre ai dibattiti e ai laboratori, una parte importante riguarderà le attività di intrattenimento e socializzazione, che anche stavolta saranno realizzate internamente alla RIVE dal gruppo dei Piumani. La filosofia dei Piumani unisce la leggerezza e lo spirito di comunità con l’autogestione della parte artistica degli eventi, in grado di stimolare i talenti e la creatività di chi vi partecipa. Per un obiettivo che solo chi non li hai mai incontrati può credere ambizioso: più umanità. Italia Che Cambia seguirà sia il raduno italiano che quello europeo immediatamente precedente attraverso articoli e video-interviste ai protagonisti di entrambi gli eventi. Questi contributi verranno pubblicati sul nostro sito e sui nostri consueti canali social. Per partecipare al raduno RIVE non è necessario avere già la tessera dell’associazione #associarsi. Basta iscriversi all’evento direttamente dal sito. Un’esperienza che davvero consigliamo di fare almeno una volta nella vita.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/07/rive-2019-raduno-ecovillaggi-italiani/

Chi sono i veri responsabili dei disastri climatici?

Di fronte all’evidenza della catastrofe climatica, ecco che si fa strada la strategia, da parte dei veri responsabili della situazione, secondo cui «la colpa è di tutti». Astuto, ma attenzione: vogliono distrarci.

Di fronte all’evidenza della catastrofe climatica, ecco che si fa strada la strategia, da parte dei veri responsabili della situazione, secondo cui «la colpa è di tutti». Si sta facendo passare in maniera assai subdola il messaggio che i cosiddetti consumatori siano i responsabili, perché non fanno la raccolta differenziata, perché comprano prodotti con imballaggi, perché non spengono la luce quando escono dalla stanza e così via. Appaiono quindi dappertutto i decaloghi per dire a noi cosa possiamo fare per salvare il mondo, come se comprare un’auto che inquina un po’ meno, mangiare un pochino meno carne rossa, e così via, possa essere un passo decisivo verso un mondo senza inquinamento. Sicuramente ognuno di noi può fare la differenza, ma questa “politica” del dire che la colpa è di tutti (e quando la colpa è di tutti, non è di nessuno) viene orchestrata magistralmente dalle grandi multinazionali, gli imperi economici che continuano ad inondare il mondo di prodotti superflui, a bombardarci di pubblicità demenziali dove ci incitano a comprare a tutto spiano come se non ne fossimo già sommersi dalla loro immondizia. Martellano costantemente fra un decalogo ambientale e l’altro che dobbiamo comprare e ancora e ancora. Fanno loro eco i politici, che ci dicono che dobbiamo crescere altrimenti è la fine. Rimettiamo a posto le cose. I consumatori hanno un grandissimo potere che è quello di rifiutarsi di continuare a comprare le schifezze di cui ci inonda la pubblicità ma politici asserviti, multinazionali, industriali senza scrupoli guidati solo dal lucro ad ogni costo, sono i veri responsabili del suicidio a cui stiamo andando incontro. I media ovviamente non dicono le cose come stanno e continuano ad accettare qualsiasi pubblicità perché altrimenti chi gli paga gli stipendi? Visto che senza la pubblicità chiuderebbero praticamente tutti in pochi giorni.

Imprenditori, multinazionali, grandi gruppi industriali grazie a enormi investimenti e migliaia di persone che lavorano per loro, sono lì a pensare non certo a come salvare il mondo ma a cosa altro venderci, a cosa altro inventarsi per aumentare i loro già stratosferici profitti. Magari mettendo qualche suffisso Eco o Bio ai loro prodotti, e avanti come se nulla fosse. Tutto questo va fermato senza avere paura di mettere in discussione la sacra crescita, perché se la crescita rallenta, si ferma o retrocede, si avrà di conseguenza meno inquinamento, spreco e distruzione ambientale. Non è certo il PIL che ci dà prosperità e benessere ma acqua, cibo, aria pulita e sana, oltre che una vita non sacrificata agli Dei del profitto dove l’unico credo è quello del denaro.

