Sempre più attivisti partecipano a “Recup”, il recupero di cibo ancora buono nei mercati di Milano

Continua il recupero di frutta e verdura nei mercati del capoluogo lombardo da parte degli attivisti di Recup, che collaborano con #QuartieriRicicloni. 81 kg di frutta e verdura e 5 kg di pane recuperati mercoledì 5 ottobre. E anche molti fiori e piantine386309_1

Un altro mercoledì virtuoso dal punto di vista ambientale e sociale, quello del 5 ottobre, al mercato rionale di piazza Martini, in Zona 4, dove i volontari di Recup, il gruppo che collabora anche al progetto#QuartieriRicicloni di Eco dalle Città e Giacimenti Urbani, con il sostegno di #FondazioneCariplo, ha recuperato ben 81 kg di frutta e verdura e 5 kg di pane. E questa volta la generosìtà dei venditori ambulanti del mercato è andata oltre le donazioni di frutta, verdura e pane, perché una bancarella ha messo a disposizione anche fiori e piantine, avanzate a fine giornata.386309_2

Il gruppo dei volontari, inoltre, era più numeroso del solito, grazie alla partecipazione di altre associazioni amiche e di alcune realtà presenti nei quartieri Molise e Calvairate. C’era anche un videomaker di Repubblica.

Ricordiamo i mercati e i giorni nei quali i volontari di Recup recuperano e ridistribuiscono il cibo a Milano:

Lunedì ore 14, via Cambini, M1 Rovereto 

Mercoledì ore 14, piazzale Martini, bus 90/91 e 92 

Venerdì ore 14, via Termopili, M1 Pasteur 

Sabato ore 16, piazzale Sant’Agostino, M2 Sant’Agostino

Fonte: ecodallecitta.it

Dentro al santuario degli attivisti pro-ogm

L’anno scorso su twitter il vicepresidente di Monsanto, Robert Fraley, postò il link a un articolo secondo cui coloro che mantengono diffidenze nei confronti degli ogm sarebbero confusi, spinti dall’ideologia o vittima di disinformazione conseguenza dell’accesso libero alla cosiddetta “università di Google”, o addirittura teorici della cospirazione. Non avvertite anche in Italia la tendenza a etichettare così chi è critico? L’invito è a leggere le acute riflessioni di Colin Todhunter, scrittore indipendente che pubblica su diverse testate, tra cui Countercurrents e Global Research.ogm_ricerca_scienza

Dall’articolo di Colin Todhunter: QUI.

QUI il link postato da Fraley.

Fraley si chiedeva perchè le persone dubitassero della scienza e dava l’idea che coloro che criticavano gli ogm fossero degli agitatori o degli adepti della pseudo-scienza, spiega Todhunter nel suo articolo.

«L’industria e la sua corte di attivisti pro-ogm nel mondo scientifico e nei media hanno una visione del mondo che esige che la popolazione si inchini a qualche sorta di sacerdote della scienza le cui conoscenze e opinioni non devono mai essere messe in discussione (ascoltate questa recente presentazione alla Oxford Real Farming Conference, dal minuto 17:00). Esigono che crediamo ciecamente nella capacità della scienza di risolvere i problemi dell’umanità. Deferenza e fede sono le chiavi della religione. Il problema è che ricche multinazionali e ricchi individui hanno manipolato l’idea di scienza e sono riusciti a distorcere la ricerca scientifica. Hanno trasformato la loro vasta influenza economica in influenza politica, in controllo della scienza e delle istituzioni scientifiche. Il risultato è che gli istituti scientifici, i programmi di ricerca e chi la ricerca la fa sono oggi troppo spesso servi compiacenti degli interessi delle multinazionali. Lungi dal rendere libera l’umanità, il controllo della scienza e della ricerca scientifica e il dibattito influenzato dai media sono diventati uno strumento di inganno».

