Trust in Food: sette ragazzi creano una startup per supportare i produttori locali

Trust In Food è una startup nata a Pinerolo (TO) dal sogno di sette ragazzi che intendono promuovere le aziende agricole del territorio attraverso una spesa responsabile e un contatto diretto con i consumatori. Così stanno dando vita a un modello alternativo di spesa che supporta l’economia locale e permette alle persone di ottenere informazioni chiare sul cibo che porta in tavola.

Torino – “Trust in Food” significa letteralmente “credi nel cibo”: credi nella capacità degli alimenti di nutrirti e farti stare in salute, credi nella passione di agricoltori e produttori che ogni giorno raccolgono dalla terra frutta e verdura genuina, credi nel potere che ogni tuo acquisto ha nel promuovere il tuo territorio. Tutto questo non è soltanto un invito a essere più consapevoli di ciò che acquistiamo e mangiamo, ma un progetto concreto che sta mettendo in contatto le persone con i produttori, per valorizzare le risorse che il territorio ci sa offrire. A crederci sono innanzitutto sette ragazzi che vivono nel pinerolese, in provincia di Torino, da sempre appassionati di cibo, sostenibilità e innovazione. Sono Giorgio Rasetto, Kevin Cardetti, Alberto Viotto, Daniele Rasetto, Gabriele Vernetti, Lorenzo Cravero, Giacomo Baudi: tra di loro c’è chi ha competenze in campo ingegneristico chi in campo economico, chi in ambito gastronomico e chi nel mondo del design. Insieme formano un gruppo multidisciplinare che si sta impegnando a mettere a sistema diverse competenze per contribuire a un cambio di paradigma nella produzione e nel consumo alimentare.

Sette ragazzi e il loro sogno

Come racconta Daniele Rasetto, gastronomo e Co-Founder di Trust in Food – TIF «le filiere produttive sono diventate così distanti da noi consumatori e si sono inseriti nel mezzo così tanti passaggi che col tempo abbiamo smesso di farci domande e pensiamo che tanto, alla fine, un prodotto vale l’altro, non importa da dove arrivi, chi l’abbia fatto e come l’abbia prodotto. Siamo riusciti a ridurre la complessità dei valori che il cibo porta con sé a semplice commodity e merce di scambio. E io credo che non ci sia follia più grande che l’uomo abbia mai concepito. TIF nasce proprio con l’arduo obiettivo di rendere le persone consapevoli della bellezza delle piccole produzioni locali e delle storie delle persone che stanno dietro ciò che mangiamo».

Il progetto è stato avviato nel pinerolese a inizio 2021 e si sta sempre più espandendo, coinvolgendo ora anche i comuni della provincia di Torino, in cui le aziende della rete Trust In Food consegnano i loro prodotti. L’obiettivo è creare una rete di aziende agricole e alimentari da cui sia possibile informarsi sui metodi e sulla sostenibilità dei loro prodotti, e ordinare online, per poi ricevere i propri acquisti direttamente a casa.

La piattaforma di Trust in Food

Per invertire la rotta e creare filiere alimentari più trasparenti e sostenibili occorre infatti partire dalle scelte quotidiane: da questa convinzione il progetto si è strutturato in una piattaforma, una vetrina digitale dove i produttori possono vendere i propri prodotti senza dover creare un e-commerce privato e allo stesso tempo possono ricevere supporto nella comunicazione digitale. Per quanto invece riguarda i consumatori, attraverso il progetto possono reperire facilmente informazioni chiare sull’azienda e sui processi produttivi del cibo che acquistano, così da riconoscerne valori e virtù e scegliere con consapevolezza ciò che mettono nel piatto, attraverso una spesa responsabile ed etica. La piattaforma, nella sezione della mappa, raccoglie ad oggi i profili di oltre 35 produttori locali del pinerolese e del torinese che finora hanno aderito al progetto. Ortofrutta, prodotti da forno, latticini, carne, salumi, miele, confetture, olio e ancora vino e birra: nella vetrina online ciascuna impresa viene raccontata in modo trasparente e descrive la sua storia, le attività e le caratteristiche di sostenibilità ambientale e sociale, per generare fiducia nei consumatori.

Oltre a favorire la comunicazione tra domanda e offerta, Trust In Food facilita l’acquisto diretto dalle aziende locali: come riportato nella descrizione del progetto, «è sufficiente verificare le condizioni di consegna, selezionare i prodotti preferiti sul sito e aggiungerli al carrello virtuale per riceverli direttamente a casa, consegnati da ogni produttore». Nei primi mesi del 2022, inoltre, si aggiungerà la possibilità di ordinare attraverso un’App dedicata che è in fase di sviluppo per migliorare il processo di acquisto. «Oggi più che mai ci siamo accorti dell’importanza della digitalizzazione: la tecnologia è ormai parte delle nostre vite, è innegabile. Anche il comparto agricolo non può, e non deve, esimersi dal suo utilizzo. Abbiamo bisogno di contadini 2.0, che stiano al passo con le richieste del mercato e dei nuovi consumatori digitali. La tecnologia, se usata bene, è un mezzo di incredibile utilità, e Trust In Food ne è un esempio», ha aggiunto Daniele Rasetto.