Bisogna comprare il meno possibile e consapevolmente, levando in questo modo potere ai criminali dell’ambiente. Bisogna aumentare la propria autosufficienza e resilienza, costruire società con valori e pratiche completamente diversi da quelli portati avanti da chi vuole vendere e comprare qualsiasi cosa, compresa l’anima delle persone. Le stesse imprese e i politici hanno la possibilità di scegliere da quale parte stare, se quella dei criminali o di quelli che verranno ricordati per il loro coraggio e lungimiranza nell’aver contribuito ad invertire la rotta e assieme alle persone consapevoli, dato al mondo un futuro degno di questo nome. In fondo anche politici, banchieri, industriali hanno figli e nipoti e nemmeno loro si salveranno dalla catastrofe prodotta dai loro padri e nonni.

Fonte: ilcambiamento.it

Società allo sfascio: serve l’azione individuale e collettiva per creare luoghi liberi di resilienza

Per lasciarsi alle spalle il sistema che ormai collassa su se stesso fagocitando le persone, occorre creare e alimentare sempre più gruppi e aree di resilienza, condivisione, autosufficienza e nuove relazioni. Si può!

La nostra società è ormai allo sfascio e non può essere altrimenti dato che si basa su principi e obiettivi che sono contro le persone e la natura. Basta guardare all’Italia, dove non funziona quasi nulla, dove ci si barcamena per andare avanti in una lotta quotidiana e costante contro i mille balzelli e le mille trappole di un sistema sanguisuga in cui l’imperativo per salvarsi è mors tua vita mea e così si creano le basi per un conflitto costante fra simili. Ci ritroviamo in una società dove dilaga l’incattivimento di persone che fanno lavori controvoglia, lavori che odiano e che non abbandonano solo perché hanno bisogno di uno stipendio. A ciò si aggiungono ignoranza, arroganza e maleducazione di chiunque detenga anche un briciolo di potere e naturalmente lo esercita sull’ultimo malcapitato che gli capita a tiro. Dagli uffici statali alle aziende private, dai commercianti ai professionisti, ci si stupisce le rare volte che qualcuno non cerca di fregare il prossimo, oppure quando qualcuno esegue un lavoro come si deve, fornisce un’informazione corretta, con educazione; e se questo incredibilmente accade lo si percepisce come un miracolo e si santifica la persona che ha fatto semplicemente quello che doveva fare.

Siamo abituati a essere trattati come idioti, rassegnati ad attese secolari, sbattuti da uno sportello all’altro, da una informazione all’altra, dove qualsiasi addetto a call center, ufficio che sia, dà una risposta diversa da quello precedente in un labirinto infinito di ipotesi e contraddizioni. Siamo sommersi da una burocrazia che è un muro di gomma e che ha come unico obiettivo lo strangolamento del cittadino e lo svuotamento del suo portafoglio. Tutto contribuisce ad alimentare una società allo sbando e marcia che va rifondata dalle basi, con altri principi, un’etica e una cultura che ovviamente non possono essere quelle televisive o dei grandi media, che la cultura l’hanno fatta a pezzi, l’hanno sepolta sotto una valanga di pseudo-notizie inutili, di gossip contornato da pubblicità senza fine. Basta accendere un qualsiasi canale televisivo a ogni ora del giorno e della notte, per accorgersi dello squallore infinito in cui siamo precipitati. A questo sfascio si aggiunge una situazione ambientale catastrofica provocata anche dalla stessa mentalità menefreghista di cui sopra, che mette in pericolo l’esistenza dell’umanità e impone un piano individuale e collettivo di salvataggio. Individualmente bisogna prendere coscienza che solo l’azione può garantirci un futuro degno di questo nome e ciò significa puntare il più possibile all’autosufficienza alimentare ed energetica, ridurre le proprie spese, fare un  lavoro che non sia nocivo per gli altri e per l’ambiente, riavvicinarsi alla natura per recuperare il centro della persona e le basi della vita.  Ma la presa di coscienza e l’azione individuale, per poter avere maggiore possibilità di successo, dovrebbero affiancarsi a una azione collettiva.