«La ragione per la quale così tante persone dubitano della scienza sta nel fatto che vedono quanto sia corrotta e manipolata dalle multinazionali. Quindi ritengono tali multinazionali irresponsabili e le loro attività e prodotti non adeguatamente regolati dai governi». Il sociologo Robert Merton ha sottolineato  come il patto tacito su cui si dovrebbe fondare la scienza vorrebbe una ricerca non dedita ad interessi personali, la vorrebbe votata alla proprietà intellettuale condivisa e comune, alla collaborazione e impegnata ad assoggettare i risultati a scrutinio organizzato e rigoroso. Non dovrebbero esistere i segreti, i dogmi e gli interessi privati».

«La realtà – prosegue Todhunter – è che le carriere, le reputazioni, gli interessi commerciali e i finanziamenti, tutto va nella direzione di minare questi fondamenti».

Scienza distorta, verità alterata

«Nel 2014 il segretario Usa per l’agricoltura, Tom Vilsack,invocava dati scientifici solidi a sostegno degli scambi alimentari tra Usa ed Europa. Le associazioni dei consumatori in Usa stanno spingendo per l’etichettatura degli ogm, ma Vilsack ha detto che mettere un’etichetta sugli alimenti per dire che contengono ogm “rischia di dare l’errata impressione che ci siano problemi di sicurezza”. Malgrado quanto Vilsack vuole farci credere, molti studi scientifici dimostrano che gli ogm rappresentano realmente un grosso problema di sicurezza e hanno anche conseguenze pesanti a livello ambientale, sociale ed economico (per esempio QUI su ogm e pesticidi in Argentina , QUI su come l’agricoltura ogni rappresenti un ecocidio in Sud America e QUI sugli effetti e l’impatto degli ogm)».

Vilsack non vuole permettere che i consumatori, malgrado lo richiedano, sappiano cosa mangiano; sta cercando di chiudere un dibattito scomodo per le multinazionali, perchè l’etichettatura darebbe la possibilità alla gente di rifiutare gli ogm. Eliminando i confronti aperti sugli ogm si vuole naturalmente chiudere la bocca a tutti i critici ed eliminare la discussione scientifica, politica e pubblica.

«Il concetto di scienza solida è stato manipolato – continua Todhunter – per un obiettivo preciso: gli ogm sono una strategia portata avanti dall’agrobusiness mondiale per controllare la proprietà intellettuale e le catene di approvvigionamento alimentare a livello globale».

«L’industria conduce studi inadeguati, a breve termine e nasconde i dati prodotti dalle proprie ricerche adducendo il segreto commerciale, ma ci sono ormai numerose ricerche che evidenziano i pericoli e i potenziali effetti dannosi degli ogm (si veda QUI e QUI). È stata accusata di falsità in India, di corruzione in Indonesia e intimidazioni contro chi sfida gli interessi delle multinazionali, così come di distorsione e censura dei dati scientifici  (si veda QUI e QUI)».

«Con l’obiettivo di modificare gli organismi per creare brevetti che assicurino sempre maggiori controlli su sementi, mercati e catena alimentare, il settore degli ogm si preoccupa solo di un certo tipo di scienza, quella che sostiene gli obiettivi dell’industria. Se veramente la scienza è tenuta in così alta considerazione da queste multinazionali, allora perché negli Usa non si etichettano i cibi ogm e non si permette che gli studi delle industrie siano pienamente accessibili e sottoposti a pubblico controllo invece di tenerli segreti, limitare la ricerca indipendente o ricorrere a tattiche manipolatorie? Se la scienza è tenuta in così alta considerazione dal settore degli ogm, perché allora in Usa si è permesso che i cibi ogm arrivassero sul mercato senza adeguati test a lungo termine? L’argomento usato come giustificazione è che i cibi ogm sono sostanzialmente equivalenti al cibo convenzionale. Ciò è sbagliato (si veda anche QUI). La “sostanziale equivalenza” è una strategia di mercato che semplicemente sottrae gli ogm dal tipo di controllo solitamente applicato alle sostanze potenzialmente tossiche o pericolose».

