Deforestazione: nel 2014 persi 18 milioni di ettari

La superficie di foreste persa lo scorso anno è doppia rispetto a quella del Portogallo ed uguale a quella di Cambogia e Siria452167606

La deforestazione continua a un ritmo forsennato: nel 2014 sono spariti dal nostro Pianeta 18 milioni di ettari di foreste vale a dire 180.000 kmq, una superficie pari al doppio del Portogallo e uguale a quella di Paesi come Siria e Cambogia.

La piattaforma Global Forest Watch ha pubblicato i dati che sono stati forniti dall’Università del Maryland, e da Google. Questa diminuzione delle foreste – la cui superficie rappresenta un terzo delle terre emerse – non cessa. Ogni minuto vengono tagliati circa 2400 alberi e più della metà delle foreste vengono tagliate nei Paesi tropicali. Nuove aree del mondo – prima trascurate – vengono private della vegetazione: nel bacino del Mekong, in Cambogia, nell’Africa Occidentale, in Madagascar e in Sud America, in modo particolare in Paraguay.

Giornata della Terra: l’appello del WWF contro la deforestazione. In occasione dell’Earth Day 2015, WWF lancia una campagna per la salvaguardia delle foreste. La principale causa della deforestazione non è – come si potrebbe pensare – la “fame” di legname, ma quella di spazio: le foreste liberano spazio per le piantagioni di soia, di caucciù e di olio di palma. Uno studio reso noto lo scorso aprile ha stabilito una forte correlazione fra la deforestazione della regione del Mekong e l’aumento del prezzo del caucciù a livello mondiale. In Paraguay sono le coltivazioni di soia e di bovini a spingere alla distruzione delle foreste. I dati pubblicati da Global Forest Watch vengono riattualizzati ogni otto giorno grazie alla sorveglianza satellitare consentita dal programma Landsat sviluppato dalla Nasa che garantisce un’altissima risoluzione. Sono circa 300 milioni le persone che vivono nei pressi delle foreste e la sopravvivenza del 60% delle popolazioni indigene dipende da esse.

Fonte:  Le Monde 

Smog, in meno di due mesi sono già svaniti i progressi del 2014?

Non sono passati nemmeno due mesi dalla fine del 2014, salutato come l’anno più pulito del secolo, che già lo smog torna a marcare il territorio nella pianura padana: Torino, Milano,Brescia, Novara, Vercelli, nelle città del Nord il Pm10 si è impennato di nuovo, con medie superiori di un buon terzo rispetto agli stessi giorni dell’anno passato381951