Assieme ad altre persone si possono ad esempio cercare terre abbandonate di cui l’Italia è piena, da coltivare in uso civico, in affitto (a seconda delle regioni hanno costi di poche centinaia di euro all’anno). Si possono costituire gruppi con obiettivi condivisi che acquistino terre e ruderi da ristrutturare (ci sono addirittura comuni che li offrono per un euro, altri comuni in spopolamento che danno molte agevolazioni per chi vuole stabilirsi). Nell’organizzarsi collettivamente ci si aiuta vicendevolmente che significa rinsaldare le relazioni ed essere un grande beneficio per ridurre le spese. Una grande ricchezza è poi condividere le proprie capacità ed esperienze, scambiarsi informazioni, conoscenze, per un obiettivo e progresso comune. Fare quindi l’esatto contrario di quello che succede nella gran parte dei posti di lavoro tradizionali, dove ogni informazione viene gelosamente custodita e ci se ne serve per poter scavalcare gli altri e fare carriera, ottenere avanzamenti, promozioni. Bisogna quindi uscire da queste logiche miopi che non portano a nulla, se non ad aspetti negativi e ad avere un clima lavorativo pessimo. In un luogo dove c’è collaborazione, c’è forza, si impara moltissimo e tutto diventa più semplice e fattibile. La relazione con la natura poi rende la vita più leggera e anche eventuali lavori che richiedono impegno e dedizione vengono vissuti con altro spirito e altra consapevolezza. Inoltre laddove si crea nuova vita, si crea cultura che non è certo appannaggio solo di scuole o università ma soprattutto di luoghi che fanno rinascere esperienze, saperi antichi, saggezza e dove ognuno ha un ruolo e una importanza, dal bambino all’anziano che non sono rispettivamente uno scolaro e un pensionato ma persone che possono donare agli altri tanto, semplicemente con il loro essere. Bisogna riuscire a creare sempre più zone resilienti, libere e per quanto possibile autosufficienti, significa creare tante arche che con l’aggravarsi della situazione potranno dare esempio e supporto alle persone che si troveranno in grosse difficoltà per aver confidato in una società orientata al sicuro suicidio. E più arche, cioè luoghi di azione, liberazione, resilienza ci saranno e più l’umanità potrà rinascere con valori completamente diversi rispetto a quelli unici del mondo attuale cioè quelli monetari. Sembra utopico, irrealizzabile tutto ciò ma non è così perché ci sono già tante esperienze in Italia e nel mondo che stanno andando in questa direzione, basta conoscerle, visitarle, rendersi conto che i veri marziani non sono quelli che stanno dando risposte reali ai problemi; il vero marziano e utopista è chi continua a girare la ruota del criceto senza farsi nemmeno una domanda su se stesso o su quello che sta facendo. Le alternative e le strade su cui incamminarsi per una nuova vita ci sono sempre e sono alla nostra portata.

Fonte: ilcambiamento.it

YOUseful, la resilienza familiare

La modernità ci ha rincitrulliti, ci ha tolto immaginazione, prontezza di riflessi, versatilità; ci ha resi schiavi di tecnologia e fragilità superflue. Come uscirne? Con lo YOUseful, la resilienza familiare. Vi spiego cos’è.New plant germinate from the crack concrete of survival

Da vent’anni mi occupo di autosufficienza e sostenibilità con il progetto PeR, il Parco dell’Energia Rinnovabile. Facendo l’imprenditore ho cominciato a chiedermi come mai, se hai un’azienda, sei obbligato a fare un piano di sicurezza, avere un estintore, una cassetta di pronto soccorso e magari avere alle spalle un corso specifico antincendio e di pronto soccorso, mentre nelle nostre case la gestione dell’imprevisto e delle emergenze è lasciata al caso e all’improvvisazione.

Inconsciamente ci rassicuriamo con la speranza che qualcuno, in caso di difficoltà, arrivi e ci risolva il problema. E’ vero inoltre che questi argomenti, proprio perché evocano qualcosa di negativo, sono molto spesso sepolti nelle nostre coscienze, probabilmente perché se si verificasse uno degli incidenti possibili non sapremmo veramente come reagire. Ci troveremmo facilmente in una situazione dove lo stress, la paura, la tensione e una serie innumerevole di reazioni chimico/fisiche del nostro organismo ci farebbero agire veramente in modo poco efficace. Investendo molte delle mie energie nella bella realtà del Parco delle Energie Rinnovabili per la diffusione di buone pratiche ambientali e cercando di ispirare nelle persone il desiderio e il piacere di cambiare verso uno stile di vita più sostenibile, circa un anno fa ho cominciato a valutare la possibilità di ricavare da questa esperienza un progetto formativo che aiutasse le persone  a risolvere gli imprevisti con maggiore facilità. L’indipendenza dal sistema e l’autosufficienza sono elementi chiave che contrastano la forte dipendenza tecnologica che tutti noi oggi abbiamo. Io stesso per anni ho pensato che l’alta tecnologia fosse la risposta più logica ed efficace su cui investire e specializzarsi. Oggi a distanza di diversi anni spesi in quella direzione, ho riscontrato che la tecnologia è fragile, spesso instabile; per questo è molto importante avere un piano “B” . Se doveste rintracciare votro figlio per un determinato motivo e la comunicazione cellulare non funzionasse, come fareste?

