L’aceto è un potente disinfettante: la conferma da una ricerca scientifica

Se proprio qualcuno aveva ancora dei dubbi in merito al potere disinfettante dell’aceto ecco che uno studio rivela quanto il suo effetto sui microbi sia particolarmente potente

Lo studio Acetic Acid, the Active Component of Vinegar, Is an Effective Tuberculocidal Disinfectant pubblicato sulla rivista mBio della American Society for Microbiology conferma quel che si era appreso sul campo: ovvero che l’aceto è un ottimo disinfettante naturale. La scoperta è avvenuta per la verità un po’ per caso poiché i ricercatori erano impegnati a studiare un nuovo farmaco contro la tubercolosi e l’aceto era uno degli ingredienti usati per testarlo. Ebbene gli scienziati hanno notato che proprio l’aceto in assenza di altre sostanze riusciva a neutralizzare il micobatterio della tubercolosi uno dei più resistenti ai trattamenti.

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In sostanza il micobatterio viene ucciso dopo 30 minuti di esposizione a una soluzione al 6% di acido acetico. L’acido acetico e dunque l’aceto risulta dunque essere efficace e attivo anche contro la maggior parte di altri batteri. Questi risultati sono coerenti se confrontati con gli studi effettuati nella prima metà del XX secolo sulla capacità disinfettante degli acidi organici.

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I micobatteri sono noti per causare la tubercolosi e la lebbra, ma le infezioni da micobatteri non tubercolari sono un problema crescente dopo interventi chirurgici o estetici o che possono riguardare pazienti con fibrosi cistica e pazienti immunodepressi. Eliminare i micobatteri è importante perché i ceppi di Mycobacterium tuberculosis possono essere multi resistenti apportare rischi biologici potenzialmente fatali. Perciò i micobatteri devono essere accuratamente eliminati dagli strumenti chirurgici e dall’ attrezzatura respiratoria. Gli attuali disinfettanti micobattericidi utilizzate possono essere tossici, instabili e non ultimo costosi. L’aceto è stato utilizzato per migliaia di anni come un disinfettante comune e se può uccidere i micobatteri può rivelarsi un efficace e ampio biocida economico con potenziale utilità in ambito sanitario soprattutto in paesi poveri di risorse.

Fonte: Teatro Naturale

Aceto, un alleato contro il diabete

Per innescare gli effetti benefici sul controllo degli indici glicemici è sufficiente la quantità di aceto che si utilizza per condire l’insalata 73109615-594x350

Condimento fra i più impiegati nella dieta mediterranea, anche se subordinato all’olio d’oliva, l’aceto è utilizzato da sempre anche a scopo medicinale. Si dice che sia antitumorale e che abbia il potere di attaccare le riserve di grasso nelle persone in sovrappeso, ma sui due argomenti le conferme della comunità scientifica internazionale non sono ancora sufficienti per assumere il potere “terapeutico” come un dato di fatto. Ben diverso è il discorso se si parla di glicemia. Sull’ultimo numero di Diabetes Metabolism Journal è stato pubblicato uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Seul che ha dimostrato come gli animali che in laboratorio vengono sottoposti a diete ad alto contenuto di grassi abbiano meno problemi a livello pancreatico se nella loro dieta viene assunto l’aceto. Gli effetti negativi che i grassi hanno sulle cellule beta del pancreas – quelle che secernono insulina quando aumentano i livelli di glucosio nel sangue – vengono ridotti se nella propria dieta viene introdotto l’aceto.  L’aceto (balsamico, di vino, frutta o riso) ha, dunque, un potere preventivo nei confronti del diabete, poiché le cellule che producono insulina vengono “protette” dai rischi connessi a una dieta ricca di grassi. La ricerca ha scoperto che l’ingrediente attivo è l’acido acetico, ma non ha ancora chiarito quali siano i meccanismi del fenomeno. Attualmente l’ipotesi più plausibile è che l’acido acetico rallenti lo svuotamento dello stomaco e inibisca l’attività degli enzimi digestivi dell’intestino tenue, limitando la digestione dell’amido e, conseguentemente, l’assorbimento del glucosio. La buona notizia è che per innescare questi benefici è sufficiente la quantità che viene utilizzata normalmente per condire l’insalata. Gli antichi Romani avevano già capito tutto…

Fonte: Corriere della Sera