Non si ferma la campagna per chiedere il riconoscimento dell’agricoltura contadina e le associazioni promotrici hanno diffuso una lettera aperta indirizzata al Parlamento e a Governo affinché si accelerino le misure invocate da tempo.
«Contadine e contadini italiani chiedono una legge quadro nazionale che riconosca le caratteristiche della Piccola Agricoltura Contadina e la differenzi dalle imprese agricole di grandi dimensioni; chiamano a raccolta tutto il mondo agricolo per dare forza alle richieste che il Parlamento deve approvare in tempi brevissimi; sollecitano tutti con una lettera aperta perché dalla sopravvivenza del mondo contadino dipende la Sovranità alimentare dei popoli e la salute del pianeta»: così i promotori della Campagna per il riconoscimento dell’agricoltura contadina.
Non si ferma, dunque, la richiesta per avere, anche in Italia, una legge quadro nazionale che riconosca l’Agricoltura Contadina e la figura giuridica del Contadino.
«Contadini e contadine non arretrano e ora presentano a tutti i colleghi “fratelli e sorelle” una lettera intensa, perché tutti insieme contribuiscano a rafforzare questa Campagna Popolare per il riconoscimento della loro figura giuridica. Per fare pressione tutti insieme sulle associazioni agricole e sui loro rappresentanti in parlamento – scrivono i promotori – Dieci anni di impegno e dialogo intenso con i governi che si sono succeduti. Tre proposte di legge presentate solo nell’ultima legislatura, con un teso di sintesi dopo i molti emendamenti finalmente pronto per la discussione alla Camera. E se cambieranno le commissioni, contadini e contadine sono pronti a continuare la lotta insieme ai parlamentari di tutti gli schieramenti sensibili a questo tema».
«Nel 2018 l’ONU ha approvato la Dichiarazione Universale dei Diritti Contadini e dei Lavoratori Agricoli. In questi ultimi anni molte regioni hanno emanato norme per differenziare le aziende contadine dalle imprese agricole di maggiori dimensioni: perché hanno problematiche e necessità differenti in un mondo che cambia e rende sempre più difficile la sopravvivenza delle piccole aziende agricole a conduzione famigliare. È venuto finalmente il momento che l’Italia riconosca normativamente il valore e le peculiarità delle piccole produzioni, delle pratiche sostenibili che preservano il territorio e alimentano i mercati locali, che privilegiano la filiera corta e il rapporto diretto col consumatore».
«È necessaria una legge specifica nazionale: le norme ideate per le grandi imprese agroindustriali rendono di fatto impraticabile l’attività di produzione agricola e la trasformazione artigianale dei cibi alle piccole aziende contadine – proseguono i promotori della campagna – Centinaia di migliaia di contadini e contadine lavorano ogni giorno per tutelare la Sovranità Alimentare e per mantenere le produzioni agricole di prossimità, con dignità e coraggio nonostante tutte le difficoltà. È ora che anche in Italia il loro impegno venga tutelato e che la loro opera a vantaggio del pianeta venga riconosciuta e salvaguardata».
Abbiamo provato a immaginare come potrebbero essere l’agricoltura e l’alimentazione del mondo di domani e quali passi individuali e collettivi possiamo fare, a partire da oggi, per realizzare questa visione. Abbiamo scelto la Provincia di Cuneo cimentandoci in un lavoro condiviso e partecipato che ci ha coinvolti nel 2020, ma ci auguriamo che ciò che abbiamo realizzato possa essere di ispirazione per molti altri luoghi d’Italia. Ecco la nostra Visione2040 su Agricoltura e alimentazione, immaginata e sognata da coloro che vivono questo territorio! Immaginiamo… una pianura coltivata con metodi di agroforestazione che combinano piante perenni e colture annuali, riducendo lavorazioni profonde del suolo e trattamenti chimici, incrementando la biodiversità e la protezione degli insetti impollinatori. Immaginiamo… una montagna in cui i terreni sono coltivati e non solo lasciati a pascolo o abbandonati; una collina che permette a boschi e a nuovi orti di intersecarsi alle vigne e ai noccioleti. Immaginiamo ancora cittadini che collaborano, rompendo la divisione tra produttori e consumatori e dimostrando che l’agricoltura contadina offre cibo sano utilizzando le risorse in modo ottimale.
