Addiopizzo Travel: in viaggio nella Sicilia che resiste alla mafia.

Viaggiare in Sicilia può educare alla bellezza, emozionare e costruire una narrazione diversa di questa terra, oltre i luoghi comuni e alla scoperta di storie e paesaggi inaspettati. Turismo etico e responsabile significa tutto questo per gli ideatori di Addiopizzo Travel, cooperativa sociale e tour operator che organizza sia viaggi militanti sulle tematiche inerenti la lotta alla mafia sia vacanze rilassanti scegliendo però alberghi e ristoranti “pizzo free”. Tutto prende le mosse da una delle più rivoluzionarie risposte alla criminalità organizzata: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”.

Di Addiopizzo abbiamo parlato molte volte su queste pagine. Fin dal mio viaggio nel 2012, trovo che sia uno degli esempi più paradigmatici del cambiamento in atto nel nostro Paese perché riassume diversi aspetti alla base di un futuro possibile: responsabilità individuale, comunità che si attivano, capacità di trasformare l’immaginario di un territorio (la Sicilia in questo caso), pensiero laterale, allegria, passione, dedizione. E potrei continuare.

Uno dei fondatori di Addiopizzo, Dario Riccobono, è oggi Presidente di Addiopizzo Travel. Lo incontro nuovamente a settembre in quel di Lecce, in occasione del raduno degli Ashoka Fellow. Dopo un pomeriggio passato a progettare un futuro comune lo intervisto mentre dietro di lui, impietoso, il sole tramonta e la spiaggia su cui ci troviamo si tinge di nero.
Addiopizzo Travel nasce 10 anni e si inserisce nel filone del cosiddetto turismo responsabile. All’attenzione etica ed ecologica, però, aggiunge un criterio fondamentale: vuole favorire chi non si arrende alle mafie e decide di combatterle. Ovviamente ha origine all’interno Addiopizzo che – per usare le parole di Dario – “è stata la nostra medicina, ci ha permesso di curare le nostre ferite e sentirci in pace con noi stessi”.

Lo strumento del consumo critico viene quindi qui messo al servizio di chi non paga il pizzo.

«AddioPizzo travel ci spiega Dario – vuole coinvolgere i non siciliani nella lotta di liberazione che stiamo portando avanti, permettendo a chi viene nella nostra isola di avere la garanzia di andare negli alberghi, nei ristoranti, nelle pizzerie che non pagano il pizzo. In questo modo, si premia la scelta della denuncia, la si rende vincente economicamente e si contribuisce alla costruzione di una diversa narrazione sulla Sicilia».

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Il lavoro sull’immaginario, come anticipato, è fondamentale: sembra banale affermare che la Sicilia non sia solo mafia eppure per molti è ancora così. Per questo, Addiopizzo Travel lavora con i più giovani in un percorso di educazione civica e popone percorsi di educazione alla bellezza. «La Sicilia per noi è mare, cucina, paesaggio, storia della nostra terra, ma è anche fatta di persone con una storia di resistenza alla mafia da raccontare, per un viaggio che sia incontro ed emozione».

Nei giorni trascorsi a Lecce, Dario si è spesso distinto per una presenza particolarmente giocosa, quasi provocatoria. Strano associare il “cazzeggio” con la lotta alla mafia. Eppure, questo è uno degli ingredienti vincenti della loro esperienza. Addiopizzo, infatti, ha convinto una generazione di ragazzi che impegnarsi non è per forza un’attività noiosa, lo si può fare divertendosi, godendo della vita.

«Io faccio il lavoro più bello del mondo – afferma Dario con entusiasmo – mostro la bellezza della mia terra a gente che viene da fuori e lo faccio essendo utile a una causa. Ditemi voi se esiste qualcosa di più bello!».
Oggi Addiopizzo Travel organizza due tipi di viaggi. Il primo, diretto soprattutto ai giovani, è un viaggio di sensibilizzazione e racconto sulle tematiche inerenti la lotta alla mafia. Il secondo è diretto a chiunque voglia organizzare un viaggio o una vacanza.

