Batterie Renault: dall’auto elettrica alla casa

Le Batterie Renault pronte a diventare batterie per l’accumulo casalingo col riciclo degli accumulatori della Renault Zoe.http _media.ecoblog.it_4_41e_renault_batterie

Le batterie Renault diventeranno batterie per l’accumulo casalingo. Arriveranno dalla Renault Zoe e avranno le dimensioni di un elettrodomestico da incasso. E’ questo, in sintesi, il progetto sperimentale che la casa francese ha recentemente presentato in collaborazione con l’azienda Powervault. L’idea nasce dall’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dello smaltimento dei vecchi accumulatori e che punta a ridurre fino al 30% l’impiego di componenti nuovi.

A lanciare un prodotto per l’accumulo di energia casalingo era stata in primis Tesla che ha fatto debuttare il Powerwall nel 2015. Altri costruttori, già presenti nel mercato della mobilità elettrica come Nissan, Mercedes e BMW, hanno successivamente lanciato i propri sistemi. Ora tocca a Renault che, al contrario di Tesla, ha deciso di non utilizzare batterie nuove da utilizzare in ambito domestico ma di servirsi di quelle già usate provenienti dalla Zoe, non più adatte al trasporto ma adeguate in ambito domestico. Un progetto all’insegna della sostenibilità ma anche di sicuro interesse commerciale: la Renault Zoe è infatti in vendita anche con la vecchia batteria da 22 kWh a noleggio, e si stimano circa 100.000 esemplari in tutto il mondo con l’accumulatore in leasing. Molti proprietari potrebbero presto passare alla nuova batteria da 41 kWh e a Renault tornerebbero a disposizione numerose batterie da trasformare in Powervault. Secondo la casa francese, utilizzare batterie usate provenienti dalle Zoe farà risparmiare agli utenti del Powervault circa il 30%. Il progetto prevede l’installazioni di 50 unità di prova, utilizzate in abitazioni e scuole del Regno Unito, già dotate di pannelli fotovoltaici.

Fonte: ecoblog.it

Supercharger V3 di Tesla, Musk annuncia il modello ultrarapido

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Sarà pronta tra pochissimo la nuova versione dei Supercharger di Tesla (V3), le super colonnine dedicate alla ricarica delle Model S e delle Model X: il modello di terza generazione è stato annunciato da Elon Musk, chairman di Tesla Motors, che si dice intenzionato a offrire potenze per la ricarica di gran lunga superiori ai 350 kW. Si tratterebbe di un passo in avanti importante relativamente ai tempi di ricarica: superando i 350 kW Tesla ipotizza la possibilità di effettuare ricariche “flash” da pochi minuti, una decina circa ogni 300km mentre secondo i calcoli fatti da Electrek i Supercharger V3 potrebbero consentire una ricarica da 480 chilometri in 15 minuti . Attualmente i connettori delle 769 colonnine Supercharger sono tarati sui 120 kW, ma sono in grado di raggiungere i 145 kW, e possono ricaricare l’80% di una batteria da 85 kWh in 40 minuti e il 100% in 75.  Le Tesla attuali tuttavia non saranno probabilmente in grado di sfruttare appieno tutta la potenza delle nuove stazioni ma il colosso dell’auto elettrica ha già annunciato lo sviluppo di nuove batterie che saranno lanciate a breve, forse già nel 2017 insieme alla Tesla Model 3.  Quella di Tesla sembra essere la risposta all’annuncio di fine novembre fatto da Audi, BMW, Daimler, Ford e Porsche, che hanno avviato una collaborazione per realizzare migliaia di nuove colonnine da 350 kW da qui al 2020.

