Asfalto più green con il polverino di gomma

Il Progetto Europeo Nereide studia a Lucca l’asfalto del futuro, fatto anche con polverino di pneumatici riciclati.asfalto-piu-green-con-il-polverino-di-gomma_02

Meno rumore, più aderenza e sicurezza e uno sbocco commerciale per il riciclo di pneumatici fuori uso. Questi gli obiettivi del progetto europeo LIFE Nereide, che tramite l’inserimento di polverino di gomma nella formulazione dell’asfalto mira a migliorare le caratteristiche tecniche ed ambientali delle strade. Il progetto di ricerca è cofinanziato, con 2,7 milioni di euro, dalla Comunità Europea, e guidato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa. Tra i partner ci sono anche l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT), il Belgian Road Research Centre (BRCC), l’Istituto di acustica e sensoristica Orso Maria Corbino del CNR ed Ecopneus, uno dei consorzi a cui è affidata la gestione dei pneumatici fuori uso (PFU) in Italia.

I PFU, è bene chiarirlo, sono un rifiuto speciale (Codice Cer 160103) altamente inquinante e, per questo vanno smaltiti a norma di legge. Trovare uno sbocco commerciale ai PFU è una sfida non da poco ma che potrebbe aumentare sensibilmente le percentuali di smaltimento di questo rifiuto.

I partner di Nereide hanno scelto Massarosa, in provincia di Lucca, per realizzare un tratto di strada di 2,4 km con un asfalto sperimentale. Realizzato con tecnica “a tiepido” (cioè con temperature inferiori di 30-40 gradi rispetto alla produzione standard), questo asfalto ingloba al suo interno una piccola percentuale di polverino di gomma proveniente da PFU.

Questo asfalto si è dimostrato più silenzioso di 5 decibel rispetto a quello tradizionale e ha una aderenza superiore del 20%. L’inquinamento atmosferico derivante dall’utilizzo di materiali riciclati è inferiore del 30% (soprattutto perché si tolgono di mezzo un po’ di PFU e ci vuole meno energia termica per la produzione a tiepido) e, cosa interessante, la durata della pavimentazione è superiore.

Al momento si stanno testando varie miscele e questo autunno partirà la seconda fase della sperimentazione con fino al 20% di polverino di gomma, per capire quale è la scelta migliore in termini ambientali ed economici. Con percentuali vicine al 20% si può ottenere una diminuzione del rumore dovuto al passaggio delle auto di 12 decibel (una riduzione simile a quella ottenibile installando le classiche barriere acustiche).

ARPAT e CNR hanno sviluppato nuovi protocolli acustici per misurare con estrema precisione l’effettiva riduzione del rumore, anche in contesti urbani o complessi, e anche strumenti e modelli psicoacustici per valutarne il reale impatto sulla percezione dei cittadini“, spiega una nota rilasciata dai partner di Nereide. Una formulazione commerciale di asfalto con alta percentuale di polverino potrebbe avere sbocchi virtualmente globali: lo testimonia l’interesse mostrato da grandi gruppi automobilistici internazionali, come Toyota Motors e la controllata Hino Motors che hanno inviato a maggio scorso una delegazione nel sito del progetto Nereide per capire quali risultati potrebbero arrivare nel futuro prossimo.

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Fonte: ecoblog.it

Italia ancora ultima in Europa per il riciclo delle pavimentazioni stradali

In Italia si recupera appena il 20% delle pavimentazioni stradali, contro il 60% di media Europea, con un mancato guadagno di 500 milioni di euro l’anno e una riduzione di emissioni inquinanti equivalenti a quelle generate da 3 raffinerie di medie dimensioni e dal traffico prodotto da 330.000 autocarri sul territorio nazionale381189

