Eolico off shore con batteria: primo esperimento di Dong Energy

Le rinnovabili con accumulo non sono solo fotovoltaico con batteria: il gigante danese dell’eolico sta per mettere in funzione una batteria da 2 MW al servizio di un parco eolico in mare.http _media.ecoblog.it_7_7e7_eolico-off-shore-batteria-dong-energy

Dopo essere balzata agli onori della cronaca per aver allacciato alla rete due parchi eolici off shore da record, la società danese Dong Energy si appresta a introdurre la prossima rivoluzione nel campo dello sfruttamento dell’energia del vento: mettere in funzione una piccola batteria da 2 MW di capacità, collegata ad un settore di uno di questi mega parchi eolici.

Si tratta di un settore, da 90 MW di potenza, del sito di Burbo Bank al largo di Liverpool. La batteria, prodotta dal gigante degli accumuli di energia ABB, sarà piazzata tra le pale eoliche e la stazione elettrica che connette il parco eolico con la rete nazionale inglese gestita da National Grid. A differenza degli accumuli per fotovoltaico, che servono a massimizzare la produzione di energia elettrica dal sole, la batteria per eolico ha un’altra funzione: stabilizzare la rete elettrica nazionale, tramite la cosiddetta “frequency response“.

Il problema principale dei grandi parchi eolici, infatti, è quello di immettere in un lasso di tempo troppo veloce una quantità di energia troppo alta. Allo stesso tempo, quando viene a mancare il vento e molte pale eoliche del parco si fermano, sulla rete elettrica viene a mancare di colpo un grosso quantitativo di energia. Questo comporta scompensi nella frequenza (che deve restare intorno ai 50 Herz) della corrente elettrica che gira sulla rete nazionale. La batteria si comporta come un tampone: in caso di eccessiva produzione accumula l’energia, togliendola momentaneamente dalla rete, mentre in caso di calo di produzione l’energia la rilascia per mantenere la frequenza entro i valori di sicurezza della rete.  Questo è un problema che affligge un po’ tutte le rinnovabili intermittenti, come spiega Richard Smith, a capo del settore Capability di National Grid: “Man mano che il mix energetico della Gran Bretagna cambia, sappiamo che assicurare un afflusso di energia stabile e sicuro in futuro richiederà strumenti più flessibili. Non vediamo l’ora di vedere come la soluzione di stoccaggio di Dong Energy connessa con il parco eolico offrirà servizi che ci aiutino a rispondere alle sfide operative quotidiane e a mantenere la frequenza dei 50 Herz sul sistema elettrico della Gran Bretagna“.

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Fonte: ecoblog.it

Con più CO2, il carbonio si accumula nel suolo desertico, ma questo non fermerà i cambiamenti climatici

L’esperimento ha rilevato più carbonio nel deserto del Nevada simulando livelli maggiori di CO2, ma con le condizioni climatiche attuali. I risultati con temperature maggiori e meno pioggia sono del tutto imprevedibili. I deserti ci aiuteranno contro il global warming? Forse, ma non illudiamoci troppo. Secondo i risultati di uno studio appena pubblicato, le zone desertiche del pianeta potrebbero assorbire nel suolo più carbonio di quanto si ritenesse finora. Per dieci anni è stato infatti analizzato il comportamento di un ecosistema naturale nel deserto del Nevada (il video in alto ci dà un’idea dell’ambiente desertico) sottoposto ad un flusso maggiore di CO2 per simulare livelli atmosferici “da incubo” di 550 ppm. I risultati non mostrano una maggiore crescita della biomassa a causa della potenziale fertilizzazione da CO2, ma un maggiore accumulo di carbonio nel suolo, tra il 15 e il 28% in più. Secondo gli autori, in un pianeta iperinquinato dalla CO2 i deserti potrebbero contribuire ad un maggiore assorbimento delle emissioni totali di CO2 tra il 4 e l’8%. Questa “notizia” è però sostanzialmente irrilevante per due motivi:

(1) Se la follia industrial-capitalista dovesse davvero portare la CO2 a 550 ppm, gli effetti sugli ecosistemi agricoli produttivi sarebbero talmente gravi da rendere ridicolmente inutile il piccolo assorbimento di anidride carbonica dei deserti;

(2) Questo esperimento è del tutto riduzionista, perchè è stato fatto solo irrorando le piante con più CO2, ma a condizioni climatiche invariate. Le probabili maggiori temperature e minori precipitazioni potrebbero vanificare totalmente i risultati di questo studio. D’altra parte gli stessi autori affermano che la biomassa non è aumentata in presenza di più CO2 a causa della variabilità delle piogge.

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Fonte: ecoblog.it