Fonte: ecoblog.it

Tesla, tegole solari per ricaricare le auto elettriche a casa

Le tegole fotovoltaiche completano il progetto di autosufficienza insieme alle auto elettriche e all’accumulatore Powerwall 2tegole-tesla

Sono state presentate a Wisteria Lane le tegole fotovoltaiche che promettono di completare il progetto di autosufficienza elettrica di Tesla che comprende il sistema di accumulo Powerwall e le auto elettriche dell’azienda di Elon Musk. Realizzate da Tesla in collaborazione con Solar City le tegole – di cui non sono stati rivelati prezzi e prestazioni – integrano i pannelli solari armonizzandosi con le esigenze estetiche delle abitazioni e, secondo quanto riferito da Musk, avrebbero un rendimento inferiore del 2% rispetto ai pannelli della SolarCity attualmente in commercio. Sempre secondo Musk, le tegole sarebbero in grado di assicurare un ciclo di vita fino a tre volte superiore alle tradizionali coperture non smart. Non mancano gli scettici che ritengono che le tegole solari si riscalderanno più dei tradizionali pannelli riducendo l’efficienza produttiva, problema che potrebbe essere aggravato dalla difficoltà nella ventilazione. Disponibili in quattro diversi design (Textured Glass, Slate Glass, Tuscan Glass, Smooth Glass), resistenti agli urti e ai pesi, secondo quanto affermato da Musk, non dovrebbero costare più di un pannello solare della stessa superficie. L’idea è quella di consentire agli utenti delle auto elettriche di utilizzare l’energia prodotta dal sole: l’anello di congiunzione è la nuova batteria Powerwall 2 che per un costo di 6mila euro sarebbe in grado di assicurare energia pulita anche in assenza delle fonti solari. La prima versione (già disponibile in Italia) ha una capacità di 6,4kWh, la seconda da 14 kWh è in grado di soddisfare le esigenze di una casa con quattro camere da letto. L’ultimo trimestre ha fatto segnare un ritorno all’utile di Tesla dopo tre anni di segni negativi e c’è grande attesa per l’arrivo della Model 3 che è già stata prenotata da 400mila clienti. Quanti di loro decideranno di alimentarla con l’energia prodotta sul proprio tetto?

5 Guarda la Galleria “Tegole solari Tesla”

Fonte: ecoblog.it

Auto elettrica: in California è boom

Ostacolata per decenni dall’industria petrolifera, l’auto elettrica sta vivendo un momento di successo nel più popoloso stato americano. Restano da risolvere i problemi di autonomia e di prezzoTesla-2014

Ostacolata per decenni dall’industria petrolifera, l’auto elettrica sta conquistando sempre più adepti in California, Stato nel quale si sta sviluppando una rete di distributori sempre più capillare. Sono circa 150mila i californiani che sono passati all’auto elettrica per potersi spostare a impatto zero. La Tesla elettrica, per esempio, ha un’autonomia di 300 chilometri e garantisce ai suoi possessori spostamenti piuttosto lunghi, ma è ovvio che una diffusione su larga scala potrà avvenire soltanto con una rete in grado di consentire ai “pionieri” dell’elettrico di potersi muovere senza il rischio di rimanere a piedi a causa dell’esaurimento della batteria. Come è accaduto spesso sia sui temi ambientali che per quanto riguarda i diritti civili, la California si sta imponendo come uno Stato modello e il governatore Jerry Brown farà parte della folta delegazione statunitense alla COP21 di Parigi che inizierà fra pochi giorni. Ma i problemi, ovviamente, non sono soltanto quelli relativi alla rete distributiva. Una Tesla elettrica costa attualmente 100mila dollari, una cifra piuttosto proibitiva, ma va detto che la Nissan Leaf o la Chevrolet Volt hanno prezzi decisamente più abbordabili, anche se la loro autonomia è inferiore, fra i 50 e i 250 chilometri, elemento che le rende maggiormente dipendenti dalla rete di distribuzione. Attualmente il rapporto fra distributori e autovetture elettriche è di 1 a 10 e solamente una situazione maggiormente equilibrata potrà far sì che il fenomeno si espanda ulteriormente contribuendo a migliorare la qualità dell’aria di uno Stato che, fra l’altro, sta facendo i conti con la più grande siccità della sua storia.

