Allergie in anticipo? Colpa del clima

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Cipressi, tassi, noccioli e ontani stanno già disperdendo i pollini nell’aria e per gli allergici è come se la primavera fosse iniziata con un paio di mesi di anticipo. Occhi arrossati e lacrimazione accentuata e starnuti provocati non dal raffreddore, ma dall’allergia, sono i principali sintomi di un’impollinazione iniziata troppo presto, addirittura un mese prima del previsto. Alla fine dell’inverno i primi a impollinare sono cipressi e noccioli, poi tocca a graminacee e composite in primavera e all’ambrosia in estate. Ma il dicembre caldissimo di quest’anno e un mese di gennaio secco come un mese di agosto hanno risvegliato gli alberi in anticipo. E così la stagione delle allergie si allunga. In media pochi giorni in più rispetto a trent’anni fa, ma il problema in crescita è quello della polisensibilizzazione, con l’80% degli allergici che reagisce a più di una pianta. Con la dilatazione dei cicli dei pollini, i polisensibili possono iniziare a soffrire per i pollini a febbraio e finire a settembre. La tregua dura sempre meno e la “colpa” è degli innegabili cambiamenti climatici che accorciano sempre di più i nostri inverni.

Fonte:  La Stampa

 

Ecco come l’agricoltura industriale sta facendo ammalare noi e la terra

I terreni trattati con prodotti chimici, sfiancati dallo sfruttamento intensivo e dall’agricoltura industriale causano un impoverimento del cibo che quindi non fornisce agli esseri umani i nutrienti di cui ha bisogno. E’ la conclusione cui sono giunti numerosi studi di cui si parla anche nel libro appena uscito di Courtney White, “Grass, soil, hope”. Ma la soluzione c’è.agricoltura_intensiva

E’ ancora vero che una mela al giorno toglie il medico di torno? Non più, stando a quanto sostengono gli esperti, a meno che quella mela non arrivi da terreni organici e da alberi coltivati con metodi biologici. Secondo l’esperta australiana Christine Jones, intervistata nel libro appena uscito di Courtney White, Grass, Soil, Hope, le mele hanno perduto l’80% del loro contenuto di vitamina C. E le arance che si mangiavano per tenere lontano il raffreddore? E’ possibile che di vitamina C non contengano più nemmeno le tracce. Uno studio http://www.scientificamerican.com/article/soil-depletion-and-nutrition-loss/ che ha analizzato il contenuto dei vegetali dal 1930 al 1980 ha scoperto che i livelli di ferro sono diminuiti del 22% e il calcio del 19%. In Inghilterra tra il 1940 e il 1990 il contenuto di rame nei vegetali è calato del 76% e il calcio del 46%. Il contenuto di minerali nella carne è, anch’esso, significativamente diminuito. Gli alimenti vanno a costituire i mattoni del nostro corpo e sostengono la nostra salute, ma terreni impoveriti forniscono alimenti impoveriti e alimenti di scarsa qualità nutritiva portano a un decadimento della salute. Anche la nostra salute mentale è legata ai terreni ed è garantita se i terreni sono ricchi di microbi. Cosa è accaduto al terreno? Ha subìto gli attacchi della moderna agricoltura industriale con le sue monocolture, i fertilizzanti, i pesticidi e gli insetticidi.

