Adottare un agricoltore a distanza: l’esempio di “Coltivatori di emozioni”

Fedeltà alla terra significa anche rispetto per le mani e le emozioni di chi lavora quella terra. Capirne i bisogni, le difficoltà; sostenerle, se è il caso. Così provano a fare Biagio Amantìa e i “Coltivatori di Emozioni”, che dal 2016 portano avanti un progetto di social farming in difesa dei piccoli produttori agricoli e delle tradizioni contadine.

Fedeltà alla terra significa anche rispetto per le mani e le emozioni di chi lavora quella terra. Capirne i bisogni, le difficoltà; sostenerle, se è il caso. Così provano a fare Biagio Amantìa e i “Coltivatori di Emozioni”, che dal 2016 portano avanti un progetto di social farming in difesa dei piccoli produttori agricoli e delle tradizioni contadine.

“Rimanete fedeli alla terra, fratelli miei, con la forza della vostra virtù”. Bisognerebbe accoglierlo l’invito dello Zarathustra di Nietzsche, in questi tempi anestetizzati, dove ogni sporco va disinfettato, igienizzato, rimosso. E rotolarsi nella terra, per sentire da dove arriviamo: “Perché la donna non è cielo, è terra/carne di terra che non vuole guerra”, ci ricorda Sanguineti. Fedeltà alla terra significa anche rispetto per le mani e le emozioni di chi lavora quella terra. Capirne i bisogni, le difficoltà; sostenerle, se è il caso. Così provano a fare Biagio Amantìa e i “Coltivatori di Emozioni”, che dal 2016 portano avanti un progetto di social farming in difesa dei piccoli produttori agricoli e delle tradizioni contadine.

A lui abbiamo chiesto di raccontarci la loro storia.

Quando nasce “Coltivatori di Emozioni” e perché le avete dato questo nome?

«Coltivatori di Emozioni nasce nel 2016 con un primo esperimento in Puglia. Una rete sostenibile e digitale, idea di un gruppo di giovani professionisti amanti della natura, delle tradizioni e della cultura enogastronomica. Un progetto ambizioso che, nel corso degli anni, si è strutturato arrivando nel 2018 a dar vita alla piattaforma di social farming. Attraverso coltivatoridiemozioni.com, si possono scoprire, scegliere e adottare a distanza i coltivatori e le colture che questi portano avanti. Il nostro lavoro è continuo così come la crescita del progetto che oggi abbraccia le colture di oltre 17 regioni italiane, con oltre 40 agricoltori aderenti. Crediamo fermamente che l’Italia custodisca in sé tutto quello di cui

“Rimanete fedeli alla terra, fratelli miei, con la forza della vostra virtù”. Bisognerebbe accoglierlo l’invito dello Zarathustra di Nietzsche, in questi tempi anestetizzati, dove ogni sporco va disinfettato, igienizzato, rimosso. E rotolarsi nella terra, per sentire da dove arriviamo: “Perché la donna non è cielo, è terra/carne di terra che non vuole guerra”, ci ricorda Sanguineti. Fedeltà alla terra significa anche rispetto per le mani e le emozioni di chi lavora quella terra. Capirne i bisogni, le difficoltà; sostenerle, se è il caso. Così provano a fare Biagio Amantìa e i “Coltivatori di Emozioni”, che dal 2016 portano avanti un progetto di social farming in difesa dei piccoli produttori agricoli e delle tradizioni contadine.

A lui abbiamo chiesto di raccontarci la loro storia.

Quando nasce “Coltivatori di Emozioni” e perché le avete dato questo nome?

«Coltivatori di Emozioni nasce nel 2016 con un primo esperimento in Puglia. Una rete sostenibile e digitale, idea di un gruppo di giovani professionisti amanti della natura, delle tradizioni e della cultura enogastronomica. Un progetto ambizioso che, nel corso degli anni, si è strutturato arrivando nel 2018 a dar vita alla piattaforma di social farming. Attraverso coltivatoridiemozioni.com, si possono scoprire, scegliere e adottare a distanza i coltivatori e le colture che questi portano avanti. Il nostro lavoro è continuo così come la crescita del progetto che oggi abbraccia le colture di oltre 17 regioni italiane, con oltre 40 agricoltori aderenti. Crediamo fermamente che l’Italia custodisca in sé tutto quello di cui

ha bisogno: non dobbiamo dimenticare le  nostre origini, perché sono la nostra ricchezza e una fonte da cui ripartire innovando, a maggior ragione in un momento così delicato per il nostro Paese. Abbiamo scelto questo nome perché il nostro fine non è tanto focalizzarci sul prodotto, ma valorizzare quello che c’è dietro: il racconto delle emozioni che vivono gli agricoltori a contatto con la natura e cercare di trasferirle, farle vivere anche a coloro che vogliono avvicinarsi e scoprire i “saperi contadini”. In questo senso, Coltivatori di Emozioni è un esperienza di “social farming”, proprio per l’accento posto sulla condivisione e per via del ruolo centrale svolto dal digitale».

Come funziona esattamente la vostra piattaforma?

«Attraverso la piattaforma si potrà scegliere quale agricoltore e relativa tradizione adottare a distanza e selezionare uno tra i tre pacchetti di adozione presenti: ogni pacchetto di adozione offre all’agricoltore selezionato la possibilità di ricevere una donazione di buoni lavoro da poter impiegare per le varie fasi di lavorazione (vendemmia, semina, raccolta)  e al sostenitore la possibilità di ricevere i prodotti tipici del territorio, insieme a costanti aggiornamenti sullo stato dell’azienda agricola e dei raccolti che si è contribuito a sostenere attivamente. Un sistema rivolto tanto ai privati quanto alle imprese che, grazie al sostegno a piccoli produttori selezionati, possono contribuire a preservare e sostenere le eccellenze del Made in Italy e a raggiungere obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale».