Il tema della produzione alimentare su scala industriale, dello sfruttamento dei terreni e di un’agricoltura sempre più intensiva sono certamente alcuni tra i principali temi dei nostri tempi. Da nord a sud del mondo, ci sembrano questioni così grandi e insormontabili da farci credere di non poter fare la differenza. Ma siamo qui per dimostrarvi il contrario! In fondo, immaginare tutto questo non è stato così male, vero?
Vi raccontiamo oggi il primo dei diversi documenti che abbiamo elaborato in questi mesi insieme agli esperti e agli attori del territorio cuneese. Insieme ci siamo confrontati su come potranno essere agricoltura e alimentazione nel 2040. Mettendoci in ascolto, superando anche la frustrazione del lavoro online imposto dalla pandemia, questo percorso è stato un’occasione che ci ha aiutato ad accorciare le distanze. E abbiamo colmato questa distanza partendo dalle emozioni, per confrontarci poi su cos’è successo all’agricoltura cuneese in questi anni. Per farlo, abbiamo prima “scattato una fotografia” della situazione attuale, perchè, se è vero che dietro ogni problema c’è un’opportunità, allora il nostro obiettivo è capire come farla sbocciare.
LA FOTOGRAFIA ATTUALE
Come abbiamo approfondito nel documento, il Cuneese, come d’altronde altri territori in Italia, è una provincia dalla forte tradizione agricola ma, nella fotografia attuale, la sua agricoltura sta vivendo in una sorta di stallo. Da una parte troviamo i fautori dell’agroindustria convenzionale che si rendono conto dell’attuale crisi del sistema e della sua insostenibilità ma che sembrano non intravedere ancora possibilità di cambiamento. Dall’altra, riscontriamo la grande presenza di monocolture che non rispetta i tempi e le esigenze naturali del territorio, oltre ai prezzi molto alti dei terreni che stanno sempre più attraendo l’interesse di investitori stranieri. Ma allora, in che direzione possiamo andare? Ovviamente i problemi non sono gli unici aspetti che caratterizzano questo enorme territorio! Ad esempio, pensiamo che la biodiversità del territorio sia notevole e siamo felici della presenza di sempre più realtà attive e dinamiche tra le piccole e medie aziende nelle aree interne. Sono loro i custodi del territorio che pensiamo sia fondamentale valorizzare! Contadini e contadine da cui cresce la spinta verso un’agricoltura diversa e che si impegnano ad aumentare il numero di varietà prodotte o recuperare quelle tradizionalmente coltivate. Poi ci sono le aziende del vino (prodotto d’eccellenza nel cuneese) che stanno adottando tecniche di coltivazione biologica, attraverso un’inversione di tendenza.
QUALE VISIONE PER IL 2040?
Ogni azione avrà una conseguenza nell’immediato e nel futuro. Da questa riflessione è partito il nostro tavolo di lavoro per ripensare la provincia di Cuneo tra vent’anni. E allora, per cambiare il destino dei nostri territori, perché non partire proprio dal concetto di responsabilità? Per capire qual è la direzione giusta da prendere, abbiamo deciso di rispondere a questa domanda con un’altra domanda: chi si occuperà principalmente di produrre, chi di mangiare, chi di comunicare, chi di studiare, chi di regolamentare tutte queste azioni?
Su un aspetto concordiamo in pieno: nel futuro in cui aspiriamo a vivere, ognuno di questi attori dovrebbe avere un comportamento responsabile nei confronti di sé stesso, degli altri e della terra che ci ospita. E questo segnerebbe il vero cambiamento di cui abbiamo bisogno per sovvertire le criticità del presente.
Che cosa abbiamo sognato per il cuneese? Vi riportiamo quattro ambiti di azione sui quali ci siamo concentrati e che potrete approfondire nel documento dedicato!