I buoni di Natale per una spesa etica e locale

In occasione delle festività natalizie, Trust in Food lancia l’iniziativa “Bigliet-TIF di Natale”, buoni di diverso valore economico che potranno essere utilizzati per fare la spesa presso qualsiasi produttore della rete e che saranno validi per tutto il 2022. Un’idea che permette di donare prodotti di qualità e sostenere le aziende locali che investono nella sostenibilità e nel proprio territorio: sul sito è inoltre disponibile un’intera sezione dedicata esclusivamente alle proposte natalizie, nella quale ogni produttore propone una confezione regalo con i propri prodotti: dai panettoni agricoli, alla birra, al vino e tanto altro ancora. Il progetto di Trust in Food è pensato per essere allineato alla più ampia Strategia Europea Farm to Fork, che prevede di avvicinare i consumatori ai produttori agricoli e promuovere l’acquisto di cibi sani e sostenibili. Così facilita il raggiungimento degli obiettivi comunitari e permette di fare del bene all’economia del territorio, nonché alla nostra salute.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/12/trust-in-food-startup-produttori/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Al via la maxi campagna europea per vietare i pesticidi e salvare la natura

Vietare i pesticidi chimici, trasformare l’agricoltura e salvare la natura. A tal fine è stata lanciata ieri una maxi campagna europea promossa da una coalizione di 90 organizzazioni da 17 diversi paesi europei, con il supporto delle associazioni degli agricoltori biologici. Parte oggi una nuova Iniziativa dei Cittadini Europei finalizzata ad eliminare gradualmente i pesticidi sintetici entro il 2035, sostenere gli agricoltori e salvare la natura. Se raccoglierà un milione di firme entro Settembre 2020, la Commissione europea e il Parlamento saranno tenuti a considerare la possibilità di trasformare le richieste della campagna in legge [1]. La campagna è promossa da una coalizione di 90 organizzazioni da 17 diversi paesi europei, con il supporto delle associazioni degli agricoltori biologici. Numerosi appelli di scienziati da ogni parte del mondo richiedono la messa di atto di un urgente “cambiamento trasformativo” per fermare il collasso della natura. Un quarto degli animali selvatici europei è gravemente a rischio di estinzione, mentre la metà dei siti naturali è in condizioni ecologicamente sfavorevoli e i servizi ecosistemici si stanno deteriorando [2].

Nel frattempo, la sussistenza di milioni di agricoltori viene schiacciata da prezzi iniqui, dalla mancanza di sostegno politico e dall’operato delle grandi imprese multinazionali. Quattro milioni di piccole aziende agricole sono scomparse nell’UE tra il 2005 e il 2016 [3].

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/pesticidi-1024x768.jpg

La ICE invita la Commissione europea a presentare proposte legislative finalizzate a:

  1. Eliminare gradualmente i pesticidi di sintesi entro il 2035:
    Eliminare gradualmente i pesticidi sintetici nell’agricoltura europea dell’80% entro il 2030, a cominciare dai più pericolosi, perché diventi al 100% priva di pesticidi entro il 2035.
  2. Ripristinare la biodiversità:
    Ripristinare gli ecosistemi naturali nelle zone agricole affinché l’agricoltura diventi un vettore di recupero della biodiversità.
  3. Sostenere gli agricoltori nella transizione:
    Riformare l’agricoltura dando priorità all’agricoltura su piccola scala, diversificata e sostenibile, sostenendo un rapido aumento delle pratiche agroecologiche e biologiche e consentendo la formazione e la ricerca indipendente degli agricoltori in materia di agricoltura senza pesticidi e OGM.

Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International ha dichiarato: «Circa l’84% delle colture in Europa dipende direttamente o indirettamente dalle api e da altri insetti impollinatori. Il loro declino è una realtà comprovata che avrà conseguenze molto estese sugli ecosistemi e loro servizi, inclusa l’accelerazione della scomparsa di molte altre specie animali e vegetali. Questa ICE è un significativo strumento democratico nelle nostre mani per spingere la politica europea a sostenere la transizioni verso sistemi agroalimentari ecologici, per difendere la biodiversità, la salute e il benessere di cittadini e agricoltori».

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/ape-pesticidi.jpg

Helmut Burtscher, esperto di pesticidi e prodotti chimici di Global 2000/Friends of the Earth Austria ha dichiarato: «Solo un’agricoltura sostenibile e priva di pesticidi può garantire l’approvvigionamento alimentare delle generazioni presenti e future e fornire risposte alle crescenti sfide poste dal cambiamento climatico. Inoltre, contribuisce alla conservazione della biodiversità e riduce le emissioni di gas serra. Una politica agricola europea responsabile deve quindi promuovere l’ulteriore sviluppo di metodi agroecologici e sostenere gli agricoltori nella loro transizione verso una produzione senza pesticidi».

Veronika Feicht dell’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera ha dichiarato: «Stiamo portando la lotta contro i pesticidi sintetici a livello europeo, dando ai cittadini di tutta Europa che chiedono un nuovo sistema agricolo la possibilità di esprimersi con una sola voce. I cittadini reclamano un sistema che non danneggi la biodiversità e gli ecosistemi, che non metta a dura prova la salute dei consumatori, ma che invece garantisca il sostentamento per api e agricoltori ed sia più sano per le persone. Con la nostra iniziativa ci impegniamo a fare di questo tipo di agricoltura una realtà in tutta Europa».

