Clima e alluvioni: “Ripensare l’urbanistica per evitare i disastri”

È necessario ripensare la progettazione urbanistica, limitando le nuove costruzioni, lasciando grandi spazi verdi e permeabili ed evitando di costruire in zone a rischio. È quanto sottolinea la Lipu riguardo gli ultimi tragici eventi che hanno colpito il nostro territorio, e in particolare il disastro di Livorno. Oltre alle piogge eccezionali ad uccidere sono state le pessime scelte urbanistiche, come cementificare i terreni, tagliare la vegetazione lungo i fiumi e interrare i torrenti. È quanto pensa la Lipu riguardo gli ultimi tragici eventi che hanno colpito il nostro territorio, e in particolare il disastro di Livorno. Dove è chiaro che la scelta di interrare il Rio Maggiore e costruirvi sopra un quartiere, la cementificazione del territorio e, più di recente, l’errato calcolo nella costruzione delle quattro casse di espansione del torrente, insufficienti a contenere una massa d’acqua importante come quella caduta due giorni fa a Livorno, sono alle origini del disastro. Se pensiamo poi – aggiunge la Lipu – alla recente costruzione del Parco di Levante, che se fosse stato adibito a parco con verde urbano (come peraltro la Lipu aveva chiesto) invece di essere ricoperto di cemento per costruirvi un centro commerciale avrebbe contribuito in maniera importante a evitare il disastro e le vittime. Si continua poi – prosegue la Lipu – a pensare che la vegetazione lungo i fiumi vada eliminata perché ciò garantisce maggiore sicurezza idraulica; nulla di più errato, come dimostrano, per fare un esempio, i recentissimi tagli selvaggi effettuati sul torrente Ugione, che regolarmente è esondato nonostante “la messa in sicurezza”.M.Dinetti

Foto di Marco Dinetti

In realtà le piante lungo i fiumi assicurano servizi ecosistemici fondamentali come la limitazione dell’erosione, il rallentamento della corrente, la mitigazione delle piene, la ricarica delle falde acquifere sotterranee, e dunque vanno lasciate, salvo i casi, singoli e circoscritti, in cui possano facilmente spezzarsi e rischiare di essere portate a valle dall’acqua e intasare i ponti. L’unica strada per rimediare ai grossolani errori fatti nel passato è quella di ripensare totalmente la progettazione urbanistica, limitando le nuove costruzioni, (vedi la cementificazione in corso della rotonda di Ardenza), lasciando grandi spazi verdi e permeabili (quali l’area degli orti di Via Goito, altra “battaglia” a difesa del territorio in cui la Lipu è tuttora impegnata) che possano captare e assorbire le acque, evitando di costruire in zone a rischio. E ancora, risanare le situazioni più pericolose e permettere ai fiumi di svolgere il loro prezioso ruolo di corridoi ecologici, senza interventi di tagli indiscriminati della vegetazione (un preoccupante fenomeno in aumento a livello nazionale), e senza cementificarne le sponde, ridurre le aree golenali o deviarne il corso.

“La natura va rispettata – afferma Fulvio Mamone Capria, presidente della Lipu – perché essa può svolgere un ruolo fondamentale nella mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, che purtroppo sempre più di frequente colpiranno il nostro Paese e per i quali è indispensabile predisporre un piano nazionale di adattamento e una politica energetica che riduca drasticamente le emissioni di gas serra nell’atmosfera.

“La Lipu è fortemente contraria anche ai rimboschimenti post incendi che oltre ad essere illegali sarebbero la risposta peggiore, soprattutto nelle aree protette, a seguito del disegno criminoso che ha visto ridurre in cenere un patrimonio boschivo di straordinaria bellezza”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/clima-alluvioni-ripensare-urbanistica-evitare-disastri/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Alluvioni, rischi raddoppiati entro il 2050

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Quello che è appena successo in Liguria, Toscana, Veneto e Campania nelle ultime ore, compite da ondate di maltempo che hanno causato frane e allagamenti, e quello che negli ultimi tempi è accaduto nel resto di Europa, basti pensare alla Gran Bretagna, è solo una piccola parte di quello che potrebbe accadere nel 2050. A lanciare l’allarme sul rischio inondazioni e alluvioni in Europa è oggi uno studio pubblicato su Nature Climate Change, che identifica nel cambiamento climatico e nello sviluppo socioeconomico i due fattori chiavi dell’aumento del pericolo. “In questo studio”, spiega Brenden Jongman dell’Institute for Environmental Studies di Amsterdam, che ha coordinato la ricerca ” abbiamo messo insieme competenze di idrologia, economia, matematica e adattamento al cambiamento climatico, che ci hanno permesso per la prima volta di valutare complessivamente rischio di alluvioni continentali e confrontare le diverse opzioni di adattamento”.