Nel 2014 lo smog nella pianura padana sembrava aver finalmente sventolato una bandiera – se non bianca – molto meno sozza del solito: per quanto i giorni di sforamenti superassero ancora nella maggior parte delle città i 35 attualmente consentiti dall’Unione Europea, le medie annuali del Pm10 avevano segnato un innegabile passo avanti, riuscendo finalmente a rientrare nei 40 mcg/m3previsti dalla legge. (Milano e Torino comprese).
E’ vero, il meteo era stato particolarmente favorevole, e le piogge abbondanti avevano aiutato a spazzare via le concentrazioni, ma confrontando i dati degli ultimi dieci anni il miglioramento appariva evidente, progressivo, e tutto sommato abbastanza costante. Possibile, allora, che siano bastati meno di due mesi per tornare indietro e cancellare il primato? La situazione in questo primo mese e mezzo del 2015 è effettivamente poco promettente: in provincia di Parma il Pm10 ha raggiunto picchi di 115 mcg/m3, e molte centraline hanno segnato i 70-80 mcg, valori purtroppo piuttosto comuni più a nord, ma abbastanza insoliti per i comuni dell’Emilia Romagna. Legambiente – fresca di presentazione del dossier Mal’aria 2015, denuncia giorni neri anche in Piemonte, con un gennaio in cui lo smog “ha sforato un giorno su due”. Vediamo nel dettaglio, dati Arpa alla mano, cos’è successo nelle città più inquinate del Nord nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 14 febbraio 2015. A Milano la media delle concentrazioni del Pm10 in questo primo mese e mezzo dell’anno è aumentata considerevolmente: dai 33 mcg/m3 del 2014 registrati alla centralina Verziere si è passati a 54,4. Ancora più alti a Pascal Città Studi, che è salita da 42,8 a 61 mcg/m3. Il picco più alto, 152 mcg/m3, registrato a febbraio, il mese uniformemente più problematico in questo primo bollettino di inizio 2015. Restiamo in Lombardia e vediamo cos’è successo a Brescia, altra roccaforte dello smog: medie aumentate di oltre un terzo, dai 39 mcg/m3 del 2014 ai 60 del 2014. Valore più alto, 108 mcg, anche questo in febbraio.
Analoga la situazione in Piemonte: a Vercelli la media del periodo 1°gennaio-14 febbraio è passata dai 40,9 mcg/m3 del 2014 ai 52,5 del 2015. Picco, sempre in febbraio, 121 mcg/m3. L’aumento è consistente anche a Novara, dove la media del 2014, 28,12 mcg/m3, è stata sorpassata con 31,9 mcg. (Nessun picco di nota: ci si ferma “solo” a 75 mcg). Veniamo a Torino, il cui dettaglio dei dati rilevati aiuta a chiarire la situazione generale. Se prendiamo in considerazione il solo gennaio, a ben guardare i valori sono assolutamente in linea con l’anno precedente (come avevamo anticipato qua). Anzi: addirittura la media cala un po’, da 56 a 54,6 mcg/m3, facendo la media di tutte le centraline. (La peggiore sempre Grassi, entrambi gli anni). Ma sono proprio i giorni di febbraio a ribaltare il dato, con una media che passa da 34 a 55 mcg/m3. Complessivamente, nel periodo preso in esame – 1°gennaio/14febbraio – la media del Pm10 è cresciuta dai 48,4 mcg/m3 del 2014 ai 54,4 del 2015. (Il valore più alto, 144 mcg/m3).
L’unica città piemontese che sembra invertire la tendenza è Alessandria, che festeggia in questi giorni il suo argento come seconda città più inquinata d’Italia. Qui il Pm10 è sceso – unico caso – ma da valori che erano fra i più alti registrati nella pianura padana: 50 mcg/m3 nel 2014, 48,10 nel 2015. In conclusione, l’allarme lanciato negli ultimi giorni dagli ambientalisti trova riscontro reale nei dati, e aiuta a non dare per scontati i risultati positivi degli ultimi anni. Va ricordato però che lo stesso 2014, l’anno più pulito di sempre, ebbe un inizio – ci scuseranno i lettori – piuttosto diesel. Niente è già scritto, insomma, e i margini sono ampi, sia per migliorare che per peggiorare.

Fonte: ecodallecitta.it

Smog a Torino, 2014 miglior anno del secolo: la pioggia aiuta ma il miglioramento è costante

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Osservando la progressione dello smog dai primi anni Duemila ad oggi, la tendenza positiva è stata graduale e costante, sia per quanto riguarda la media delle concentrazioni sia per il numero di sforamenti. Il meteo particolarmente favorevole ha poi contribuito ad aumentare lo scarto tra 2013 e 2014, ma i superamenti restano comunque fuori legge.