«Le industrie degli ogm sanno di soccombere nel dibattito scientifico (malgrado i pr assoldati sostengano il contrario), quindi catturano l’attenzione del pubblico propagando menzogne. Parte di esse si fondano sull’emotività: il mondo ha bisogno degli ogm per sconfiggere la fame. Ormai questo mito è crollato (si veda QUI , QUI e QUI)».

«La fede della gente nella ricerca è stata scossa a più livelli, non ultimo perché le multinazionali hanno accesso garantito alle decisioni politiche e stanno finanziando sempre di più la ricerca. Dice Kamalakar Duvvuru: “Andrew Neigbour, ex amministratore della Washington University di St. Louis, che ha gestito il legame milionario con la Monsanto, ammette che il denaro dell’industria arriva a certe condizioni: limita ciò che si fa, quando lo si fa e chi deve approvarlo”. La realtà è che Monsanto sta finanziando la ricerca non a beneficio dei contadini o della gente, ma per i propri interessi commerciali». La gente non dubita della scienza in sé, ma della scienza assoggettata alle pressioni delle multinazionali che vogliono ottenere risultati compiacenti oppure bypassare certe procedure. Basti leggere il rapporto Seedy Business per capire come la scienza sia vittima dell’agrobusiness. Scrive Claire Robinson: «Non sorprende che molti scienziati di enti pubblici e organizzazioni si alleino con l’industria degli ogm, dal momento che dipendono pesantemente dai fondi che arrivano da lì. Le multinazionali degli ogm hanno rappresentanti nei comitati universitari e della ricerca così come tra i decisori politici. Monsanto ha donato almeno un milione di dollari alla University of Florida Foundation. Alcuni scienziati accademici sono titolari di brevetti e sono coinvolti in spin-off che sviluppano ogm».

Per non parlare della revisione degli articoli che approdano sulle riviste scientifiche.

Scienziati come preti: opinioni personali mascherate da fatti

«Gli scienziati non rendono giustizia nè a se stessi nè alla scienza quando smerciano retorica sugli ogm». Si pensi a chi ha dichiarato che Greenpeace dovrebbe essere accusata di crimini contro l’umanità per la sua ferma opposizione agli ogm».

«Oppure a chi sostiene che certi enti agiscono come regimi totalitari responsabili della morte di milioni di persone solo perché propongono argomenti credibili e scienza a supporto della critica agli ogm».

«La realtà è che la retorica è il tentativo di chiudere la bocca ai critici e di marginalizzare le analisi legittime sulle vere cause della povertà e della fame e le soluzioni vere per un’agricoltura sostenibile che può sfamare l’umanità».

 

Fonte: ilcambiamento.it

In migliaia per la Million Mask March

In tantissime città del mondo si è tenuta ieri la Million Mask March, organizzata dagli attivisti di Anonymous nel giorno dedicato a Guy Fawkes, il 5 novembre appunto. Anche in Italia hanno manifestato gruppi a Roma, Milano, Venezia. Ma cosa ci dice Anonymous?million_mask_roma

Dal 2011 gli attivisti di Anonymous ripropongono questa giornata mondiale di disobbedienza civile che nel tempo ha coinvolto sempre più città nel mondo, la Million Mask March, con i partecipanti che indossano la orma nota maschera che riproduce il viso del cospiratore inglese. Anonymous, gruppo senza un’apparente gerarchia o organizzazione nato in opposizione a quelli che sono stati definiti i governi incostituzionali o illegittimi, quest’anno ha voluto protestare contro l’austerità, la sorveglianza di massa e gli attacchi ai diritti umani, per “fare luce sui governi corrotti, al fine di liberare la gente dall’oppressione”, hanno spiegato sul sito dedicato e sulla pagina Facebook.