Quali sono i vantaggi per chi adotta un agricoltore e per il produttore agricolo?

«I vantaggi per chi adotta un agricoltore sono innanzitutto una gratificazione personale per aver contribuito attivamente al rilancio e alla difesa delle tradizioni agricole italiane. Questo viene rappresentato da un certificato di adozione che suggella il legame tra il sostenitore e l’agricoltore sostenuto. Come ricompensa si ricevono dei prodotti tipici e costanti aggiornamenti sulle storie del produttore e sulle fasi di lavorazione. Esiste, inoltre, un altro vantaggio, ed è quello per le aziende che scelgono di adottare un agricoltore: Coltivatori di Emozioni è, di fatto, il partner ideale per migliorare la reputazione aziendale, il rating  

ha bisogno: non dobbiamo dimenticare le  nostre origini, perché sono la nostra ricchezza e una fonte da cui ripartire innovando, a maggior ragione in un momento così delicato per il nostro Paese. Abbiamo scelto questo nome perché il nostro fine non è tanto focalizzarci sul prodotto, ma valorizzare quello che c’è dietro: il racconto delle emozioni che vivono gli agricoltori a contatto con la natura e cercare di trasferirle, farle vivere anche a coloro che vogliono avvicinarsi e scoprire i “saperi contadini”. In questo senso, Coltivatori di Emozioni è un esperienza di “social farming”, proprio per l’accento posto sulla condivisione e per via del ruolo centrale svolto dal digitale».

Come funziona esattamente la vostra piattaforma?

«Attraverso la piattaforma si potrà scegliere quale agricoltore e relativa tradizione adottare a distanza e selezionare uno tra i tre pacchetti di adozione presenti: ogni pacchetto di adozione offre all’agricoltore selezionato la possibilità di ricevere una donazione di buoni lavoro da poter impiegare per le varie fasi di lavorazione (vendemmia, semina, raccolta)  e al sostenitore la possibilità di ricevere i prodotti tipici del territorio, insieme a costanti aggiornamenti sullo stato dell’azienda agricola e dei raccolti che si è contribuito a sostenere attivamente. Un sistema rivolto tanto ai privati quanto alle imprese che, grazie al sostegno a piccoli produttori selezionati, possono contribuire a preservare e sostenere le eccellenze del Made in Italy e a raggiungere obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale».

Quali sono i vantaggi per chi adotta un agricoltore e per il produttore agricolo?

«I vantaggi per chi adotta un agricoltore sono innanzitutto una gratificazione personale per aver contribuito attivamente al rilancio e alla difesa delle tradizioni agricole italiane. Questo viene rappresentato da un certificato di adozione che suggella il legame tra il sostenitore e l’agricoltore sostenuto. Come ricompensa si ricevono dei prodotti tipici e costanti aggiornamenti sulle storie del produttore e sulle fasi di lavorazione. Esiste, inoltre, un altro vantaggio, ed è quello per le aziende che scelgono di adottare un agricoltore: Coltivatori di Emozioni è, di fatto, il partner ideale per migliorare la reputazione aziendale, il rating  

di sostenibilità (rating ESG) e il posizionamento dell’azienda verso la sostenibilità e l’adozione di comportamenti sempre più compatibili con l’ambiente. Per il produttore agricolo invece sono: la possibilità di ricevere un contributo economico extra a sostegno delle varie fasi di lavorazione, canali di vendita per i suoi prodotti, promozione e visibilità, network di contatti ma soprattutto entra in una rete in cui è possibile creare sinergie e sviluppare progetti condivisi».

Quante realtà agricole ne fanno parte e in base a quali criteri avviene l’affiliazione?

«Ad oggi abbiamo più di 40 realtà agricole. Sono tutte selezionate da noi, andiamo direttamente in loco per conoscerle di persona. Aderiscono a un disciplinare interno a garanzia sia della qualità dei prodotti sia di rispetto, trasparenza e rendicontazione di quanto ricevono. Si tratta di piccole attività a gestione familiare, spesso giovani, attente al mondo digitale e sempre più consapevoli dell’importanza della cooperazione, del “fare rete” nel mondo dell’agricoltura, per riuscire a sostenersi e sopravvivere».

Quali partner vi sostengono?

«I partner che ci sostengono sono aziende di diversi settori, come GMTSpa, Pieffeci Engineering, che operano secondo principi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Attraverso la loro adesione potranno comunicare il loro impegno ambientale e verso la comunità rendendo il proprio brand ancora più green e sostenibile. Sarà possibile comunicare la partecipazione attiva alla causa in diversi modi: con regalistica aziendale ma anche con contenuti video e editoriali con cui veicolare attività di green marketing, fino ad arrivare a un concreto impegno per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile».

Quali sono, a vostro parere, le maggiori criticità per chi oggi in Italia pratica forme di agricoltura rispettose dell’ambiente e dei lavoratori?

«Praticare agricoltura sostenibile oggi in Italia comporta delle criticità sia in termini economici che in termini di ore di lavoro perché, non utilizzando un’agricoltura meccanizzata – la grande distribuzione -, il monte ore  

di lavoro necessario a realizzare lo stesso prodotto è molto più ampio. Per chi sceglie di lavorare nel rispetto della biodiversità ciò determina un aggravio dei costi e quindi un impegno di capitale maggiore rispetto a chi pratica coltivazioni meccanizzate e intensive. Per quanto riguarda i lavoratori, sappiamo che in Italia due sono i settori maggiormente colpiti dal lavoro in nero e dallo sfruttamento: quello edile e quello agricolo. Nel tempo il legislatore ha cercato di migliorare questo aspetto introducendo il sistema dei voucher che servivano proprio per snellire la burocrazia e dare possibilità alle aziende di garantire maggiore sicurezza ai lavoratori. La legge era buona ma l’applicazione meno e così “grazie” a coloro che ne hanno approfittato, si è arrivati alla cancellazione totale del voucher anche nel settore dell’agricoltura, dove l’utilizzo di questi era giustificato, corretto e di facile gestione. E proprio nella criticità interviene la piattaforma di CdE, con un sostegno economico che si tramuta in donazione di ore lavoro, a favore di chi pratica un’agricoltura che valorizza la biodiversità e la regolarizzazione dei lavoratori».

