L’uomo che parla con le api

Le api stanno scomparendo e questo si sa ormai da tempo. Per fermare tutto questo sarebbe indispensabile e urgente pensare a un nuovo modello di agricoltura integrata. A parlarcene è Nicola Saviano… l’uomo che parla con le api.salviamo_le_api_

Le api stanno scomparendo e questo si sa ormai da tempo. Questi insetti meravigliosi, insieme ad altri animali impollinatori, muoiono a causa dei cambiamenti climatici, del riscaldamento globale, della scomparsa della biodiversità botanica e per via delle monocolture industriali intensive che implicano l’uso spesso indiscriminato di pesticidi e agenti chimici dannosi. Tutto questo potrebbe avere conseguenze serissime per l’impollinazione e quindi per la nostra alimentazione e sopravvivenza. Per fermare tutto questo sarebbe indispensabile e urgente pensare a un nuovo modello di agricoltura integrata, sostenibile per tutti gli esseri viventi (e non solo per l’uomo), sana e rispettosa dell’ambiente. L’apicoltura, che senz’altro ha avuto e continua ad avere serie difficoltà a causa di tutto questo, non è, però, senza responsabilità. Nell’apicoltura tradizionale, infatti, si utilizzano farmaci per curare le patologie più comuni delle api o gli attacchi della Varroa, un acaro molto pericoloso per questi insetti. I farmaci utilizzati possono contaminare il miele. Per avere una maggiore produzione, inoltre, non si esita spesso a depredare le api di tutto il loro miele sostituendolo con zucchero o altri preparati specifici che talvolta vengono addizionati di antibiotici o altri farmaci. Anche la produzione di propoli o pappa reale pone questioni etiche che non possono essere sottovalutate.  Esiste, però, un’apicoltura diversa, il cui scopo non è solo economico ma il cui primo obiettivo è l’attenzione a come stanno e a cosa sentono ed esprimono questi animali. Si tratta di un nuovo approccio all’allevamento che sviluppa una relazione simbiotica tra l’uomo e le api, rispettandole, ascoltandole e comunicando con loro.  Nicola Saviano, 38 anni, sposato e con un figlio di 6 anni, è di Erba (CO) ma vive a Roma. Ci parla di una nuova relazione tra uomini e api e di un diverso approccio che implica necessariamente anche una diversa visione della nostra stessa vita. Nicola parla dell’amore che questi insetti ci possono insegnare, del ruolo che hanno sul pianeta Terra e di quanto poco le conosciamo.

Nelle tue conferenze parli d’amore. Qual è la relazione tra l’amore, le api e l’uomo?

Le api ci stanno aiutando ad evolvere. L’amore è una forza che nelle api è pienamente presente. Si sono sviluppate prima dell’uomo e quindi hanno sviluppato il sacrificio e il dono che sono componenti dell’amore. L’uomo, invece, non è ancora arrivato a questo livello e, secondo me, le api sono su questa terra anche per svolgere questo compito così importante. L’uomo deve ancora evolvere e deve farlo sotto forma di coscienza ma una coscienza più avanzata e spirituale. Questo è possibile con lo sviluppo del terzo occhio. Le api ce l’hanno già. Questa coscienza di amore, quindi, ce l’hanno molto ben presente.

Questa interpretazione non parte da un punto di vista, però, molto “umano”? Cioè: non è un altro modo per giustificare l’allevamento e di conseguenza lo sfruttamento di questi animali? Noi abbiamo bisogno delle api ma le api hanno bisogno di noi?

Le api sono arrivate su questo pianeta prima di noi. L’uomo ha il dovere di difendere la natura nel suo insieme e le api sono il vero e proprio cardine della vita e dell’amore. Abbiamo con loro un legame molto importante e dobbiamo assolutamente proteggerle.

Fino ad ora, però, questa difesa e questa protezione da parte dell’uomo non c’è stata. Le api infatti stanno scomparendo.

L’uomo sta evolvendo ma fino ad ora, infatti, non è riuscito a sviluppare la coscienza necessaria. La parte egoistica dell’uomo ha sfruttato questa risorsa fondamentale e continua a farlo ma quando saremo in grado di evolverci capiremo che allevare le api non significa solo fare il miele.

Tu sei un apicoltore che non produce miele. Come mai?

Non lo produco più da molti anni. Non mi interessa e non mi è mai interessato. Quando andavo in apiario sapevo che avrei dovuto uccidere delle api per ricavare il miele per venderlo. Quindi si faceva per soldi, per denaro. Non mi sono più sentito di fare quel lavoro. L’unico interesse nei confronti del miele ora è il suo aspetto curativo. Lo considero una medicina da assumere a piccole dosi e con le quali posso curare me e la mia famiglia. In ogni caso non sempre è possibile prenderlo. Lo chiedo alle api e in caso ne prelevo pochissimo. Sono legato a loro, mi riconoscono e sanno chi sono. Le api hanno una memoria. Allevare le api significa qualcosa di molto diverso.

