Amianto, droni per fotografare dal cielo le aree da bonificare

L’Arpa Piemonte ha effettuato il primo monitoraggio delle aree industriali dismesse con aeromobili a pilotaggio remoto dotati di speciali.

Droni per monitorare le aree dimesse e individuare la presenza di amianto, l’Arpa Piemonte ha deciso di utilizzare Aeromobili a pilotaggio remoto (Apr) per il monitoraggio ambientale. Proprio in questi giorni il primo drone si è alzato in volo in un sito produttivo dismesso di Salussola, in provincia di Biella, ala cerca di materiale sospetto. Quando il velivolo si alza in volo, le fotocamere geotermiche presenti nella sua struttura individuano la presenza di fibre killer: la sperimentazione avviata a Biella dovrebbe essere estesa anche a Ivrea e nel Canavese, ma prima di pianificare nuove operazioni bisogna attendere l’esito del “battesimo” nel cielo del biellese. Le foto e le immagini video del drone saranno elaborate dal Sistema informativo geografico dell’agenzia regionale e, successivamente, confrontati con i dati ottenuti dalle rilevazioni tradizionali. Se l’esito sarà positivo il drone volerà sull’eporediese dove quest’anno è esploso il caso della Olivetti. Da quando, all’inizio del 2013, è stato aperto lo sportello di ascolto per gli ex dipendenti della Olivetti è emerso che nel bacino d’utenza di Ivrea e dintorni (con una popolazione di circa mezzo milione di persone) su 271 casi di malattie professionali il 37% dei casi è rappresentato da neoplasie maligne, il 29% da mesoteliomi pleurici, con un’incidenza che a Ivrea supera di gran lunga altre aree del Piemonte, eccezion fatta, naturalmente, per Casale Monferrato, la cittadina nella quale sorgeva lo stabilimento Eternit più grande d’Italia. Negli edifici pubblici e nelle abitazioni civili dell’eporediese la quasi totalità dei manufatti in amianto è stata smantellata, resta l’industria, le “cattedrali” dell’archeologia industriale che avevano fatto dell’Olivetti e del suo indotto un’isola felice di lavoro e prosperità.170997166-586x407

Fonte:  La Sentinella del Canavese

© Foto Getty Images

Aree protette: “la fretta mette a rischio i parchi”

“Il disegno di legge che il Senato vuole approvare con urgenza allontana i parchi italiani dalla conservazione della natura. La somma d’interessi particolari non corrisponde mai all’interesse pubblico generale”. È quanto sostengono le principali associazioni ambientaliste, contrarie alla riforma della Legge quadro sulle aree naturali protette.parchi_naturali3

Le otto Associazioni chiedono al Parlamento l’avvio di un ampio confronto con tutte le parti interessate sul rilancio del ruolo dei parchi e delle riserve naturali

La dichiarazione d’urgenza approvata ieri dal Senato per l’approvazione del disegno di legge n.119 sulla riforma della Legge quadro sulle aree naturali protette (legge n. 394/1991) conferma purtroppo il prevalere degli interessi particolari e privati nella gestione del patrimonio naturale e culturale del Paese. Il disegno di legge presentato dal Senatore D’Alì soddisfa senz’altro gli interessi di cacciatori e cavatori e quanti altri interpretano i parchi essenzialmente come ostacolo ai propri particolari interessi e considerano le norme di tutela solo un vincolo all’utilizzo delle risorse naturali. Purtroppo la somma degli interessi particolari, anche degli agricoltori, non corrisponde mai all’interesse pubblico generale del Paese. Le maggiori Associazioni ambientaliste criticano la decisione del Senato di procedere con urgenza all’esame del disegno di legge presentato dal Senatore D’Alì, che ripropone integralmente il testo raffazzonato e improvvisato approvato dalla Commissione Ambiente del Senato al termine della scorsa legislatura. Con questo voto il ddl n.119 diventa purtroppo il testo di riferimento per la riforma della legge quadro sulle aree naturali protette, la Legge n.394 del 1991. Si allontana così la possibilità di un sereno confronto sulla riforma della legge esasperando ulteriormente il conflitto tra Associazioni ambientaliste e chi caparbiamente continua a sostenere e difendere i contenuti della riforma proposta dal Senatore D’Alì. Una riforma che allontana i parchi dalla loro missione prevalente: la conservazione della natura. Con l’adesione del CTS si allarga nel frattempo il fronte delle Associazioni ambientaliste che criticano i contenuti, le modalità ed i tempi di questa riforma della legge sui parchi. CTS, FAI, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Pronatura, Touring Club Italiano e WWF Italia considerano infatti grave procedere alla modifica della normativa di riferimento per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nel nostro paese senza una adeguata analisi e riflessione sullo stato di applicazione della legge quadro ed una attenta valutazione sulla gestione attuale dei parchi. parco_gran_paradiso4

