Ilva e salute, a Taranto 9mila malati di cancro

Sono 8.916 i tarantini che hanno l’esenzione dal ticket per malattie tumorali. È quanto riferisce l’associazione ambientalista PeaceLink. Nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all’Ilva, secondo l’associazione l’incidenza dei malati di tumore si attesta su un cittadino ogni 18.2taranto__ilva

Sono 8.916 i tarantini che hanno l’esenzione dal ticket per malattie tumorali

Torniamo a parlare di Ilva. L’associazione ambientalista PeaceLink ha infatti diramato un dato molto importante (diffuso già dalla Asl) sui cittadini di Taranto: sono 8.916 i tarantini che hanno l’esenzione dal ticket per malattie tumorali. Nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all’Ilva (Tamburi, Paolo VI, Città vecchia e parte del Borgo), secondo PeaceLink l’incidenza dei malati di tumore si attesta su un cittadino ogni 18. Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione, precisa in una nota: “sono 4.328 malati su 78mila abitanti. Questo significa che se venti persone si riuniscono in una stanza nel quartiere Tamburi almeno una ha un tumore”. Nel resto della città, c’è “un malato di cancro ogni 26. Infatti nel distretto sanitario 4 che comprende il resto della città, vi sono 4.588 malati di tumore su 120mila abitanti. Questa è la situazione attuale”.  “In questo dato”, aggiunge Marescotti, “non si possono calcolare tutti coloro che potrebbero avere un tumore latente o non diagnosticato. Il sindaco di Taranto, che è un medico avrebbe potuto compiere questa ricerca. Perché non lo ha fatto?”. Peacelink si rivolge infine, con un appello, all’Ordine dei medici: “perché venga compiuto un opportuno approfondimento su questi dati in modo da individuare le categorie di persone più esposte. È venuto il momento di avere dati istantanei su tutte le malattie gravi, le diagnosi e i ricoveri. Disporre di un dato istantaneo e conoscerne la sua evoluzione temporale è un primo passo per compiere ulteriori indagini più affinate da un punto di vista epidemiologico”. Intervistato su questo dal Corriere.it, Carlo La Vecchia responsabile del dipartimento di epidemiologia dell’Istituto Mario Negri e docente dell’Università degli Studi di Milano, ha affermato: “Dipende tutto da come viene effettuato il calcolo. Che in Italia una persona su 20 abbia, o abbia avuto un tumore, mi sembra un dato abbastanza ragionevole. I tumori nuovi in Italia sono nell’ordine di 350-400 mila ogni anno, e la sopravvivenza ormai è superiore al 50%. La prima variabile di cui tener conto è quella dell’età, dove la popolazione è più anziana, come per esempio in Liguria, si ha un tasso di prevalenza maggiore”. “Quella di Taranto”, continua La Vecchia, “è una prevalenza (dato relativo a chi ha o ha avuto un tumore, ndr.) intorno al 25%, e probabilmente è analoga anche altrove: in Italia sarebbe intorno ai 3 milioni di persone. Il problema dell’Ilva resta comunque quello che i tumori attuali non possono essere attribuiti alle esposizioni attuali. Sia che siano associati alle esposizioni ambientali sia che non lo siano, quei valori vanno riferiti al passato. Sempre con due cautele da far presente: l’età e l’eventuale indice di deprivazione”.

Fonte: il cambiamento

Camerun, l’habitat degli scimpanzé minacciato dalla diffusione dell’olio di palma

Greenpeace denuncia i progetti dell’americana Herakles Farm che vorrebbe deforestare in Camerun per piantare olio di palma, mettendo a rischio l’habitat di scimpanzé, babbuini e altre specie di scimmie rareScimpanzè-Camerun-586x318

La fame occidentale per l’olio di palma sembra non conoscere limiti: dopo aver devastato Malesia e Indonesia, ora ci si rivolge all’Africa. L’azienda americana Herakles farm vorrebbe distruggere lotti di foresta in Camerun per produrre il contestato olio pieno di grassi saturi (1). Lo denuncia Greenpeace, che contesta le affermazioni della Herakles secondo cui i terreni di coltura della concessione Nguti sarebbero già deforestati e di scarso valore naturalistico. Le rilevazioni aeree e le visite sul campo effettuate dall’associazione ambientalista mostrano invece che il territorio interessato (2) è ricchissimo di specie animali e vegetali, tra cui numerosi primati, in particolare lo scimpanzé, il mandrillo e il colobo rosso di Preuss. Il fatto è confermato anche da uno studio congiunto di un’università camerunense e tedesca. Negli ultimi 20 anni la domanda europea di olio di palma è cresciuta di circa 5 volte; è davvero una pia illusione pensare che tutto questo olio  possa esse prodotto nelle regioni equatoriali in modo “sostenibile” senza danneggiare l’ambiente.  (1) L’olio di palma contiene il 50% di grassi saturi, più o meno come il lardo suino. Lo si può vedere nel database nutrizionale USDA o semplicemente leggendo le etichette dei prodotti alimentari (biscotti, grissini, fette biscottate ecc), in cui i grassi saturi sono sempre la metà del totale. (2) L’area si trova nell’interstizio tra quattro parchi nazionali, di cui il più importante (”A” sulla mappa) è il parco di Korup, che si unisce al Cross River park nigeriano oltre confine.

Fonte: ecoblog

Marea nera in Thailandia, 50 mila litri di petrolio in area protetta

Greggio in mare al largo delle coste orientali della Thailandia. Il petrolio ha contaminato la baia di Ao Phrao a Koh Samet nel parco di Khao Laem Ya-Mu Koh Samet National Park in area marina protettathailandia5_01

50 tonnellate di greggio pari a 50 mila litri sono state disperse in mare nella Thailandia orientale e nel giro di due giorni hanno raggiunto 20 km di spiaggia nella baia di Ao Phrao nel Parco protetto Khao-Laem-Yah Koh Samet. Ne dà notizia la stessa compagnia petrolifera PTT Global Chemical che annuncia già il 27 luglio la fuoriuscita di greggio a causa della rottura di una tubazione ma nel comunicato tende anche a minimizzare. L’ultimo comunicato di oggi 29 luglio annuncia l’intervento di ben cinque navi incluse quelle della Marina Militare thailandese e l’intervento di volontari che stanno iniziando a ripulire la baia.

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Anon Sirisaengtaksin direttore di PTT GC ha presentato le sue scuse durante una conferenza stampa riconoscendo la responsabilità dell’impresa nella perdita del greggio durante il trasferimento da un container verso l’oleodotto che alimenta la raffineria PTT. Greenpeace avverte che la perdita è enorme e lancia l’appello alla Thailandia per mettere fine alle trivellazioni le Golfo. Ha detto Ply Pirom membro dell’associazione ambientalista:

Il golfo della Thailandia è sotto minaccia continua delle maree nere a causa dei continui trasporti delle petroliere nei punti di rifornimento e si contiano negli ultimi 30 anni otre 200 perdite consistenti di greggio.

Conferma la gravità dell’inquinamento anche Puchong Saritdeechaikul direttore del Centro di conservazione delle risorse marine e costiere che risponde direttamente al Governo e ammette che è la priva volta che l’Isola di Samet viene contaminata.

Fonte: Le Monde