L’Italia è fanalino di coda nel riciclo delle pavimentazioni stradali: solo il 20% (contro una media europea che sfiora il 60%) viene recuperato. Ogni anno il pieno recupero delle pavimentazioni stradali “fresate” produrrebbe un valore economico di almeno 500 mln di euro senza contare la riduzione di emissioni inquinanti equivalenti a quelle generate da 3 raffinerie di medie dimensioni e dal traffico prodotto da 330.000 autocarri sul territorio nazionale.
Sono questi i principali dati che emergono dall’analisi condotta dal Siteb – l’Associazione Italiana Bitume e Asfalto Stradale – che ha elaborato e confrontato i dati nazionali relativi al riciclo delle pavimentazioni stradali con quelli dei principali Paesi Europei. Come testimoniato dallo studio promosso dall’Associazione, l’Italia (un tempo il secondo mercato in Europa dietro alla Germania per le attività connesse alla realizzazione e manutenzione di strade) ha perso posizioni, ma comunque resta ai primissimi posti per la produzione di conglomerato bituminoso con 22,3 milioni di tonnellate; la precedono solo Turchia (46,2 mln), Germania (41 mln) e Francia (35,4 mln). In compenso il nostro Paese è in coda (terz’ultimo posto) nella speciale classifica dei Paesi che riciclano maggiormente questo materiale seguito solo da Repubblica Ceca (18%) e Turchia (3%). A differenza di ciò che avviene in Paesi come Germania (90% di recupero), Francia (64%), Regno Unito (80%) e anche nel piccolo Belgio (61%), in Ungheria (90%), in Svizzera (48%) e nella Slovenia (26%), in Italia si recupera solo il 20% del fresato disponibile, con grave spreco di risorse economiche. Questo materiale, oltre a possedere elevate caratteristiche tecniche e ad essere totalmente riutilizzabile nelle costruzioni stradali, possiede infatti un notevole valore economico. Secondo le stime del SITEB il totale recupero del fresato d’asfalto (10 mln di tonnellate) prodotto annualmente genererebbe un risparmio economico di risorse pari a 500 milioni di euro (valore della sola materia prima sostituita, senza contare i costi dell’eventuale smaltimento in discarica), evitando la produzione di bitume di tre raffinerie di medie dimensioni e il depauperamento di alcuni milioni di metri cubi di terreno dalle cave di prestito sul territorio nazionale. Recuperare il fresato significa, infatti, ridurre le importazioni di petrolio e salvaguardare l’aspetto paesaggistico del territorio evitando l’apertura di cave.  Lo hanno capito bene nel resto dell’Europa: in Francia vige il divieto di portare in discarica il fresato d’asfalto, considerato “prodotto primario”, da riutilizzare nel ciclo produttivo. La Germania, che ha perso quest’anno il primato europeo nella produzione di asfalto a vantaggio della Turchia, giudica il fresato d’asfalto (11,5 mln di tonnellate) come il miglior materiale costituente e lo recupera al 90%. In Olanda, Paese notoriamente povero di terra, sono attivi impianti che eliminano l’eventuale presenza di catrame nel materiale raccolto e consentono di recuperare totalmente l’inerte. In Inghilterra, Giappone e Stati Uniti gli studi di settore si concentrano sul numero di volte in cui si può riciclare il fresato.
In Italia il fresato, pur avendo le caratteristiche di un sottoprodotto secondo l’art. 184 bis del Dlgs 182/06 (ovvero originato da un processo produttivo il cui scopo non è la produzione di questa sostanza, la certezza del suo riutilizzo e la valenza economica del materiale), viene considerato dalla Pubblica Amministrazione un rifiuto speciale e in tutti i modi si cerca di ostacolarne il recupero pensando di salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini.
“Nonostante la normativa in sede nazionale ed europea spinga, chiaramente verso l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse ambientali”, dichiara il Direttore del Siteb –Stefano Ravaioli, “la burocrazia di questo Paese, il complesso regime autorizzatorio e il pregiudizio di tecnici e progettisti che curano le gare d’appalto ostacolano il riciclo del fresato d’asfalto, limitandone l’impiego e provocando danni al territorio e alle casse degli Enti pubblici. Troppo spesso la normativa nazionale si presta a differenti interpretazioni da parte degli Enti e delle Regioni che disorientano gli operatori del settore, creando uno scenario incerto; è paradossale che proprio nel Paese in cui c’è maggiore disponibilità di fresato, in cui l’inquinamento da catrame non esiste (bitume e catrame sono 2 sostanze ben diverse) e quindi il fresato d’asfalto è riciclabile al 100%, si faccia il possibile per ostacolarne anziché incentivarne il recupero. E’ una questione di buon senso!”. “Chiediamo al Ministero dell’Ambiente”, conclude Ravaioli, “di esprimersi con un Decreto o con una Circolare di chiarimento che semplifichi le cose e che ci riporti al livello degli altri Paesi europei. Convocare quanto prima un tavolo di discussione per fugare ogni dubbio e per approfondire le potenzialità connesse allo sviluppo del settore del recupero del fresato in termini di riduzione dell’inquinamento e come risorsa economica preziosa per le Amministrazioni locali e per la comunità, è un dovere per la parte pubblica e una priorità per tutti!”.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Genova ma non solo…una strage infinita