«Il termine biodiversità evoca una ricca varietà di piante in equilibrio con tante varietà di animali, insetti e vita selvatica, tutti che coesistono in un ambiente in equilibrio – spiegano Hannah Bewsey e Katherine Paul dell’Organic Consumers Association – Ma c’è anche un intero mondo di biodiversità che vive al di sotto della superficie terrestre ed è essenziale per far crescere alimenti ricchi di nutrienti. Il suolo terrestre è una miscela dinamica di particelle rocciose, acqua, gas e microrganismi. Una tazza di terra contiene più microrganismi di quante persone ci siano sul pianeta. Questi microbi vanno a costituire il “tessuto alimentare del suolo”, una catena complessa che inizia con I residui organici di piante e animali e che coinvolge batteri, funghi, nematodi e vermi; decompongono la materia organica, stabilizzano il suolo e aiutano la conversione dei nutrienti da una forma chimica ad un’altra. La ricchezza nella diversità dei microbi in un terreno ha effetti su molte proprietà, come l’umidità, la struttura, la densità e la composizione nutritiva. Quando i microbi vanno perduti, si riducono anche le proprietà del suolo che permettono di stabilizzare le piante, di convertire le sostanze nutritive e di svolgere tutte le altre funzioni vitali.  Il contenuto di microbi del suolo, cioè la sua biodiversità, è praticamente sinonimo di salute e fertilità. Come scrive Daphne Millier, medico, scrittrice e docente, “i terreni che contano su un’ampia biodiversità sono più predisposti a produrre cibi ad alta densità nutritiva”. Purtroppo l’azione umana ha avuto un impatto assai negativo sulla salute dei suoli; siamo infatti responsabili della degradazione di oltre il 40% dei terreni agricoli nel mondo. Abbiamo destabilizzato l’ecosistema dei terreni attraverso un utilizzo diffuso di sostanze chimiche che distruggono praticamente tutto ad eccezione delle piante stesse (molte di queste sono state addirittura modificate geneticamente per resistere a erbicidi e pesticidi). Siamo arrivati ad avere grano, soia, alfa-alfa e altri cereali in apparenza salubri ma in verità carenti di sostanze nutritive a causa della pessima qualità del suolo su cui vengono coltivati. E usiamo sostanze chimiche di routine anche se si sa che appena lo 0,1% dei pesticidi in realtà interagisce con il target cui è destinato, tutto il resto contamina soltanto piante e suolo».

«L’azoto è uno dei tre nutrienti essenziali per il suolo – proseguono Bewsey e Paul – gli altri due sono potassio e fosforo. Ma perché l’azoto possa nutrire le piante, deve essere convertito da ammonio a nitrato. I microbi del terreno, sensibili al ciclo dell’azoto, fanno questa conversione alimentandosi di materia vegetale decomposta, digerendo l’azoto che vi è contenuto ed eliminando ioni di azoto. Cosa accade quando nel suolo non ci sono questi microbi? Gli agricoltori spesso ricorrono a fertilizzanti contenenti azoto, ma l’uso eccessivo porta ad averne una quantità eccessiva che va oltre la capacità di conversione dei microbi stessi, quindi troppo azoto uccide le piante. Stando ai dati della Union of Concerned Scientists, gli allevamenti con centinaia di animali stipati in piccoli spazi e alimentati con cereali anzichè foraggio è ubo dei fanni più grossi che l’uomo abbia inflitto al suolo poiché porta alle monocolture intensive su larga scala che richiedono moltissime sostanze chimiche. La perdita di biodiversità del suolo è anche correlata all’aumento di asma e allergie nelle società occidentali. Il sistema immunitario umano si sviluppa grazie agli stimoli ambientali cui è esposto; quando carne e vegetali mancano di determinati batteri e microbi, i bambini non riescono a formulare risposte immunitarie precoci e quindi possono sviluppare allergie. La soluzione sta nel convertire allevamenti e aziende agricole industriali in allevamenti con sistemi naturali e fattorie biologiche. Secondo uno studio danese è possibile raddoppiare la biodiversità del suolo sostituendo l’agricoltura biologica ai metodi agricoli convenzionali».

Ma perchè accontentarsi di contenere il danno? Esiste quella che viene chiamata agricoltura rigenerativa, strumento essenziale per far regredire i danni causati dalle pratiche industriali. E non c’è tempo da perdere. Bisogna andare i quella direzione prima che sia veramente troppo tardi.

Fonte: ilcambiamento.it

Rimedi naturali per le allergie ai pollini

L’arrivo della primavera è senz’altro l’evento più atteso dell’anno: ingrigiti e un po’ stanchi dal lungo periodo invernale, accogliamo l’inizio della bella stagione con entusiasmo e trepidazione. Purtroppo, però, coincide anche con il periodo delle classiche allergie stagionali da polline di cui oggi soffre un numero sempre maggiore di persone (circa il 15% degli italiani).allergia-da-polline-400x250