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Lo spirito è semplice: «Non c’è solo il viaggio militante, si può fare anche la vacanza rilassante al mare, scegliendo però di andare a mangiare da chi non sostiene la mafia e non paga il pizzo, o alloggiare in una casa che non appartiene a un mafioso. Possiamo rispondere a tanti mercati. Organizziamo tour in bicicletta, facendo conoscere paesaggi che un turista non si aspetta di vedere in Sicilia. Vai a Corleone e hai una idea, e invece scopri dei paesaggi inaspettati, ricchi di colori. Il turismo pizzo free è una modalità di conoscere una terra che può essere declinata in molteplici maniere».
Purtroppo molti operatori turistici, invece, affrontano questa terra in due modi, uno più deleterio dell’altro. Il primo finge di ignorare la presenza mafiosa, ma non incide così in alcun modo sugli stereotipi del viaggiatore. Il secondo finge di “giocare” con il fenomeno, con i mafia tour.

«Si tratta – racconta Dario – di giocare su un fenomeno che ha causato la morte di tantissime persone, il dolore di tantissimi familiari. C’è gente che si veste da mafioso come se il mafioso avesse la divisa e spara in aria con la lupara durante l’ultima cena, ci sono tour operator stranieri che fanno questo. Facendo i tornanti vengono assaliti da finti briganti e cose così. Ancora oggi c’è un tour operator di Boston che fa incontrare i turisti con il figlio di Provenzano e in questo modo l’idea della mafia in Sicilia è filtrata dai racconti del figlio del boss mafioso. Tutte cose che danneggiano l’immagine della Sicilia.

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La terza via è la nostra: ti raccontiamo la mafia, le storie di di chi non c’è più, e che merita la nostra memoria, ma anche di chi c’è ancora e combatte la mafia».

Ovviamente lo scopo di Addiopizzo Travel è continuare il percorso avviato da Addiopizzo, mostrando che chi denuncia la mafia, non solo non paga più il pizzo e viene premiato da molti concittadini, ma diventa addirittura possibile tappa di un percorso turistico.

«Il turismo è decisivo in questo perché è misurabile: tutto il nostro fatturato va distribuito in quelle aziende e puoi calcolarlo con esattezza».

Mentre gli ultimi sprazzi di luce ci lasciano chiedo a Dario che rapporto abbia con un altro Ashoka fellow, Vincenzo Linarello, fondatore in Calabria di GOEL: «È un mio mito personale! – risponde accorato – Prima che Addiopizzo travel maturasse, io e il mio socio Edoardo abbiamo incontrato Vincenzo. Ci entusiasmava la sua capacità di creare lavoro in una terra dove la ‘ndragheta è fortissima. La sua esperienza è stata per noi di grande stimolo».
Mi saluta con parole forti, che mi risuonano nella testa: «Addiopizzo ha dimostrato che è possibile apportare un cambiamento, lo ha insegnato a me per primo. Possiamo davvero cambiare le cose, essendo contagiosi con il nostro entusiasmo, cercando di fare rete».

Buon viaggio.Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/addiopizzo-travel-viaggio-sicilia-resiste-mafia-io-faccio-cosi-268/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Addiopizzo: contro il pizzo cambiamo i consumi

“Un intero popolo che accetta di pagare il pizzo è un popolo senza dignità”. La mattina del 29 Giugno 2004, i palermitani che camminano in giro per la città trovano i muri tappezzati di adesivi anonimi che riportano questo slogan. Tutti cominciano a parlarne, cittadinanza e istituzioni si interrogano sull’identità degli autori di questo gesto, parte il tran tran mediatico e in brevissimo tempo la notizia è sulla bocca di tutti. Ma facciamo un passo indietro.

“Questo movimento nasce improvvisamente, dal basso” spiega Pico, uno degli associati di “Addiopizzo”, parlando del movimento anti-racket siciliano. Nel 2004 un gruppo di giovani studenti e neolaureati si riunisce intorno a un tavolo per decidere cosa fare della propria vita. Sono sette ragazzi in gamba e con forte spirito di iniziativa che non vogliono lasciare Palermo. L’idea iniziale che nasce intorno a quel tavolino è molto semplice: aprire un pub equo e solidale. Uno di loro si occupa di scrivere il business plan e tra i rischi economici da calcolare inserisce la voce “pagare il pizzo”. “Eravamo tutti ragazzi informati e consapevoli”, spiega Pico, “ma quando vediamo scritta nero su bianco quella parola – “pizzo” – è come se ci fossimo scontrati all’improvviso con la realtà dei fatti. Fu come una doccia fredda”.8748073071_4c82e4698f_b-e1417596772110