Ancora un morto per l’acqua che si riprende, ingoiandola, tutta quella terra che gli è stata strappata con il cemento, con la violenza, con l’imposizione, con la speculazione e con l’ignoranza. Genova, oggi, è lo specchio delle nostre colpe.alluvione_genova

Un morto, paesi devastati, strade scomparse, scuole chiuse, una popolazione in emergenza che guarda sbigottita la voragine che le si apre sotto i piedi. Le piogge hanno fatto esondare torrenti che non avrebbero dovuto esondare, hanno provocato danni che non sono giustificabili. Genova è travolta per l’ennesima volta e paga il pezzo di decenni di sfruttamento ambientale senza scrupoli e di abbandono del territorio. «Basta grandi opere inutili, è ora di ragionare seriamente sulla prevenzione e la messa in sicurezza del territorio», ha detto Legambiente. «Gli investimenti previsti dalla Legge obiettivo per l’area di Genova – afferma l’associazione – parlano solo di grandi infrastrutture: tre miliardi per la seconda autostrada di Genova Gronda di ponente, sei miliardi per il Terzo valico ferroviario, la linea ad alta velocità Milano-Genova in gestazione da oltre 20 anni. A cui si possono aggiungere i 45 milioni di euro previsti per la realizzazione dello scolmatore del Fereggiano, destinato a convogliare le acque del torrente». «Per proteggere la popolazione – afferma Legambiente – serve un programma di manutenzione del territorio e di prevenzione del rischio, che fornisca strumenti concreti e fondi per renderli operativi oltre a un’efficace azione di informazione e formazione dei cittadini sulla ’convivenza con il rischiò, per sapere cosa fare in caso di fenomeni come questi». «Occorre – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -invertire la tendenza degli ultimi anni, in cui si è speso circa 800mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli. Ma abbiamo una politica delle infrastrutture che continua a sostenere le grandi opere, e progetti che continuano a rimanere solo sulla carta, a scapito della sicurezza delle persone e del contrasto del dissesto idrogeologico». «Il ministro dell’Ambiente Galletti – prosegue Cogliati Dezza – dichiara che nello Sblocca Italia sono inserite norme che consentono di velocizzare le procedure amministrative sulle opere strategiche per la messa in sicurezza del territorio e afferma la necessità che questi cantieri partano subito. Chiediamo però che a partire sia soprattutto una efficace politica ordinaria di mitigazione del rischio e che si esca finalmente dalla logica dei commissari straordinari». L’articolo 7 del decreto Sblocca Italia, sostiene l’associazione ambientalista, «affronta il tema del rischio idrogeologico attraverso la realizzazione di interventi puntuali, senza mettere in campo una strategia generale di governo del territorio e dei fiumi e un’efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dalle aree urbane che oggi sono le più colpite A Genova un abitante su sei vive o lavora in zone alluvionabili e, di fatto, la popolazione convive con il rischio idrogelogico in una città insicura e pericolosa». «Una politica di adattamento e di mitigazione ai cambiamenti climatici – dichiara Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria – significa intervenire sulla manutenzione e riqualificazione dei corsi d’acqua, sui sistemi di drenaggio delle acque meteoriche, aumentando la capacità di esondazione dei corsi d’acqua e di permeabilità dei suoli urbani o delocalizzare quelle strutture che oggi causano le condizioni di rischio mettendo risorse su questo. I Comuni però stanno subendo una crisi finanziaria senza precedenti e la Regione ha a disposizione pochi fondi. Così a Genova, ancora una volta l’acqua riprende gli spazi che le sono stati sottratti dell’asfalto e dal cemento».