I costi delle inondazioni, come rivelato dallo studio, per il periodo compreso tra il 2000 e il 2012 sono stati pari a quasi 5 miliardi l’anno e potrebbero arrivare fino a 23 miliardi per il 2050. Ma non solo: inondazioni eccezionali, come quelle che si sono abbattute in Europa lo scorso anno, potrebbero diventare molto più frequenti, passando da una media di un evento ogni 16 anni a uno ogni 10 entro il 2050. Le cause? Per due terzi lo sviluppo socioeconomico, e quindi i potenziali rischi derivanti da un aumento delle infrastrutture e costruzioni danneggiabili da inondazioni, e per un terzo il cambiamento climatico, che potrebbe modificare l’andamento delle precipitazioni in Europa. Lo studio rivoluziona l’idea diffusa che ogni bacino idrogeografico sia una cosa a sè, come spiegato da Stefan Hochrainer-Stigler dello International Institute for Applied Systems Analysis (Iiasa), tra gli autori del paper: “In realtà infatti, i fiumi che scorrono in tutta Europa sono strettamente correlati, salgono e scendono in risposta a modelli atmosferici su vasta scala che portano piogge e periodi di siccità in grandi regioni “. Così che, continua il ricercatore, se i fiumi stanno inondando l’Europa centrale, è probabile che stiano inondando anche le regioni dell’Europa orientale”. Reinhard Mechler dello Iiasa ha quindi concluso: “C’è spazio per una migliore gestione del rischio di alluvioni attraverso la prevenzione dei pericoli, come l’utilizzo di muri di sponda mobili, i sistemi di finanziamento dei rischi e una maggiore solidarietà tra i paesi. Non c’è una sola soluzione adatta a tutto e le misure di gestione dei rischi sono molto diverse”.

Riferimenti: Nature Climate Change doi:10.1038/nclimate2124

Fonte: galileonet.it

Da Mastrapasqua alle alluvioni. C’è un’Italia che non vuole cambiare

Scandali, corruzione, distruzione del territorio: le cronache continuano a metterci sotto gli occhi un’Italia che non vuole cambiare. Ma i grandi media dimenticano che c’è anche un’Italia, forte, capillare e radicata, che sta già cambiando: l’economia solidale, i Gas, le comunità di base, l’associazionismo e l’ambientalismo sono il nostro presente e la nostra speranza.italia