Nel 2014 lo smog sembra aver allentato la morsa nelle città italiane, o almeno nel suo tallone d’Achille, la pianura padana: complice un meteo decisamente favorevole – le abbondanti piogge hanno contribuito notevolmente a spazzar via le concentrazioni di polveri – il Pm10 ha registrato medie e superamenti decisamente inferiori rispetto a quelle segnate dall’inizio del secolo. Attenzione: che sia stato l’anno migliore non significa che i risultati siano sufficienti; gli sforamenti sono comunque ampiamente al di sopra delle soglie consentite dall’Unione Europea, quelle stesse soglie che – non ci stanchiamo di ripeterlo – la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene ormai obsolete.
Tuttavia, osservando la progressione dai primi anni Duemila ad oggi, il miglioramento è graduale e costante, meteo o no.  Il quadro lombardo è stato tracciato accuratamente da Legambiente, che conferma sia i risultati positivi sia le considerazioni su meteo e superamenti. Milano in particolare è stata la città ad aver ridotto maggiormente le giornate irrespirabili nel 2014. E Torino? Vediamo cos’è successo nell’anno appena chiuso, centralina per centralina.
La Consolata ha registrato una media annua di 33,4 mcg/mc, dunque al di sotto dei limiti di legge, ma ha quasi doppiato il numero di giorni di sforamento a disposizione, con 63superamenti. Il picco più alto l’ha registrato il 31 ottobre, con 123 mcg/m3, contro i 50 previsti dalle normative. Nel 2013 la media aveva raggiunto i 40,5 mcg/m3 e si erano registrati 100 superamenti. Peggio ancora l’anno prima: 48 mcg/m3 di media e 118 sforamenti. Tornando indietro fino agli inizi del secolo, si osserva un progressivo miglioramento: si pensi che nell’anno 2000 le centraline registrarono una media annuale di71 mcg/m3 e un totale di 214 sforamenti. Risultati analoghi al Lingotto: media ferma a 30,3 mcg/m3 e superamenti fuori legge, con55 giorni oltre i limiti. Il picco di Pm10 è stato registrato nella stessa giornata, 31 ottobre, con 109 microgrammi. Anche qui il miglioramento dell’ultimo decennio è costante e progressivo.
Passiamo alle altre stazioni: Rebaudengo35,7 di media e 73 sforamenti. Picco più alto, il 7 gennaio scorso, con 105 microgrammi. (Curiosamente il 31 ottobre le concentrazioni sono rimaste ferme a 49 mcg). Rubino31,1 di media e 48 superamenti. Grassi40,6mcg/m3 di media e 63 sforamenti, ma va detto che la centralina è rimasta fuori uso per tantissimi giorni, con appena 230 valori validi su tutto l’anno. In ogni caso, il progressivo e netto miglioramento è ben visibile nell’arco temporale dei 14 anni, che all’inizio del secolo facevano segnare una media addirittura doppia rispetto alle direttive UE (81 mcg(m3) e ben264 sforamenti.

Fonte: ecodallecitta.it

Raee, Ecodom: “Nel 2014 sale la raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici”

Nell’anno passato il consorzio ha avviato a riciclo 45.139 tonnellate di ferro, 2.166 tonnellate di alluminio, 1.775 tonnellate di rame e 7.839 tonnellate di plastica, evitando l’immissione in atmosfera di oltre 850.000 tonnellate di anidride carbonica. La Lombardia si conferma anche quest’anno la regione più virtuosa, seguita da Toscana,Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; fanalino di coda, il Molise381560

75.900 le tonnellate di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, come frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forni e cappe) trattate, nel corso del 2014, da Ecodom – il principale Consorzio Italiano per il Recupero e il Riciclaggio degli Elettrodomestici. Un’attività che ha consetito il riciclo di ben 45.139 tonnellate di ferro, 2.166 tonnellate di alluminio, 1.775 tonnellate di rame e 7.839 tonnellate di plastica, evitando l’immissione in atmosfera di oltre 850.000 tonnellate di anidride carbonica (CO2). I dati 2014 evidenziano, rispetto all’anno precedente, un sostanziale aumento (pari a circa 6,8 punti percentuali) dei RAEE trattati dal Consorzio, non omogeneo però nei diversi Raggruppamenti: la crescita è stata infatti del +0,3% per il Raggruppamento R1 (che comprende frigoriferi e condizionatori), che ha totalizzato 35.100 tonnellate; del +13,3% per R2 (lavatrici, lavastoviglie, cappe, forni, scalda-acqua), con 40.300 tonnellate; e infine del +2,7% per R4 (come piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, informatica, apparecchi di illuminazione), con 500 tonnellate di RAEE trattate. Straordinario risulta anche quest’anno il beneficio per l’ambiente derivante dal lavoro di Ecodom: oltre alla riduzione della quantità di CO2 immessa in atmosfera, le materie prime seconde (ferro, alluminio, rame e plastica) ottenute dal riciclo delle 75.900 tonnellate di elettrodomestici trattati quest’anno, hanno consentito un risparmio di oltre 78.200.000 kWh di energia elettrica rispetto a quanto necessario per estrarre materiale “vergine”. Anche per quanto riguarda la logistica, Ecodom ha mantenuto nel 2014 risultati eccezionali: su un totale di 35.473 ritiri dalle isole ecologiche effettuati nel corso dell’anno, soltanto in 12 casi non sono stati rispettati i tempi di intervento concordati tra il Centro di Coordinamento RAEE e ANCI, con un livello di servizio superiore al 99,97%. A livello territoriale, anche nel 2014 la Lombardia si conferma essere la regione più virtuosa in base ai RAEE gestiti da Ecodom: sono state 15.821 le tonnellate di apparecchiature trattate, con 15.455.000 kWh di energia risparmiata e 154.400 tonnellate di CO2 non immesse nell’atmosfera. Al secondo posto della speciale graduatoria della regioni virtuose stilata da Ecodom si piazza la Toscana (con 7.798 tonnellate di RAEE gestiti, corrispondenti a 7.495.000 kWh di energia risparmiata e 72.660 tonnellate di CO2 non immesse nell’atmosfera), seguita dal Veneto (con 7.551 tonnellate di RAEE gestiti), dall’Emilia Romagna (con 7.407 tonnellate) e dal Piemonte (con 5.878 tonnellate di rifiuti trattati). «Rispetto al 2013, la quantità dei RAEE che abbiamo gestito quest’anno – dichiara Giorgio Arienti, Direttore Generale di Ecodom – è cresciuta del 6,8%. Complessivamente, Ecodom ha trattato 75.818 tonnellate di RAEE, pari a circa il 32% dei rifiuti elettrici gestiti da tutti i Sistemi Collettivi in Italia. Un risultato molto importante, che ci ha permesso di ottenere un notevole beneficio per l’ambiente, evitando l’immissione in atmosfera di oltre 850.000 tonnellate di CO2, pari alla quantità di anidride carbonica assorbita in un anno da un bosco esteso quanto la provincia di Lecco, e determinando un risparmio energetico di oltre 78.200.000 kWh di energia elettrica, corrispondenti al consumo energetico annuo di oltre 60.000 persone».

