Alex Zanotelli: “La nonviolenza parte dall’informazione”

Corsa agli armamenti, nucleare, ripudio della guerra, rispetto della Costituzione. Fare informazione su questi temi è fondamentale per creare consapevolezza e stimolare l’impegno di tutti – cittadini, Chiesa e istituzioni politiche – per favorire la cultura della pace e della nonviolenza. Ne è convinto il religioso e attivista Padre Alex Zanotelli, che abbiamo intervistato a margine di un convegno tenutosi a Firenze in occasione del 70esimo anniversario della NATO. Il 6 e 7 aprile hanno avuto luogo in Toscana due importanti eventi per fare un bilancio storico sui 70 anni dalla formazione della NATO: uno a Livorno, città ove la base americana di Camp Darby rappresenta il più grande arsenale USA fuori dal territorio americano e nel cui porto transitano navi a propulsione nucleare (all’insaputa della maggioranza dei cittadini stessi) e l’altro a Firenze. Il titolo del convegno internazionale tenutosi a Firenze, al quale abbiamo partecipato, esprimeva volutamente una domanda alla quale ciascuno di noi deve potersi dare una risposta analizzando i dati reali, al di fuori dalla retorica delle istituzioni e dei mezzi d’informazione tradizionali: “NATO: cultura di pace o cultura di guerra?” Nel corso del convegno, organizzato dal Comitato No Guerra No Nato (1),  è stata resa nota la “Dichiarazione di Firenze” che vi invitiamo a visionare per intendere a fondo gli scopi che questo evento si proponeva. In occasione del convegno fiorentino abbiamo intervistato Padre Alex Zanotelli, religioso e missionario italiano noto per il suo impegno per la pace e la nonviolenza.

Padre Alex Zanotelli a Riace (Foto di Gianmarco Vetrano)

Come può la persona comune contribuire alla diffusione della cultura della nonviolenza?

Dalla mia esperienza in questo periodo in Italia c’è un’atomizzazione della società, voluta dal sistema, che cerca di impedire che le persone si mettano insieme. Se quello della lotta pacifista e nonviolenta non diventa un movimento popolare, non si va da nessuna parte. Abbiamo visto ad esempio adesso in Algeria, quanto è efficace che la gente unita, aldilà delle bandiere , dica “basta”! 

Per fare questo ci vuole capacità organizzativa, ma la gente deve capire prima tutto ciò che avviene. Ecco che l’informazione diventa importante (2). Purtroppo quello che abbiamo fatto qui oggi non sta passando alla gente. Parliamo in fondo fra esperti e gente impegnata, che è bello ma non è sufficiente. Qui dovrebbero giocare dei grossi ruoli sia le scuole, sia la Chiesa. Purtroppo la Chiesa ancora non passa abbastanza all’azione su questi temi. Se la gente comune cominciasse a capire i problemi legati alla corsa agli armamenti, all’estremo rischio che corriamo ad ospitare armi nucleari sul suolo italiano, ad ospitare le basi NATO, è chiaro che comincerebbe a pensare: “Voglio vivere, non voglio mica morire!”. Per cui scatterebbe un meccanismo di forte preoccupazione per la propria incolumità e allora diventerebbe davvero qualcosa di popolare. Penso che sia questa l’unica strada: informare la popolazione adulta e quella dei più giovani, partendo dalle scuole, per arrivare alla Chiesa e ai media. Chiaro però che non è una strada facile. 

Nella sua esperienza quali sono stati i movimenti popolari che hanno prodotto dei risultati tangibili?

L’unico grande movimento che ho visto in Italia e che possiamo chiamare veramente popolare è stato quello dell’acqua, che poi ha portato al referendum del 2011. Ancora la politica non accetta il risultato, ma la cosa importante è che il popolo si è espresso eccome perché ha capito l’importanza dell’acqua come bene comune. Prima o poi anche la politica dovrà accettarlo. Ma ci sono tantissime iniziative con cui davvero si può vincere. Ho citato prima il problema delle banche: basterebbe davvero che il popolo italiano comprendesse prima di tutto la situazione: la gravità del nucleare, che cosa rischiamo. Una volta capito questo basterebbe lanciare una seria campagna contro le banche che investono i loro soldi nel nucleare. Secondo me sarebbe un’iniziativa di un’efficacia senza precedenti. Abbiamo visto in mille maniere come una volta che si iniziano a fare queste cose, funzionano! Però non vengono raccontate. Noi l’abbiamo fatto con la campagna “Banche Armate” e con Nigrizia. Ma quelle che meno di tutte accettano di prendervi parte sono le Parrocchie. Sono poche le diocesi in Italia che hanno preso parte alla campagna.

Come si spiega questa scarsa partecipazione? Qual è il ruolo della Chiesa nella promozione di una cultura della pace?