Le sindromi allergiche respiratorie sono scatenate dalla comparsa dei primi pollini e si manifestano, nella maggior parte dei casi, con intensa lacrimazione oculare, bruciore agli occhi, prurito e gocciolamento nasale, sternuti frequenti: un mix di fastidiosi disturbi a volta difficili da gestire. Le conseguenze sull’umore, infatti, sono notevoli (irritabilità e frustrazione), così come quelle sulla salute generale dell’organismo (senso di spossatezza e stanchezza). Per tutte queste ragioni, il consulto medico specialistico è indispensabile e insostituibile da metodi fai-da-te, che potrebbero risultare peggiorativi, oltre che inefficaci. Ma vediamo nel dettaglio le principali forme di allergie stagionali da pollini ed i rimedi naturali per prevenirle o alleviarne in sintomi. Con il termine pollinosi si intende la tipica allergopatia che ricorre in primavera in corrispondenza con la ricomparsa di particolari pollini innocui per la maggior parte delle persone, irritanti e fastidiosi per una piccola (ma significativa) fetta di popolazione. Gli allergeni presenti in questi pollini si depositano sulle mucose delle principali vie respiratorie (cavità nasali) e negli occhi, innescando una reazione chimica che attiva il sistema immunitario e lo induce a produrre una quantità eccessiva di mediatori chimici pro-infiammatori. In pratica si scatena un’infiammazione che, a seconda della gravità, può risultare più o meno violenta e che si manifesta con i sintomi già descritti, classificati in base all’effetto che comportano localmente sul corpo del soggetto:

  • Naso: rinite allergiche
  • Occhi: congiuntiviti
  • Vie aeree inferiori: asme bronchiali, tosseallergy-sneeze

Allergia ai pollini, molto comune in primavera

In alcuni casi, specie se non adeguatamente trattati, questi disturbi possono regredire in patologie più serie, come bronchiti asmatiche, poliposi nasali e sinusiti. La rinite allergica (o ‘raffreddore da fieno’) è forse la patologia infiammatoria più comune e ricorrente collegata alla pollinosi, ma può essere scatenata anche da allergeni presenti nei peli degli animali e veicolata dagli acari della polvere. Non essendo necessariamente stagionale, il raffreddore da fieno può perdurare anche tutto l’anno e manifestarsi con un continuo gocciolamento nasale, prurito, starnuti, cefalee e tosse.

A seconda della stagione, infine, si possono identificare i diversi tipi di polline che scatenano l’allergia:

  • Primavera (gennaio-metà maggio): pollini di alberi
  • Estate (maggio-luglio): pollini di piante erbacee
  • Autunno (agosto-ottobre): spore di muffe e pollini di piante infestanti

In tutti questi casi la prima regola da seguire è ridurre al minimo il contatto con pollini e spore soprattutto nei giorni più critici e lavare speso mani e occhi con acqua fredda o con un infuso di camomilla e rosmarino.

Fonte: tuttogreen.it

Vestirsi in fibre naturali: una carezza per la pelle e la salute

Mentre le fibre sintetiche sono sì più economiche ma anche più problematiche per la salute, le fibre di origine vegetale e animale sono del tutto sicure e senza rischi per la pelle

Molto spesso si preferisce scegliere un capo in fibre sintetico perché più economico rispetto a un capo in materiale naturale, ma quanto costa realmente in termini di salute un capo che provoca allergie al nostro organismo?

Scegliere un capo d’abbigliamento non è cosa di poco conto: oltre alla sua bellezza, alla vestibilità e al prezzo, dovrebbe essere fondamentale scegliere anche il tipo di fibra usato. Molto spesso si preferisce scegliere un capo in fibre sintetico perché più economico rispetto a un capo in materiale naturale, ma quanto costa realmente in termini di salute un capo che provoca allergie al nostro organismo? Le fibre sintetiche (acrilico, poliammide, poliestere, polipropilene, elastan, clorofibra), largamente usate nel tessile a livello mondiale per il loro basso costo e la robustezza, sono prodotte a partire dal petrolio e derivati e subiscono complesse trasformazioni chimico-fisiche fino a diventare adatte a essere tessute e filate. La fase di lavorazione si conclude con la colorazione e il fissaggio del colore attraverso l’uso di coloranti chimici detti dispersi. L’uso massiccio di materiali non naturali è fonte però di seri danni non solo alla pelle ma anche al nostro organismo e in particolare provoca:

• accumulo di carica elettrostatica positiva (è il fenomeno che si verifica quando il tessuto a contatto con dei metalli provoca le scintille, oppure quando togliendo un indumento sintetico i peli della pelle e i capelli si elettrizzano, o quando togliendo un indumento lo si sente crepitare), che il corpo non riesce a smaltire. A lungo andare quest’accumulo provoca stress, danni al sistema nervoso e persino alterazione della flora batterica intestinale.

• dermatiti e allergie: si calcola che solo in Italia il 7% delle persone allergiche lo è ai coloranti dispersi; fra i bambini la percentuale è del 4%.