Quali sono i vostri prossimi progetti?

«I nostri prossimi progetti saranno sicuramente rafforzare la collaborazione con l’associazione “I Borghi più belli d’Italia”, già partita alla fine del 2020: vogliamo arricchirla con nuove iniziative ed eventi facendo luce su quelle realtà, sconosciute al grande pubblico, che operano in centri come Scarperia, Viggianello, Abbateggio, Navelli, la Valle del Mercure o Castiglione del Lago sul Lago Trasimeno, sempre coniugando la storia di questi luoghi con il sapore dei suoi prodotti: dal miele al grano, dal farro allo zafferano, dalla fagiolina alla Rapasciona. Proseguirà inoltre il Tour delle Emozioni in compagnia dello chef e influencer Simone Rugiati, che racconterà in rete le colture e le culture aderenti alla piattaforma. Infine nel 2021 prevediamo il lancio ufficiale di una nuova linea di business:  una joint-venture nel campo del trattamento del tartufo pregiato della zona del Monte Penice, tramite la costituzione della omonima società titolare del marchio “I Cavatori”. Un caso concreto di come unendo gli attori del territorio, sia possibile valorizzare e promuovere tradizioni e territori poco conosciuti. Inoltre abbiamo acquisito un piccolo podere abbandonato, a Saliceto nelle Langhe, nel cui daremo vita al primo flagship completamente gestito da Coltivatori di Emozioni. Un’azienda che racchiuda in sé tutte le anime di Coltivatori: agricoltura, con la realizzazione di una tartufaia; lavoro, integrando cooperative di migranti o soggetti svantaggiati; cultura gastronomica e lavorazione delle materie prime, con una scuola di cucina diretta da Simone Rugiati; sostenibilità ambientale, con la creazione di spazi che potranno ospitare eventi vari, completamente eco sostenibili e a impatto zero (auto produzione di energia e consumi zero); il sostegno a piccole realtà rurali a rischio di spopolamento, aumentando l’abitabilità del borgo attraverso la stabilizzazione dei lavoratori».

Fonte: ilcambiamento.it

Adottare a distanza coltivatori per salvare antiche tradizioni e vecchi borghi

Coltivatori di emozioni è la prima piattaforma di social farming volta a promuovere la salvaguardia del patrimonio agricolo nazionale attraverso un modello che permetta di “adottare a distanza” coltivatori custodi di antiche tradizioni agricole. L’obiettivo è quello di creare una rete sostenibile per recuperare zone a rischio di abbandono e rilanciare tradizioni contadine in via di estinzione, riattivando le microeconomie locali e valorizzando le realtà rurali. L’Italia è un paese ricco di biodiversità, di conoscenze e di tradizioni rurali: un patrimonio inestimabile che oggi è a rischio. Osservando l’attuale scenario di abbandono delle terre, spopolamento dei borghi e le difficoltà delle piccole aziende agricole, un gruppo di appassionati di natura, tradizioni ed enogastronomia ha lanciato nel 2016 il progetto Coltivatori di Emozioni, piattaforma italiana di social farming che promuove adozioni a distanza di coltivatori e tradizioni. Gli obiettivi sono proprio la salvaguardia delle tradizioni rurali, la tutela del paesaggio, il recupero dei terreni incolti e il ripopolamento dei borghi.

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Per riattivare le microeconomie locali i Coltivatori di Emozioni hanno individuato negli ultimi anni degli agricoltori, custodi di antiche tradizioni, per promuoverne i prodotti, supportarli nelle lavorazioni sul campo offrendo un contributo per l’inserimento e il reinserimento lavorativo e per comunicarne le esperienze al fine di sensibilizzare i consumatori alla cultura e alle attività agricole. Attualmente i produttori che collaborano con i Coltivatori di Emozioni sono presenti in 13 regioni. Si passa dal riso Carnaroli della Lomellina nel pavese al farro della Garfagnana, per poi scendere al peperone di Pontecorvo DOP di Frosinone e ai grani antichi siciliani, come il Timilia, il Senatore Cappelli, il Maiorca e il Percia Sacchi. Tradizioni agroalimentari dunque, ma non solo. Nel piccolo borgo molisano di Ripalimosani, per esempio, i Coltivatori di Emozioni hanno collaborato con i produttori, il comune e le associazioni del territorio al fine di recuperare un piccolo canapaio di 2,5 ettari: una tipicità del luogo che, dopo aver a lungo trainato un’economia locale fortemente connotata dalla produzione delle funi e dalla lavorazione dei tessuti, meritava di essere nuovamente valorizzata. Qui, ripartendo dalla canapa è stata avviato un orto collettivo e solidale attraverso la formazione professionale di soggetti in condizioni di fragilità, utilizzando terreni incolti e abbandonati. L’attenzione per la natura si intreccia così con una sensibilità sociale.