Tutto il nostro sapere, le relazioni, i contatti, le immagini sono nel “cloud”. Permettetemi l’inglesismo, ma è l’immagine della società moderna. Non siamo interessati ad approfondire nozioni perché tanto abbiamo Wikipedia. Non sappiamo più a memoria numeri e riferimenti significativi dei nostri cari perché tanto li abbiamo salvati sul cellulare. Non abbiamo neanche una foto stampata dei nostri cari nel portafoglio, perché tanto l’abbiamo salvata sul web. Non voglio fare una retorica negativa, ma soltanto cercare di essere realistico. Se dovessi chiedere aiuto a qualcuno per cercare, supponiamo, la mia compagna e non funzionasse il web, come potrei mostrare che aspetto ha? La modernità ci ha un pò rincitrulliti; il fuoco, che ci ha resi diversi dalle scimmie, in caso di difficoltà sapreste accenderlo senza un accendino o un fiammifero?

Non dobbiamo dimenticarci che vivendo in Europa, abbiamo un’impronta ecologia di livello 4. Ossia utilizziamo risorse naturali pari a 4 pianeti!!! Non pensate che potremmo avere qualche difficoltà nel prossimo futuro? Potremmo sicuramente cambiare il nostro stile di vita ed è quello che cerchiamo di promuovere al PeR; ma se qualcosa andasse storto e i cambiamenti sociali ed ambientali arrivassero prima, come li affrontereste? La mia esperienza in Africa mi ha insegnato che la scarsità di cibo e risorse a cui sono sottoposti gli abitanti di quel continente, li rende capaci di improvvisare cose inimmaginabili con quello che si trovano a disposizione. Se aggiungiamo un forte istinto di sopravvivenza, i risultati si traducono in una resilienza invidiabile sulla quale riflettere. Proprio questa riflessione, unita a curiosità e interesse a trovare soluzioni che migliorino la vita su questo pianeta e all’enorme sapere che il genere umano ha sviluppato, mi ha ispirato l’idea di mettere a punto una nuova disciplina, lo YOUseful.

E’ ovviamente una delle molte strade percorribili e sicuramente ciascuno di voi potrà trovarne di altrettanto valide per affrontare gli imprevisti. Nello YOUseful ho cercato di non utilizzare una retorica negativa tipica dei corsi americani, ma propositiva, sviluppando tecniche e metodi che aiutino a far emergere le qualità di ognuno di noi, imparando a pianificare preventivamente con calma e metodo un piano di sicurezza familiare da applicare dove e quando serve. Aumentare la “resilienza familiare” significa  essere pronti, anche se quel qualcosa non dovesse mai accadere; questo approccio ci aiuterà a vivere la quotidianità con maggiore serenità. Il solo fatto di aver analizzato i rischi a cui la vostra casa potenzialmente potrebbe essere esposta, ed esservi organizzato nell’affrontarli, vi darà uno strumento in più per rendere il vostro futuro sicuramente migliore.

Fonte: ilcambiamento.it

Nelle Marche il primo passo verso un ecovillaggio sostenibile e autosufficiente

Un ecovillaggio completamente autosufficiente dal punto di vista energetico ed economico situato nello splendido contesto delle colline marchigiane, tra mare e montagna. Nasce dall’impresa sociale Montefauno, azienda agricola di prodotti biologici, il progetto dell’ecovillaggio “La Magione”, un esempio concreto di un nuovo modo di abitare e vivere su questo pianeta. L’impresa sociale Monte Fauno è un’azienda agricola marchigiana che produce prodotti biologici certificati, “con l’intento di racchiudere in un vasetto” – si legge sul sito – tutti gli odori e i sapori della migliore cucina italiana”. Nata su iniziativa di Luigi Quarato, la Montefauno è il primo passo per un progetto molto più ampio che sta poco a poco prendendo vita, quello di costruire l’ecovillaggio “La Magione”  nel Maceratese, presso il comune di Montefano.la-magione2

