Sì, questo è veramente il tempo dell’autoproduzione. Perché si viene limitati nei movimenti, ma anche per acquisire finalmente quella consapevolezza che ci conferma che non dobbiamo per forza dipendere in tutto e per tutto dall’esterno e da ciò che ci arriva. Impariamo allora a fare in casa i germogli, un ottimo cibo, fresco e nutriente.
Sì, questo è veramente il tempo dell’autoproduzione. Perché si viene limitati nei movimenti, ma anche per acquisire finalmente quella consapevolezza che ci conferma che non dobbiamo per forza dipendere in tutto e per tutto dall’esterno e da ciò che ci arriva. Iniziamo oggi con una serie di suggerimenti e dimostrazioni pratiche sull’autoproduzione alimentare domestica e sull’autosufficienza energetica, per la quale ci avvaliamo della collaborazione del PeR, il Parco dell’Energia Rinnovabile, e del suo direttore scientifico, Alessandro Ronca.
Impariamo allora a fare in casa i germogli, un ottimo cibo, fresco e nutriente.
Saper far germogliare in modo giusto e corretto i semi per poi gustarli freschi, in insalata o nelle preparazioni varie in cucina è utilissimo. Ed è un modo, appunto, per autoprodurre cibo nutriente e vitale!
In questo video, Alessandro Ronca, direttore scientifico del PeR, il Parco dell’Energia Rinovabile, ci spiega come fare per ottenere ottimi germogli pronti da consumare, alimento da utilizzare in caso d’emergenza (magari chissà, visti i tempi, se siete a corto di cibi freschi…) ma anche da far rientrare, volendo, nella consuetudine. Al PeR, oltre a sperimentare, insegnare e applicare il risparmio e l’autosufficienza energetica, si affinano e e si insegnano anche le tecniche dell’autoproduzione alimentare e domestica.
Non poteva andare in altro modo, lo sapevamo perfettamente e lo diciamo da sempre: una società che adora il dio denaro, alla prima crisi, crolla miseramente.
Non poteva andare in altro modo, lo sapevamo perfettamente e lo diciamo da sempre: una società che adora il dio denaro, alla prima crisi, crolla miseramente. La gente ha così fiducia in se stessa e nello Stato in cui vive, che svuota i supermercati presa dal panico; del resto, se si costruisce una società basata sulla dipendenza energetica e alimentare in primis, i risultati non potevano che essere questi catastrofici in cui veniamo privati anche delle libertà fondamentali.
E perché siamo arrivati a questo punto? Per fare contenti i mercanti che ci vendono qualsiasi cosa e attraverso la pubblicità ci hanno fatto credere di essere nel paese dei balocchi dove tutto si può comprare all’infinito senza nessun problema di approvvigionamento, di inquinamento, di esaurimento risorse. Poi arriva una crisi qualsiasi, vera o presunta che sia, e l’intera Italia si ferma. E questa sarebbe la sicurezza, la modernità, il progresso tanto decantato?
Se fossimo in un paese che ha a cuore i propri abitanti, la prima cosa da fare da tempo sarebbe stata di garantire il più possibile proprio l’autosufficienza alimentare e energetica; ma, al contrario, nonostante l’Italia sia un paese dalle ricchezze immense in questi settori, siamo fortemente dipendenti sia dal punto di vista energetico che alimentare.
Invece di darci più sicurezza ed autonomia, continuiamo a creare dipendenza e insicurezza. Costruiamo il metanodotto TAP riempiendoci di gas che viene dall’estero e scoppiamo di sole, facciamo arrivare cibo scadente e di bassissima qualità da tutto il mondo, quando in Italia, paese fertilissimo e baciato da una posizione geoclimatica eccezionale, si potrebbe produrre di tutto. Si spera quindi che non ci sia bisogno di ulteriori drammi per capire che la vera soluzione sta nell’aumentare il più possibile l’autosufficienza energetica e alimentare, ricostruendo i legami comunitari distrutti da un sistema che per guadagnare ci vuole tutti individualisti e dipendenti, con i pessimi risultati che si vedono in questi giorni. Ovvio quindi che bisogna collaborare e anche ripensare un graduale ma deciso ritorno alla terra, non solo per la pura e semplice sopravvivenza ma anche per la tutela, salvaguardia del territorio e delle basi della vita. E speriamo che finalmente la si smetta di dire che non è realistico coltivare la terra e ripopolare le campagne.