Erano quasi 500 i gruppi sparsi per il mondo che hanno annunciato l’adesione alla cosiddetta Bonfire Night, soprattutto in Europa e nell’America settentrionale. Tra le città più attive c’è Londra, che ha visto sfilare migliaia di manifestanti. La giornata del 5 novembre è dedicata a Guy Fawkes, che fu uno dei protagonisti della cosiddetta congiura delle polveri; la maschera di Anonymous è la stilizzazione del suo volto come lo si ricava da una stampa dell’epoca. Per come la vedono gli attivisti del gruppo, i cospiratori che ordirono nel 1605 l’attentato contro il re protestante Giacomo I erano quattordici cattolici delusi dalla rigidità, dall’autoritarismo e dai soprusi messi in atto dal monarca. Di qui la protesta contro “un potere che non ascolta”. La congiura di Fawkes fallì, i quattordici vennero uccisi, ma Fawkes è assurto a simbolo dell’opposizione al potere, del contrasto alla tirannia. Nel 2005 il film V per Vendetta (tratto dal fumetto di Alan Moore) di James McTeigue aveva come protagonista un uomo che indossava una maschera e lottava contro un regime totalitario; da lì si è ispirato Anonymous. Nel 2007 quando la crisi economica comincia a pesare come un macigno, la protesta di Anonymous e quella maschera diventano un fenomeno planetario che si batte contro lo strapotere dell’economia, la distanza sempre crescente tra cittadini e classe dirigente, il controllo dell’informazione da parte del potere.

In Italia eventi a MILANOROMA e VENEZIA. Ecco il trailer del film “V come vendetta” del 2005

Fonte: ilcambiamento.it

Marco Bersani, dai movimenti per l’acqua alla riscoperta dei beni comuni

Dopo il referendum sull’acqua pubblica il concetto di “bene comune” ha cominciato a pervadere la comunicazione, superando la favola che ci è stata raccontata per anni del “privato è bello”. Così Marco Bersani di Attac Italia ha spiegato uno dei cambiamenti culturali fondamentali introdotto dai movimenti per l’acqua.

Attac fa parte di una rete internazionale, nata in Italia nel 2000, e composta da attivisti ben formati e informati. Una delle prime iniziative per cui si era mobilitata è stata la realizzazione di una legge di iniziativa popolare sulla tassazione delle transazioni finanziarie. Dopo aver raccolto oltre 200 mila firme la proposta è arrivata in parlamento diventando, molto tempo dopo, qualcosa di estremamente diverso dal progetto iniziale.acqua_pubblica_forum2

Il principio di base da cui parte Attac è la consapevolezza che i poteri forti stanno “finanziarizzando” tutto, inglobando non solo i mercati ma la vita stessa delle persone. Il punto di partenza doveva essere dunque quello di sottrarre i beni comuni da questo processo onnivoro e l’acqua era uno di quei beni. “La nostra forza”, spiega Bersani, “è stata quella di riuscire a parlare con l’intera società, facendo sentire tutti coinvolti”. Dall’esperienza dei movimenti per l’acqua Bersani ha imparato che il “fare rete” è fondamentale ma difficile, per questo non bisogna mai dare nulla per scontato. Una strategia per unire i movimenti senza il rischio che uno fagociti l’altro, è quella di trovare gli elementi comuni all’interno di ogni singola vertenza per rafforzare la battaglia di ogni movimento. Dopo la vittoria del referendum e l’affermazione del concetto di bene comune, “i poteri forti hanno imposto il paradigma che il nostro unico problema è il debito e che non ci sono i soldi”, a questo Bersani e gli attivisti di Attac rispondono che se la crisi è di tutti i cittadini allora tutti devono partecipare alla discussione sulle soluzioni per uscirne. Allo stesso modo, se il debito è pubblico i cittadini devono avere la possibilità di accedere ai documenti necessari per capire in cosa consiste il debito e chi lo ha creato. Parlando, ad esempio, dei costi lievitati per la costruzione della Metro C a Roma, ognuno dovrebbe essere messo nelle condizioni di capire perché un chilometro di metro nella nostra capitale costa circa ventitré volte di più della costruzione di un chilometro di metro ad Amburgo. La consapevolezza degli individui è insomma un aspetto fondamentale per restituire nelle mani dei singoli la capacità di azione che trent’anni di deleghe ai poteri forti hanno atrofizzato.bersani