1. Nuove tecniche agricole: tra vent’anni ci prenderemo cura dei nostri ecosistemi, coltiveremo e diffonderemo specie e varietà locali attraverso metodi biointensivi che rispettino i terreni. Trasmetteremo i valori di una produzione locale alle nuove generazioni di contadini e contadine affinché siano sempre più aggiornati sui modi migliori per produrre cibo;
2. Nuovi e diffusi modelli di cooperazione tra produttori e consumatori: la filiera del cibo, dal seme alla tavola, sarà gestita a livello locale tra aziende che opereranno con una visione comune e i prezzi di prodotti di qualità saranno accessibili a tutte le fasce della popolazione;
3. Il riconoscimento del ruolo dei contadini come custodi del suolo e della sua fertilità;
4. Le campagne saranno popolate di persone che amano vivere a stretto contatto con la natura e saranno valorizzate anche agli occhi delle nuove generazioni. Avremo nuove aziende e cooperative agricole che coinvolgeranno attivamente i lavoratori in qualità di soci (e non solo di dipendenti) e le scuole diventeranno luoghi dove educare a riconoscere e apprezzare la bellezza e la complessità del territorio in cui viviamo.
AZIONI CONCRETE. COSA POSSO FARE IO?
Va bene, abbiamo voluto sognare in grande… ma è proprio partendo da piccoli passi che è possibile arrivare insieme alla meta. Per questo il documento che abbiamo realizzato riporta una serie di azioni concrete che ognuno di noi può fare a partire da oggi. Andatele a leggere e fatevi ispirare! Il lungo lavoro partecipato realizzato in questi mesi vuole essere uno strumento per noi, per voi, per tutti. Nessuno escluso.
La crisi della filiera alimentare dovuta alla pandemia apre spazi di cambiamento interessanti. Cosa possiamo fare per favorire la nascita di una filiera più resiliente ed equa del cibo? E quali aspetti dell’agricoltura contadina attuale dobbiamo lasciar andare affinché possa cogliere l’occasione che la storia le pone di fronte? Ne parliamo con Nicola Savio, permacultore e vecchia conoscenza di Italia che Cambia, e con Davide Biolghini della Rete Italiana di Economia Solidale. Ne abbiamo sentite e continuiamo a sentirne tante, in questi giorni anomali. Chi è convinto che il virus cambierà il mondo, chi spera in un rapido ritorno alla normalità, chi, portando ottimi argomenti, mette in guardia che “la normalità era il problema”. Stiamo proiettando su questa situazione i nostri desideri più intimi tanto quanto le nostre più profonde paure. È vero, questa pandemia cambierà molte cose, ma la direzione di questi cambiamenti non le deciderà il virus. Le decideremo – più o meno consapevolmente – noi.
Uno dei tanti settori in cui si aprono interessanti finestre di cambiamento è quello della produzione, distribuzione e consumo di cibo. Abbiamo osservato con sgomento le code interminabili di fronte ai supermercati, preludio a scaffali spesso semivuoti – dal Regno unito sono arrivate voci di scenari ancor più catastrofici. Consegne in ritardo, shop online intasati e con attese lunghissime. E il peggio potrebbe essere ancora di là da venire: la fuga della manodopera a basso costo – perlopiù stranieri tornati in patria subito prima del lockdown – sta lasciando buona parte dei raccolti a marcire nei campi mettendo a rischio la sicurezza alimentare. La crisi sanitaria ha messo a nudo la totale inadeguatezza della filiera alimentare, costruita per massimizzare l’efficienza a discapito della resilienza. In questo contesto parlare di come produciamo e distribuiamo il nostro cibo diventa improvvisamente un argomento centrale per tutti. Per capire quali sono i problemi e le opportunità di questa situazione nuova mi sono fatto due chiacchierate, la prima con Nicola Savio, agricoltore esperto di permacultura e vecchia conoscenza di Italia che Cambia, la seconda con Davide Biolghini, membro del consiglio direttivo della Rete Italiana di Economia Solidale. Provo a mettere insieme i pezzi e riassumervi quello che ho capito.
Crisi o opportunità?
«In questo periodo – mi spiega Davide – la domanda di prodotti biologici e anche di sistemi di distribuzione locale come quelli dei Gruppi d’acquisto solidali (Gas) sta crescendo. Buon Mercato, ad esempio, l’esperienza di ‘supergas’ nel corsichese, ha visto aumentare del 30-40% gli ordini da parte di famiglie nuove che si sono avvicinate in questa circostanza». Come spesso accade, la crisi è stata occasione per mettere in atto soluzioni creative: «Da un lato c’è stata disponibilità da parte di alcuni piccoli e medi produttori di aumentare i punti di distribuzione: La Terra e il Cielo, ad esempio, ha iniziato a consegnare gli ordini in più punti diversi, evitando ai gasisti di doversi recare tutti assieme al punto di raccolta, che per alcuni era persino fuori dal proprio comune di residenza. Alcune persone, poi, si sono offerte di fare consegne a domicilio a famiglie o gruppi di famiglie che avevano particolari difficoltà. Anche alcuni produttori ora fanno la consegna a domicilio, cosa che prima non veniva fatta».