François Veillerette, direttore di Générations Futures, ha dichiarato: «Invitiamo i cittadini europei a sostenere massivamente questa iniziativa per una graduale rapida eliminazione di tutti i pesticidi sintetici nell’UE. Speriamo che milioni di persone si uniscano presto alle nostre richieste di vietare i pesticidi, trasformare l’agricoltura, sostenere gli agricoltori nella transizione e salvare la biodiversità».

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/barley-1117282_1920-1024x683.jpg

La campagna è gestita da un’alleanza intersettoriale di organizzazioni della società civile che si occupano di ambiente, salute, agricoltura e apicoltura. Tra molte altre, le organizzazioni promotrici comprendono le reti europee Friends of the Earth Europe e Pesticide Action Network (PAN), nonché l’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera, la fondazione Aurelia (Germania), Générations Futures (Francia) e GLOBAL 2000/Friends of the Earth Austria.

Note
[1] www.savebeesandfarmers.eu

[2] Le api e gli altri impollinatori sono indispensabili per preservare i nostri ecosistemi e la biodiversità. Fino a un terzo della nostra produzione alimentare e due terzi della frutta e della verdura che consumiamo quotidianamente dipendono dall’impollinazione da parte delle api e di altri insetti. Tuttavia, la loro stessa esistenza è minacciata dalla costante contaminazione da pesticidi e dalla perdita del loro habitat a causa dell’agricoltura industriale. (Media Release: Nature’s Dangerous Decline ‘Unprecedented’; Species Extinction Rates ‘Accelerating’).

[3] Il rapido declino delle piccole aziende agricole e della fauna selvatica è profondamente radicato nel nostro attuale modello di produzione agroalimentare che si basa fortemente sull’agricoltura monoculturale su larga scala e sull’uso di pesticidi sintetici. A peggiorare le cose, l’UE finanzia attivamente questa forma di agricoltura attraverso la sua attuale agenda agropolitica e il suo sistema di sovvenzioni che favorisce la produzione di massa rispetto ad un’agricoltura su piccola scala ed ecologica.
(More farmers better food)

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/via-maxi-campagna-europea-vietare-pesticidi-salvare-natura/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Terra Madre 2014: date, orari, programma e ospiti

Tutto quello che c’è da sapere sull’evento che, dal 23 al 27 ottobre, riunirà a Torino agricoltori, allevatori, coltivatori, studiosi e attivisti accomunati dall’impegno nella difesa della biodiversità

Il Salone del Gusto e Terra Madre, le due grandi manifestazioni dedicate al buon cibo e alla tutela delle Comunità del cibo tornano dal 23 al 27 ottobre 2014 rispettando la consueta cadenza biennale. Per il Salone del Gusto – nato nel 1996 – si tratta della decima edizione, mentre per la manifestazione che fa incontrare contadini, allevatori e pescatori delle Comunità del cibo che lottano per conservare la propria identità e sovranità alimentare si festeggia il decennale.

Per quanto riguarda Terra Madre, il tema dell’edizione 2014 – organizzata da Slow Food in collaborazione con Regione Piemonte, Città di Torino e Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – è l’agricoltura familiare. La scelta non è causale, la Fao ha infatti dedicato il 2014 a questo tema specifico. Altro tema condiviso con il Salone del Gusto è quello dell’Arca del Gusto ovverosia della difesa della biodiversità.

L’evento torinese si celebra a sei mesi dall’apertura dell’Expo 2015 che avrà come tema portante Nutrire il pianeta: il dossier di candidatura della città di Milano è stato fortemente ispirato dalle prime due edizioni di Terra Madre, quelle del 2004 e del 2006. E a Torino si “semineranno” idee che si spera di far germogliare nel grande appuntamento milanese dove la presenza dell’associazione Slow Food sarà caratterizzata dalla tutela della biodiversità.

Che cos’è la rete di Terra Madre

Terra Madre è una rete formata da agricoltori, allevatori, pescatori, trasformatori e cuochi che contribuiscono, con la loro visione e i loro saperi, alla promozione di una gastronomia non omologata, basata sulla tutela della biodiversità, sulla protezione dell’ambiente, sul rispetto delle culture e delle tradizioni locali e su di un approccio etico al lavoro. Si tratta di una rete diffusa in 150 Paesi che cerca d affrontare le diverse problematiche connesse all’agricoltura e alla pesca, dal land grabbing al sovra sfruttamento delle risorse marittime, dall’inquinamento alla deforestazione.

Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale. Le comunità condividono i problemi generati da un’agricoltura intensiva lesiva delle risorse naturali e da un’industria alimentare di massa che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni,

si legge nella presentazione della Rete presente sul sito di Terra Madre.

Terra Madre 2014: date, orari e biglietti

Terra Madre si svolgerà da giovedì 23 ottobre a lunedì 27 ottobre 2014 nello spazio espositivo di Lingotto Fiere di via Nizza 280 a Torino. Da giovedì 23 a domenica 26 ottobre l’orario sarà dalle 11 alle 23, mentre lunedì 27 si aprirà alle 11 per chiudere alle 20.