“Dobbiamo riappropriarci degli spazi della democrazia”, aggiunge Bersani, “per affermare il paradigma che si esce dalla crisi in un modo diverso da quello imposto dalla finanza”. Parla di un’economia solidale e di una riconversione ecologica che abbia alla base una pianificazione condivisa dei processi necessari per scardinare il modello liberista. “Porto l’esempio della Fiat: perché restare attaccati al dogma che l’azienda debba produrre solo veicoli privati” – si chiede – “quando potrebbe produrne per la mobilità pubblica?”.  È chiaro che si tratta di un processo lungo, ammette Bersani, come un’erosione carsica che alla fine porta al successo cui hanno condotto i movimenti per l’acqua. “Uno degli elementi che ci ha imposto il modello liberista”, continua, “è l’attenzione al prodotto piuttosto che al processo, ma a mio avviso è proprio il processo il momento fondamentale su cui concentrare l’attenzione.” Il risultato straordinario raggiunto durante la campagna referendaria è stato infatti quello di ottenere il coinvolgimento e l’interessamento di una fetta di popolazione normalmente esclusa o disinteressata. Fa sorridere e riflettere il racconto di Bersani, quando parla della mail di un’anziana signora di 86 anni, chiusa in una casa di riposo, che ai tempi della campagna aveva scritto una mail agli attivisti per esprimere la sua vicinanza a loro e alla causa dell’acqua bene comune.jpg_azione3web

La totale inadempienza ai risultati plebiscitari del referendum è stata l’ennesima riprova della perdita di democrazia nel paese. La strada per riconquistarla inizia dalla riappropriazione degli spazi e da un forte radicamento locale, per questo è necessario ripartire dalle realtà che operano sul territorio. Indebolire e gradualmente far sparire gli enti locali è un modo per indebolire la democrazia diretta: se il potere viene centralizzato e allontanato è più facile che subentri la rassegnazione nel cittadino. “Credo che gli attivisti debbano muoversi secondo il principio di una lenta impazienza, cioè l’impazienza come consapevolezza dell’inaccettabilità dello stato attuale delle cose, ma rimanendo coscienti della lentezza dei tempi necessari per il cambiamento.”

Elena Risi

Fonte: italiachecambia.org

“Colpevoli di pacifismo”, attivisti di Greenpeace prigionieri in Russia

Il 5 ottobre in tutto il mondo si sono svolte manifestazioni e iniziative di solidarietà per chiedere la scarcerazione degli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia con l’accusa di pirateria a seguito della pacifica protesta contro la piattaforma petrolifera di Gazprom, la prima ad operare nell’Artico.Immagine

Sabato scorso si sono svolte in tutto il mondo iniziative di solidarietà, manifestazioni e veglie per chiedere la scarcerazione degli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia con l’accusa di pirateria a seguito della pacifica protesta contro la piattaforma petrolifera di Gazprom, la prima ad operare nell’Artico. Tra i trenta attivisti anche un italiano, Cristian D’Alessandro. Cristian, 31 anni, napoletano, è laureato in biotecnologie mediche, fa parte dell’equipaggio delle navi di Greenpeace (Arctic Sunrise, Esperanza, Rainbow Warrior) da due anni. Per chiederne la liberazione, eventi in corso o in programma in 135 città in 45 Paesi, dalla Nuova Zelanda al Messico, dalla Thailandia alla Norvegia. Sabato in Italia i volontari di Greenpeace stanno facendo attività di sensibilizzazione nelle maggiori città, chiedendo a quante più persone possibile di unirsi all’appello rivolto alle autorità russe per la scarcerazione di Cristian e gli altri attivisti. La petizione, in Italia al sito, ha raggiunto un milione di firme in due settimane. Ieri un grande striscione con la scritta “Liberate Cristian” è stato aperto sul Maschio Angioino a Napoli, sua città natale.