Davide Biolghini
Anche Nicola mi conferma una crescita notevole delle richieste nei confronti di molte aziende agricole medio-piccole. «Oltre a me – spiega – penso ai miei amici di Prati al Sole, che vista la situazione hanno provato a riorganizzarsi per fare consegna a domicilio: hanno finito tutta la produzione che avevano programmato per quella settimana in 24 ore. E in un raggio dall’azienda di due chilometri. E come loro molti altri: chi si è organizzato con gruppi Whatsapp, chi con gruppi Facebook. In momenti di crisi la creatività viene fuori, se si hanno gli occhi per vedere le opportunità».
Tuttavia non tutta l’agricoltura contadina sembra godere di vento favorevole. Molti produttori stanno soffrendo per la chiusura dei mercati all’aperto, compresi quelli contadini e rischiano di buttare parte del raccolto. Altri chiedono l’intervento dello Stato, con finanziamenti mirati a sostenere le aziende in difficoltà. Tuttavia la riapertura dei mercati e i finanziamenti sono soluzioni che possono tamponare l’emergenza, ma difficilmente possono migliorare la situazione a medio-lungo termine. «Ho l’impressione – continua Nicola – che stiamo provando a risolvere un problema non classico adottando soluzioni classiche. Non ci siamo mai trovati in una situazione del genere, è totalmente nuova, molte cose si sono stravolte. Il problema è cosa fare di questo stravolgimento. Se le uniche richieste dei piccoli agricoltori sono i finanziamenti pubblici e la riapertura dei mercati non abbiamo risolto niente. È come mettere un cerotto su un taglio che i parte dall’inguine e arriva fino al collo.»
Nicola Savio
È possibile prendere il meglio che questa occasione ci offre e cambiare la filiera alimentare? O la pandemia segnerà il tracollo dell’agricoltura contadina? «Secondo molti – chiosa Davide – ci sono tre scenari: o si cerca di tornare al prima, alla cosiddetta normalità, o ci sarà uno strapotere delle filiere lunghe dell’agroindustria, nonostante siano concausa dei cambiamenti climatici e in maniera indiretta anche della diffusione delle pandemie; o si coglie l’occasione di questo spazio per dare maggiore peso alle pratiche dell’economia sociale e solidale, dell’agricoltura contadina e dei sistemi di economia locale».
Cosa dobbiamo cambiare
Cosa possiamo fare per favorire la nascita di una filiera più resiliente ed equa del cibo? E quali aspetti dell’agricoltura contadina attuale dobbiamo lasciar andare affinché possa cogliere l’occasione che la storia le pone di fronte? «Un primo aspetto in cui è necessario un salto di qualità è la pianificazione. Noi agricoltori – mi spiega Nicola – non siamo abituati a pianificare. L’idea di base è sempre stata: io produco, poi se vendo bene, altrimenti mi arrabbio e chiedo gli aiuti allo stato. Aiuti che per i piccoli, fra l’altro, si sono fatti negli anni sempre più risicati e inarrivabili. Ma così viene meno l’obiettivo vero dell’agricoltura, che sarebbe quello di sfamare le persone. Per tornare a svolgere un ruolo centrale e utile la piccola agricoltura deve ritrovare la capacità di pianificare la produzione».
Matteo Mazzola dell’Azienda agricola Iside con uno degli attrezzi agricoli per una agricoltura a bassissimo impatto che Nicola Savio vende tramite Officina Walden.