“Per arrivare alla fase esecutiva di un ecovillaggio in linea con la nostra filosofia abbiamo seguito un percorso diverso dal solito”, spiega Luigi, “e prima di trovare il gruppo con cui condividere questa esperienza abbiamo voluto verificare la fattibilità del progetto”. “La Magione” sarà un ecovillaggio completamente autosufficiente economicamente, vi si stabiliranno 40 famiglie e in ciascuna di esse uno dei membri potrà lavorare a una delle diverse attività che nasceranno.la-magione

L’azienda agricola Montefauno farà parte dell’ecovillaggio e oltre alla consueta produzione di ortaggi (prevalentemente), è prevista la costruzione di un piccolo capannone per la trasformazione dei prodotti. Sorgeranno poi un’azienda per la lavorazione di piante officinali per l’estrazione di oli essenziali e pigmenti naturali, una struttura turistica dotata di sette camere e una cooperativa sociale per le attività di assistenza e formazione professionale (bioedilizia, agricoltura, gestione dei fondi comunitari ecc…). Le unità abitative, circa 40, saranno tutte autocostruite in paglia e terra cruda e verrà garantita una qualità eccellente, anche grazie alla convenzione instaurata con l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, per cui ogni abitazione sarà ecocompatibile, ecosostenibile e autosufficiente. L’ecovillaggio che verrà (l’inizio dei lavori è previsto per la primavera 2018 e avranno durata di circa un anno), vuole rivedere nel complesso il modo di vivere odierno fornendo un’alternativa concreta e diventando esempio di sostenibilità dal punto di vista abitativo e alimentare, per la creazione di posti di lavoro etici e integrati nel contesto socio-economico locale, per le attività socio-culturali e – infine – per un nuovo modo di abitare e costruire.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/05/marche-ecovillaggio-sostenibile-autosufficiente/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

La Fattoria dell’Autosufficienza: un luogo per costruire un futuro sostenibile

Autosufficienza alimentare ed energetica, permacultura, ecoturismo, formazione all’ecologia e alla salute. Situata nell’appenino romagnolo, nel territorio del comune di Bagno di Romagna, la Fattoria dell’Autosufficenza rappresenta da anni un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono imparare a riconnettersi con la natura. Ce ne ha parlato Francesco Rosso, ideatore di questo progetto. Ho conosciuto Francesco Rosso in Romagna nel 2008. Era davvero giovanissimo e già allora mi colpì per la sua maturità al di fuori del comune. Pochi anni dopo il tempo ha dimostrato che la mia sensazione non era errata. Francesco, infatti, si è trovato in pochissimo tempo alla guida di un piccolo grande “colosso”, la Golden Books, nota soprattutto per il portale Macrolibrarsi, ma non solo. Ha deciso di sognare in grande, progettando una fattoria decisamente fuori dal comune, la Fattoria dell’Autosufficienza.

Tutto ha inizio nel lontano 2009 quando con la famiglia cercava una casa in campagna nei pressi di Cesena, nell’appenino romagnolo per la precisione, per poter coltivare un orto e allevare animali, con l’obiettivo – appunto – dell’autosufficienza alimentare ed energetica. “Cercando in queste zone – mi racconta Francesco – abbiamo ‘incontrato’ questa occasione: settanta ettari di terra coperti da bosco e pascoli e dieci di seminativo”.

Così è nato un progetto nuovo, la Fattoria dell’Autosufficienza che ha quattro obiettivi:
1. Autosufficienza alimentare: produrre ciò di cui necessitiamo per vivere in modo naturale, senza concimi o sostanze chimiche e riducendo al minimo l’uso di mezzi a petrolio;

  1. Autosufficienza energetica: attraverso fonti rinnovabili come vento, acqua, fotovoltaico, e legna;
  2. Formazione: all’ecologia e alla salute. La Macro Edizioni ormai da trent’anni propone uno stile di vita diverso, più naturale, e più salutare. Io sono nato in casa, sono stato allattato al seno, non sono stato vaccinato e non ho mai avuto problemi di salute. Insegnare alle persone a riappropriarsi dell’autosufficienza della salute;
  3. Ecoturismo: nelle foreste casentinesi, area ideale per camminate, escursioni, mountain bike”.NON-FARE-ASINO