Fonte: ecodallecitta.it

Ambiente, nel 2014 in Italia chi inquina non paga

Il 2014 che si appresta a concludersi è stato un anno orribile per l’ambiente perché chi ha inquinato non ha pagatoITALY-HEALTH-TRIAL-ASBESTOS

Il 2014 sarà ricordato come l’anno del chi inquina non paga. L’ultima prescrizione, riguarda la discarica di Bussi, in Abruzzo, per cui non c’è nessun responsabile e nessun colpevole. E non c’è nessun responsabile per quanto riguarda il processo Eternit per cui la Cassazione ha annullato per prescrizione la condanna di Stephan Schmidheiny. Eppure di procedimenti penali che hanno riguardato i reati ambientali ve ne sono stati 50 mila tra il 2004 e il 2013 su un totale di 1.552.435 procedimenti. Dice Angelo Bonelli leader dei Verdi:

L’Italia è zona franca anche per chi vuole inquinare e non pagare nulla. Oltre ai processi prescritti c’è il dramma ambientale ed economico della mancata applicazione del principio chi inquina paga,ovvero dopo la prescrizione penale c’è anche la prescrizione economica.In Italia ci sono circa 180.000 ettari di siti nazionale e regionali da bonificare a cui vanno aggiunti siti inquinati non inseriti negli elenchi del ministero ambiente dei SIN ma non per questo non presentano gravi problematicità di danno ambientale. Il danno ambientale comprende i costi delle bonifiche, di ospedalizzazione dei cittadini ammalati a causa dell’inquinamento e i costi ambientali, cosi come previsto dalla direttiva europea che applica il “ principio chi inquina paga “ previsto dalla direttiva europea 2004/35/CE.

In Italia abbiamo tanti disastri ambientali impuniti: Terra dei fuochi, Marghera, Taranto, Gela, Eternit, Valle del Sacco, Quirra e per ciò si attende l’inserimento nel Codice Penali del reato del delitto ambientale. La proposta arriva da associazioni di cittadini, di studenti, di categoria e comitati e promossa da Legambiente e Libera affinché sia approvato il disegno di legge sui reati ambientali nel Codice penale che prevede 4 delitti ambientali: inquinamento e disastro ambientale, trasporto e abbandono di materiale radioattivo e impedimento al controllo. Ogni anno sono accertati 30 mila reati che fruttano oltre 16 miliardi di euro ma che mettono in serio pericolo la salute e la sicurezza dei cittadini. Il testo di questa legge è fermo al Senato e approvarlo significherebbe rendere giustizia al popolo inquinato. , a danno della sicurezza e della salute di tutti i cittadini e dell’economia sana. L’altra faccia della medaglia dell’inquinamento e dai costi che gravano sulla salute e la sicurezza dei cittadini sono i costi delle bonifiche che in Italia, per ettaro, possono costare dai 450 mila al milione di euro e in taluni casi anche di più. Sapete quanti fondi sono stati stanziati dai privati per le bonifiche dal 2002 al 2013? 1,8 miliardi di euro contro i 2,3 miliardi di euro pubblici che però non sono stati sufficienti. In Italia abbiamo ben 57 siti altamente inquinati da bonificare, i cosiddetti SIN, per cui occorrerebbero 220 miliardi di euro, secondo stime che potrebbero però puntare al rialzo.