Un secondo aspetto da lasciar andare, sempre secondo Nicola, sono le colture iperspecializzate. Se l’agroindustria produce cibo tutto uguale su larga scala per sfamare la massa, un ramo della piccola agricoltura ha ripiegato (ingolosita dai finanziamenti) sul produrre prodotti di alta qualità per piccole nicchie benestanti. Anche in questo caso vengono a galla tutti i limiti delle politiche agricole: «L’agricoltura dovrebbe essere l’apice della resilienza: diversificare, in modo che se non va bene una coltivazione ne va bene un’altra. E se proprio va malissimo mangio io e dopo vediamo. Invece i finanziamenti ti portano a fare scelte sbagliate. Fra l’altro vista dall’ottica di questi piccoli produttori adesso sarà dura: se hai piantato solo prodotti di nicchia che vendi a caro prezzo, chi te li compra adesso che siamo in piena crisi di liquidità?»
Quali modelli per il futuro?
Quali soluzioni abbiamo nel cappello, o per meglio dire nel paniere? «Più che soluzioni – continua Nicola – possiamo osservare i modelli che stanno funzionando e prenderne spunto. Penso alle CSA (Comunità che supporta l’agricoltura, un modello comunitario di gestione dei terreni e di pianificazione della produzione, ndr), o a soluzioni simili. In generale i modelli che stanno funzionando di più sono quelli che costruiscono una relazione diretta e continuativa con i clienti o soci, adattandosi alle loro esigenze. Spesso si vendono dei pacchetti annuali, che prevedono una fornitura settimanale.»
Anche i Gas si stanno muovendo in direzione simile, e da tempo è in corso un ripensamento del loro modello per trasformarli in qualcosa di più vicino a una Csa. Mi dice Davide: «Da tempo stiamo proponendo dei patti tra consumatori consapevoli e produttori responsabili, in cui cambia la relazione fra i due soggetti, che attualmente è ‘liquida’ e spesso sbilanciata a favore dei gasisti che hanno maggiore potere e scelgono di volta in volta quali prodotti acquistare, quando e come. Rispetto a questo sistema di relazioni il patto impegna ambedue le parti: il gas ad acquistare una certa quantità di prodotti, magari anche con anticipo di una quota, il produttore a rendere trasparente ed equa la formazione del prezzo».
La Terra e il Cielo
Attualmente Co-energia, l’associazione di Gas e Des che si occupa di patti e convenzioni nel campo della produzione del cibo e della energia (di cui Davide è presidente) gestisce due patti principali, uno storico con La Terra e il Cielo, e l’altro più recente con i piccoli agricoltori campani della La Buona Terra – in quest’ultimo caso il patto prevede anche l’anticipo del 40% rispetto agli ordini previsti per garantire i piccoli produttori nella semina e nella coltivazione dei prodotti. «La cosa che mi sembra molto importante sottolineare – continua Davide – è che i patti alimentano un fondo di solidarietà che permette di finanziare progetti di economia solidale.»
C’è poi l’ultimo sviluppo dei gruppi d’acquisto, i condomini solidali, nati da un’iniziativa della Rete di economia sociale e solidale di Roma. Sono condomini che si organizzano per farsi consegnare gli ordini a domicilio dai produttori. Per il produttore diventa più conveniente perché accorpa vari ordini in un’unica consegna, mentre per i condomini può diventare un modo per rafforzare le relazioni di vicinato. «Ne esistono già alcuni attivi a Roma e adesso abbiamo anche una mappa che geolocalizza tutti i punti di ordine/consegna/ritiro dei condomini.» L’idea del condominio sembra interessante anche per la possibilità di coinvolgere persone che normalmente non si iscriverebbero a un gas, ma che potrebbero essere ugualmente interessate a una fornitura di cibo locale e di qualità. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/05/agricoltura-contadina-filiera-corta-possono-salvarci-riusciranno-salvare-se-stesse/?utm_source=newsletter&utm_medium=email
Si è concluso in Romania il Forum di Nyéléni, il più grande raduno a livello europeo per la sovranità alimentare promosso da movimenti e associazioni di base. I partecipanti, provenienti da oltre 40 paesi, hanno preparato il terreno per riprendere e rilocalizzare i nostri sistemi alimentari.