Ad Hong Kong, centinaia di persone si sono ritrovate al porto per formare un gigantesco banner umano, in Sud Africa si stanno recando verso i centri di detenzione utilizzati durante l’Apartheid, a Toronto proiezioni notturne avranno luogo per tutta la notte. A Madrid i sostenitori di Greenpeace si danno appuntamento a Puerto del Sol con una replica della nave Arctic Sunrise, mentre i pescatori senegalesi dimostreranno la loro solidarietà navigando in flottiglia. A Mosca invece va avanti la protesta davanti alla sede di Gazprom, dove gli attivisti si danno il turno uno alla volta da 10 giorni per non contravvenire alle rigide regolamentazioni russe. “I nostri attivisti hanno compiuto un atto di incredibile coraggio per proteggere tutti noi dai cambiamenti climatici e l’Artico dalle trivellazioni petrolifere. È di cruciale importanza che ora milioni di persone in tutto il mondo si uniscano alla richiesta della loro liberazione, e dimostrino ad aziende come Gazprom e Shell che non ci lasceremo intimidire o ridurre al silenzio” ha dichiarato Kumi Naidoo, Direttore esecutivo di Greenpeace International.

Fonte: il cambiamento

Detenuti 30 attivisti di Greenpeace, “la nostra è una protesta pacifica”

30 attivisti di Greenpeace sono attualmente in stato di fermo in Russia per la protesta contro la trivellazione in Artico. A cinque di loro è stato confermato che sono indagati con l’accusa di “pirateria”. “I nostri attivisti chiaramente non sono pirati e hanno agito in quanto unicamente preoccupati per la salvaguardia dell’ambiente artico”, afferma l’associazione.greenpeace__artico

Il presidente russo Vladimir Putin, intervenuto oggi al forum sull’Artico a Salekhard, ha affermato che i 30 attivisti di Greenpeace attualmente in stato di fermo in Russia per la protesta contro la trivellazione in Artico “ovviamente non sono pirati” ma avrebbero violato la legge internazionale. “Siamo felici che il presidente Putin abbia riconosciuto che i nostri attivisti chiaramente non sono pirati e hanno agito in quanto unicamente preoccupati per la salvaguardia dell’ambiente artico. I nostri climber hanno tentato di arrampicarsi sulla piattaforma petrolifera per attirare l’attenzione sulla minaccia delle trivellazioni nell’Artico e sul bisogno urgente di affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. Ė stata una protesta pacifica contro Gazprom, che ambiva a diventare la prima compagnia a estrarre petrolio dall’ Artico” afferma Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International. Oggi le autorità russe hanno diffuso nuove immagini, apparentemente filmate dalla piattaforma petrolifera, in cui si vedono gli uomini della sicurezza russa confrontarsi con due climber durante la protesta di giovedì scorso.

Si vede chiaramente una donna, l’attivista finlandese Sini Saarela, urlare “scendo, scendo” mentre agenti armati continuano a tirare la corda con cui lei è assicurata alla struttura. Il video mostra anche i colpi sparati in acqua dalle forze dell’ordine russe, nonostante un attivista sul gommone alzi le mani per mostrare che l’azione è pacifica. Da fonti di stampa russe apprendiamo che le guardie di frontiera affermano di non essere state a conoscenza che l’azione di protesta fosse portata avanti da Greenpeace. “Questo non è verosimile” commenta Naidoo. “La fiancata della nostra nave ha ben visibili su entrambi i lati due grandi arcobaleni, due colombe della pace e i loghi di Greenpeace. Ci hanno seguito per 24 ore prima che la protesta iniziasse. Inoltre negli ultimi anni abbiamo intrapreso una serie di iniziative pacifiche in Russia e le autorità ci conoscono bene”. Tutti i 30 attivisti rimangono al momento in stato di fermo vicino Murmansk, a quanto pare in località diverse. A cinque di loro, interrogati la scorsa notte, è stata confermato che sono indagati con l’accusa di “pirateria”, ma attualmente non sono stati accusati formalmente di alcun reato.
Fonte: il cambiamento