Spiega Bonelli:

Il danno ambientale nel SIN di Taranto (sito importanza nazionale da bonificare) è stimato in 8,5 miliardi di euro dai custodi giudiziari della Procura della Repubblica. Per la discarica di Bussi, in Abruzzo, cifra analoga 8,5 miliardi di euro. Per la centrale Enel di Polesine Camerini a Porto Tolle- Rovigo l’ISPRA ha calcolato il danno ambientale in 2,7 miliardi di euro con una relazione scientifica depositata nel procedimento penale che ha portato alcuni mesi fa alla condanna dell’ex ad Scaroni. A Crotone nell’area dell’ex Pertusola i danni provocati stimati sono di 3 miliardi di euro. Nel petrolchimico di Priolo-Melilli-Augusta solo disinquinare l’area servirebbero 10 miliardi di euro a cui vanno aggiunti i danni sanitari e ambientali con una cifra che supera i 12 miliardi di euro. A Brescia dove c’e’ il Sin della Caffaro e dove si è inquinato per 20 anni il danno provocato è di 10 miliardi. A Brindisi nel Sin dove ci sono le centrali a carbone il danno stimato è di 3,5 miliardi di euro.

Chi ha inquinato, attentato alla salute dei cittadini non ha mai pagato in Italia. C’è stato un livello di sfruttamento del territorio che non solo ha violato i limiti della natura ma violato impunemente le leggi e il codice penale della Repubblica italiana. Le conseguenze all’economia di questo danno ambientale è elevatissimo, che gli economisti dovrebbero studiare perché quando si inquina le conseguenze su altre economie sono forti. Ad esempio come nell’agricoltura, nella pesca, nel turismo, nel commercio e gli indotti a loro legati. Quello che chiediamo è che il principio chi inquina paga si applichi in Italia arrivando a prevedere per legge il sequestro dei patrimoni degli inquinatori.

Fonte:  Angelo Bonelli@fb

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Groenlandia: nel 2014 prosegue la perdita di ghiaccio anche se con ritmi piu’ contenuti

L’isola perde 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno e nel 2014 la superficie interessata a fusione e’ stata sopra la media degli ultimi trent’anni.

Vista dall’aereo, la calotta glaciale della Groenlandia appare come un formidabile mare di ghiaccio (vedi foto dell’autore) da cui spuntano come isole cime montuose alte piu’ di 2000 metri. Eppure ogni anno i ghiaccia della grande isola perdono oltre 300 miliardi di tonnellate e  la velocita’ di fusione continua a crescere. E’ difficile immaginare una quantita’ cosi’ grande, ma per farsi un’idea basta pensare che si tratta di circa 40 tonnellate per ogni abitante del pianeta, ovvero un cubo di 3,6 m di spigolo. Secondo le analisi delle Snow and Ice Data Center, ogni anno la fascia di entroterra a quote piu’ basse sperimenta due o tre mesi di continua fusione del ghiaccio superficiale; contribuisce al processo la presenza di valli sottomarine, per cui il ghiaccio entra in contatto con l’acqua di mare da sotto. Quest’anno da giugno ad agosto circa il 30% della superficie ha presentato fenomeni di fusione, con punte del 40%, rispetto ad una media 1981-2010 che superava di poco il 20% tra giugno e luglio. Si tratta di valori significativi, anche se fortunatamente inferiori all’estate del 2012, quando la superficie interessata a fusione ha sempre superato il 40% con punte del 90%.