Come comunichi con le tue api?

Uso parole, suoni e fischi. Le api sanno che quello che faccio è importante anche per loro. E’ la missione della mia vita.

Qual è esattamente questa missione?

Ogni persona sa nel profondo che le api sono importanti ma non sa cosa fare o come fare per aiutarle. Raccontando la mia esperienza porto un messaggio chiaro e preciso che non può essere confuso: un messaggio di amore e di cambiamento.

E’ una nuova frontiera dell’apicoltura

E’ una nuova frontiera che apre le porte a una visione completamente diversa e a una sensibilità diversa da parte di chi deve comunicare con tutte le altre persone. Sto facendo corsi e sono venuto a parlare all’EUPC qui a Bolsena portando il mio lavoro e la mia ricerca. Voglio far conoscere la mia storia con le api, una storia che mi ha cambiato la vita.

Come hai cominciato?

Ho trascorso l’infanzia in un grande giardino con tanti animali, piante da frutto e un orto coltivato con la sapienza contadina. In seguito ho viaggiato per il mondo e ad un certo punto ho incontrato l’apicoltura che mi ha interessato e poi appassionato conducendomi verso studi e ricerche sulle api sia di carattere scientifico che olistico: Steiner, la Biodinamica, Fukuoka e la Permacultura mi hanno offerto strumenti di osservazione e di indagine più approfonditi. Tutto è cominciato quando ho conosciuto un apicoltore di 80 anni che mi ha insegnato le tecniche per recuperare gli sciami che aveva sviluppato lui stesso. Non è stato facile perché ero terrorizzato all’inizio ma pian piano tutto è cambiato. Adesso posso stare tranquillamente in mezzo alle api. Uso le protezioni soltanto perché il veleno delle api, se si viene punti, a lungo andare, può dare problemi. E’ un tipo particolare di veleno che aumenta la nostra coscienza.

Dove tieni le tue api?

Prima ero ad Ostia Antica dove, a causa dei prodotti chimici usati nei campi agricoli adiacenti al mio, ho assistito più di una volta alla morte delle mie api. Ho dovuto quindi spostarmi e adesso ho generazioni di api naturali da più di cinque anni.

Hai detto che il miele biologico non esiste. Ci spieghi perché?

Il miele che mangiamo è fatto da api stressate, maltrattate e che vivono in condizioni molto innaturali. Mi è capitato di mangiare il miele preso direttamente dai favi naturali e il suo sapore, la sua energia sono completamente differenti. Il miele è una vera e propria medicina e deve essere trattato in modo totalmente naturale, se preso in piccole dosi diventa medicamentoso.

Qual è il futuro dell’apicoltura?

Il futuro dell’apicoltura deve cambiare in questa direzione. Le api portano la vita diffusa nei campi. La loro forza e il loro movimento sono estremamente potenti. In permacultura le api sono fondamentali perché portano vita a tutto il progetto. Sono il primo elemento da inserire.

Qual è il tuo obiettivo?

Per me è essenziale la ricerca nei confronti di questi animali. Attraverso l’osservazione e la difesa della loro vita possiamo permettere all’essere umano un’evoluzione di coscienza che altrimenti non sarebbe possibile. Che io sappia non ci sono al momento altri apicoltori che fanno questo ma è necessario un approccio completamente diverso e un cambiamento di direzione è indispensabile.

Manteniamo l’approccio classico all’apicoltura che è quello di produrre miele. In questo senso, può esistere un’apicoltura etica?

Ci si avvicina in parte l’apicoltura biodinamica. Quello che manca è però la consapevolezza della vita della famiglia di api, delle regole relative al posizionamento degli sciami, le necessità delle famiglie ed altre cose che ho scoperto durante la mia ricerca. Ho iniziato a tenere corsi in questo senso e cioè insegnare alle persone come si fa con le api.

Che cosa facevi prima di diventare apicoltore?

Molti lavori diversi ma sono sempre stato in mezzo alla natura. Sono stato istruttore subacqueo tra le molte cose che ho fatto. Ancora adesso faccio l’istruttore di wind surf e il musicista.

Non sembri molto entusiasta della permapicoltura? Perché?

E’ stata sviluppata in Argentina dove le api sono africanizzate e sono molto differenti dalle nostre. Dovrei avere più elementi per poter giudicare.

Quali sono state le scoperte più importanti che hai fatto durante la tua ricerca?