Il biglietto intero costa 20 euro, quelli ridotti 16 o 12 euro a seconda del tipo di riduzione. I soci Slow Food pagano 10 euro, le scuole 5 euro, mentre entrano gratuitamente i bambini fino al compimento degli 11 anni, i visitatori diversamente abili. Previsti sconti per le famiglie e un abbonamento ai cinque giorni al costo di 60 euro.

Terra Madre 2014: come arrivare al Lingotto

Il centro espositivo Lingotto Fiere di via Nizza 294 è facilmente raggiungibile: 1) in automobile, uscendo in corso Unità d’Italia e seguendo le indicazioni stradali; 2) in treno, scendendo alla stazione di Lingotto Fiere e percorrendo la passerella olimpica, 3) in metropolitana, scendendo alla stazione di Lingotto Fiere che è attualmente capolinea, 4) inbus con le linee 1, 18 e 35.

Terra Madre 2014: programma e ospiti

Salone del Gusto e Terra Madre ospiteranno 1000 espositori provenienti da 100 Paesi: fra questi vi saranno 400 Comunità del cibo provenienti da 100 Paesi e sono previsti 4 mercati della Terra Internazionali: Maputo (Mozambico), Tcherni Vit (Bulgaria), Tel Aviv (Israele), eFoça (Turchia). I prodotti dell’Arca del Gusto che verranno raccontati saranno 1000, in rappresentanza di 60 Paesi.

Quest’anno il programma degli incontri e dei dibattiti, da sempre fiore all’occhiello del doppio evento torinese, dà il benvenuto alle lectio magistralis, analisi più profonde di esperti e studiosi: le lezioni più attese dell’edizione 2014 saranno quelle di Stefano Rodotà, Tomaso Montanari, Woody Tasch e Eric Holt-Giménez, Luca MercalliMaurizio PallanteGilberto Gil,Luis Sepúlveda e Adolfo Pérez Esquivel.

Scorrendo l’articolato programma che prevede 38 conferenze, 12 lectio magistralis, 4 proiezioni di film e spettacoli serali, 32 incontri nelle sale Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e Terra Madre, 18 appuntamenti riservati alle scolaresche, 10 attività nella Cucina Didattica pensati per le famiglie segnaliamo Indovina chi viene a mensa?sull’interscambio gastronomico e interculturale del nostro Belpaese, Cibo senza territorio sulle gastronomie della diaspora, dalle comunità ebraiche e armene agli emigrati italo-americani fino a quelli turchi e greci e Il volo spaziale dei Presìdi Slow Food che presenta il viaggio di quattro legumi scelti da Argotec, azienda responsabile dello space food, che faranno parte dell’alimentazione dell’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna italiana a vivere sei mesi nella Stazione Spaziale Internazionale. Nell’incontro In principio era un seme si discute di sovranità alimentare, mentre il tema sempre attuale degli organismi geneticamente modificati verrà sviscerato nella conferenza Ogm: una questione di regole, diritti, responsabilità.Visual_ITA_ORIZZ_NO_LOGHIl-620x356

Fonte:  Salone del Gusto

OGM, i 10 motivi per non temerli: e ci dobbiamo credere?

Ci sono due mele OGM, l’Arctic Granny e l’Arctic Golden, che presto potrebbero arrivare sul mercato statunitense. Prima che si levi il coro di proteste ecco pubblicato su Popular Science un articolo che spiega perché gli organismi geneticamente modificati non siano da temere: ci dobbiamo credere? L’articolo Core Truths: 10 Common GMO Claims Debunked pubblicato su Pupular Science a firma di Brooke Borel, saggista e giornalista nonché laureata in ingegneria biomedica alla Boston University, dovrebbe tranquillizzare i consumatori statunitensi circa la sicurezza degli OGM. Negli Usa è in atto una battaglia consistente grassroots che sta richiedendo che in etichetta siano indicati gli ingredienti OGM. Sul mercato Usa dovrebbero arrivare entro un un paio di anni due mele OGM, l’Arctic Granny e l’Arctic Golden e già si teme che l’etichetta No OGM possa comparire su tutte le altre mele, penalizzando così le due nuove varietà. L‘articolo è stato tradotto dal Movimento Libertario che lo ha pubblicato sulle sue pagine. Ora, prima di riportare la lista dei 10 motivi per cui non c’è nulla da temere dagli OGM, chiedo: ma se è vero che gli OGM sono sicuri, allora perché combattere una legge che esponga in maniera trasparente il contenuto di ingredienti che provengono da colture geneticamente modificate?177532909-620x350

Ci dice Brooke Borel che gli OGM sono stati studiati intensamente. Infatti nel caso delle mele Arctic si è giunti alla variazione genetica attraverso la combinazione di geni tra le varietà Granny Smith e Golden Delicious, modificate per sopprimere l’enzima che causa l’imbrunimento. Altre combinazioni sono state studiate e progettate per rendere le piante resistenti a fitofarmaci e erbicidi e oggi le colture OGM sono estese per oltre 430 milioni di ettari sul Pianeta. Lo studio dei ricercatori prosegue nello strutturare piante che possano sopravvivere a malattie, inondazioni o siccità, piuttosto che intervenire sui cambiamenti climatici.