Fonte: ecoblog.it

L’auto elettrica Suzuki Every EV fa1.300 chilometri senza ricaricare le batterie al litio

La Suzuki Every EV riesce a battere il record di percorrenza più lunga, sfondando il muro dei 1300 Km senza mai ricaricare le batterie e entra nel Guinnessp6-evcar-z-20131116-e1384513514159-620x350

Un record che pone le auto elettriche sotto una luce completamente diversa: la Suzuki Every EV riesce a sfondare i 1300 km di percorrenza con una sola ricarica elettrica, tanto che il record dovrà essere validato per entrare nel libro dei Guinness. Ma come è stato possibile? Ce lo raccontano i colleghi di autoblog.it che spiegano che alla base del risultato ci sono tanta pazienza e esperienza. Dunque, il test è stato effettuato su un circuito di 25 Km installato tra le strade di Ogata e ripetuto 52 volte alla velocità media di 30 km/h. Il precedente record si era fermato a 1.003,2 Km percorsi e dunque la Suzuki Every EV ha migliorato di 300 Km quest’ultima prova.Alla guida si è alternato giorno e notte un team di 4 piloti tra cui Kenjiro Shinozuka, 64 anni, che nel 1997 è diventato il primo pilota giapponese a vincere il Rally di Dakar. I piloti hanno utilizzato un autovettura con un pacco batterie agli ioni di litio in misura maggiore per le reali capacità che ha trovato collocazione all’interno del vano posteriore. La Every è una piccola monovolume che misura 3.67 metri in lunghezza, 1.50 metri in larghezza e 1.90 metri in altezza; pesa appena 930 chili e nel design ricorda la Suzuki Carry ma più allungata e gentile rispetto alla vettura da lavoro. La Every è disponibile con il motore 1.3 a benzina da 82 CV e può essere a trazione integrale con trasmissione automatica o manuale.

Fonte:  Japan Times

EcoV, l’auto elettrica che potrebbe rivoluzionare la mobilità urbana negli USA

Leggera, poco veloce e con autonomia ridotta, è pero ideale per i pendolari suburbani e per la consegna di merci dell’ultimo miglioEcoV-auto-elettrica

Per gli standard americani, questa è decisamente un’auto minuscola, ma potrebbe rivoluzionare la mobilità urbana oltreoceano. EcoV è un auto elettrica costruita a Detroit (sembra finalmente finito il tempo della delocalizzazione) e venduta per 12000 $ (poco meno di 9000 €). La sua autonomia tra i 40 e i 70 km la rende perfetta per gli spostamenti casa-ufficio dei pendolari e per le consegne delle merci ai negozi del centro città. L’auto che vedete qui sopra è leggera e funzionale, disponibile a 4 o 6 posti oppure come pick up. Non vincerebbe probabilmente un concorso di design, nè una gara di velocità, visto che percorre al massimo 40 km in un’ora. Tuttavia gli spostamenti in città sono caratterizzati proprio dalle basse velocità, sia per il traffico, sia per i limiti, per cui ogni potenza in più risulterebbe essere comunque una potenza sprecata. La ricarica delle batterie costa solo 50 centesimi, per cui secondo i costruttori potrebbe ripagarsi nell’arco di un anno. Le congestioni da traffico sono responsabili negli USA dell’ emissione di 25 milioni di t di CO2, oltre a tutte le altre sostanze inquinanti. Il passaggio alla mobilità elettrica, che può essere alimentata da fonti rinnovabili a differenza dei motori a combustione interna, potrebbe evitare questo inquinamento inutile. Il passo successivo sarebbe naturalmente quello di ridurre gli ingorghi usando di più il telelavoro e i trasporti pubblici, ma lasciamo che gli americani si abituino a guidare auto più piccole prima di farli salire sull’autobus…

Fonte: ecoblog

Sonita, l’auto elettrica riciclabile ha origini cuneesi

Presentata al salone EVER di Montecarlo il prototipo dell’auto elettrica nata da un’idea di Antonio Bertolotto, imprenditore leader nel recupero del biogas da discarica. L’auto potrebbe esser prodotta in nove diverse versioni a partire dal 2014