Il 21 ottobre 2012, più di un anno fa, la trasmissione televisiva Report, con la puntata “Dirigenti di classe” denunciava i venticinque incarichi del Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. Venticinque incarichi: presidente dell’Inps; commissario del SuperInps; vicepresidente di Equitalia; Direttore generale dell’Ospedale Israelitico di Roma; Amministratore Unico della Litorale Spa; e poi altri venti, tra consigli di amministrazione, collegi sindacali e presidenze. Un anno e tre mesi dopo, ovvero venerdì scorso, 31 gennaio, il Governo presentava alle Camere un disegno di legge, con procedura di urgenza, in base al quale il presidente di un ente pubblico nazionale non deve avere altre cariche in conflitto di interessi. E così, il primo febbraio il presidente dell’Inps prendeva la decisione di dimettersi. Ma non certo a causa (o per merito?) di Report. Nè tantomeno delle varie trasmissioni politiche, da Servizio Pubblico a Virus, da La Gabbia a Piazza Pulita. Passando per Ballarò. Ma per l’operato della magistratura, che ha iscritto nel registro degli indagati Mastrapasqua per abuso d’ufficio e falso, in qualità di direttore generale dell’Ospedale Israelitico di Roma; si sono finalmente accesi i riflettori su questo scandalo. Sempre venerdì 31 gennaio l’Italia è stata colpita da una forte perturbazione atmosferica che ha portato alle ennesime inondazioni da Nord a Sud. “Maltempo, migliaia di evacuati. Paura a Roma. Treno deraglia a Viterbo”, scrive Il Corriere della Sera; “Bomba d’acqua sul centro nord. Massima allerta in sei regioni”, titola La Repubblica; “Nubifragi, allagamenti, frane e paesi isolati. Mezza Italia bloccata, l’Arno fa paura”, pubblica La Stampa. Ennesime inondazioni. Ennesimi allarmi. Ennesime presenze di esperti e tecnici in televisione, pronti a spiegare agli italiani il perché di queste catastrofi.  Due solo esempi (per ragioni di spazio), Mastrapasqua e alluvioni. Ma punte di un iceberg di dimensioni esagerate. Sembra di vivere nel Truman Show. Un giorno uguale all’altro. In un Paese completamente immobile. Mastrapasqua (e quanti altri a partire dalla moglie…) ha venticinque incarichi? Bene. Se ne parla su tutti i media, si organizzano trasmissioni televisive, si grida allo scandalo, in un’Italia che fa fatica ad arrivare a fine mese, ma il giorno dopo tutti sembrano dimenticare, come fossero completamente ovattati, in un’Italia automa e intimamente corrotta. Il clima sta cambiando? Andremo incontro sempre più frequentemente a piogge torrenziali? Fa niente. In Italia è meglio curare che prevenire. Con l’unica differenza che la cura ahimè non esiste. Disboschiamo, cementifichiamo, violentiamo la natura. Poi ne mettiamo una toppa. Con le conseguenze devastanti che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi. Storie già vissute. Filmati già visti. Articoli già letti. Danni e disastri continui. Senza che niente cambi. Mentre la vita del Paese scorre liscia, come l’olio. In uno spaventoso lassismo. C’è un’Italia che non vuole cambiare. Ed è quella fatta dalle istituzioni, tutte. E, dispiace scriverlo, anche da milioni di italiani. Che rimangono fermi a guardare, lamentandosi e dichiarandosi impotenti di fronte a questi scenari. Ad uno spettatore esterno che osserva questo spettacolo deprimente verrebbe da pensare che noi italiani siamo un popolo di masochisti. Ci piace soffrire. Non arrivare a fine mese. Vedere la gente morire per lo straripamento di un fiumiciattolo. O per i veleni di una fabbrica. Un popolo dalle mille qualità e dai milioni di difetti. Ma, fortunatamente, come scriviamo ormai da anni sul nostro giornale, c’è anche un’Italia, piccola ma forte, che non sta ferma, che non aspetta la manna dal cielo. Che si mette all’opera e cerca di cambiare. E non è poi così difficile. A volte basta solamente copiare. Copiare chi è già cambiato. E chi ha già cambiato modo di vivere e di affrontare la vita quotidiana. E questo consiglio noi lo rivolgiamo non solo al popolo, ma anche ad imprenditori e politici. Ad Hannover, in Germania, l’assessore all’ambiente e all’economia (che strano connubio che sarebbe questo in Italia…) è tra i fondatori del Centro per l’Energia e l’Ambiente che dal 1981 pratica la vera politica dell’ambientalismo, le cui soluzioni sono diventate pratici esempi ripresi dalla legislazione nazionale. Sempre in Germania la ditta Solvis è leader nella produzione di pannelli solari. Quel che stupisce è che consuma l’80% in meno rispetto ad industrie simili. Due soli esempi per spiegare che si possono realmente abbattere i consumi, in un periodo di crisi economica dove sprecare meno è fonte di guadagno, senza però produrre inquinamento. E poi ci sono le persone, quelle normali, che hanno deciso di non sottostare più ai ricatti di questa classe politica. Chi andando via dal nostro Paese (sempre di più), chi invece mettendosi all’opera per cambiarlo. Pensiamo ai GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, che si stanno sempre più diffondendo in Italia con ottimi risultati. O al cohousing. Come lo Urban Village, nato nel  2009 nel quartiere Bovisa di Milano. O semplicemente a chi ha ricominciato daccapo, cambiando vita. In meglio.  Come le 26 testimonianze raccolte da Giuseppe Canale e Massimo Ceriani nel libro “Contadini per scelta”, 332 pagine che raccontano le storie di chi ha deciso di dedicarsi all’agricoltura in un modo nuovo. «Quando sono su, a mille metri di altezza, lavoro – afferma Tiziana De Vincenzi, allevatrice di bovini nella Val Di Vara a Varese Ligure (La Spezia) – Arrivo alla sera stanca morta, non ne posso più, mi sdraio a letto e sono contenta. È assurdo ma è così, nessuno mi costringe ad alzarmi alle sei di mattina, ma quando vado su in azienda sto bene, nessuno mi rompe». Un mondo radicalmente diverso da quello della produzione agricola industriale, dove al centro c’è il contadino con la sua manualità, le sue idee, la sua cultura. Questa Italia sa che Mastrapasqua uscirà dalla porta per entrare dalla finestra (a proposito, resterà titolare degli altri 24 incarichi?). Sa che domani un’altra regione italiana soffrirà la piena di un fiume. Ma questa Italia, consapevole del proprio malessere, si muove e non rimane ferma a guardare. Il cambiamento non verrà certo dall’alto, da questa classe politica totalmente incompetente e indifferente alla situazione sociale e idrogeologica del Paese. Il cambiamento verrà da noi. Da questa Italia, piccola ma forte.