La fusione completa della calotta groenlandese non e’ ancora nell’agenda di questo secolo, visto che stiamo parlando di un ghiacciaio di due km di spessore, ma se dovesse avvenire farebbe alzare il livello dei mari di circa 7 metri. Il rapido disgelo dell’isola non stimola solo gli appetiti delle multinazionali minerarie, ma anche le velleita’ di crescita economica dei groenlandesi, che stanno immaginando nuove strade, porti e aeroporti. Ghiacciaio-Groenlandia

Fonte: ecoblog.it

Biologico, boom di vendite in Italia: +17% nei primi 5 mesi del 2014

Nonostante la crisi dei consumi nel settore alimentare cresce il segmento dei prodotti biologici che fa registrare un incremento record del 17,3 per cento proprio nella GDO e per i prodotti confezionati

I prodotti biologici piacciono e convincono gli italiani tanto che sono gli unici prodotti che fanno registrare una impennata nei volumi di vendita. Mentre per il resto del comparto alimentare si registra una flessione dell’1,4% l’incremento riguarda i prodotti confezionati con marchio bio venduti nella grande distribuzione: tra gli scaffali gli italiani scelgono:

pasta, riso e sostituti del pane (+73 per cento), zucchero, caffè e tè (+37,2 per cento), biscotti, dolciumi e snack (+15,1 per cento). Aumenti piu’ contenuti – precisa la Coldiretti – si rilevano invece per gli ortofrutticoli freschi e trasformati (+11 per cento), le uova (+5,2 per cento), i lattiero-caseari (+3,2 per cento) e le bevande bio (+2,5 per cento).

I dati sono stati snocciolati al SANA – Salone Internazionale del Biologico e del Naturale che chiude a Bologna domani e dove si vive grande entusiasmo per questo mercato in netta espansione. Conferma la tendenza al rialzo anche lo studio Nomisma per Federbio rivela che negli ultimi 12 mesi le famiglie italiane che hanno acquistato almeno un prodotto bio dal 53% del 2012 al 59% del 2013 (più 2,2 milioni di famiglie acquirenti) e che la spesa pro-capite è passata dai 28 euro del 2011 ai 39 euro attuali. Il mercato in Italia vale 2,32 miliardi di euro e la crescita è del 6,7 per cento rispetto al 2012 con una quota bio sulla spesa totale del + 1,96 per cento.86541117-620x350

Spiega Coldiretti:

Ben il 45 per cento di italiani mette cibi biologici nel carrello regolarmente o qualche volta con un fatturato stimato pari a 3,5 miliardi per il 2014

Secondo l’indagine Nomisma emerge che ciò che innesca nei consumatori la preferenza per il biologico riguarda proprio lo stile di vita per cui si sceglie di essere molto attenti ai cibi che si portano a tavola. Infine il 2015 si prospetta radioso con il 19 per cento dei consumatori che annuncia di voler aumentare la spesa di biologici e con il 70% che dichiara di volerla tenere stabile; appena l”11 per cento dichiara di volerla ridurre. Per il 2015, infine, le famiglie intervistate non prevedono un’inversione di tendenza: il 19% dichiara che aumenterà la spesa bio nel 2015; il 70 per cento annuncia che la manterrà stabile, mentre solo l’11% prevede di ridurla.

Fonte:  Coldiretti, Italiafruit

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Peacelink: “Nel 2014 Ilva ha prodotto ancora il 99,4% di tutti gli Ipa emessi a Taranto”

“I livelli di IPA (idrocarburi policiclici aromatici, potenti inquinanti atmosferici) nel 2014 sono scesi da 8200 kg/anno a circa 3500 kg”, quantità adesso paragonabile a quella che veniva emessa qualche anno fa dall’area a caldo di Genova, oggi non più attiva. Lo ha detto il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti380084