Fonte: ilcambiamento.it

 

Pneumatici fuori uso diventano asfalto: da Torpignattara la novità arriva anche a Roma

Al ForumRifiuti presenti anche Paolo Masini, Assessore alla manutenzione urbana e alle periferie di Roma, e Giovanni Corbetta, Direttore Generale Ecopneus, che hanno parlato della trasformazione degli pneumatici fuori uso in asfalto. Una soluzione sostenibile per risolvere il problema delle strade romane?379539

di Giorgia Fanari e Matteo Nardi

Rifiuti ma anche buche delle strade: i problemi di Roma sono tanti così come sono tanti i modi in cui gli assessori stanno cercando di risolverli. E allora a volte i rifiuti risolvono il problema delle strade romane e dalle periferie della città partono delle sperimentazioni interessanti: “A Torpignattara, in un tratto di circa 300 metri tra Via Giacomo Aicardi e Via Pietro Rovetti, per la riqualificazione del manto stradale a inizio 2014 è stato utilizzato un asfalto composto dal polverino di gomma proveniente dagli pneumatici fuori uso opportunamente riciclati e trattati”, ha spiegato Paolo Masini, Assessore alla manutenzione urbana e alle periferie di Roma intervenendo alla prima giornata del ForumRifiuti.
Come ha spiegato anche Giovanni Corbetta, Direttore Generale Ecopneus, “aggiunto al bitume, il polverino di gomma garantisce un minore impatto ambientale, migliora la tenuta in strada dei veicoli e fonoassorbe il rumore percepito di 5/6 decibel, oltre a garantire un’elevata durata della pavimentazione e una buona risposta in caso di brusche frenate”.
La sperimentazione a Torpignattara, condotta in collaborazione con Legambiente, potrebbe diventare “una best practice per Roma in tema di riuso e riduzione dei disagi per i cittadini”, ha aggiunto Paolo Masini ricordando che la Capitale ha tanti chilometri di strada quanto la Lombardia. “Il riciclaggio degli pneumatici fuori uso riduce la dipendenza dai consumi di fonti fossili come il petrolio e l’uso dei cementifici o delle discariche per il loro smaltimento. Le sperimentazioni, riuscite, in Italia sono molte ma la cosa più soddisfacente è vedere come si crea dal rifiuto la materia prima seconda”, ha aggiunto Giovanni Corbetta di Ecopneus. “In Italia nel 2013 sono state 250.000 le tonnellate di pneumatici fuori uso che sono state raccolte e che, invece di finire in discarica, sono state avviate ai processi per diventare materia prima seconda per superfici di campi sportivi, campi da calcio e strade. La raccolta degli pneumatici fuori uso fatta giorno per giorno – ha spiegato Corbetta – si aggiunge per Ecopneus a quella di 60.000 tonnellate di pneumatici che si trovano in un unico piazzale in provincia di Pavia. Per adesso – ha concluso Corbetta – Ecopneus ne ha portate via 20.000 ma entro la fine del 2016 il piazzale verrà svuotato.