  1. L’ingegneria genetica è una tecnologia radicale

Gli esseri umani stanno manipolando i geni da millenni per ottenere piante dalle caratteristiche desiderate, un esempio perfetto sono le migliaia di varietà di mele. Quasi tutte le nostre colture sono state modificate genericamente. In questo senso, gli OGM non sono affatto radicali e la tecnica differisce notevolmente da un impianto nelle colture tradizionali. Ecco come funziona: gli scienziati estraggono un po ‘di DNA da un organismo per modificare o crearne delle copie e lo incorporano nel genoma della stessa specie o di una seconda. Lo fanno sia usando batteri per consegnare il nuovo materiale genetico, sia sparando con una pistola genetica piccole punte di metallo rivestite di DNA nelle cellule vegetali. Gli scienziati non possono controllare esattamente dove il DNA estraneo si collocherà ma possono ripetere l’esperimento fino a quando ottengono un genoma con le informazioni giuste collocato nel posto giusto.

  1. Gli OGM sono troppo nuovi per sapere se sono pericolosi

Dipende come si intende per nuovo. Le piante geneticamente modificate sono apparse per la prima volta in laboratorio circa 30 anni fa e sono divenute un prodotto commerciale nel 1994. Da allora, sono stati pubblicati più di 1700 studi sulla loro sicurezza tra cui cinque lunghe relazioni del National Research Council, che si concentrano sulla salute umana e l’ambiente. Il consenso scientifico è che gli OGM che conosciamo oggi non sono né più e né meno rischiosi delle colture convenzionali.

  1. Gli agricoltori non possono ripiantare i semi geneticamente modificati

I cosiddetti geni terminator, che rendono i semi sterili, non sono mai usciti dal 1990 dall’ufficio brevetti. Le aziende sementiere fanno firmare agli agricoltori accordi che vietano reimpianti al fine di garantire le vendite annuali. Il mais è un ibrido di due linee della stessa specie, quindi i suoi semi non passeranno le caratteristiche alla prossima generazione. I semi di soia e cotone potrebbero essere ripiantati ma la maggior parte degli agricoltori non se ne occupa.

  1. Non abbiamo bisogno di OGM, ci sono altri modi per sfamare il mondo

Gli OGM da soli probabilmente non risolvono i problemi alimentari del pianeta. Ma con i cambiamenti climatici e la crescita della popolazione l’approvvigionamento alimentare è minacciato e le colture geneticamente modificate potrebbero aumentare significativamente il volume di produzione vegetale.

  1. Gli OGM provocano allergie, cancro e altri problemi di salute

Molte persone temono che l’ingegneria genetica introduca proteine ​​pericolose, in particolare allergeni e tossine, nella catena alimentare. È una preoccupazione ragionevole: teoricamente, è possibile che un nuovo gene possa provocare una risposta immunitaria. Ecco perché le aziende biotech si consultano con la Food and Drug Administration in merito ai potenziali alimenti OGM e eseguono molti test per le allergie e la tossicità. Sono test sono volontari, ma all’ordine del giorno e se non superati, la FDA può bloccare i prodotti. Uno studio spesso citato, il Seralini pubblicato nel 2012 da ricercatori dell’Università di Caen, in Francia, ha affermato che uno dei mais OGM della Monsanto ha causato tumori nei topi da laboratorio. Ma lo studio è stato ampiamente screditato a causa dei metodi di prova difettosi e la rivista che lo ha pubblicato lo ha poi ritrattato nel 2013. Più di recente, i ricercatori dell’Università di Perugia in Italia hanno pubblicato una recensione su 1.783 test di sicurezza degli OGM.; 770 hanno esaminato l’impatto sulla salute dell’uomo o degli animali e non hanno trovato alcuna prova della pericolosità degli alimenti.

  1. Tutte le ricerche sugli OGM sono finanziate da Big Agropharma

Questo non è vero. Negli ultimi dieci anni, centinaia di ricercatori indipendenti hanno pubblicato studi sulla sicurezza. Almeno una dozzina di gruppi medici e scientifici di tutto il mondo, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza hanno affermato che gli OGM attualmente approvati per il mercato sono sicuri.

  1. Le colture geneticamente modificate provocano un uso eccessivo di pesticidi ed erbicidi

Questa affermazione richiede un po ‘di analisi. Due OGM dominano il mercato, il primo è composto con una proteina ricavata dal batterio Bacillus thuringiensis (Bt), che è tossico per alcuni insetti. E ‘anche l’ingrediente attivo nei pesticidi utilizzati dagli agricoltori biologici. Colture Bt hanno ridotto drasticamente il ricorso a insetticidi chimici in alcune regioni.
Il secondo OGM permette alle coltivazioni di tollerare il glifosato in modo che gli agricoltori possono spruzzare interi campi più liberamente distruggendo solo le infestanti. L’uso del glifosato è salito alle stelle negli Stati Uniti dal momento che questi OGM sono stati introdotti nel 1996. Glifosato è l’erbicida con una tossicità di 25 volte inferiore alla caffeina.

  1. Gli OGM creano super-insetti e super-erbacce

Se gli agricoltori si affidano troppo pesantemente a Bt o al glifosato è inevitabile che si sviluppi la resistenza ai resistenza ai pesticidi. La soluzione consiste nel praticare la lotta integrata, che comprende le colture in rotazione. Lo stesso vale per qualsiasi tipo di coltura.