Fonte: il cambiamento

Alluvioni in aumento in Europa a causa di global warming e cementificazione

L’EEA ritiene che l’aumento delle alluvioni in Europa sia in parte riconducibile ai cambiamenti climatici ed in parte al grave fenomeno del consumo e impermeabilizzazione del suolo fertile, che aumenta il deflusso idrico superficiale.Danubio-e-Inn-a-Passau-586x336

Le alluvioni che hanno colpito l’Europa Centrale nei giorni scorsi (nella foto l’esondazione del Danubio e dell’Inn a Passau in Germania, al confine austriaco) non sono casuali, ma sono dovute principalmente a due fattori: i cambiamenti climatici e la cementificazione del suolo. Secondo un recente rapporto della European Environment Agency, esiste una chiara evidenza del legame tra inondazioni e global warming per quanto riguarda il Regno Unito, la regione delle Alpi e la Scandinavia. Per quanto riguarda la regione Danubiana non sono ancora state trovate delle prove decisive, ma gli indizi ci sono tutti: in due giorni è caduta la pioggia di due mesi, e la piena del Danubio è la più alta degli ultimi 500 anni. Secondo l’EEA dal 1980 ad oggi sono avvenute 325 maggiori inondazioni, di cui 200 dopo il 2000. L’aumento è anche dovuto ad un migliore sistema di monitoraggio, oltre che alla impermeabilizzazione del suolo. Ogni giorno in Europa 265 ettari di terreno fertile vengono distrutti per diventare case, capannoni, strade e parcheggi. Nei suoli naturali il deflusso superficiale della pioggia è pari solo al 10%,mentre sale al 55%  nei suoli fortemente antropizzati e impermeabilizzati per più del 75% del territorio. In pratica la cementificazione moltiplica per cinque i danni delle alluvioni. Un ultimo fattore che incide sui danni e sulle vittime delle alluvioni è la tendenza a costruire case ovunque, anche in luoghi in cui le inondazioni sono più probabili. Cosa fare per mitigare l’impatto delle alluvioni? Oltre a fermare il consumo di suolo (più facile a dirsi che a farsi), è fondamentale ripiantare gli alberi e ripristinare alcune zone umide lungo il corso dei fiumi che possano assorbire in parte l’eccesso di flusso idrico. Questo tipo di difese morbide sono assai più efficaci delle difese rigide come dighe o barriere, che conducono a catastrofi quando vengono distrutte o sorpassate. Gli inglesi stanno investendo molto per proteggersi dalle maree in aumento nel Tamigi, pensando non ai prossimi anni, ma ai prossimi decenni. Cosa si vuole fare nel Bel Paese? Continuare a regalare soldi alle banche o investire in opere di prevenzione ad alto tasso di occupazione?a1-deflusso-superficiale-e-impermeabilizzazione

Fonte: ecoblog

Siccità USA: il 2013 potrebbe essere peggio del 2012

Secondo la NOAA, tra primavera ed estate la siccità dovrebbe peggiorare in tutto l’ovest americano, mentre le grandi pianure sono a rischio inondazione