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Le aziende agricole che collaborano con i Coltivatori di Emozioni sono perlopiù a gestione familiare o singoli produttori attivi nel preservare uno specifico prodotto del proprio territorio. «Nella selezione delle aziende agricole cerchiamo, oltre a prodotti di alta qualità, un’attenzione ai valori della sostenibilità e della tradizione. Poi chiediamo coinvolgimento, perché i produttori non siano solo dei fornitori ma veri e propri partner del progetto, con cui instaurare un dialogo e svolgere insieme delle attività sul campo, com’è accaduto con il tartufo del monte Alpe», spiega il co-fondatore Biagio Amantia. Fra l’Oltrepò Pavese e l’Appennino Ligure, il borgo di Menconico si contraddistingue per un’importante produzione di tartufo nero, “sebbene pochi lo sappiano”, sottolinea Biagio. Insieme ai cavatori della zona, i Coltivatori di Emozioni si sono attivati sia per la riqualificazione del borgo sia per rendere nota la tipicità di questo prodotto. «Secondo noi mettendo insieme produttori agricoli, amministrazioni comunali, associazioni, aziende sponsor, utenti, enti di formazione e istituzioni scolastiche è possibile dar vita a progetti che abbiano una valenza importante per lo sviluppo socio-economico del nostro territorio». ha ribadito Biagio. Nel futuro, dunque, i Coltivatori di Emozioni cercheranno di valorizzare ancor di più questo tipo di collaborazioni così da andare sul territorio con attività concrete a sostegno dei produttori agricoli.

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Chi volesse sostenere il progetto è invitato ad adottare una delle piccole realtà agricole, acquistandone i prodotti o donando delle ore di lavoro. Le imprese che per finalità sociali o di sostenibilità vogliano collaborare con i Coltivatori di Emozioni possono attivarsi insieme a loro per sostenere una causa territoriale dai risvolti ambientali, dunque a sostegno della biodiversità, e sociali, favorendo l’occupazione, il recupero del territorio e contrastando lo spopolamento dei borghi.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/01/adottare-distanza-coltivatori-per-salvare-tradizioni-antiche-borghi/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Adotta un campo di grano e sarà tutta farina del tuo sacco!

In provincia di Cagliari, in una località storica per la produzione del grano, nell’area di Senorbì, è appena nato il progetto sperimentale “Farina del tuo sacco” ad opera dell’associazione di promozione sociale e culturale Terre Colte.9465-10203

Il progetto, originale e innovativo, vuole essere una risposta concreta e immediata al grave problema dei terreni abbandonati e lasciati incolti da quei contadini che non riescono più a vedere un’effettiva possibilità di sostentamento dignitoso attraverso l’agricoltura. In Sardegna questo fenomeno ha ricadute negative anche a livello sociale, culturale e ambientale. Il progetto lancia una campagna per adottare questi terreni e trasformarli in campi di grano vivi e produttivi. L’associazione propone diverse formule economiche di partecipazione all’iniziativa attraverso le quali si riceve in cambio ciò che quello stesso campo produce: grano, farina o legumi biologici, beni primari di altissima qualità. Allo stesso tempo si partecipa attivamente alle spese necessarie per i contadini per l’acquisto dei semi e la lavorazione del terreno. Le attività sono partite a settembre, a novembre c’è stata la lavorazione del primo terreno e a dicembre scorso le semine. Il  raccolto è previsto per l’estate 2017. La campagna di crowdfunding è iniziata solo un mese fa e si registrano già oltre 20 sostenitori da tutta Italia. 12.000 euro la somma da raccogliere entro fine febbraio che servirà anche per  l’acquisto di un mulino a pietra per la produzione della farina.

Incontriamo Massimo Planta, ideatore del progetto, presidente e socio fondatore di Terre Colte.

Che cos’è Terre Colte?

Terre Colte è un’associazione di promozione sociale e culturale non profit, che si è sviluppata da una prima esperienza di recupero di un terreno incolto e abbandonato di circa 3.000 mq nella provincia di Cagliari, poi trasformato in un orto condiviso dove chiunque poteva avere a disposizione un orto a patto che coltivasse senza l’uso di sostanze chimiche. In meno di un anno più della metà dei 40 lotti del terreno erano già occupati, e dato l’entusiasmo suscitato, quell’esperienza positiva fu immediatamente replicata ottenendo altrettanto successo. In brevissimo tempo, viste le numerose richieste di adesione sia da parte dei fruitori che da parte dei proprietari, si è capito che il concetto degli orti condivisi doveva essere sviluppato in forma organizzata. Nasce così nel Luglio 2014 l`Associazione Terre Colte che stimola e sostiene privati, aziende scuole ed Enti pubblici nella realizzazione e coltivazione di orti condivisi, urbani, sociali, terapeutici, didattici ed etnici. Oggi gli orti da adottare di Terre Colte sono dislocati in 6 comuni della regione metropolitana di Cagliari, suddivisi in lotti di 50 mq ciascuno, dove l’unica regola imposta agli associati è di coltivare rigorosamente con tecniche naturali e senza l’immissione di componenti chimici, ricevendo in cambio oltre che la disponibilità del terreno, un laboratorio teorico/pratico di agricoltura sinergica, l’uso di acqua per l’irrigazione, l’energia elettrica, l’assistenza, la sorveglianza e infine la copertura di una polizza assicurativa. L’associazione organizza inoltre vari laboratori didattici per l’autoproduzione alimentare, didattica per le scuole, corsi di permacultura e agricoltura naturale e attività di sensibilizzazione per la tutela e la salvaguardia delle api.

Come è nato il progetto “Farina del tuo sacco” e perché?

Da questa esperienza di successo abbiamo voluto rilanciare il progetto in una versione più evoluta attraverso l’adozione di terreni incolti di dimensioni rilevanti per affrontare il problema dell’abbandono delle terre coltivabili che in Sardegna riveste proporzioni tali da incidere non solo sul piano meramente economico ma anche su quello socio-culturale e microclimatico (sovra sfruttamento e impoverimento dei terreni, siccità, disboscamento). Ecco dunque come nasce il progetto “Farina del Tuo sacco”: tramite una raccolta fondi le famiglie che aderiscono possono garantirsi il fabbisogno annuo di beni primari (come il grano e la farina) certificati bio e a Km zero (filiera chiusa), anticipando le spese necessarie ai contadini per l’acquisto delle sementi e dei costi dell’aratura.