Fonte: ecodallecittà.it

Fotovoltaico, l’asfalto con pannelli solari autofinanziato su Indiegogo

L’asfalto con pannelli solari viene finanziato grassroots su indiegogo con quasi 2 milioni di dollari raccolti con il crowdfunding

Delle autostrade implementate da pannelli fotovoltaici ne scrivevamo molto tempo fa su ecoblog.it poiché il progetto per essere realizzato doveva superare una serie di difficoltà piuttosto complesse. Il concept di strade con pannelli fotovoltaici integrati Solar Roadways dal 2009 è andato avanti e è passato di mano in mano fino a approdare sulla piattaforma di crowdfunding Inidegogo finanziato con quasi 2 milioni di dollari. L’idea è di usare le autostrade come immense piattaforme per implementare pannelli fotovoltaici con vetro temprato e con luci a LED che integrano la segnaletica sia per produrre energia elettrica sia per il sostentamento delle stesse strade che sarebbero più facili da mantenere e che durerebbero tre volte più a lungo del comune asfalto. I pannelli fotovoltaici però funzionano e producono energia di giorno mentre la segnaletica delle strade ha necessità di essere alimentata anche di notte. In merito nelle FAQ si legge:

Abbiamo progettato il nostro prototipo sulla base della “memoria virtuale”, nel senso che tutta l’energia in eccesso viene messa in rete durante le ore diurne e quindi si può riprendere dalla rete di notte. Questo è importante perché l’energia solare è disponibile solo durante il giorno, ma i nostri elementi riscaldanti devono poter funzionare anche di notte in inverno nei climi nordici. Tuttavia, possiamo aggiungere eventuali dispositivi di accumulo di energia, ad esempio, batterie che possono essere collocate in un cavo per un facile accesso. Abbiamo scelto di non utilizzare le batterie nel nostro prototipo poiché temiamo l’alto impatto ambientale dei sistemi di accumulo.led-620x350

Anima delle autostrade con pannelli solari è l’inossidabile Scott Brusow che punta a pannelli solari che costino meno di 10 mila dollari ossia tre volte il costo dell’asfalto. I pannelli del prototipo sono però destinati a durare tre volte più a lungo delle strade asfaltate anche se però non entra nel merito della sicurezza del manto stradale e della capacità di drenaggio, per cui Brusow spiega:

Così andiamo in pareggio e peraltro con i pannelli fotovoltaici si genera elettricità.

Solar Roadways ha ricevuto due tranches di finanziamento dalla US Federal Highway Administration per la ricerca e lo sviluppo di un sistema di pavimentazione ma la Fase II, per costruire il prototipo di un parcheggio, si sta per concludere e ora hanno bisogno di raccogliere fondi per procedere con la produzione. Di fatto il progetto non è ancora abbastanza redditizio, infatti la chiave del successo sta nel tipo di vetro che comporrà i pannelli fotovoltaici: deve essere molto resistente e con elementi che possano sciogliere ghiaccio e neve, in grado di resistere a anni di traffico e autoveicoli pesanti; ma dovrà anche essere in grado di auto-pulirsi perché altrimenti le celle solari se sporche per polvere o pioggia non catturano abbastanza luce solare.

Spiega Brusow:

La nostra superficie di vetro è stato testata per la trazione, prove di carico e resistenza all’impatto in laboratori di ingegneria civile in tutto il paese e ha superato tutti i requisiti.

La fase di test nei parcheggi dicevamo necessita di finanziamento ulteriore e dunque ecco il crowfunding su Indiegogo che per ora tocca quasi 2 milioni di dollari, ben oltre il milione richiesto per procedere con la fase di test. Dopo i soldi si passerà alla realizzazione della pavimentazione da installare in un mega parcheggio e con la strada che produrrà energia per sfamare i centri commerciali: esempio un Wal Mart oppure un superstore che ospiti un parcheggio di almeno 800 mila metri quadrati. Vedremo se alla prova dei fatti la strada con pannelli fotovoltaici avrà un ROI interessante per passare alla fase di produzione in scala.