«La battaglia contro l’agro-industria e per un futuro giusto e sostenibile per l’agricoltura contadina ha fatto un passo avanti in questi giorni durante l’appena concluso Forum di Nyéléni, il più grande raduno a livello europeo per la sovranità alimentare, che si è svolto a Cluj-Napoca, in Romania»: lo affermano i promotori della iniziativa, i membri dell’Associazione Rurale Italiana. Dopo cinque giorni di discussioni, i partecipanti, provenienti da oltre 40 paesi, hanno ben preparato il terreno per riprendere e rilocalizzare i nostri sistemi alimentari e moltiplicare le piattaforme per la sovranità alimentare in tutta Europa. Durante il Forum erano presenti proprio coloro che sono direttamente impegnati nei sistemi alimentari, ovvero un’ampia varietà di contadini, braccianti, sindacalisti, ricercatori, attivisti, pescatori, pastori, indigeni, consumatori e difensori dei diritti umani. Dall’Italia, una delegazione di 25 persone ha animato molte delle discussioni, dei laboratori, dei gruppi di lavoro, condividendo con gli altri delegati europei e non il percorso italiano verso la sovranità alimentare, che passa in particolare dalla “Campagna Popolare per l’agricoltura contadina”. Come sottolineato da Alessandra Turco di ARI – Associazione Rurale Italiana: “In Italia abbiamo un milione e mezzo di aziende agricole, e di queste l’80% sono contadine. Abbiamo sentito la necessità di rivendicare un percorso a livello nazionale per promuovere un regolamento che permettesse ai contadini e ai piccoli produttori di portare avanti un modello di sovranità alimentare sui propri territori, che garantisse a tutti l’accesso ad un cibo sano e prodotto localmente. Per questo nel 2009 la campagna popolare è diventata una proposta di legge, attualmente in discussione nel nostro Parlamento”. Riconoscere l’agricoltura contadina come modello, quindi, con specifiche garanzie per garantirne la sopravvivenza e la produzione. Un grande traguardo del Forum è rappresentato anche dalla convergenza delle organizzazioni dell’Europa dell’Est e dell’Asia Centrale con le loro controparti dell’Europa Occidentale. Ramona Duminicioiu di Eco Ruralis, organizzazione rumena che ha ospitato e coordinato l’evento, ha affermato a tal proposito: “La maggior parte dei paesi dell’Europa Orientale sono come la Romania: hanno una popolazione contadina molto ampia e vibrante quanto vulnerabile, minacciata da chi vuole accaparrarsi le loro terre o fare investimenti fondiari economici. Se il movimento per la sovranità alimentare è forte in Europa Orientale e in Asia Centrale, è forte anche nell’Europa intera”.
La convergenza a Cluj-Napoca ha portato alla formazione di piani congiunti per il cibo e l’agricoltura, promuovendo un modello di agricoltura agro-ecologico. Jocelyn Parot, Segretario Generale di Urgenci ha detto: “Milioni di consumatori in tutta Europa stanno supportando modelli agricoli alternativi, basati sull’agroecologia: si stanno unendo ai contadini nella loro lotta per reclamare il controllo democratico sulle catene alimentari. Chiedono un cambiamento nelle politiche pubbliche, che dovrebbero proteggere queste iniziative piuttosto che spingere in favore di imperativi commerciali distruttivi. Questo forum è stato un passo fondamentale per le organizzazioni di consumatori per sviluppare una strategia all’interno del movimento per la sovranità alimentare”.
Per far fronte allo sfruttamento distruttivo del sistema alimentare industriale, il forum ha scelto di portare avanti una serie di azioni, tra cui strategie per equi diritti dei lavoratori agricoli – ed in particolare per i lavoratori migranti -, politiche pubbliche che mettano le risorse naturali nelle mani della popolazione locale piuttosto che delle multinazionali, sistemi di distribuzione di cibo che mettano al primo posto il cibo locale e sostenibile, incentivare un trattato delle Nazioni Unite che vincoli le azioni delle imprese al rispetto dei diritti umani, e un movimento più inclusivo che rappresenta i popoli emarginati. Al centro di queste azioni sta l’agroecologia, un approccio radicalmente locale, inclusivo e sostenibile per l’agricoltura. Inoltre, la delegazione turca ha ribadito l’importanza di includere la lotta contro le guerre e i loro effetti, all’interno delle discussioni sulle politiche alimentari: “La guerra forza le persone a lasciare le loro terre, le loro case. La crisi dei rifugiati in Turchia ed in Europa è il risultato di una guerra. Come difensori della sovranità alimentare lottiamo per i diritti dei rifugiati e li accogliamo nei nostri paesi. E’ fondamentale per la battaglia globale per la sovranità alimentare lottare per la pace”, ha ribadito Ali Bulent Erdem di Ciftci-Sen, la confederazione dei sindacati dei piccoli agricoltori in Turchia. Invece di incentivare il nazionalismo tra i paesi europei, i paesi dall’Est all’Ovest si sono uniti insieme ed hanno unito le forze. Nel bel mezzo delle negoziazioni per i tossici accordi di libero commercio, come il CETA – firmato di recente – tra l’UE e il Canada, che minacciano l’esistenza stessa dei contadini, le organizzazioni del Forum hanno messo la sovranità alimentare al centro del proprio cooperare.