Gli chiedo come sia stato ‘formarsi’. In effetti, ci ha investito molto. Mi racconta che i primi anni li ha trascorsi formandosi e studiando il luogo cercando di applicare i principi della permacultura, in particolare ‘osserva e agisci’.
Poi sono arrivati i primi lavori. “Abbiamo creato i contatti con l’acquedotto nuovo e poi abbiamo preparato i terreni, coltivando i primi orti, poi grani antichi, farro intervallati da legumi e così via. Nel 2014 abbiamo messo mano alle strutture. La ristrutturazione è stata impegnativa, avendo voluto e dovuto rispettare il vincolo storico e i principi di sostenibilità”. Alla fine, però, il progetto è riuscito, i lavori sono terminati (almeno questa parte dei lavori) e presto sarà inaugurato l’agriturismo che ha quattro camere e un ristorante.

La sfida

Essere coerente al 100% ha avuto un costo sia economico che energetico. Non è stata una ristrutturazione a basso costo. Hanno lavorato tante ditte, alcune che erano abituate ai materiali naturali, altre che hanno dovuto imparare. “Ne é valsa la pena – mi assicura Francesco – dal 2011 abbiamo iniziato a organizzare in fattoria corsi su permacultura, food fortest, agricoltura, costruzioni con materiali naturali, agricoltura sinergica. Mentre impariamo, trasmettiamo, miglioriamo”.

Gli chiedo come sia avvenuto il suo incontro con la permacultura. “Fin da quando ero più giovane vivevo immerso dai libri; me capitò tra le mani ‘Introduzione alla permacultura’; me lo portai a casa, iniziai a leggerlo e non me ne staccai più. In fondo al libro c’era scritto che esisteva una accademia che organizzava corsi di permacultura. Così, di lì a poco ne ho trovato uno intensivo di due settimane, dopo il quale… non avevo capito niente! Così, nei due anni successivi, ho fatto corsi su corsi. Ho continuato a informarmi, e da lì è stato evidente che quella era la mia strada”.14925414_1209082509154763_1152545948651825620_n

Nel problema la soluzione

Questo suo amore per la terra ha radici antiche. “A sette anni vivevo in una casa di campagna continua Francesco mentre fuori inizia a piovere – le istituzioni non mi permettevano di andare a scuola perché non ero vaccinato. Passavo le giornate con i miei cani nei boschi, così il bosco è diventata la mia casa”.

Dopo la terza media è quindi stato naturale iscriversi all’istituto professionale di agricoltura… Che però lasciò dopo due anni per iscriversi ad agraria. “Pensavo che non avrei mai fatto il contadino nella vita. In questi anni forse mi sono dimenticato della mia aspirazione di vivere nei boschi. Mi piaceva viaggiare e mi sono iscritto ad economia del turismo; poi, quando avevo venti anni mia madre mi chiese di dare una mano all’azienda di famiglia, lavorando al sito di Macrolibrarsi. L’anno dopo sono diventato amministratore ed è andata bene! Eravamo sette persone e oggi siamo più di sessanta. E questo mi ha reso possibile avere un capitale da investire in questo progetto”.

Si potrebbero dire molte altre cose su questa storia, si potrebbe entrare nel merito del cosa e del come. Ma per ora vi lasciamo alla visione del video. Nei prossimi giorni torneremo con il resto della storia!

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/03/fattoria-dell-autosufficienza-costruire-futuro-sostenibile/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Rancho Margot : la sostenibilità a portata di mano

“Un laboratorio di sostenibilità in continua evoluzione”: è questa la definizione più efficace per descrivere Rancho Margot, uno straordinario tentativo di sostenibilità e autosufficienza a 360° nato in Costa Rica dall’entusiasmo del cileno Juan Sostheim.                                                                                                                                        Di Andrea Bizzocchirancho1