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La prima uscita pubblica è stata il 27 marzo al salone della mobilità sostenibile EVER di Montecarlo, ma è 100% italiana Sonita, l’auto elettrica nata dall’idea di Antonio Bertolotto, imprenditore leader nel recupero del biogas da discarica con la sua Marco Polo Environmental. Dopo anni di produzione di energia verde, l’imprenditore piemontese ha deciso di cimentarsi nella produzione di un veicolo elettrico da lavoro e da tempo libero leggero, robusto, poco costoso (circa 20 mila euro) e longevo, tale da rendere semplice e poco oneroso il trasporto di persone, piccoli animali e prodotti. Per ora un prototipo, Sonita potrebbe esser prodotta in nove diverse versioni già a partire dal 2014. La piccola auto elettrica dalle origini cuneesi ha l’ambizione di essere più ecologica delle sorelle elettriche finora progettate delle principali case automobilistiche. “Sonita -si legge nella presentazione del veicolo- non deve inquinare nella fase costruttiva poiché si utilizzano come avvii del progetto tutti materiali riciclabili, soprattutto leggeri e resistenti e tutti assemblati con la logica del componente di facile montaggio nella fase costruttiva, fatto salvo il telaio, senza saldature e senza verniciature e di facile smontaggio e riciclaggio alla fine del ciclo di vita del veicolo“. Inoltre Sonita, grazie ad una partnership con la Marcopolo Engineering, mira alla riduzione della CO2 passiva prodotta per la costruzione del veicolo. In pratica ogni veicolo prodotto avrà in dotazione un quantitativo di Humus Anenzy®, il cui contenuto di carbonio andrà ad equilibrare la CO2 prodotta in fase di produzione.

fonte: eco dalle città

LCA dell’auto: la parola alla Fondazione Telios

Continua la nostra inchiesta sul ciclo di vita delle automobili: quanto inquina un’auto se consideriamo il suo intero ciclo di vita? Come si valuta l’impatto ambientale di un’auto tenendo assieme Pm10, ossidi d’azoto e CO2? Risponde Umberto Novarese della Fondazione Telios di Torino

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Ne abbiamo parlato altre volte su Eco dalle Città, ma l’argomento è complesso: quanto inquina un’automobile se consideriamo il suo intero ciclo di vita? Se dal punto di vista delle emissioni inquinanti – Pm10, NOx… – la differenza tra le automobili di ultima generazione e le vecchie categorie Euro è notevole, come la mettiamo con la CO2 emessa durante la fase produttiva? A quanto pare la risposta non è così immediata, e si presta purtroppo a diverse strumentalizzazioni. Per qualcuno il rinnovamento del parco veicoli sarebbe poco più di un bluff, un’eco-bufala su cui si reggerebbe l’intera industria dell’auto. A queste considerazioni hanno già risposto diversi esperti autorevoli. (Vi rimandiamo alle seguenti interviste: Marco Gasparinetti della Direzione Generale Ambiente dell’Unione Europea; Bruno Villavecchia, Direttore del Settore Ambiente ed Energia di AMAT; Alessandro Bertello, responsabile dell’Ufficio Controllo della Qualità dell’Aria della Provincia di Torino). Resta però da capire se – e come – sia possibile valutare l’impatto ambientale di questo rinnovamento, tenendo conto del “risparmio” in termini di ossidi d’azoto e particolato fine, ma anche della CO2 impiegata per produrre i nuovi veicoli. Dopo il parere dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, continuiamo a cercare. Questa volta ha risposto alle domande di Eco dalle Città Umberto Novarese della Fondazione Telios di Torino.

“Le nuove auto sono sempre meno inquinanti: è un messaggio rassicurante. E’ il messaggio che le case costruttrici mandano per tranquillizzare, e per non cambiare. Se l’impatto ambientale sia maggiore rottamando la vecchia auto e producendone una nuova è una domanda a cui non credo sia possibile rispondere con dati certi. Non conosco uno studio di ciclo di vita (life cycle assessment, LCA per gli adepti) sull’intero stadio di produzione di un autoveicolo, dai materiali ai componenti e al loro assemblaggio. Empiricamente si può quindi affermare che è probabilmente meno impattante, sotto questo profilo, “tenersi la propria vecchia auto” anziché acquistarne una nuova. Attenzione però: un’auto nuova senza distinguo? Perché è questa la domanda giusta da porsi. Se dal punto di vista sempre empirico (in mancanza di dati certi) è probabile che l’LCA di un’auto a motore endotermico assomigli a quello di un’auto elettrica, quello che è certo è che l’energia elettrica può essere prodotta da una molteplicità di fonti tra cui quelle rinnovabili, e che in ambito urbano – dove la commistione pedoni-ciclisti-veicoli è piuttosto stretta – l’auto elettrica non immette veleni nei polmoni della gente (ed è pure silenziosa)”.