9) Gli OGM danneggiano gli insetti benefici

Questa affermazione è stata parzialmente smentita. Gli insetticidi Bt che si attivano nell’intestino di alcuni insetti, colpendo le specie bersaglio. Per la maggior parte degli insetti, un campo di colture Bt è più sicuro di uno spruzzato con un insetticida che uccide indiscriminatamente. Le farfalle monarca producono le stesse proteine ​​come uno dei parassiti bersaglio del Bt e un esperimento di laboratorio della Cornell University nel 1999 ha dimostrato che il polline di mais rivestito di Bt potesse uccidere le larve. Cinque studi pubblicati nel 2001, però, hanno scoperto che le farfalle Monarca non sono esposte a livelli tossici di Bt in natura. Nel 2012 uno studio della Iowa State University e University of Minnesota hanno suggerito che gli OGM tolleranti al glifosato sono responsabili del recente declino della popolazione delle farfalle monarca che uccide le euforbia unica fonte alimentare del larve.

  1. I geni modificati si diffondono ad altre colture e a piante selvatiche contaminando l’ecosistema

La prima parte potrebbe essere certamente vero: le piante scambiano materiale genetico per tutto il tempo in cui si diffonde il polline, che porta eventuali frammenti geneticamente modificati. Secondo Wayne Parrott, un genetista vegetale che lavora all’Università della Georgia, il rischio per le aziende agricole confinanti è relativamente basso. Per cominciare, è possibile ridurre il rischio di impollinazione incrociata cambiando i tempi di impianto in modo che l’impollinazione avvenga in periodi diversi. E se qualche polline OGM finisce in un campo biologico non si deve necessariamente annullare lo status. Anche gli alimenti che portano l’etichetta NO OGM-tollerano lo 0,5% di OGM sul peso secco. Per quanto riguarda la contaminazione tra OGM in piante selvatiche, la sopravvivenza dipende in parte dal fatto che si attua il cosidetto vantaggio adattivo. I geni che aiutano le piante selvatiche sopravvivono e potrebbero diffondersi, mentre quelle che, per esempio, aumentare il contenuto di vitamina A potrebbe rimanere poche o esaurirsi del tutto.

Fonte:  Movimento Libertario

© Foto Getty Images

Torna la spesa dal contadino: 15 milioni di italiani scelgono mercati e fattorie

Gli acquisti nelle fattorie o nei mercati degli agricoltori sono cresciute del 25% rispetto al 2013

prodotti agricoli a km zero, la spesa diretta dai contadini o nei mercati degli agricoltori stanno assistendo a una vera e propria rinascita: rispetto al 2013, infatti, la crescita degli acquisti è stata del 25%, in netta controtendenza con la crisi dei consumi. Nel corso del più grande farmer’s market d’Italia, tenutosi a Milano nello scorso fine settimana,Coldiretti /Ixè ha presentato i dati di un successo del consumo a km zero che sta trovando terreno fertile nella maggiore consapevolezza dei consumatori. A fare da traino sono i 1200 mercati sparsi in tutte le regioni italiane grazie alla fondazione Campagna Amica, promossa da Coldiretti, che ha realizzato quella che, di fatto, è la più grande rete di vendita realizzata dagli agricoltori a livello mondiale e può ormai contare su fattore, botteghe e mercati che coinvolgono 28mila agricoltori impegnati su una superficie agricola complessiva di 280mila ettari. I mercati degli agricoltori promuovono la conoscenza della stagionalità dei prodotti, ma anche la filosofia del km zero, con i cibi in vendita che non devono percorrere lunghe distanze, riducendo le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio. Gli sprechi vengono ridotti per la maggiore freschezza della frutta e verdura in vendita che dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Inoltre, svolgono una importante azione di recupero di varietà a rischio di estinzione. Si stima che almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovino sbocco nell’attuale rete di mercati e delle botteghe degli agricoltori. I prodotti più acquistati nei mercati degli agricoltori sono la verdura, la frutta, i formaggi, i salumi, il vino, il latte, il pane, le conserve di frutta, la frutta secca, i biscotti ed i legumi, ma non manca l’interesse per i prodotti non alimentari come ad esempio gli agricosmetici.104350497-586x389

Fonte:  Coldiretti

Foto © Getty Images

L’erbicida Roundup della Monsanto è responsabile di una grave patologia renale tra gli agricoltori

La grave patologia renale CKDu ha colpito 400000 agricoltori dello Sri Lanka, causando ventimila morti. La malattia insorge con esposizione all’erbicida glifosato (roundup) della Monsanto nelle persone che bevono acqua calcarea e sono esposte a metalli nefrotossici