Di che tipo di coltivazioni stiamo parlando?

Soprattutto grani. I contadini sono sempre l’ultimo anello della filiera mentre invece dovrebbero essere i primi. Sono quelli che non hanno potere contrattuale e quando hanno coltivato la terra, il prodotto finito lo conferiscono ai mulini che stabiliscono il prezzo con cui comprare il grano. Questo è uno dei motivi principali per cui il contadino abbandona la sua terra o preferisce lasciarlo per il pascolo. Ricordiamo che sia i semi di grano per la semina che i terreni e tutto il processo di coltivazione sono certificati biologici.

Chi sono gli agricoltori di cui parlate?

Parliamo di piccoli agricoltori con appezzamenti limitati. Ci è successo che un giorno, casualmente, abbiamo incontrato un contadino che ci ha detto che dopo aver coltivato biologico per anni, il mulino al quale conferiva il raccolto non pagava un valore adeguato per il suo lavoro. I mulini, inoltre, spesso, mischiano i grani dei vari produttori, e la qualità della propria farina rischia di essere messa a rischio. Raramente viene assicurata una lavorazione esclusiva e tutto il lavoro e i benefici di un prodotto biologico e di altissima qualità viene irrimediabilmente perso. Terre Colte ha proposto a questo contadino di trovare una soluzione insieme e cioè di continuare a coltivare il grano e trovare un modo per arrivare direttamente al consumatore finale. Così abbiamo pensato di lanciare una raccolta di crowdfunding per raccogliere 12.000 euro. Circa la metà di questa somma servirà per acquistare un mulino e l’altra metà per le spese vive. Terre Colte si occuperà, quindi, di pagare al contadino tutti i costi e di acquistare un mulino che servirà per macinare i grani prodotti.

Che cosa cambia in termini economici per il contadino?

Non investirà soldi ma il suo tempo e il know how necessario. Rimarrà con il 40 per cento del prodotto finito o del ricavato della raccolta fondi.

Perché è importante aderire alla campagna di crowdfunding?

Partecipando a “Farina del Tuo Sacco” sostieni l’economia locale, aiuti al recupero di una terra a rischio di abbandono e guadagni una sana alimentazione.

Come funziona esattamente l’adozione e quanto costa?

Ci sono diverse tipologie di adozione. A partire da 6 euro puoi adottare un piccolo campo di 10 mq con diritto a: tessera annuale di Terre Colte, un chilo di farina biologica e macinata a pietra e 50 grammi di lievito madre che saranno spediti direttamente a casa. Se si vogliono avere, ad esempio, 10 kg di farina, si possono adottare 100 mq che hanno un costo di 36 euro. Come ricompensa per una donazione si può richiedere: grano, ceci, farina di grano, farina di ceci, la partecipazione a laboratori di trasformazione della farina e viste guidate ai campi coltivati. La Tessera Terre Colte e il lievito madre sono comuni in tutte le tipologie di adozione.

Si può comprare solo quello che il campo produce nel periodo in cui lo produce? Quindi chi acquista non è più un solo consumatore?

Sì. Tutto è legato non al chilo di farina ma ai mq di campo che si vogliono adottare. I chili di cui parliamo sono teorici perché dipenderà dalla produzione: un anno potrà essere di più e l’anno successivo di meno. Il consumatore non è più un consumatore e basta ma un produttore egli stesso. Il contadino sa quanto campo coltiverà ma non saprà mai quanto raccolto otterrà da quel campo. Noi vogliamo sensibilizzare le persone a questa teoria e a questa pratica.

Quanti contadini hanno fino ad ora aderito al progetto?

Parlando solo del progetto di adozione a distanza di un campo di grano, al momento abbiamo coinvolto 2 agricoltori. L’anno scorso abbiamo realizzato lo stesso progetto con la collaborazione dei soci delle sedi operative in Ogliastra, abbiamo coltivato tre ettari sempre a grano Senatore Cappelli che sono stati adottati da 30 famiglie. In quel terreno quest’anno abbiamo fatto il sovescio a trifoglio per farlo riposare. Per la coltivazione di quest’anno l’agricoltore ha messo a disposizione un’area di 8 ettari dei quali due coltivati a trifoglio, due a ceci della qualità Pascià e quattro a grano. Con questa configurazione di rotazione dei terreni, manterremo anche per l’anno prossimo la stessa area coltivabile a grano e ceci.

Dove si troverà il mulino che acquisterete?

Il mulino sarà munito di macine in pietra, a lenta rotazione. Lo metteremo nella nostra sede operativa di Dolianova, a circa 30 km dal campo agricolo di cui parliamo. La sede, diventerà la nostra “Casa del Grano”, attrezzata con spazi idonei dove facciamo i laboratori del pane e dei dolci.  Disponiamo già di un forno a legna condiviso, in modo che chi vuole potrà andarci con il suo impasto fatto in casa il giorno prima e potrà anche cuocere il suo pane in condivisione.

Che tipo di grano coltivate e ci saranno in futuro anche altri cereali?

Al momento solo la varietà Senatore Cappelli ma in futuro abbiamo in progetto di allargare gli orizzonti e di cimentarci anche con altri tipi e, forse, anche altri cereali.

Quando verrà distribuita la farina frutto del primo raccolto?

La farina sarà pronta in estate nei mesi di giugno e luglio 2017. Sapremo anche quanto raccolto ci sarà.

Qual è l’obiettivo di questo progetto?

Il comune in cui si svolge il progetto ha 200 abitanti. Se noi continuiamo a permettere che i terreni non si coltivino più le persone andranno a cercare il lavoro e il sostentamento da altre parti. L’agricoltura ha anche il valore di mantenere vivi i territori. Noi vogliamo coinvolgere più contadini possibile e coinvolgere le persone in questo processo. Ci troviamo in un periodo di cambiamento. E la parola cambiamento è inutile usarla senza crederci e fare qualcosa per attuarlo.

