Abitare in 6 mq ad impatto zero secondo Renzo Piano.

Il modulo da 2,5m x 3m progettato da Renzo Piano, trasportabile, completamente autosufficiente e staccato dalle reti locali, con tanto di fotovoltaico, solare termico e serbatoio per l’acqua piovana. Per capire davvero cosa sia una “casa minimalista”, autosufficiente e ad impronta ambientale ridotta, forse è sufficiente osservare l’ultimo progetto realizzato da Renzo Piano per il Parco architettonico del Campus Vitra, la cabina “Diogene“.20130701

In realtà l’idea di elaborare un’abitazione minimalista compatta, autosufficiente ed indipendente dalle reti locali, non è nuovo per l’architetto Renzo Piano che già in passato tentò questo genere di sperimentazioni a Genova. Il prototipo Diogene è però unico nel suo genere, anche e soprattutto per il contesto creativo nel quale si inserisce. La “cabina” minimalista Diogene, prende il nome dall’omonimo filosofo greco che si narra decise di vivere all’interno di una botte per fuggire dai lussi moderni. Con una superficie di 2,5 metri x 3 m, il prototipo elaborato da Renzo Piano è molto semplice esternamente, quanto complesso nella sua struttura costruttiva. Il legno di cedro è il materiale prescelto per la cabina minimalista Diogene, utilizzato sia per gli interni che per gli esterni, rivestiti però in alluminio. La completa autonomia energetica e l’indipendenza dalle infrastrutture locali è assicurata da una combinazione di elementi progettati da Renzo Piano in collaborazione con Matthias Schuler: celle e moduli fotovoltaici, un serbatoio di acqua piovana, un gabinetto biologico, ventilazione naturale, vetri tripli.20130701_2

All’interno la cabina offre più o meno, tutto ciò di cui si possa aver bisogno a livello di arredo: un divano letto, una scrivania, un box cucina, una doccia ed un WC, ovviamente accuratamente curati in ogni minimo dettaglio e, soprattutto, costruiti con materiali ad impronta ecologica ridotta. Alla richiesta di quali potrebbero essere gli utilizzi futuri di Diogene, Renzo Piano ha esposto innumerevoli soluzioni, a partire dalla piccola casa di vacanza trasportabile, fino ad utilizzi più nobili per le emergenze abitative con la possibilità di essere indipendenti dal punto di vista energetico. Diogene, assieme a tutti gli altri padiglioni architettonici del Campus Vitra, è oggi visitabile su prenotazione.

Fonte: rinnovabili.it

“NOI, FAMIGLIA TUTTA GREEN ANCHE NEL CUORE DELLA CITTÀ”

torino

 I Grisorio sono forse gli unici nel capoluogo torinese a non essere allacciati alla rete del gas e a guadagnarci sulla luce –

 

LA FAMIGLIA Grisorio è — probabilmente — l’unica a non essere allacciata alla rete che distribuisce il gas in città, a raccogliere e utilizzare l’acqua piovana e a scambiare l’energia che produce attraverso i suoi pannelli solari con quella che arriva attraverso un gestore. Carlo (idraulico) e la moglie Monica (dietista) cercano di insegnare a Mattia e Elisa, otto e cinque anni, che l’acqua del rubinetto è migliore di quella in bottiglia, e che bevendola il pianeta non si “sporca” né con la plastica da smaltire né con i camion che devono trasportarla. Ma i Grisorio, una giovane coppia che ha acquistato e rimesso a nuovo 130 metri di casa in via Aosta («cadeva a pezzi, la vedevamo dal nostro condominio e alla fine l’abbiamo comprata») non sono due “talebani” dell’ecologia: oltre alla passione, ci sono i conti. Che dicono che la “casa pulita” che hanno messo a posto con le loro mani e l’aiuto dei parenti conviene: a fine anno, la bolletta della luce, che deriva dal dare e avere dei due contatori, costerà loro meno della metà di quella di una casa “normale”, grazie ai kilowatt prodotti in proprio e agli sconti statali. Tutto è pensato per ridurre o eliminare, quando si può, lo spreco di energia: i pannelli sul tetto accumulano calore, l’acqua del serbatoio riscalda le stanze attraverso i pavimenti e entra nella lavastoviglie alla giusta temperatura (in questo modo non si utilizza la resistenza interna), mentre pranzo e cena si preparano su una piastra a induzione, che non brucia le pentole, ma scalda direttamente i cibi. Perfino gli intonaci sono traspiranti e, per quanto possibile, “naturali”.
Calcolando i fabbisogni della sua famiglia — che utilizza tre bagni, essendo non casualmente quella di un idraulico — e i
giorni di pioggia in città, Carlo Grisorio ha fatto costruire e interrato in cortile un secondo serbatoio da 5.000 litri, dove finisce
l’acqua piovana che poi una pompa fa risalire nei bagni e nella lavatrice. Perfino il ghiaccio che si forma all’esterno dell’impianto di riscaldamento va a finire nella vasca sotterranea. «In un condominio — spiegano gli eco-risparmiatori di via Aosta — queste cose non si possono fare, al massimo riuscivamo a utilizzare meglio il riscaldamento grazie alle valvole applicate ai termosifoni. Qui decidiamo noi,
e durante questo primo inverno abbiamo capito che 18 gradi sono più che sufficienti per stare bene». Un solo rimpianto: «Al mattino è impossibile andare a piedi o con i mezzi, con i bambini in due scuole diverse e io e mia moglie che dobbiamo arrivare puntuali al lavoro. Così saliamo tutti sulla stessa auto, a gas s’intende, e facciamo il giro. Ma al pomeriggio, quando si può, si va a piedi». E molti obiettivi ancora da realizzare: la facciata esterna della casa è da finire, ma Carlo sogna di realizzare un “cappotto” per la sua casa, ovvero un’intercapedine che serva a limitare ancora di più la dispersione. E il cortiletto diventerà uno spazio verde. Quanto alla scala interna, quella è già stata rinnovata, l’ha fatta con le sue mani il nonno, carpentiere in pensione.

Fonte: La Repubblica del 24.02.2013