Ci sono storie che riempiono il cuore e danno speranza per le sorti del genere umano e del pianeta. Una di queste storie è iniziata circa dieci anni fa ed è quella di Juan Sostheim, nato in Cile, trasferitosi negli Usa da bambino con la famiglia e poi in Germania da ragazzo. Quando Sostheim capitò nell’area all’inizio degli anni Duemila in seguito a una grave malattia e al desiderio di cambiare vita, si innamorò immediatamente di quella che era una finca ganadera (una fattoria per l’allevamento di bovini) e capì che quello era il posto giusto per realizzare il suo sogno. Rancho Margot (dal nome della madre di Sostheim), che si trova in Costa Rica vicino alla laguna dell’Arenal e al confine con il “Bosque eterno de los niños”, non è però semplicemente una ex finca riforestata, bensì uno straordinario progetto che ambisce a unire la sostenibilità ambientale con l’autosufficienza energetica e alimentare, l’ecoturismo con l’educazione ambientale, lo yoga con la cucina naturale e infinito altro ancora.

Obiettivo autosufficienza. Descrivere Rancho Margot rimane comunque difficile perché la dinamicità e la capacità visionaria di Sostheim fanno sì che il cambiamento continuo sia una caratteristica fondante di questo posto. In tutta sincerità il progetto è talmente ampio e difficilmente catalogabile che credo la sola definizione possibile sia quella di “laboratorio di sostenibilità in evoluzione continua”. Il primo obiettivo di Rancho Margot, una volta completata la fase di riforestazione (che grazie al clima tropicale può portare un terreno deforestato a foresta primaria nel breve volgere di 8-10 anni) è stato quello di lavorare per diventare una comunità autosufficiente. Questo obiettivo è stato pienamente raggiunto in campo energetico (l’elettricità è completamente prodotta da due idroturbine, da 8 e 42 kw rispettivamente, grazie alle acque che scorrono nella proprietà e che ne assicurano l’intero fabbisogno), mentre un grande orto organico (in cui vengono seguiti i principi della permacultura) e il frutteto, unitamente a latte e formaggi che provengono da mucche allevate all’aperto e

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alla carne di maiali e galline (cose su cui io faccio fatica ad essere d’accordo) assicurano una quasi totale autosufficienza alimentare, sia per i residenti sia per l’attività di ristorazione. L’area dell’orto è affiancata dallo spazio dedicato alle piante medicinali utilizzate per produrre saponi, insetticidi e erbicidi naturali impiegati nell’orto. Lo sterco animale, oltre all’utilizzo in agricoltura, viene trasformato in gas-metano per la cucina del ristorante grazie ai “biodigestori”, mentre il riscaldamento dell’acqua per i 20 bungalows della struttura avviene grazie a scambiatori di calore situati all’interno dei forni per il compost. Tutte le strutture (circa una ventina dedicate all’ecoturismo, in aggiunta al ristorante, alle case e al dojo per lo yoga) sono state costruite con l’utilizzo di materiali locali (le piastrelle sono state recuperate da vecchie abitazioni del posto) mentre i mobili vengono preparati nella falegnameria con legname della proprietà. Completano Rancho Margot due piscine naturali (una calda e una fredda), sentieri e cascate per rilassare mente e fisico, e un centro per il recupero degli animali selvaggi.rancho5

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Un sogno a occhi aperti. Ma come già detto questa descrizione rimane comunque parziale perché Rancho Margot è prima di tutto un sogno a occhi aperti e in continua evoluzione. Tra i progetti di Juan ci sono infatti quote percentuali da destinare ai soci, l’apertura di una scuola di sopravvivenza, una collaborazione per donare parte della proprietà al “Bosco eterno dei bambini” per creare un corridoio biologico e altro ancora. Nella visione di Juan il Rancho conoscerà una fase di transizione che lo trasformerà da resort ecoturistico a una sorta di comunità-università dove verranno offerti corsi di ogni genere relativamente alla sostenibilità e all’autosufficienza. Ma in aggiunta alla sostenibilità e a tutto il resto sopra descritto, Rancho Margot si propone come un esempio che possa ispirare ogni visitatore a creare realtà simili, perché, per concludere con le parole di Juan: “Il tempo dell’individualismo è finito e noi desideriamo condividere le nostre esperienze per insegnare ad altri, e al tempo stesso imparare da altri. È questa la sola strada che possiamo percorrere se vogliamo regalarci un futuro possibile”.

Fonte: viviconsapevole.it