“La riforma prevista rischia di aprire le porte alla caccia nei parchi per interessi lontani dalla conservazione della biodiversità nel nostro paese”

Le otto Associazioni chiedono al Parlamento l’avvio di un ampio confronto con tutte le parti interessate sul rilancio del ruolo dei parchi e delle riserve naturali per garantire una efficace conservazione del patrimonio naturale del Paese e si adopereranno già dai prossimi giorni per presentare e far comprendere a senatori e deputati le ragioni del loro dissenso sui contenuti del disegno di legge D’Alì. Sono almeno quattro i motivi per cui le maggiori Associazioni ambientaliste non condividono le proposte di riforma della Legge 394/1991 presenti nel disegno di legge n.119 del Senatore D’Alì:

1.  perché verrebbero rivisti gli equilibri, in modo evidente e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, tra coloro che rappresentano negli enti di gestione interessi nazionali generali e chi rappresenta interessi particolari e privati. Nessuno intende contrapporre i legittimi interessi delle comunità locali alle esigenze di tutela della natura ma è quanto mai opportuno nel nostro Paese assicurare il rispetto di quella gerarchia di valori ribadita in più occasioni dalla Corte Costituzionale per la quale la tutela dell’ambiente dovrebbe prevalere sempre su qualunque interesse economico privato.

2. è piena d’insidie la distinzione artificiosa che si vorrebbe introdurre tra attività venatoria e controllo della fauna selvatica, pur con la supervisione dell’ISPRA, l’Istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente. Si prevede di fatto un diretto coinvolgimento dei cacciatori nella gestione della fauna all’interno delle aree naturali protette. La normativa attuale già consente interventi da parte degli Enti Parco per la gestione dei problemi che alcune specie, essenzialmente il cinghiale, possono determinare se presenti in sovrannumero. La riforma prevista rischia di aprire le porte alla caccia nei parchi per interessi lontani dalla conservazione della biodiversità nel nostro paese.

3. manca  inoltre, come indispensabile premessa ad ogni ipotesi di riforma della Legge attuale, una seria analisi dei problemi nella gestione dei parchi in relazione al ruolo centrale che dovrebbero svolgere per la tutela della natura. Risale infatti al 2002, cioè alla seconda Conferenza nazionale sulle aree naturali protette di Torino, l’ultima occasione di ampio confronto e dibattito sul nostro sistema nazionale di parchi e riserve naturali.

4. c’è infine da rilevare che in assenza di una seria valutazione sullo stato delle nostre aree naturali protette le proposte di riforma della Legge entrano esclusivamente nel merito delle rappresentanze negli Enti di gestione, delle procedure di nomina di Presidenti e Direttori, di possibili meccanismi di finanziamento attraverso royalty che rischiano di determinare pesanti condizionamenti nella gestione delle risorse naturali dei territori protetti e nella gestione della fauna attraverso un discutibile quanto inopportuno coinvolgimento del mondo venatorio.

Per questi motivi le otto Associazioni ambientaliste rilanciano l’allarme sul destino dei parchi italiani ed auspicano una opportuna ampia riflessione prima di riavviare il processo di riforma della Legge quadro 394/91, nei tempi e modi opportuni, con l’avvio di un serio ed approfondito confronto sul futuro dei parchi con il solo obiettivo di assicurare una loro gestione più efficace per la conservazione del nostro patrimonio naturale.

(*)CTS, FAI, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Pronatura, Touring Club Italiano, WWF Italia

Fonte: il cambiamento

Troppe uova in Francia, crollano i prezzi e 100 mila vanno al macero ogni giorno

Troppe uova in Francia, almeno il 10% in più delle necessità dei consumatori e i prezzi crollano.175747746-594x350