La campagna popolare per l’agricoltura contadina è stata presentata ai Gruppi Parlamentari a partire dalle Linee guida per una legge quadro sulle agricolture contadine. L’obiettivo è quello di avviare un lavoro congiunto che porti all’approvazione di una legge di riferimento ed a norme collegate in materia.
Giovedì scorso, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, è stata presentata – dalle 11,30 alle 13,30 – la Campagna popolare per l’agricoltura contadina. Il fine era presentare ai Gruppi Parlamentari le Linee guida per una legge quadro sulle agricolture contadine, per far sì che si avviasse un lavoro congiunto che portasse all’approvazione di una legge di riferimento ed a norme collegate in materia. “Il percorso di questa Campagna popolare per l’agricoltura contadina”, spiegano gli organizzatori ripercorrendo i vari passaggi, “nasce nel 2009 in forma di petizione con l’intento di lavorare per il riconoscimento istituzionale delle agricolture contadine. Sono state così iniziate azioni di sensibilizzazione verso i referenti istituzionali e sociali. Nel marzo 2010 era stato avviato un primo confronto con il Ministero per le Politiche Agricole, interrotto in seguito ai successivi cambiamenti e non ancora ripreso. Nel novembre 2010 questo nostro primo lavoro è stato presentato in Commissione agricoltura della Camera, dove sono state raccolte indicazioni in merito. Dal 2011 è stato sviluppato un lavoro su quei temi la cui applicazione normativa finale è di competenza regionale”. Centrale la sovranità alimentare dei popoli, il diritto alla produzione, il controllo e la gestione del proprio cibo da parte dei contadini e dei cittadini. Il tutto “ripreso in chiave contemporanea per identificare pratiche agronomiche e strutture economiche ancora oggi presenti e preziosa risorsa per il futuro. Riteniamo che i modelli contadini siano strutturalmente più adeguati per fermare il continuo spopolamento agricolo delle aree interne, riportandovi lavoro ed occupazione, riutilizzando le risorse territoriali e riducendo di conseguenza i costi ambientali (assetto idrogeologico, manutenzione dei suoli, tutela della biodiversità) e ricostruendo paesaggi sociali rurali. Nelle aree ad agricoltura intensiva, possono essere invece alternativa concreta di riconversione e di ricostruzione di agrobiodiversità”. La politica agricola italiana attuale, viene vista dai promotori unicamente con la funzione di “sostenere un modello agroindustriale di agricoltura specializzata e sempre più capitalizzata nell’ambito della competitività del mercato globale. Questo porta ad intervenire in termini di comparti produttivi con un corpus normativo dimensionato a questi fini. Orientando in modo sostanzialmente unidirezionale la distribuzione delle risorse della Pac”. Il programma della mattinata è stato suddiviso in due parti: Introduzione e presentazione dei contenuti delle Linee Guida a cura di esponenti della Campagna popolare; Interventi a sostegno. Numerosa la platea degli invitati: Nicolino di Giano, Gruppo lavoro Nuova agricoltura – Rete Economia Solidale Italia; Andrea Ferrante, Comitato di coordinamento Via Campesina Europa; Vandana Shiva, Navdanya International. Molti interventi ci sono stati anche da parte dei parlamentari coinvolti sull’argomento. Tra questi: Leana Pignedoli, Vice Presidente Commissione Agricoltura Senato; Adriano Zaccagnini, Vice Presidente Commissione Agricoltura Camera; Susanna Cenni, Commissione Agricoltura Camera; Paolo Parentela, Commissione Agricoltura Camera; Mino Taricco, Commissione Agricoltura Camera.