Il problema, a livello di Chiesa, è che noi abbiamo fatto una separazione tra culto e vita: è come se quello che raccontiamo in chiesa non avesse nulla a che fare con la vita fuori. Quando noi siamo fuori viviamo l’opposto di quello che ci diciamo in chiesa. Se c’è una cosa che è fondamentale, sia a livello biblico, sia in Dio, che non può che essere un Dio di pace, è che dovrebbe portare i credenti a un impegno in sé per una cultura della nonviolenza, ma non c’è questo passaggio. Quando si vuole fare massa critica per i temi legati al ripudio della guerra, al rispetto della costituzione, alla nonviolenza, una delle possibili criticità è la mancanza di conoscenza dei problemi veri, poiché non vengono neppure raccontati nei mezzi d’informazione di massa tradizionali; per i credenti, che certi temi dovrebbero averli particolarmente a cuore, il problema è essere in grado di passare all’azione, facendo il collegamento tra insegnamenti e vita di tutti i giorni. 

1. Il Comitato si è originato da una petizione online per chiedere l’uscita dell’Italia dalla NATO.

2. Qui Zanotelli fa riferimento ad un tema che è stato ampiamente trattato durante il convegno: quello del modus operandi dell’informazione/disinformazione mainstream e allude anche alla nuova rete costituita da Presenza di giornalisti indipendenti e attivisti di cui presto vi parleremo e di cui facciamo parte, che invece si pone il preciso scopo di informare puntualmente e compiutamente il lettore sui temi d’importanza cruciale che riguardano la società.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/04/alex-zanotelli-nonviolenza-parte-informazione/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

“L’Italia in guerra: basta con questa follia”

“L’Italia, di fatto, è in guerra: è una follia, dobbiamo dire basta”: con queste parole padre Alex Zanotelli, missionario comboniano ed ex direttore di Nigrizia, fortemente impegnato nel sociale e nei movimenti pacifisti, lancia il suo appello da Napoli, dove presta servizio nel Rione Sanità.alex_zanotelli_padre

100 milioni di euro al giorno in armi! Non possiamo più permetterlo” dice padre Zanotelli. “La guerra imperversa ormai dall’Ucraina alla Somalia, dall’Iraq al Sud Sudan, dal Califfato Islamico (ISIS),al Califfato del Nord della Nigeria (Boko Haram), dalla Siria al Centrafrica, dalla Libia al Mali, dall’Afghanistan al Sudan, fino all’interminabile conflitto tra Israele e Palestina. Mi sembra di vedere il cavallo rosso fuoco dell’Apocalisse: “A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace della terra e di far sì che si sgozzassero a vicenda, e gli fu consegnata una grande spada”(Ap.6,4). E’ la “grande spada” che è ritornata a governare la terra. Siamo ritornati alla Guerra Fredda tra la Russia e la NATO che vuole espandersi a Est, dall’Ucraina alla Georgia”.

“Nel suo ultimo vertice, a Newpost nel Galles a inizio settembre, la NATO ha deciso di costruire 5 basi militari nei paesi dell’Est, nonché pesanti sanzioni alla Russia. Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha approvato queste decisioni e ha anche aderito alla Coalizione dei dieci paesi pronti a battersi contro l’ISIS, offrendo per di più armi ai Curdi. Inoltre si è impegnato a mantenere forze militari in Afghanistan e a far parte dei “donatori” che forniranno a Kabul 4 miliardi di dollari. Durante il vertice NATO, Obama ha invitato gli alleati europei a investire di più in Difesa, destinandovi come minimo il 2% del PIL. Attualmente l’Italia destina 1,2% del proprio bilancio in Difesa. Accettando le decisioni del Vertice, Renzi è ora obbligato ad investire in armi il 2% del PIL. Questo significa 100 milioni di euro al giorno!!! Questa è pura follia per un paese come l’Italia in piena crisi economica. E’ la follia di un mondo lanciato ad armarsi fino ai denti. Lo scorso anno, secondo i dati SIPRI, i governi del mondo hanno speso in armi 1.742 miliardi di dollari che equivale a quasi 5 miliardi di euro al giorno (1.032 miliardi di dollari solo dagli USA e NATO). Siamo prigionieri del complesso militare-industriale USA e internazionale che ci sospinge a sempre nuove guerre, una più spaventosa dell’altra, per la difesa dei cosiddetti “interessi vitali”, in particolare della “sicurezza economica”,come afferma la Pinotti nel Libro Bianco. Come la guerra contro l’Iraq, dove hanno perso la vita 4.000 soldati americani e mezzo milione di iracheni, con un costo solo per gli USA di 4.000 miliardi di dollari. Ed è stata questa la guerra alla base dell’attuale disastro in Medio Oriente, ha fatto ripiombare il mondo in una paurosa spirale di odio e di guerre. Papa Francesco ha parlato di Terza Guerra Mondiale”.