Che cos’è il cambiamento per voi?

E’ fare azioni non a nostro esclusivo beneficio, ma che siano utili e di esempio anche per il nostro vicino e lontano e per le generazioni future.

Per chi volesse sostenere il progetto o saperne di più:

Sito: http://www.terrecolte.org

Cell. 3472495814
e-mail: associazioneterrecolte@gmail.com
Il video di presentazione
Per fare la tua adozione

Fonte: ilcambiamento.it

Adottare una pecora a distanza: quanto costa e come fare

Adottare una pecora è una pratica sempre più diffusa nel nostro Paese. Quanto costa e quali imprese agricole danno la possibilità di allevare una pecora a distanzagettyimages-453234816

Adottare una pecora può essere un utile sostegno all’attività pastorizia e con ricompense molto interessanti come prodotti caseari e agricoli di primissima scelta. Ma quanto costa? Le adozioni hanno costi molto differenti a seconda delle varie località. Si va dai 70-80 euro fino ai 390 euro per ovino. La Sardegna è indubbiamente la regione italiana nella quale la pratica di allevare una pecora è maggiormente diffusa, dalla pecora sarda si ottiene infatti il famoso pecorino. Fra le tante imprese agricole che danno la possibilità di allevare una pecora a distanza ne segnaliamo cinque. La Porta dei Parchi di Anversa degli Abruzzi, in provincia de L’Aquila, propone l’adozione al costo di 190 euro l’anno.

La Cooperativa Vallenostra di Mongiardino Ligure (Al) dà la possibilità di adottare una pecora con 100 euro di spesa l’anno; la ricompensa è particolarmente appetibile: 3 kg dei formaggi locali tra cui 2 forme del rinomato Montébore, più altri formaggi come Cadetto, Rué, Mollanina, Mongiardina, Borberine (secondo la disponibilità), più 2 torte preparate con la nostra ricotta, 1 confezione da 250 gr. di confettura di frutta o miele e 2 bottiglie di vino Timorasso. Non finisce qui perché nella cifra è inclusa la colazione sul pascolo e il pranzo presso l’agriturismo della cooperativa alessandrina.

La Sardinia Farm di Gergei (Ca) richiede 390 euro l’anno e ricompensa i sostenitori a distanza con due differenti panieri che comprendono, oltre a 2,5 kg di formaggio pecorino, altri prodotti tipici dell’enogastronomia sarda come mirto, olio d’oliva, pane carasau, maloreddus, dolci, miele, pomodori secchi, olive…

Made in Langhe e Roero dà la possibilità di adottare una pecora dell’Alta Langa con 80 euro annui che danno diritto all’attestato d’adozione, a vario materiale informativo e a sei tome del peso di 250 grammi l’una.

Il Caseificio Fontemanna di Panicale (Pg) dà la possibilità di adottare una pecora con 70 euro l’anno. L’adozione consente di ricevere a casa le foto dell’ovino adottato, lettere sull’andamento dei pascoli e un certificato ufficiale di adozione, più un paio di chilogrammi di formaggio, metà fresco e metà più stagionato.
Ovviamente la pecora non è il solo animale che si può allevare: anche gli agnelli vengono sottratti alla tavola e una decina d’anni fa Vittorio Sgarbi si mosse in prima persona per far adottare i caprioli.

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Adottare una pecora in cambio di tanti prodotti alimentari biologici

Adottare una pecora e assicurarsi una fornitura consistente di prodotti genuini due volte l’anno, a Natale e a Pasqua. L’idea è di Giovanni Tuminello allevatore di pecore che per la modica cifra di 120 euro annui, come da contratto ci alleva una pecora a Giarratana paesino dell’entroterra ragusano noto anche per la qualità delle sue cipolle.

Spiega Giovanni Tuminiello a proposito della sua iniziativa Adotta la tua pecora:

Adotta la tua pecora vuol dire….adotta consapevolmente la natura….adotta i prodotti scevri da qualsiasi contaminazione che non sia naturale, adotta il tuo relax e quello dei tuoi cari visitando la nostra azienda per toccare con mano cosa vuol dire sposare uno stile di vita che premi e garantisca la bio-diversità.

In cambio, dicevo appunto, si riceve un agnello di circa 10 kg del valore di 70 euro più 6 kg di formaggi a latte crudo di stagionatura e pezzatura a piacere; 2 kg di ricotta fresca oppure altri alimenti per vegetariani. Se l’agnello non lo si vuole macellare lo si lascia in stalla e viene corrisposto il valore in alimenti che comprendono: olio extravergine d’oliva biologico da lt.0,50, paté di olive verdi in confezione da gr. 250, olive verdi alla contadina schiacciate da gr. 300, sapone all’olio extra vergine d’oliva da gr. 110, paté di cipolla da gr. 270, filetti di cipolla in agrodolce da gr. 270, confettura extra di cipolla da gr. 210, paté di cipolla e tonno da gr, 190, miele Arancio gr. 500, miele Millefiori gr. 500, miele Eucalipto gr. 500, miele Sulla gr. 500, miele Carrubbo gr. 500.

Anche in Abruzzo c’è la possibilità di adottare una pecora. Esattamente a Anversa degli Abruzzi con il bioagriturismo La porta dei parchi. Adottare una pecora costa 190 euro all’anno e in cambio si ricevono sempre prodotti biologici. La base dell’offerta è sempre l’agnello biologico di circa 6 kg che si potrà scegliere se macellare o meno, 3 kg di formaggi biologici a latte crudo, 1 kg di ricotta fresca oppure ricotta affumicata al fumo di ginepro od altri formaggi a maturazione speciale; lana o filata in un paio di calzettoni da trekking o 300 grammi di lana da lavorare, 1 kd di salamelle di tratturo o altri insaccati tipici abruzzesi, le spese di spedizione sono incluse. Per chi decide di lasciare l’agnello in stalla, come controvalore di rimonta ci sono diverse opzioni, tra cui la fornitura di olio extravergine d’oliva da coltivazione biologica, confetture e miele.