Ma elenchiamo ancora una volta il perché è necessario e possibile.
1) L’Italia è strapiena di posti abbandonati e campagne che vanno in rovina e i luoghi sono così tanti che sono ormai molte le proposte degli stessi Comuni per fare ritornare le persone, anche dando contributi, vendendo le case a un euro, ecc. E spesso chi ne approfitta? Gli stranieri che apprezzano ben più di noi le nostre meravigliose ricchezze.
2) Anche in città è possibile creare le condizioni di resilienza diminuendo drasticamente gli sprechi e creando orti ovunque sia possibile; certo bisognerà smettere di cementificare per speculare producendo edifici vuoti ma invece ridare alla città spazi verdi e coltivabili. Del resto non stiamo dicendo nulla di fantascientifico, dato che ormai già varie città al mondo si stanno orientando in questa inevitabile direzione.
3) In Italia si continua a cementificare e ci sono milioni di alloggi vuoti e tantissimi sono proprio in zone di campagna; non si può certo dire che non ci sia posto.
4) Per avere una buona produzione agricola non servono chissà quanti ettari e coltivare la terra non è più il massacro di fatica che ci raccontano i nonni. Con le varie tecniche e conoscenze di agricoltura biologica e naturale di tutti i tipi che stanno nascendo come funghi, la fatica si è ridotta di molto e le rese sono migliori dell’agricoltura chimica, soprattutto nei piccoli appezzamenti. Su questi aspetti si veda il bellissimo libro Abbondanza miracolosa che sfata tutti i falsi miti che dicono che l’agricoltura chimica sia più produttiva di quella biologica.
5) In Italia meno del 4% delle persone lavora nel campo agricolo e la stragrande maggioranza di questo 4% esercita una agricoltura di dipendenza totale dai combustibili fossili. L’inversione di tendenza è quindi inevitabile se si pensa che fino agli anni sessanta (non mille anni fa), le persone impegnate in agricoltura erano il 30%.
In merito all’autosufficienza energetica, un paese pieno di sole, dalle potenzialità geoclimatiche immense, è agonizzante, ancora attaccato alla flebo dei combustibili fossili che generano costi, rischi enormi, inquinamento e ci tengono dipendenti dall’estero. Sarà il caso di cambiare rotta? Ognuno di noi può ridurre drasticamente gli sprechi a parità di confort e potenzialmente autoprodursi l’energia che gli serve e anche in città si possono fare moltissimi passi avanti in questa direzione. Quindi agendo così non solo ridurremmo dipendenza, inquinamento e spese ma daremmo da lavorare a milioni di persone nei settori che sono per noi vitali come quelli agricoli ed energetici. Ritrovare poi il senso di comunità è la soluzione alla disperazione, solitudine, paura e senso di dipendenza. Ricostruire i legami comunitari significa anche far fiorire lo scambio, la conoscenza, la cultura e la resilienza cioè la capacità di reagire efficacemente a cambiamenti improvvisi. E tutto questo si può fare senza limitare le libertà di nessuno anzi esaltando la libertà, le qualità e l’intelligenza di ognuno. I soldi, e le carte di credito potranno ben poco in situazioni di emergenza dove se non sai coltivare, se non sai produrti energia, rimani con i tuoi soldi in mano senza farci granchè. Puoi provare a mangiarli o ad accenderci un fuoco ma non si avranno grossi risultati. E vista la situazione attuale, non sarà il caso di rivedere tutte quelle sicurezze che si stanno dimostrando totalmente illusorie e smettere di credere a coloro che ci dicono che bisogna crescere a tutti i costi? Ma quale crescita? Qui l’unica cosa importante che deve crescere sono le piante dei propri orti. Deve crescere la collaborazione, l’aiuto reciproco, devono crescere le idee, le soluzioni affinché tutti si possa vivere dignitosamente, liberi, in pace, salvaguardando l’ambiente e i nostri simili.