“Davanti ad una tale situazione di orrore e di morte, non riesco a spiegarmi il silenzio del popolo italiano. Questo popolo non può aver dimenticato l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non è possibile che gli italiani tollerino che il governo Renzi spenda tutti questi soldi in armi, mentre lo stesso non li trova per la scuola, per la sanità, per il terzo settore. Tantomeno capisco il silenzio dei vescovi italiani e delle comunità cristiane, eredi del Vangelo della nonviolenza attiva”.

“E’ ora che insieme, credenti e non, ci mobilitiamo, utilizzando tutti i metodi nonviolenti , per affrontare la Bestia. Ritorniamo in piazza e per strada, con volantinaggi e con digiuni e, per i credenti, con momenti di preghiera. Chiediamo al governo sia di bloccare le spese militari che di “tagliare le ali” agli F-35 che ci costeranno 15 miliardi di euro. E come abbiamo fatto in quella splendida Arena di Pace del 25 aprile scorso, ritroviamoci unitariamente nei due momenti collettivi che ci attendono:Firenze e la Perugia-Assisi. Tutto il grande movimento della pace in Italia ci invita a un primo appuntamento, il 21 settembre, a Firenze, dalle ore 11 alle 16 , al Piazzale Michelangelo. Il tema sarà: facciamo insieme un passo di pace. Sarà l’occasione per lanciare la campagna promossa dall’Arena di Pace: legge di iniziativa popolare per la creazione di un Dipartimento di Difesa Nonarmata e Nonviolenta. Il secondo grande appuntamento sarà la Perugia-Assisi, il 19 ottobre, con una presenza massiccia di tutte le realtà che operano per la pace. Noi non attendiamo più nulla dall’alto. La speranza nasce dal basso, da questo metterci insieme per trasformare Sistemi di morte in Sistemi di vita. Ce la dobbiamo fare! Noi siamo prigionieri di un Sogno così ben espresso dal profeta Michea: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci, una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”. (Michea,4,3)”

Fonte: ilcambiamento.it

Uranio impoverito, il business segreto della regina Elisabetta

La Casa Reale britannica, incurante dell’impatto ambientale, avrebbe investito nell’uranio circa 4 miliardi di sterline. Una rivelazione shock sull’intreccio fra Buckingham Palace e società produttrici di armi 174296391-586x393

La notizia, se confermata, è destinata a fare parecchio rumore. Secondo il gruppo pacifista Stop the War Coalition, la regina Elisabetta II, una delle donne più ricche e potenti del pianeta, avrebbe fatto affari con l’uranio impoverito, portando ingenti guadagni nelle casse di Buckingham Palace. Nel video, pubblicato su Youtube, gli attivisti raccontano di come, in sessant’anni, il capitale della Casa Reale Britannica sia cresciuto da 300 milioni di sterline a 17 miliardi di sterline. Come? Con investimenti nell’industria petrolifera nazionale (BP) e nelle aziende che producono armi che utilizzano l’uranio impoverito, come la Rio Tinto Zinc. Il video cita l’esperto Jay M. Gould che nel 1996 pubblico The Enemy Within, libro nel quale rivelava come la casa reale britannica, ma soprattutto la regina in prima persona, avesse investito una cifra di circa 4 miliardi di sterline nell’uranio attraverso la Rio Tinto Zinc, la compagnia mineraria fondata nel 1950 (con il nome Rio Tinto Mines) daRonald Walter Rowland, per volontà della casa reale britannica. Nel video si sostiene che la Regina e gli altri reali abbiano investito nell’uranio impoverito, senza farsi troppi scrupoli sulle conseguenze sanitarie e ambientali delle loro speculazioni. Le armi all’uranio impoverito sono state utilizzate dai militari degli Stati Uniti durante la prima Guerra del Golfocontro l’Iraq, nel 1991. Da allora sono diventate di uso comune in numerosi conflitti, fra cui quelli in Afghanistan, nei Balcani e, nuovamente, in Iraq. Secondo il Ministero della Difesa degli Stati Uniti solamente in quel conflitto furono utilizzate fra le 315 e le 350 tonnellate di uranio impoverito in bombe, granate e proiettili. Secondo Doug Rocchi, che fu responsabile del Pentagono per i progetti sull’uranio impoverito, la decontaminazione dell’ambiente dove è stato utilizzato uranio impoverito è impossibile. A ventidue anni dal primo conflitto ea quasi dieci anni dalla “guerra preventiva”, in Iraq continua a crescere il numero di malformazioni, leucemie e patologie genetiche attribuibili all’utilizzo di uranio impoverito. I problemi del Medio Oriente, però, sono distanti dagli affari della casa reale, quegli affari che nascondono parecchie zone d’ombra che la stampa mainstream bada bene a tenere sotto silenzio, interessandosi piuttosto ai cappellini delle principesse e al nome del Royal Baby.

Fonte:  Stop The War Coalition