Più che scoperte le chiamerei intuizioni. In particolare riguardano l’orientamento e la costruzione dei favi naturali, la forma e i materiali delle arnie naturali. Sto facendo sperimentazioni in proposito.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Creare una scuola basata sulla l’apicoltura naturale e fare corsi e conferenze in giro per l’Europa.

Ho un sito internet e una pagina Facebook.

Fonte: ilcambiamento.it

Tratto torinese del Po: buono lo stato chimico, sufficiente quello ecologico

L’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha diffuso i dati raccolti nel 2012 sul monitoraggio di fiumi e laghi piemontesi. Dal secondo ciclo triennale di monitoraggio emerge come il Po, nel tratto torinese, evidenzia un sufficiente Stato Ecologico, buono Stato Chimico e Standard di Qualità Ambientale, e una contaminazione da pesticidi presente ma bassa375606

L’Arpa ha pubblicato sul proprio sito la relazione per il 2012 sulla gestione delle reti di monitoraggio regionale delle acque superficiali relativo ai corsi d’acqua e ai laghi. L’anno scorso è stato avviato il secondo ciclo triennale di monitoraggio ai sensi del Decreto ministeriale 260 del 2010, che prevede che la definizione dello stato di qualità dell’acqua avvenga secondo uno schema piuttosto articolato, basato sulla classificazione dello Stato Ecologico (SE) e dello Stato Chimico (SC) del corso d’acqua. Il primo fa riferimento a elementi idromorfologici, inquinanti specifici, elementi di qualità biologica, elementi chimici generali, mentre lo Stato Chimico è stabilito sulla base di sostanze prioritarie. Per quel che riguarda il Po, nel tratto torinese, lo Stato Ecologico è valutato dall’Arpa come sufficiente, lo Stato Chimico è buono, così come l’SQA, Standard di Qualità Ambientale. È stata evidenziata la presenza di residui di pesticidi, ma l’EC, l’Entità della Contaminazione rilevata, è bassa. Per consultare la relazione tecnica dell’Arpa sul monitoraggio dei corsi d’acqua e dei laghi relativa all’anno 2012 cliccare sull’allegato

Relazioni fiumi e laghi 2012 [2,06 MB]

Fonte: eco dalle città

Uranio ed armi pericolose a Torre Veneri in Salento, il video dei sospetti

I fondali del mare di fronte a Torre Veneri, nel Salento, sono da mesi al centro di un’inchiesta della procura di Lecce: i suoi fondali sarebbero pieni di armi e materiali bellici pericolosi.29735141-586x434

Sono sempre gli atroci sospetti ad essere onnipresenti: atroci sospetti sulle esercitazioni militari nel poligono a due passi da Frigole (Le), in Salento, rimpolpati da un video pubblicato da Linkiesta, che ha cercato di far riemergere dal mare i racconti di 50 anni di esercitazioni belliche nel tacco d’Italia.

Una storia di uranio e agenti chimici. Da mesi ormai si tenta di capire se e come nel poligono che si trova sulla strada provinciale che collega Lecce alla Marina di Frigole, a ridosso di uno dei più bei tratti di mare del Salento, si siano mai effettuate esercitazioni esplodendo proiettili all’uranio impoverito. La procura di Lecce, numerose associazioni, persino una commissione parlamentare si sono attivati, ad oggi con un lavoro quasi infruttuoso, per rispondere ad un quesito che fa tremare i polsi dei cittadini di un paese che “ripudia la guerra”: come scrivevamo anche noi di Ecoblog a inizio febbraio, il ritrovamento di materiale balistico recante le stesse sigle di quello utilizzato durante la guerra in Somalia proprio fuori da quel poligono poteva rappresentare la pistola fumante di quello scandalo. Il video pubblicato da Linkiesta mostra invece qualcosa di più, su cui andranno spese parole e spiegazioni ufficiali:

Nelle acque antistanti la zona militare della Scuola di cavalleria “Caserma Floriani” giacciono infiniti scarti dei giochi di guerra italiani e non solo. […] Proiettili, ogive, perforatori, sabot, bossolame vario. Nel video si mostra per la prima volta ciò che quel tratto di mare nasconde. In alcuni casi i residui si distinguono appena, mimetizzati tra le alghe e la vegetazione in una sorta di trasformazione marina.

Nell’inchiesta che da dicembre 2013 è sul tavolo del procuratore leccese Elsa Valeria Mignone, che ha avviato un’indagine contro ignoti per gestione illecita dei rifiuti nel poligono, questo video può rappresentare una svolta, al pari di quella del gennaio scorso di cui vi abbiamo parlato a suo tempo. Certo è che i misteri attorno al poligono salentino non sono meno oscuri di quelli che aleggiano su Salto di Quirra, in Sardegna.

Fonte:Linkiesta