Ma come viene calcolata la CO2 emessa per produrre un’auto? E’ vero che la quantità di CO2 che deriva dal processo di costruzione di un’auto elettrica è più alta di quella prodotta dalla costruzione di un’automobile a benzina o diesel?

 

Se sì, da cosa dipende? E in tal caso, dopo quanti km percorsi viene ammortizzato lo scarto?
“L’emissione di CO2 è diretta conseguenza delle combustioni: e allora tutte le combustioni necessarie nelle varie fasi produttive dei materiali, dei singoli componenti e dell’assemblaggio finale di un veicolo, devono entrare a far parte dei calcoli, che sono oltremodo complessi e numerosissimi. Occorre, ad esempio, partire dall’estrazione dei minerali contenenti ferro per giungere al prodotto semilavorato, a sua volta differenziato per tipologia e sempre costituito da un composto o lega (quindi occorre effettuare la stessa analisi per ciascun componente di questa lega); di qui proseguire scomponendo tutte le lavorazioni necessarie per giungere al componente (parti di carrozzeria, del motore, ecc.), e quindi all’assemblaggio. I componenti sono numerosissimi a loro volta: si pensi alle parti elettriche, a quelle elettroniche, alle batterie al piombo-acido ospitate in tutti veicoli endotermici… Calcoli del genere sono parte preponderante di quelli necessari per stimare l’intero ciclo di vita del prodotto “automobile”, e comprendono anche quelli connessi ai trasporti dei materiali, dei componenti, e di tutto il resto. Come ho già detto, non sono a conoscenza dell’esistenza di un simile calcolo per la stima dell’LCA e quindi dell’emissione di CO2 derivante dall’intero ciclo produttivo di un’auto. La differenza tra un’auto endotermica ed una elettrica, consiste principalmente nel motore molto complesso ed ingombrante nel primo caso e molto semplice e di ridotto peso ed ingombro nel secondonella batteria molto piccola al piombo-acido nel primo caso e molto grande sia come dimensioni che come contenuto energetico nel secondo, mentre l’elettronica di controllo ha sì funzioni diverse nei due casi ma poco si discosta come volumi e pesi. Tutto il resto è sostanzialmente uguale, a parità di peso e di categoria dei due veicoli messi a confronto. Empiricamente, i processi necessari per la loro costruzione e quindi le emissioni di CO2 ad essi collegati non dovrebbero discostarsi più di tanto. Una risposta esauriente, con i numeri, oggi tuttavia non c’è, a mia conoscenza”.

Quando si parla di inquinamento causato dalle auto, ci sono due aspetti diversi da considerare: le emissioni di CO2 da una parte e gli inquinanti prodotti dall’altra, come le micro polveri e gli ossidi d’azoto. Elementi che non sono affatto direttamente proporzionali. E allora come si fa a stabilire l’impatto ambientale complessivo tenendo conto di entrambi i parametri? 
“Rispondo citando lo studio che un giovane ricercatore del Politecnico di Torino ha compiuto nel 2008-2009 sotto la guida del prof. Massimo Santarelli del Dipartimento di Energetica, grazie al finanziamento della nostra fondazione. Nella relazione finale, pubblicata sul sito http://www.fondazionetelios.it , si legge infatti: “L’indice well-to-wheel è un indicatore assoluto, nato per analisi strettamente energetiche, ma può essere applicato, senza particolari difficoltà, anche a riflessioni di carattere ambientale: è sufficiente, infatti, considerare le emissioni di gas inquinanti al posto dei consumi.” Vengono poi sviluppati calcoli e concetti, che consentono un confronto esauriente tra i diversi tipi di motorizzazioni, e i diversi tipi di emissioni sia inquinanti che ad effetto-serra. Esistono inoltre tutta una serie di criteri che mirano a ricondurre tutti gli impatti derivanti dai vari tipi di emissioni ad un unico indice monetario. Ad esempio il criterio ExTerne di cui si può vedere un’applicazione per i diversi tipi di mobilità in questa presentazione (pag. 34). Spero di fare cosa utile per i lettori di Ecodallecittà rimandando a questi studi, perché è davvero difficile sintetizzarne il contenuto in una risposta breve…”.

Fonte: eco dalle città