Adottare una pecora in Sardegna costa un po’ di più: 390 euro pagabili in due tranches. Lo propone il pastore Emilio a cui aggiunge anche la possibilità di diventare fattore a distanza. Se si adotta una pecora si ha diritto al cinturino in cuoio personalizzato con il nome scelto; invio di un attestato di allevamento a distanza con relativa foto della pecora; un manufatto con la lana della pecora; 8 forme di Pecorino da 2,5 kg circa cad. sottovuoto inviato in due spedizioni o 4 spedizioni (aggiunta di 20,00 euro). Se si diventa fattore a distanza, sempre per 390 euro annui, sarà spedito il paniere “Su mruzzu de su Pastori” che contiene: 1 forma di formaggio, 1 salame, 1 confezione di trofie (pasta sarda), 1 confezione di olive, 2 birre ichnusa, 1 confezione di pomodori secchi, 1 confezione di mustazzollus (dolci sardi), 1 confezione di pane guttiau +1 confezione di spianate (pane sardo), 1 confezione di torrone.

Per i gourmet un prodotto di eccellenza: il raro formaggio di Montébore. Adottando una pecora della Cooperativa Vallenostra di Mongiardino Ligure (AL), per 100 euro annui, si avrà diritto a: 3 kg. di formaggio suddiviso in 2 forme di Montébore più altri formaggi come Cadetto, Rué, Mollanina, Mongiardina, Borberine, 2 torte preparate con la ricotta, 1 confezione da 250 gr. di confettura di frutta o miele, 2 bottiglie di vino Timorasso. Inclusa la colazione sul pascolo e il pranzo presso l’agriturismo.

Infine, per i raffinati, c’è la possibilità di adottare un capretto cachemire che per 100 euro dà diritto a ricevere una valigetta in legno piena di prodotti di bellezza a base di latte di capra. L’allevamento è incentrato sui principi della produzione del cachemire sostenibile.

Foto | Flickr

Fonte. ecoblog.it

Galline, in Belgio e in Toscana si adottano in coppia per riciclare 300 kg di umido all’anno

Vecchi rimedi anche per esigenze contemporanee: in Belgio, ma anche in Toscana diversi comuni propongono l’adozione di una gallina per smaltire 150 kg di rifiuti umidi all’anno. La gallina è un animale prezioso nell’ecosistema di una fattoria: chi ha un pollaio lo sa bene. Mangiano non solo granaglie, erbe e vermetti che catturano nel terreno, ma anche gli avanzi della cucina chiudendo così il ciclo del riuso e evitando lo spreco alimentare. Ebbene, una singola gallina in un anno è in grado di smaltire fin a 150 Kg di umido e per questa ragione molti comuni in Belgio hanno deciso di offrire ai cittadini una coppia di galline ovaiole, che recupera 300 kg di umido, al posto del classico bidone per la raccolta differenziata. Etterbeek, è stato il primo comune a sperimentare questa soluzione e gli abitanti in cambio riceveranno tante uova fresche, circa 300 all’anno.galline-620x350

Per questa fase iniziale saranno selezionate 20 famiglie a cui saranno affidate 2 galline con un pollaio a patto che abbiano disponibilità di un terreno di almeno 10 mq dove le galline possano razzolare liberamente e l’impegno a ospitarle per due anni. Il Comune seguirà le galline e le famiglie adottanti fornendo il proprio supporto tecnico. Anche in Italia abbiamo comuni che si sono impegnati in un progetto analogo, come Valdarno e Valdisieve che hanno lanciato il format Adotta du’ galline. L’iniziativa del Mugello ha riscosso un successo inaspettato: circa 300 famiglie hanno adottato 600 galline e ciò ha permesso agli amministratori di candidarsi per le Best Practices di Expo Milano 2015.