Secondo uno studio appena pubblicato dell’università dello Sri Lanka, il glifosato, principio attivo dell’ erbicida Roundup della Monsanto è responsabile di una grave patologia renale che sta colpendo gli agricoltori singalesi dell’isola. La malattia, nota come CKDu (Chronic Kidney Disease of Unknown Etiology), ha colpito 400mila contadini, il 15% della popolazione della provincia srilankese del centro nord, causando circa 20 mila morti. La CKDu è una grave nefropatia che colpisce persone che non presentano i tipici fattori di rischio per le malattie, come il diabete mellito o l’ipertensione. Gli studiosi hanno invece trovato una correlazione significativa con tre fattori. Il primo è l’uso del glifosato, venduto da Monsanto con il nome commerciale di Roundup, le cui vendite in Sri Lanka sono cresciute del 150% da 800 a 1800 tonnellate in soli cinque anni dal 2000 al 2005. E’ una quantità enorme, pari a circa 1,6 kg per ogni ettaro di terra arabile, visto che in media in Asia si usa meno di mezzo kg per ettaro di pesticidi di ogni tipo. Nelle Americhe l’uso del Roundup è stato associato alla soia OGM; questo non ha fatto aumentare le rese, mentre ha fatto decollare il consumo di erbicida. Gli altri fattori di rischio sono il consumo di acqua dura, cioè calcarea, con concentrazioni superiori a 400 mg/L e l’esposizione a metalli nefrotossici come il Cadmio e l’Arsenico. La combinazione di questi fattori può sembrare improbabile, ma invece è esattamente ciò che è accaduto ai 400000 agricoltori singalesi e ciò che sta avvenendo in alte parti del mondo, visto che la patologia è la seconda causa di morte tra i maschi adulti in El Salvador e colpisce duramente anche in Nicaragua.BRAZIL-ENVIRONMENT-CERRADO-PANTANAL

Fonte: ecoblog

Asparagi in anticipo di un mese: preoccupazione degli agricoltori

La primavera anticipata con le sue temperature calde porta gli asparagi a essere pronti con un mese di anticipo: ma gli agricoltori non esultano

La finta primavera che abbiamo avuto a gennaio con un mese particolarmente caldo ha ingannato le piante e ecco che nei supermercati arrivano già gli asparagi con un mese abbondante di anticipo rispetto ai tempi normali. I prezzi sono decisamente interessanti per questo prodotto che per ragioni commerciali rientra tra le primizie ma che di fatto ha anticipato la sua naturale stagione di maturazione a causa del caldo. Per ora parliamo di modesti quantitativi provenienti da Campania e Puglia che però hanno già trovato spazi sui banchi dei supermercati e etichettati a 4-4,50 euro al chilo. Mediamente gli asparagi costano nel pieno della stagione 2 euro al chilo.US-LIFESTYLE-FOOD-BEEF

Come ha spiegato a ItaliaFruit Natale De Martino della Ortofrutta De Martino della provincia di Foggia:

Abbiamo iniziato a raccogliere a metà febbraio e le prime “partite” sono state collocate in maniera ottimale: il mercato è molto ricettivo, la domanda notevole. Distribuiamo soprattutto all’estero, nel Nord Europa, ma in questa fase stiamo ottenendo buoni risultati nei Mercati all’ingrosso locali e nelle catene della grande distribuzione. L’auspicio è che la campagna prosegua con questa intonazione; le operazioni di raccolta solitamente proseguono sino a fine giugno ma quest’anno visto l’anticipo, si potrebbe chiudere prima.

Anche al Nord per l’asparago bianco la raccolta si è presentata in anticipo per cui la raccolta sotto-serra è partita molto prima del solito. Lo scorso anno la raccolta era iniziata al 20 febbraio ma i coltivatori non sono contenti. Il radicchio in campo ha sofferto per il caldo e il raccolto è stato quasi tutto perso, mentre gli asparagi in anticipo, nonostante i buoni prezzi non sono sufficienti a coprire le perdite già realizzate.

Fonte:  Italiafruit

#Felfie, gli autoscatti social di agricoltori e allevatori su Farmingselfie.com

Un contadino dell’Essex ha lanciato un sito nel quale vengono raccolti i selfie degli agricoltori di tutto il mondo. Perché la rivoluzione social non sia soltanto urbanocentricaImmagine7-586x396

Il selfie (ahinoi una delle parole feticcio del 2013 secondo l’Oxford Dictionary) o, per i più autarchici, l’autoscatto non è soltanto pratica élitaria, metropolitana e giovanilistica. No, l’autoscatto esplode un po’ ovunque e nella pratica ormai quotidiana e condivisa della pubblicazione degli autoscatti sul proprio account di Facebook Twitter arrivano anche agricoltori allevatori che cliccano sui loro smartphone o sulle loro fotocamere per poi pubblicare sul web gli autoritratti che li vedono in posa accanto a mucche, buoi, pecore, capre, maiali, sui loro trattori, in mezzo ai campi di grano. L’idea di Farmingselfie.com è venuta a Will Wilson, un agricoltore inglese dell’Essex: raccogliere i #felfie, gli autoritratti dei colleghi agricoltori e allevatori inviati da tutto il mondo. La digitalizzazione delle aziende agricole è una realtà che si scontra con una banda larga che, anche nei Paesi maggiormente all’avanguardia, fa ancora molta fatica a diffondersi in maniera capillare nelle aree rurali. Nel marzo 2012, il consulente di aziende agricole Simon Haley ha lanciato #AgriChatUk un hashtag pensato come punto di incontro per gli agricoltori del Regno Unito. Risultato? Nell’ottobre dello stesso anno l’hashtag è finito nella top ten dei trend topic. E se una volta ci si confrontava al mercato del bestiame, ora lo scambio di vedute è globale e un contadino scozzese e uno neozelandese possono scambiarsi consigli sulla migliore alimentazione delle pecore. La rivoluzione social, per molti analisti soltanto urbanocentrica, contagia anche le campagne.