Iniziando studi e ricerche sul tema, scoprono che il commerciante paga il pizzo di tasca propria una sola volta, all’inizio, successivamente è il prezzo delle merci che viene aumentato per coprire la “tassa” dell’estorsione. Questo significa che tutti i cittadini vengono coinvolti e anche attraverso il semplice acquisto di un prodotto si alimenta indirettamente il sistema mafioso del pizzo. Da questa presa di coscienza nasce lo slogan degli adesivi attaccati nella notte tra il 28 e il 29 Giugno 2004 dal gruppo di attivisti. Quando decidono di venire allo scoperto, dopo qualche giorno dalla “notte degli adesivi”, i sette giovani universitari scelgono di rimanere anonimi, di non personificare la lotta. “Il problema di tanti movimenti anti-mafia è stato proprio la personificazione in un singolo individuo, che purtroppo – sappiamo bene – troppo spesso è diventato martire. Anche oggi che l’associazione ha un riconoscimento a livello regionale e nazionale”, aggiunge, “c’è una turnazione continua delle cariche e dei ruoli interni”.addiopizzo

In pochissimo tempo il gruppo passa da sette persone a quaranta e già nell’estate del 2004 viene preparato un manifesto del consumo critico da sottoporre ai cittadini. Nell’estate del 2005, solo un anno dopo, il manifesto è stato sottoscritto da oltre mille persone e a maggio del 2006 esce la lista dei primi cento commercianti che hanno rifiutato di pagare il pizzo. Da quel momento in poi, con cadenza annuale sono resi noti circa cento nuovi commercianti che aderiscono alla rete e a maggio di ogni anno viene organizzata una tre giorni di eventi e incontri sul consumo critico in una delle piazze di Palermo. La storia di Libero Grassi è un modello ma anche un monito: nessun commerciante deve rimanere solo. Per questo sono tutti invitati a partecipare per sostenere la rete ma soprattutto per conoscere e sensibilizzare. “La nostra forza”, argomenta Pico, “è la responsabilizzazione del cittadino. È il singolo individuo che decide di fare la differenza”. Non si colpevolizza il commerciante che paga il pizzo, ma piuttosto si premia e si dà voce a chi decide di non farlo. Gli esercizi commerciali che aderiscono alla rete di Addiopizzo accettano il “pacchetto legalità” a 360 gradi: dall’assunzione dei dipendenti al pagamento delle tasse è tutto perfettamente a norma. In cambio i commercianti sanno di poter contare da un lato su una rete di cittadini consapevoli che prediligono le loro attività piuttosto che altre, dall’altro sulla protezione dell’associazione in caso di necessità.pizzo

“Gli esercizi che aderiscono ad Addiopizzo non hanno quasi mai avuto ritorsioni, ma quando è successo hanno avuto la dimostrazione che si può contare sulla nostra rete”, racconta Pico, “e il caso di Rodolfo Guajana lo testimonia”. Dopo aver aderito alla rete, questa ditta palermitana è stata vittima di un attentato incendiario nella notte tra il 30 e il 31 Luglio 2007 e “il fumo delle fiamme si vedeva fin dall’altro capo della città”, ricorda Pico. Il capannone della ditta venne completamente distrutto ma il 17 settembre, dopo solo due mesi, Guajana è di nuovo in piedi, pronto per riaprire la sua attività. Grazie alle pressioni di Addiopizzo e alla mobilitazione innescata sul territorio, il proprietario ha ottenuto il sostegno delle istituzioni e in pochissimo tempo gli è stato garantito dalla regione lo spazio per i nuovi capannoni. “Se la società civile è consapevole e richiede il cambiamento”, spiega Pico, “le istituzioni non possono fuggire e sono obbligate ad ascoltare e agire di conseguenza”. L’associazione Addiopizzo oggi è una solida realtà regionale, dalla sua costola si è formata un’associazione collaterale, “Addiopizzo Travel” (vedi box a destra), e oltre al nucleo originario di Palermo sono nate nuove cellule a Catania (2006) e Messina (2010). Le stime ufficiose delle forze dell’ordine registrano un forte calo del fenomeno del pizzo anche a Palermo, dove nel 2004 i dati ufficiali riportavano una stima pari all’80%.

“La mafia ti uccide nei sogni, con Addiopizzo abbiamo riacceso in minima parte le speranze della gente, lo vedo negli occhi delle persone con cui parlo” confida Pico. Poi conclude: “sono soddisfatto di quello che abbiamo ottenuto fino ad oggi, ma sono ingordo e voglio migliorare sempre di più”.

Fonte : italiachecambia.org