Uccisa l’orsa Kj2: non è pensabile condannare a morte un animale perché… non è un peluche!

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Come molti si attendevano e come molti ambientalisti ormai intuivano, dopo qualche giorno di melina, l’orsa Kj2 è stata uccisa in Trentino. Il motivo? Aveva aggredito un uomo, almeno stando alla ricostruzione (unilaterale) dei fatti. Condannare a morte un animale perché non è un peluche ai nostri ordini è un gesto che chiede giustizia. Che gli orsi non siano esattamente quegli innocui e tranquilli oggettini di peluche con cui giochiamo quando siamo bambini, c’era da sospettarlo. Qualche idea in proposito poteva venirci anche solo conoscendo un po’ meglio o leggendo qualcosa qua e là di questi meravigliosi mammiferi. Già, perché si tratta di mammiferi. Come noi. Splendidi animali, fatti di carne, ossa e istinti. Anche di attacco e di difesa se necessario. Ma l’essere umano, il più spietato e il più pericoloso tra gli esseri viventi, vale la pena ricordarlo, non può concepire un’idea del genere. L’orsa Kj2 è stata barbaramente uccisa perché considerata pericolosa, colpevole di mettere a rischio la cittadinanza, l’Uomo, il signore e padrone della natura in tutte le sue forme. Un animale si difende se attaccato o se crede di esserlo. Nessun animale se ne va in giro per il mondo a uccidere e distruggere tutto ciò che di vivo gli capiti a tiro. In questo è maestro indiscusso l’essere umano che ne dà prova ogni giorno, nella nostra avanzatissima società in ogni momento del nostro “civilissimo” tempo. Forse i programmi di reinserimento dell’orso in alcune zone italiane non prevedevano che gli orsi bruni fossero animali come noi ma peluche e orsacchiotti, buoni per attirare un po’ di gente, per farsi buone pubblicità e per passare da ambientalisti? Chissà che cosa si immagina esattamente quando si pensa a un’orsa con i suoi piccoli. Forse a una mamma morbida e dolce con tre cuccioli da accarezzare e farci le coccole se ci capita di incontrarli sul nostro sentiero?

Uccidere un orso è un atto che chiede giustizia al cospetto della natura. Non è pensabile uccidere un animale condannandolo a morte con l’accusa di essere esattamente quello che è, erano immaginabili molte alternative perché questo non succedesse. Se l’orso è un animale pericoloso, significa che è necessario eliminare tutti gli altri orsi presenti nei nostri boschi (ben pochi esemplari, tra l’altro). Cosa si fa adesso? Si dà il via libera alla caccia e li si uccide uno dopo l’altro?

Nel 2001 mi trovavo nel British Columbia, in Canada, paese splendido di foreste a perdita d’occhio. Foreste abitate da orsi. Non c’era luogo che fosse bar, albergo, ristorante o punto informazioni senza i necessari avvertimenti su questi animali: come avvistarli, come rispettarli, come starne alla larga, come affrontare un eventuale incontro ravvicinato. E in ogni bosco o foresta in cui mi sono addentrata erano continue le segnalazioni sulla loro presenza o meno e sui pericoli cui ci si esponeva. Uomo avvisato, come si dice. Non orso ucciso. Sarebbe stata assurda anche solo l’idea. Abbiamo perso un’altra occasione. E ne avremo altre che non sapremo cogliere. Non abbiamo risolto un problema, abbiamo semplicemente fatto un altro bel passo avanti nella nostra “umanità” di arroganti e ciechi dominatori di ciò che ci circonda. Non abbiamo ancora capito, e chissà se mai lo capiremo, che proteggere le altre forme di vita significa proteggere noi stessi, il nostro stesso futuro, il nostro ambiente, la stessa sopravvivenza della nostra meravigliosa, e stupidissima, specie.