Tre soluzioni diverse, proposte dai ricercatori di Standford per raggiungere il 100% di energia da fonti rinnovabili, senza rischio di rimanere senza corrente. Tre soluzioni per arrivare all’ autosufficienza energetica, riducendo i danni a salute e clima. Arrivare a produrre il 100% di energia da fonti rinnovabili è un obiettivo che incontra ancora un importante ostacolo, almeno nella mente delle persone: avere la garanzia di una fornitura continua, senza il rischio di blackout.
Nel corso degli anni, gli esperti hanno cercato soluzioni concrete che garantissero l’accumulo dell’energia prodotta, ad esempio dal fotovoltaico, rendendola disponibile nei momenti in cui i pannelli non riescono a produrne in maniera diretta. Ad esempio di notte, quando il sole non è presente, o nelle giornate nuvolose. Ultimamente, i ricercatori dell’Università di Stanford hanno proposto tre soluzioni separate per evitare i blackout tipici dell’energia da fonti rinnovabili. Un modo per alimentare in maniera affidabile almeno 139 Paesi. Ecco di che cosa si tratta.
100% di energia da fonti rinnovabili: le strade da percorrere secondo i ricercatori
Nel loro studio, pubblicato su Renewable Energy, i ricercatori di Stanford propongo tre diversi modi per fornire un flusso di energia costante in vari settori: dai trasporti, al riscaldamento, all’industria.
Lo studio è stato condotto prendendo come punto di riferimento 139 Paesi e sviluppando una roadmap di transizione degli stessi verso la produzione del 100% di energia da fonti rinnovabili entro il 2050, con l’80% della transizione completata entro il 2030. I risultati sono incoraggianti. Secondo i ricercatori, infatti, non esisterebbe alcun ostacolo tecnico o economico per consentire al mondo intero di arrivare all’indipendenza energetica facendo affidamento solo su una rete elettrica stabile e a basso costo e basata su energia pulita. Una soluzione che garantirebbe la riduzione del tasso di riscaldamento globale e del numero di decessi collegati all’inquinamento atmosferico.
Lo studio
Jacobson, l’autore principale della ricerca, è riuscito a trovare assieme ai suoi colleghi varie soluzioni al problema della stabilità della rete elettrica da rinnovabili. Un risultato importante, afferma, perché il più grande ostacolo all’implementazione su larga scala di energia rinnovabile pulita è la percezione della gente. Il cuore dello studio, quindi, è stata la necessità di abbinare l’energia fornita da vento, acqua e sole, allo stoccaggio e a quella che, secondo i ricercatori, sarà la domanda energetica nel 2050. Per fare questo, gli esperti hanno raggruppato 139 paesi presenti in 20 regioni, vicine geograficamente. Lo studio ha tenuto conto anche della variabilità dell’energia eolica e solare e della domanda in base a orari e stagioni. I ricercatori hanno inoltre fatto affidamento su due programmi di modellazione computazionale. Il primo che gli ha permesso di prevedere la quantità di energia che può essere prodotta da fonti pulite come le turbine eoliche onshore e offshore, il fotovoltaico solare sui tetti e nelle centrali elettriche ecc. Il secondo programma incorporava invece l’energia prodotta da fonti di elettricità più stabili, come le centrali geotermiche, i dispositivi delle maree e delle onde e le centrali idroelettriche e i modi di immagazzinare energia quando era in eccesso.