Dall’inizio di agosto ogni giorno sono andate distrutte 100 mila uova a notte ma l’Europa ha deciso di non intervenire. Il punto è che lo scorso anno i produttori della Bretagna vivevano una situazione inversa, ossia le uova ebbero un impennata dei prezzi a causa della siccità del 2012. Ma i consumatori non ebbero modo di accorgersene essendo i prezzi fissati per contratto di anno in anno. Dopo la siccità i pollicoltori francesi hanno affrontato l’adeguamento delle gabbie e degli allevamenti a terra sostenendo investimenti. L’allargamento delle gabbie e delle aree di produzione e l’abbassamento della mortalità delle galline ovaiole ha portato a una superproduzione di uova ma il mercato non le ha assorbite e ecco fatta, letteralmente, la frittata con 100 mila uova mandate al macero ogni giorno. Proprio ieri a Rennes si è tenuto l’incontro tra Le Foll ministro per l’Agricoltura e i rappresentanti dei pollicoltori che hanno però dato un ultimatum al Governo di 15 giorni affinché trovi una soluzione per far rialzare i prezzi delle uova o per trovare fondi per eventuali indennizzi,altrimenti riprenderanno a distruggere le uova. Il ministro ha comunque proposto di portare le uova in eccedenza al Banco alimentare e a fare donazioni piuttosto che distruggerle o di usarle per mangimi animali.

I sindacati dicono:

Dobbiamo affrontare il problema alla radice e affrontare la vera causa: la sovrapproduzione dovuta alla deregolamentazione Per questa produzione, come quella di altri prodotti agricoli, la necessità di una regolamentazione è fondamentale per mantenere una agricoltura affidabile e produttiva ancorché gratificante.La riforma della Politica Agricola Comune 2015 fornisce una soluzione di questo tipo, e questo è ciò che il Ministro dell’agricoltura deve affrontare se vuole veramente fare una risposta la disperazione dei produttori di uova.

Fonte: Europe1, Le Figaro

COOL ROOF, tetto fresco.

Il “cool roof” ( tetto fresco) è un sistema di coperture in grado di riflettere la radiazione solare mantenendo fresche le superfici esposte, aumentando il comfort e diminuendo i costi. Per ridurre l’effetto “isola di calore” delle aree urbane, accanto alla possibilità di investire sui giardini pensili orizzontali e verticali o sulle coperture ventilate, si è ormai consolidata la scelta di soluzioni a “cool roof”, letteralmente “tetto fresco”. Il “cool roof” è un sistema di coperture in grado di riflettere la radiazione solare mantenendo fresche le superfici esposte ai raggi. Essendo un sistema di raffrescamento passivo, il “cool roof” si basa sull’uso di tecniche per il controllo del calore principalmente utilizzando materiali ad alta riflettanza solare e ad alta emittanza termica, ovvero la capacità di emettere calore sotto forma di radiazione infrarossa mantenendo il tetto fresco anche sotto il sole.Immagine

Vantaggi dei cool roof

Rimanendo fresche le coperture, anche la quantità di calore trasmesso alle abitazioni diminuisce, aumentando il comfort interno e diminuendo i costi per la climatizzazione, con evidenti guadagni sia in termini economici che energetici. I cool roof si mantengono solitamente ad una temperatura tra i 28°C ed i 33°C, decisamente inferiore alle coperture convenzionali, garantendo un risparmio energetico giornaliero per quanto riguarda il condizionamento dell’aria ed una riduzione del picco di carico dal 10 al 30%. L’applicazione di membrane riflettenti inoltre aumenta la produttività dei pannelli fotovoltaici, mantenendo la temperatura della superficie del tetto decisamente inferiore rispetto al normale, arrivando addirittura ad una riduzione vicina ai 40°C.20130729_2

Le principali soluzioni per i “tetti freddi”

Per trasformare una normale copertura in un “cool roof” esistono vari approcci diversificati in base al materiale utilizzati, la caratteristica comune rimane la colorazione bianca. Oltre alle tradizionali membrane bituminose ed alle vernici di colore bianco, prodotte ovviamente a partire da derivati del petrolio, si stanno iniziando a diffondere sul mercato soluzioni per cool roof ecologiche o comunque riciclabili. Non ultimo una delle società specializzate in questa particolare tipologia di prodotto, ha presentato un manto di copertura per cool roof a base di oli vegetali e resine vegetali. La membrana è realizzata grazie al riutilizzo degli scarti di altri settori industriali, riducendo i rifiuti e gli scarti di materie prime e venendo riconosciuto anche dalla bioedilizia. Diversi casi studio hanno verificato che l’applicazione di soluzioni cool roof su coperture orizzontali o verticali ha generato un aumento dell’efficienza energetica delle abitazioni anche superiore al 40%, andandosi anche a sommare alle prestazioni già elevate degli edifici progettati secondo i criteri bioclimatici. Nell’edificio recentemente inaugurato a Toronto per l’Earth Rangers Centre for Sustainable Technology ad esempio, l’impiego del cool roof (tetto bianco) associato al green roof (tetto verde), ha permesso all’edificio di raggiungere livelli di sostenibilità elevatissimi, riducendo i propri consumi del 90%.

Fonte: rinnovabili.it