Fonte: ilcambiamento.it

Cani e gatti: il 30% soffrono di obesità. Quali rimedi

Sempre più animali domestici soffrono di obesità. Ecco qualche consiglio per mantenerli in forma 109948517-586x390

Come negli esseri umani, anche fra gli animali domestici diventano sempre più frequenti i casi di obesità. Cani e gatti mangiano troppo, proprio come i loro padroni: il 30% dei cani gatti italiani sono obesi. A volte la malattia è causata dall’ipotiroidismo o da trattamenti con farmaci cortisonici. Ma nel 99% dei casi la causa è il padrone che non fa muovere abbastanza l’animale e lo rimpinza di qualsiasi genere di cibo. I proprietari degli animali domestici devono nutrire i loro animali in maniera equilibrata, senza esagerare con le dosi di croccanti e scatolette e tenendo bene a mente che l’animale non è un’alternativa al bidone dell’organico, come purtroppo molti padroni poco avveduti pensano. Se tre animali su dieci hanno problemi di obesità, il problema è la cultura – assimilata in decenni di vacche grasse – per cui più si mangia e meglio si sta. Non è così, anzi, più i nostri cani e i nostri gatti mangiano, maggiori sono le possibilità che gli animali sviluppino malattie quali il diabete mellito, l’artrite patologie muscolo-scheletriche come le classiche zoppie croniche dei cani sovrappeso. E anche cani e gatti soffrono di patologie cardiache e respiratorie e di pressione alta. Per molti animali il cibo è anche un modo per attirare l’attenzione dei padroni. La cosa migliore è consultarsi con il veterinario e capire quanto e quando l’animale deve mangiare. La razione giornaliera va divisa in due o tre pasti. E basta. Niente bocconi durante il giorno. Un po’ di buon senso e poche calorie. Per tenerli insieme a noi il più a lungo possibile.

Fonte: Alto Adige

 

Cane: molto più di un miglior amico

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Da almeno 11mila anni il cane è considerato il migliore amico dell’essere umano, anche grazie ad alcune modifiche genetiche che lo avrebbero reso più adatto a consumare i resti dei pasti dei propri padroni. Ma secondo uno studio, condotto dagli scienziati della University of Veterinary Medicine di Vienna e pubblicato su Plos One, questo legame potrebbe essere ancora più profondo, ovvero simile a quello che unisce i bambini ai loro genitori. Un aspetto molto importante da considerare nel rapporto tra essere umano e cane, spiegano i ricercatori, è quello che viene definito secure base effect. Si tratta di un effetto che si trova anche nelle relazioni tra genitori e figli: i bambini infatti, quando interagiscono con l’ambiente, usano la persona che si occupa di loro come una base sicura, un vero e proprio punto di riferimento. Fino ad ora, questo aspetto del legame cane-padrone non era mai stato esaminato con attenzione dagli scienziati. Proprio per questo Lisa Horn e il suo gruppo di ricercatori hanno deciso di indagare più da vicino il comportamento dell’animale domestico per eccellenza, e come esso cambi se le condizioni sono differenti. Per fare questo, il team ha osservato alcuni cani in tre diverse situazioni: “padrone assente”, “padrone silenzioso” e “padrone incoraggiante”. In tutti e tre i casi, gli animali potevano ottenere un premio in cibo manovrando un giocattolo interattivo. Sorprendentemente, essi si sono mostrati molto meno disposti a cercare di ottenere il cibo quando il loro padrone non era presente. Il fatto che fosse silenzioso o incoraggiante, invece, ha avuto solo una piccola influenza sulla motivazione dell’animale. In un esperimento successivo, i padroni sono stati sostituiti da persone sconosciute. Gli scienziati hanno osservato che, in generale, i cani hanno evitato di interagire con gli estranei, e non si sono mostrati particolarmente interessati a ottenere il cibo. Solo quando i loro padroni erano presenti, gli animali apparivano più motivati e sicuri di sé, e manifestavano attenzione nei confronti del giocattolo. Questo studio, secondo i ricercatori, prova come il secure base effect sia un aspetto fondamentale anche nel rapporto che lega il cane al suo padrone, e quindi come questo legame sia ancora più profondo di quello che si ipotizzava.

Riferimenti: PLOS ONE doi:10.1371/journal.pone.0065296

Fonte: galileonet.it