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La grave siccità che ha colpito gli USA nel 2012 causando un crollo delle rese agricole e danni paragonabili a quelli del ciclone Sandy, potrebbe non essere un episodio isolato. Secondo la NOAA, il 2013 potrebbe essere perfino peggio, come è possibile vedere sommariamente confrontando la cartina in alto (previsioni fino a giugno 2013) con quella in basso (previsioni a giugno 2012). Rispetto allo scorso anno, la situazione è un po’ migliorata in Florida, Georgia e Alabama, ma è nettamente peggiorata nel Texas e in tutto l’ovest. Il trend negativo degli ultimi quattro anni è ben illustrato nelle mappe della gallery. Le zone indicate in verde come miglioramento, sono in realtà seriamente minacciate da alluvioni, come mostra l’ultima mappa della gallery. Se alle abbondanti nevicate fa infatti seguito una fusione troppo rapida, l’acqua non riesce a ricaricare le falde sovra-sfruttate  ma fluisce rapidamente verso il mare. Se qualcuno pensava che il global warming avrebbe portato un po’ di “tepore” nell’emisfero nord, avvantaggiando l’agricoltura, dovrebbe ricredersi. Immettendovi più energia, il sistema atmosferico diventa più instabile e più orientato ai fenomeni estremi.

Fonte: ecoblog

 

INTERNET DELLA NATURA NASCE A TORINO

Alluvioni, frane e incendi: nasce a Torino l’”Internet della natura” in grado di prevenirli

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L’alluvione di Catania ripropone, per l’ennesima volta, la questione del dissesto idrogeologico nel nostro Paese, un problema che è stato oggetto di un recente convegno nazionale ma che, negli ultimi anni, si è dovuto confrontare con un drastico taglio delle risorse disponibili per la prevenzione. Ma, proprio per le spese ingenti che calamità come quella di Catania comportano, gli investimenti andrebbero fatti (anche) nella prevenzione.

In Italia, precisamente a Torino, Minteos opera dal 2005 nel settore dei Wireless Sensor Network, un insieme di applicazioni che riguardano la tutela dell’ambiente in quello che gergalmente viene chiamato “Internet della natura” o “Internet delle cose”.

L’idea che sta alla base dei Wireless Sensor Network è all’apparenza semplice ma, al contempo, estremamente rivoluzionaria. Si tratta, sostanzialmente, del posizionamento, in aree a rischio di alluvioni, smottamenti e incendi, di alcuni sensori wireless tarati in modo da far scattare l’allarme quando si generano situazioni di pericolo. Si va dal sistema Fireless che segnala la presenza di focolai di incendio nei boschi al LandAlert che fa scattare l’allarme quando insorgono eventi di dissesto idro-geologico come frane e smottamenti. Naturalmente è presente anche un Flood Alert che avvisa le centrali di controllo in caso di innalzamento anomalo dei corsi d’acqua.

Il FloodAlert – utilizzato, per esempio, nel torrente Rio Oliveto dell’imperiese – percepisce le anomalie e gli innalzamenti dei corsi d’acqua e tramite una centralina di trasmissione dati posta in loco invia l’allerta via mail e via sms al personale deputato al controllo di quell’area (Guardie Forestali, Vigili del Fuoco e Protezione Civile). Se utilizzato con un approccio integrato sugli affluenti o i bacini secondari il FloodAlert è in grado di fornire in tempo reale, informazioni che consentono di calcolare il livello di rischio sul fiume principale, con ore di anticipo. In caso di rischio FloodAlert e i vari NaturAlert inviano un allarme alle Istituzioni e alle squadre di intervento per interventi preventivi, eventuali evacuazioni, chiusure di strade e ponti. È chiaro che un’informazione tempestiva può essere strategica nell’organizzare i soccorsi, nella messa in sicurezza e nell’isolamento delle aree a rischio.

La Cnn si è occupata più volte di questa azienda, così come la rivista Forbes. Nel marzo 2011 Minteos ha vinto la Mind the Bridge Competition 2010 nella quale – all’interno dell’Italian Innovation Day – dodici start up italiane sono state giudicate da Tim Draper, Scott Sandell e Jeff Clavier, tre tra gli investitori più famosi al mondo che hanno scritto la storia dell’industria del venture capital nella Silicon Valley. Nello stesso anno l’azienda torinese è stata scelta per partecipare allo Smart Camp IBM di New York e dal 2012 è diventata partner tecnologico del Politecnico di Milano all’interno dell’Osservatorio Internet of Things. Un fiore all’occhiello dell’innovazione italiana che raccoglie consensi in tutto il mondo.

Fonte: Minteos