• poca sudorazione del corpo: i materiali sintetici sono poco traspiranti, quindi soprattutto d’estate possono provocare dermatiti e la sensazione di appiccicaticcio sulla pelle.

Ricorrere a un tipo di abbigliamento naturale non è solo un modo per vivere più naturalmente, ma  significa soprattutto prenderci cura di noi stessi e della nostra salute. Vediamo di seguito quali sono i tessuti naturali più diffusi.

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ll Cotone

È la fibra naturale più conosciuta e utilizzata, ma è importante che sia certificata biologica. Quella non biologica è inquinata dagli agenti chimici impiegati durante la coltivazione – il 25% dei pesticidi prodotti a livello mondiale è destinato alle coltivazioni di cotone – anche per accelerare la crescita della pianta che è molto lenta. La conseguenza è che tracce di pesticidi rimangono nelle sue fibre entrando a contatto con la pelle, provocando quindi allergie. Inoltre, vista la crescente richiesta di questa fibra naturale, le grandi piantagioni di cotone concorrono alla deforestazione di boschi e foreste, per cui il cotone rischia di non essere più ecologico. Gli indumenti di cotone sono traspiranti con un alto potere di assorbire l’umidità, e sono in grado di disperdere velocemente il calore del corpo.

La Lana

È stato il primo tessuto usato dall’uomo che si ottiene dal vello di pecore, capre, conigli d’angora, cammelli e lama (gli Alpaca delle Ande). La pura lana vergine è nuova di tosa, la lana comune proviene invece dalla lavorazione di stracci o altri scarti industriali. Ha un’ottima capacità di regolazione termica che la rende un perfetto isolante sia contro il caldo che contro il freddo, è altamente traspirabile, impermeabile all’acqua e assorbe l’umidità respingendo le impurità esterne. A contatto con la pelle spesso può indurre prurito, la lanolina presente nelle fibre può dare reazioni allergiche a persone predisposte; per ovviare il problema basta indossare i capi di lana sopra a quelli di cotone.

ll Lino

I capi in lino, ricavati dalla pianta che cresce nelle zone costiere del Nord Europa, si riconoscono per l’effetto stropicciato che li caratterizza, tipico di questa fibra rigida. I tessuti di lino sono più freschi del cotone, hanno un maggiore potere di dispersione del calore del corpo, adattandosi ottimamente al clima estivo. È il tessuto più indicato per chi soffre di malattie della pelle poiché ha un potere curativo e lenitivo.

La Seta

La lavorazione della seta è molto antica, risalente addirittura al 6000 a.C. Di derivazione animale, è una fibra con caratteristiche diverse rispetto alle altre fibre naturali: è impermeabile all’umidità ma a contatto con il sudore si macchia facilmente. Poco resistente all’usura, i colori tendono a sgualcire se troppo esposti al sole. Al momento non esiste seta naturale o biologica: quella in commercio è sottoposta a trattamenti chimici, che la rendono più incline ad allergie e orticaria. La seta grezza si ottiene dalle prime secrezioni del baco prima che formi il bozzolo; questo tipo di seta si ottiene quindi senza dover uccidere il baco ed è per ciò apprezzata da animalisti e vegani.

La Iuta

La pianta da cui si ricava la fibra di iuta, il secondo tessuto più utilizzato dopo il cotone, è imparentata con la pianta della canapa sativa, altra grande pianta dalla quale si ricava un ottimo tessuto per filati. La iuta è un tessuto molto resistente, rigido e ruvido, completamente biodegradabile e riciclabile. Viene usato principalmente per fare sacchi, borse, cinture, cappelli e tappeti.

L’ Ortica

Il tessuto che si ricava da una varietà di ortica, detto ramie, era conosciuto e utilizzato fin dal 5000 a.C. in Egitto (gli abiti delle mummie erano in ramie) e in Cina dov’era usata prima dell’introduzione del cotone. Recentemente si è diffusa anche in Occidente, più che altro in indumenti misti a cotone. Il ramie è un tessuto resistente allo strappo e nella colorazione richiede un terzo del colore che necessita il cotone, poiché lo assorbe molto bene; inoltre è anallergico e in grado di resistere bene all’umidità. Probabilmente è ancora poco diffuso per via dei suoi alti costi di produzione. Le fibre tessili naturali non si esauriscono qui: nelle prossime pagine ne scoprirete altre ottime per confezionare indumenti per adulti e bambini sempre nel rispetto della naturalezza.

Fonte: viviconsapevole