Fonte: The BulletinLa Libre

© Foto Getty Images

Salviamo le Api: Adotta anche tu un Alveare

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TURINCITY, associazione senza scopo di lucro nata nel 2006 e fattasi promotrice nel corso degli Anni di molteplici eventi di natura culturale, annovera tra i suoi scopi istituzionali anche la promozione di “interventi strutturali sul territorio ecocompatibili con l’ambiente e le sue risorse, per concorrere alla tutela ed al miglioramento della qualità della vita” (art. 3 Statuto sociale). Al fine di offrire il proprio contributo attivo in termini di salvaguardia dell’ambiente ha pertanto deciso di intraprendere una campagna di sensibilizzazione dei cittadini per il rispetto di quanto viene comunemente definito “ecosistema” senza spesso avere scienza e coscienza di cosa sia e di cosa significhi comprometterne i suoi equilibri.
Ispirandosi ad un pensiero attribuito niente meno che ad Albert Eistein, secondo il quale “se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita”, l’associazione Turincity ha deciso di rendere meritevole del proprio impegno quello che a torto viene considerato semplicemente un fastidioso insetto: l’APE.
Se è pur vero che l’affermazione appare a prima vista spropositata, è altrettanto innegabile che senza le api la nostra agricoltura sarebbe gravemente danneggiata: senza le api l’impollinazione sarebbe quasi assente, causando la scomparsa di molte specie vegetali ed il crollo della produzione ortofrutticola con conseguenze devastanti per la civiltà umana se si considera che è proprio grazie alla gigantesca forza lavoro delle api che si produce oltre un terzo delle scorte alimentari di molti Paesi. Purtroppo negli ultimi anni la popolazione delle api ha registrato un notevole declino: alcune specie sono ora estinte, altre sono in continuo declino intanto che gli scienziati si arrovellano per trovare le cause e gli antidoti: malattie, perdita dell’habitat naturale e prodotti chimici tossici (in particolare pesticidi) sono tra i fattori che incontrovertibili dati scientifici annoverano tra i principali fattori. Anche la Procura della Repubblica di Torino ha studiato a lungo il fenomeno della moria delle api ed il PM Raffaele Guariniello ha recentemente concluso l’indagine incriminando un noto produttore ed un noto distributore di potenti pesticidi a base di clothianidina (utilizzati tipicamente nella coltivazione del mais), principio attivo che manda in tilt il sistema nervoso dei preziosi insetti: le api non riescono a fare ritorno agli alveari e vanno incontro a morte certa . L’accusa formulata è: danni al patrimonio zootecnico nazionale.
Turincity, oltre a condividere le campagne contro l’uso dei pesticidi, intende pertanto promuovere in proprio un’attività di diffusione della conoscenza del problema della moria delle api e di raccolta fondi finalizzata all’impianto ed al mantenimento di nuovi alveari mediante una campagna pubblicitaria denominata “Salviamo le api: adotta anche tu un alveare”. L’attività di comunicazione verrà svolta mediante una capillare distribuzione di materiale informativo presso gli esercizi commerciali ove sarà possibile effettuare la propria donazione, nonché mediante la creazione di “Punti APE” dove sarà effettuata la raccolta fondi accompagnata da una degustazione dei vari tipi di miele e dove sarà possibile ricevere da apicoltori professionali una approfondita informazione sulla cultura dell’apicoltura e sulle minacce contemporanee. I fondi raccolti saranno destinati all’acquisto di nuove arnie per ospitare nuove famiglie di api il cui miele sarà destinato ad alimentare una vera e propria catena di solidarietà a favore della popolazione delle api.

IL PRESIDENTE (SIG. MARCELLO MORI)eti

Salviamo le api adotta anche tu un alveare!

Puoi consentire l’acquisto di una famiglia di api con la propria casetta, avrete la possibilità di visitare la vostra arnia quando volete, inoltre sarà applicata l’etichetta con il Vostro nome e cognome.

L’associazione turincity in omaggio vi fornirà cinque kg. di miele all’anno per la durata di cinque anni, per un totale di 25kg.
Facendo una donazione di 145,00€ avrai diritto a tutto ciò.

La restante parte di miele prodotta dalle “Vs. api” sarà destinata ad alimentare una vera e propria catena di solidarietà a favore della popolazione delle api. L’offerta è attivabile da tutta Italia, con consegna inclusa. E da tutta Europa con spedizione a carico del destinatario. Puoi regalare tale Donazione, consentendo al beneficiario di ricevere gratuitamente la fornitura di miele e finanziando un’importante attività per la salvaguardia dell’ambiente.
Per aderire: Una volta Effettuata la donazione, inviare via email il proprio nome, cognome e indirizzo civico, scrivendo il giorno e il metodo di pagamento. Il miele in omaggio sarà spedito entro il mese di settembre per la durata di cinque anni.

Modalità per le donazioni:

-Se scegliete BONIFICO BANCARIO, ecco qui il codice IBAN per effettuare il bonifico:
IBAN IT66Y0690601016000000000661

-Se scegliete RICARICA POSTEPAY, ecco qui il codice della carta da ricaricare:
PostePay: 4023 6006 0865 0026 intestata a Marcello Mori

Oppure potete fare la donazione presso le postazioni allestite nei centri cittadini.

Fonte: turincity

Sconto sulla Tares per chi adotta un cane

Spetta ai singoli comuni decidere se applicare o no lo sconto per coloro che adottano un cane prelevandolo da un canile municipaleDogs And Owners Gather For 2012 Crufts Dog Show

Venerdì 24 gennaio è il termine ultimo per il pagamento della maggiorazione della Tares, la tassa dei rifiuti destinata a pagata da proprietari o occupanti di beni immobili che, per la loro destinazione ed uso, possono generare rifiuti. Fra gli sgravi e le esenzioni è spuntato uno sconto che farà piacere a molti amanti degli animali. I comuni italiani, infatti, potranno decidere se e in quale misura applicare uno sconto a tutti i contribuenti che preleveranno un cane da un canile municipale. Apparentemente l’agevolazione potrebbe sembrare incongruente (il proprietario di un cane produce indubbiamente più rifiuti di chi non ne possiede uno), ma non è così, poiché per grande che sia lo sgravio fiscale non sarà mai oneroso quanto il costo che un canile municipale sostiene per ospitare i cani abbandonati. Ogni ospite dei canali costa all’amministrazione una media di 4 euro al giorno, una quota che porta a 1500 euro la spesa complessiva annua. Ora spetterà ai comuni decidere se applicare le agevolazioni e quanti scontare dalla singole Tares dei contribuenti. I primi comuni ad adottare questo tipo di politica sono stati in Sicilia. Alcuni giorni fa  Franconfonte, in provincia di Siracusa, ha approvato un bonus fino a 450 euro. A Solarino, altro comune siciliano, ci sono state ben otto adozioni. Un plauso è giunto dall’Ente Nazionale Protezione Animali:

I Comuni hanno capito che per loro i cani sono un costo, e che se si vuol spingere ad adottarli un incentivo non fa male. Ovviamente servono controlli, per evitare che qualcuno aderisca solo per evadere le tasse.

Chi volesse fare il furbo adottando un cane, per poi abbandonarlo una volta ottenuti i benefici della sua adozione, può mettersi l’animo in pace: gli addetti della polizia municipale effettueranno dei controlli a domicilio per verificare che i cani siano ancora con i loro padroni e, soprattutto, che vengano trattati bene.

Fonte:  Il Sole 24 Ore