Le soluzioni trovate
Sulla base di questi studi, i ricercatori hanno ideato i tre modelli per rendere possibile l’indipendenza energetica da fonti fossili. Il fatto che nessun blackout si sia verificato in tre diversi scenari suggerisce che sono possibili molte soluzioni per rendere stabile al 100% la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Non solo: ci sarebbe un forte risparmio anche dal punto di vista economico.
I ricercatori hanno scoperto infatti che il costo per unità di energia in ogni scenario previsto è di circa un quarto più basso se ricorriamo solo alle rinnovabili, rispetto ai combustibili fossili. La maggior parte del risparmio deriva dalla riduzione dell’energia necessaria per estrarre, trasportare e raffinare petrolio, carbone e gas. Non ci sono ostacoli tecnici o economici, dunque. Secondo Jacobson e i suoi colleghi, la vera sfida è riuscire a ottenere la collaborazione fattiva di politica e istituzioni.
Progettata nel 2011, la Residenza Girasole di Fiume Veneto, dopo un anno di vita dimostra di essere quasi autosufficiente dal punto di vista energetico.Qualcosa su di me?
Consuma il 90% in meno rispetto alla media italiana grazie ad un involucro performante e un’impiantistica innovativa. Un esempio di come saranno le nuove abitazioni nei prossimi anni. l 15 gennaio 2017 ha compiuto un anno il condominio Girasole a Fiume Veneto (PN), considerato come il primo edificio NZEB (Nearly Zero Energy Building) in Italia. In realtà il progetto della Residenza Girasole, iniziato nel 2011, è stato redatto prima delle ultime modifiche legislative che hanno definito il concetto di edificio NZEB nel nostro Paese. Dunque si tratta di un edificio che ha anticipato di oltre 10 anni gli obblighi per la progettazione dei nuovi edifici che, in Italia, entreranno in vigore tra qualche anno. È quasi autosufficiente dal punto di vista energetico e l’intero condominio consuma circa il 90% in meno rispetto ai consumi medi italiani. Più che l’edificio del futuro, dunque, il condominio Girasole è l’esempio tangibile di quelle che saranno le nostre abitazioni da qui ai prossimi quattro anni.
L’obiettivo di Nearly Zero Energy Building, infatti, non è più rinviabile: la Direttiva Europea 31/2010 sulla prestazione energetica dell’edilizia, stabilisce che tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia quasi zero a partire dal 31 dicembre 2020 per gli edifici privati, mentre per gli edifici pubblici il termine è anticipato al 31 dicembre 2018
Nato circa un anno fa sta crescendo su tutto il territorio nazionale il Gruppo di Acquisto Fotovoltaico, promosso dall’Associazione Culturale Libera Polis con l’obiettivo di informare i cittadini sulle opportunità ed i vantaggi di un utilizzo responsabile delle nuove tecnologie. Per saperne di più abbiamo intervistato Simone Itri.
“Alla base del successo dell’iniziativa promossa dall’associazione culturale Libera Polis, vi sono i costi veramente contenuti per un prodotto di qualità alta; la trasparenza nella gestione del gruppo, la passione e l’onestà con cui si fa informazione”. Per saperne di più sul Gruppo di Acquisto Fotovoltaico abbiamo intervistato Simone Itri dell’Associazione Culturale Libera Polis.
Come e quando nasce l’idea del Gruppo di Acquisto Fotovoltaico?
L’idea del Gruppo di Acquisto Fotovoltaico nasce circa un anno fa dalla volontà di unire azioni concrete per il “cambiamento” e contemporaneamente aiutare le famiglie ad avere dei risparmi in casa e contemporaneamente dare il nostro contributo al rilancio dell’occupazione. Ci eravamo già accorti che la maggior parte delle famiglie e piccole aziende non era al corrente delle opportunità che offriva il fotovoltaico, con l’allora 4° conto energia (oggi con la detrazione irpef e lo scambio sul posto)… e che in molti casi si cadeva vittime di sistemi di vendita degli impianti con rete “multilevel” in cui i prezzi andavano e vanno tuttora lievitando fino quasi al doppio del prezzo che riusciamo ad applicare noi.