Fonte: Girst

L’età del cemento, in Lombardia 117mila mq di campi in meno al giorno

Dodici nuove autostrade in fase di realizzazione e progettazione, 117mila mq in meno di suolo libero: un territorio in vendita al miglior offerente 1494349611-586x355

117mila metri quadri al giorno. È questa la cifra da capogiro della superficie di campi coltivati, prati e boschi che vengono impermeabilizzati quotidianamente da asfalto e calcestruzzo, lasciando posto a villette, centri commerciali e capannoni industriali, in nome di interessi politici e speculativi. Il documentario di Mario Petitto è un tassello importante nel dibattito per mettere in luce il fenomeno del consumo del suolo che nella Pianura Padana sta assumendo contorni inquietanti. Sono ben dodici le autostrade in fase di realizzazione e di progettazione. Un numero altissimo specialmente se si pensa a molte e inutili arterie costruite nel corso degli anni, un’aberrazione specialmente se si valutano le statistiche dei flussi di traffico che vengono dati in decrescita nel futuro prossimo. La cementificazione non è soltanto orizzontale ma si sviluppa anche verticalmente, come a Milano dove la speculazione (sospinta dal vento in poppa dell’Expo 2015) ha partorito 100mila vani completamente vuoti che potrebbero garantire un alloggio a tutti coloro che arriveranno nel capoluogo lombardo nei prossimi vent’anni. “Il sonno della ragione genera (eco)mostri” come un albergo innalzato per i Mondiali di Calcio di Italia: 300 stanze mai ultimate e abbattute durante la lavorazione del film. La medicina c’è e ci vorrebbe il coraggio della politica: stop al consumo del suolo. Due anni fa la Provincia di Torino ha lanciato una direttiva, ma le direttive da sole non bastano. In un Paese dove la politica è legata a doppio filo con l’impresa e dove quest’ultima non conosce altro modello che quello che vede nella progressiva cementificazione del territorio l’unica strada per lo sviluppo, ogni .

Fonte: ecoblog

BOLZANO, L’ASFALTO FATTO DA PNEUMATICI ESAUSTI

 

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Nel 2011 la Provincia autonoma di Bolzano ha avviato una sperimentazione che sta dando ottimi risultati: investire su un particolare tipo di asfalto realizzato con l’aggiunta di pneumatici non più utilizzabili al classico bitume.

Per i Pfu (Pneumatici fuori uso) esiste un regolamento specifico sul trattamento e lo smaltimento, come potete leggere sul sito del Ministero dell’Ambiente, talmente specifico che le grandi aziende produttrici di pneumatici hanno creato una società non lucrativa chiamata Ecopneus che si occupa della gestione dei Pfu in Italia: solo nel 2012 ha raccolto 240mila tonnellate di pneumatici “esausti”.

Cifre così alte impongono necessariamente l’ingegno per trovare una soluzione al loro smaltimento; ha dichiarato il direttore generale di Ecopneus, Giovanni Corbetta:

I risultati ottenuti quest’anno dimostrano l’efficacia e l’efficienza del sistema. L’obiettivo ora è di arrivare in tempi brevi a un recupero totale dei PFU, contribuendo, al contempo, con attività di ricerca e di sperimentazione, a creare le condizioni idonee allo sviluppo in Italia di un moderno comparto industriale del riciclo di questi materiali. Crediamo fermamente che proprio l’utilizzo di materie prime seconde recuperate dal trattamento dei PFU in prodotti destinati ai settori sicurezza, strade e sport potrebbe essere il volano per lo sviluppo di un mercato ‘green’ e la nascita di una reale società del riciclo in Italia.

La sperimentazione della Provincia di Bolzano, in tal senso, è decisamente innovativa: l’utilizzo di un particolare tipo di asfalto realizzato aggiungendo al tradizionale bitume la gomma ricavata dal riciclo dei pneumatici arrivati a fine vita è un’innovazione notevole: consente infatti di ottenere una pavimentazione che ha prestazioni superiori agli asfalti tradizionali sotto diversi punti di vista: la durata, la resistenza agli agenti atmosferici e la rumorosità dei veicoli in transito, ad esempio.

In particolare quest’ultimo aspetto, legato ad una riduzione necessaria dell’inquinamento acustico nelle città e nei centri urbani, è stato il motore principale della decisione della Provincia avente l’obiettivo di verificare le effettive caratteristiche prestazionali di queste pavimentazioni, sul piano acustico.

Tutti i test dimostrano una riduzione del rumore fino a 5 decibel: vi basti pensare che una riduzione di 3 db corrisponde al dimezzamento della pressione acustica.

Fonte: AdnKronos