Fonte:  Farmingselfie

Protesta al Brennero: agricoltori e allevatori uniti in difesa del made in Italy

Alcune migliaia di allevatori e agricoltori si stanno radunando alla frontiera del Brennero per una mobilitazione a difesa della produzione alimentare italiana119868257-586x390

Hanno iniziato a radunarsi in migliaia, gli agricoltori e gli allevatori che dalle prime ore della mattina, sfidando il freddo intenso, hanno invaso la frontiera del Brennero fra Italia e Austria per la mobilitazione La battaglia di Natale: scegli l’Italia che è stata promossa da Coldiretti con lo scopo di “difendere l’economia e il lavoro delle campagne dalle importazioni di bassa qualità che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane”. Quest’oggi autobotti, camion e container in ingresso verranno verificati da agricoltori e allevatori per smascherare il finto Made in Italy diretto verso i punti vendita della Penisola per le feste natalizie. Proprio attraverso il Brennero giungono in Italia miliardi di litri di latte, cagliate e polveri, ma anche conserve di pomodoro, succhi di frutta concentrati e insaccati che stanno causando la chiusura di stalle ed aziende agricole. Uno dei settori maggiormente colpiti è proprio quello dell’industria salumiera che, anche a causa della concorrenza estera, ha perso 615mila capi e ha visto ridursi del 10% il business dei salumi Dop.

Il presidio di quest’oggi è capitanato dal presidente della Coldiretti, Riccardo Moncalvo, ed è stato organizzato per dare visibilità a un problema che mina uno dei cardini sui quali dovrebbe essere ricostruita l’economia nazionale e mettere in risalto la mancanza di una normativa chiara sull’obbligo di indicazione dell’origine degli alimenti. Agricoltori e allevatori si sono allineati sul tracciato stradale e hanno iniziato a fermare i camion per sapere cosa arriva e dove questi prodotti vanno a finire. Sono stati esposti diversi cartelli, indirizzati agli automobilisti in transito, per chiedere il sostegno alla proposta di etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti alimentari: “615mila maiali in meno in Italia grazie alle importazioni alla diossina dalla Germania”“1 mozzarella su 4 è senza latte”“Italia Germania 3 a 1, undici politici con le palle cercasi” con la foto della squadra vincitrice dei mondiali 1982, e, ancora, “Il falso prosciutto italiano ha fatto perdere il 10% dei posti di lavoro”“Subito l’etichetta per succhi di frutta, salumi, formaggi e mozzarelle” e “Il falso Made in Italy uccide l’Italia”.

Nella zona della protesta si contano diversi trattori, una quarantina di camper e numerosi furgoni che hanno portato prodotti tipici dalle diverse regioni di provenienza.

Fonte: AdnKronos

 

I cambiamenti climatici sono già una realtà: basta chiederlo agli agricoltori del mondo

Milioni di contadini, soprattutto nei paesi poveri stanno già subendo sulla loro pelle gli effetti dei cambiamenti climatici: siccità, ondate di calore, inondazioni, incertezza sulle stagioni di crescita. E’ un motivo in più per intervenire drasticamente per ridurre le emissioni..Siccità

Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, le temperature globali sono cresciute, la precipitazioni sono sempre meno prevedibili e gli eventi estremi (inondazioni, incendi siccità) sono sempre più frequenti e andrà sempre peggio se non si tagliano drasticamente le emissioni. I contadini in vari luoghi del pianeta non potrebbero essere più d’accordo. Varrebbe la pena, una volta tanto ascoltarne la voce.

Bolivia. «Qui i cambiamenti climatici sono già una realtà. Ci sono nuovi parassiti sui raccolti a causa delle temperature più elevate. Abbiamo anche sofferto molto per la mancanza di acqua, dice Alivio Aruqipa, contadino che lavora con l’ONG Agua Sustentable. Bangladesh: Secondo Saleemul Huq, esponente dell’IIED «l’IPCC conferma  ciò che milioni di contadini nei paesi in via di sviluppo sanno già, cioè che l’andamento climatico è già peggiorato. Chi inquina deve riconoscere la sua responsabilità verso le vittime dei cambiamenti climatici»

Pakistan: Essendo un paese in gran parte agricolo, sta soffrendo moltissimo per gli alluvioni devastanti (è il quarto anno di fila) e per le terribili ondate di calore (fino a 50 °C).

Malawi: secondo il Center for environmental pololicy and advocacy la pioggia è sempre più instabile e meno prevedibile, con periodi di siccità e forti precipitazioni che allagano ed erodono il terreno rovinando i raccolti.

Niger: secondo l’ONG Care, i cambiamenti climatici stanno aumentando la siccità nel sud del paese, il che unito alla povertà, alla deforestazione e alla crescita demografica sta creando una vera e propria miscela esplosiva (il Niger è anche un importante fornitore di Uranio)

Africa Subsahariana. Secondo l’ONG Oxfam, i cambiamenti climatici ridurranno la disponibilità di cibo e il problema colpirà soprattutto l’Africa dove nel 2050 ci potrebbero essere  meno di 2000 kcal pro capite al giorno.

L’elenco potrebbe continuare. La sofferenza dei contadini e delle popolazioni più povere è un motivo in più per ridurre le emissioni e rivendicare la sovranità alimentare.

 

Fonte: ecoblog