Quali sono le differenze tra il vostro gruppo ed i grandi marchi che vendono il fotovoltaico?
I grandi marchi che vendono il fotovoltaico sono dei franchising, ovvero grandi aziende con un nome conosciuto che pagano soltanto una rete di venditori e poi appaltano l’installazione per pochi spiccioli a piccole società di installatori tenendosi un buon margine per loro.
Quel che abbiamo realizzato invece è una sorta di km zero del fotovoltaico se paragonato a questo tipo di aziende, poiché siamo andati a creare convenzioni con le stesse piccole aziende che direttamente realizzano gli impianti. Per arrivare a convenzionarci le aziende sono scelte in base a criteri etici quali la modalità di assunzione degli operai e la trasparenza nei bilanci, ma anche professionali intesi come efficienza ed effettiva capacità di offrire consulenze e montaggi ad arte in tempi ragionevoli… fino ad ora abbiamo scelto le azienda tra decine contattate o che ci hanno contattato e le abbiamo testate facendogli fare il primo impianto ad amici e parenti…
Ma la cosa più interessante per noi è entrare nelle case e poter dare consigli in generale sul risparmio energetico e le opportunità di efficientamento degli impianti esistenti. Spesso si spendono molti soldi e magari al contempo si utilizzano grandi quantità di combustibili fossili, soltanto perché non si conoscono le alternative esistenti.
Come funziona il vostro lavoro?
Normalmente quanto ci arriva una richiesta di nuova adesione si prende appuntamento per un sopralluogo in cui è presente un ingegnere ed un rappresentate della nostra associazione. In questa occasione ci si conosce dal vivo, si risponde a tutte le eventuali domande e dubbi, e dopo aver visionato le bollette, gli impianti esistenti, il tetto e la sua esposizione, diamo suggerimenti, consigli ed inviamo gratuitamente (e senza alcun impegno di acquisto) via mail nei giorni successivi un preventivo completo di business plan per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico. Per gli impianti effettivamente realizzati le aziende ci riconoscono delle piccole donazioni oppure a seconda dei casi si mettono a disposizione per sponsorizzarci delle iniziative culturali; noi ne siamo ovviamente felicissimi perché ci permette di affrontare le nostre spese e realizzare alcuni progetti,. In ogni caso questa voce di spesa per loro è molto più bassa di quel che costerebbe una vera e propria rete vendita e gli permette di mantenere altrettanto bassi i costi degli impianti che ad oggi sono tra i migliori tra tutti i gruppi dì acquisto. Altra cosa importante, il fatto che gli aderenti hanno occasione di conoscere Libera Polis e per noi è una opportunità per promuovere le altre attività come i corsi su arti e mestieri antichi che sono una delle cose su cui investiamo più energie.
Puoi dirci qualcosa dei corsi e le attività proposti da Libera Polis?
Anche i corsi offrono strumenti concreti per un passaggio verso “decrescita”, “autosufficienza” e maggiore rispetto di ciò che ci sta attorno, consapevoli che soltanto ricostruendo le comunità locali, attraverso rapporti di cooperazione e soltanto tornando a trarre il necessario per vivere dalla terra potremo ricostruire percorsi di vita libera dalla schiavitù spesso opprimente di lavori disumani ed alienanti. Contrariamente a quella che sembra la direzione in cui va la società, incontriamo spesso bella gente, molte persone con un sentire simile al nostro, che aspettano e cercano solo uno stimolo ed una opportunità per trovare il coraggio di cambiare qualcosa nella propria vita ed indirettamente ed inevitabilmente, sottrarre energie al sistema “marcio” che genera distruzione e disuguaglianze, contribuendo invece, con un agire diverso a trasformare in realtà quello che oggi in molti desideriamo.