“Nel 2014 l’Ilva ha prodotto ancora il 99,4% di tutti gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici, potenti inquinanti atmosferici), emessi a Taranto. Precisamente: tutti gli Ipa emessi a Taranto sono stimabili in 3490 kg/anno; di questi all’Ilva sono attribuibili 3469 kg/anno”. Lo ha detto il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, presentando uno studio aggiornato elaborato dagli stessi ambientalisti sugli inquinanti Ipa, ottenuto – è stato spiegato – utilizzando lo stesso modello di calcolo di Arpa Puglia. Nel 2010, la relazione dell’Agenzia regionale di protezione ambientale, che attestava al 99,8% gli Ipa di provenienza Ilva, fu anche oggetto di una telefonata (il 6 luglio) fra il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e l’ex responsabile delle relazioni istituzionali del Siderurgico Girolamo Archinà. Quest’ultimo, ricorda Marescotti riferendosi a quanto emerso nell’inchiesta ‘Ambiente Svenduto’, “parla di ‘una scivolata’ del direttore generale dell’Arpa, che il mese precedente aveva firmato quella relazione così severa verso Ilva. Perché i vertici di Ilva erano preoccupati nell’estate 2010? Per il benzo(a)pirene”. In quel periodo, aggiunge il presidente di Peacelink, “esplodono i dati scomodi dei primi cinque mesi del 2010: essi aveva superato di ben tre volte i limiti di legge. Rischiavano di essere fermate le cokerie Ilva (come chiedeva il movimento ambientalista) che sono la principale forte di benzo(a)pirene e di Ipa. Arpa proponeva una riduzione della produzione, ma anche questa idea non era accettata dall’Ilva”.
Nel corso della conferenza stampa, il presidente di Peacelink ha riconosciuto che i livelli di Ipa sono scesi da 8200 kg/anno a circa 3500 kg, “ma si tratta comunque – ha aggiunto – di quantità notevole paragonabile alla quantità che veniva emessa dall’area a caldo di Genova e che la stessa Genova non voleva più”. PeaceLink ha avviato il progetto di effettuare misurazioni degli Ipa con lo stesso strumento dell’Arpa, ossia l’Ecochem PAS 2000. E’ stato poi rilevato che i dati elaborati sugli ultimi 12 mesi (agosto 2013-luglio 2014) forniscono una media degli Ipa “di ben 28 ng/m3 nella centralina di via Orsini in cui è stato installato l’Ecochem PAS 2000, mentre in via Machiavelli nel periodo 2009/2010 la media era di 20 ng/m3”. Infine, Marescotti ha evidenziato “la strana situazione del monitoraggio in Cokeria che, stando ai dati Ipa registrati di 22 ng/m3, risulterebbe addirittura essere meno inquinata del quartiere Tamburi (28 ng/m3). Come si fa – ha concluso – a definire questo dato attendibile?”.

Fonte: ecodallecitta.it

Dal 22 al 30 novembre si svolgerà la sesta edizione della Serr

La sesta edizione della Serr (Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti) si terrà dal 22 al 30 novembre e avrà come tema la lotta allo spreco alimentare. Anche quest’anno l’obiettivo sarà quello di promuovere azioni volte alla riduzione dei rifiuti a livello nazionale e locale379984

La sesta edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, che avrà come tema la lotta allo spreco alimentare, si terrà dal 22 al 30 novembre. Il Comitato promotore nazionale SERR (composto da Ministero dell’Ambiente, Federambiente, Provincia di Torino, Provincia di Roma, Legambiente, AICA, ANCI,E.R.I.C.A. Soc. Coop. ed Eco dalle Città), annuncia le date ufficiali della sesta edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, che quest’anno si terrà dal 22 al 30 novembre 2014. La “Settimana” è un’iniziativa nata all’interno del Programma LIFE+ della Commissione Europea, con l’obiettivo primario di sensibilizzare le Istituzioni, gli stakeholder e tutti i consumatori circa le strategie e le politiche di prevenzione dei rifiuti messe in atto dall’Unione Europea, che gli Stati membri devono perseguire. Anche quest’anno l’obiettivo sarà quello del massimo coinvolgimento di Pubbliche Amministrazioni, Associazioni e Organizzazioni no profit, Scuole e Università, Imprese, Associazioni di categoria e Cittadini che potranno proporre azioni volte alla riduzione dei rifiuti, a livello nazionale e locale. Novità di quest’anno: le adesioni saranno esclusivamente on-line sul sito www.ewwr.eu fino al 10 ottobre. In particolare, il tema di questa edizione sarà la lotta allo spreco alimentare e come sempre, nel creare la propria azione ci si potrà sbizzarrire: dal cucinare con gli avanzi al laboratorio di compostaggio con gli scarti organici, dagli eco-acquisti al laboratorio di riuso e riciclo con i bambini e gli adulti. “L’obiettivo strategico per affrontare il problema dei rifiuti non è quello di trovare nuovi modi per smaltirli ma di evitare di produrli, riutilizzando tutte le materie prime, innescando processi produttivi come l’eco-design in cui già dalla progettazione si pensi al loro riciclaggio e al riutilizzo dei materiali” – afferma il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
“In particolare – rileva il Ministro – lo spreco alimentare è una delle forme eticamente più odiose della produzione di rifiuti perché innesca un consumo di risorse inutile, dannoso e riprovevole a fronte della carenza di cibo di cui soffrono ampie aree del mondo”. Il Ministero dell’Ambiente è in prima linea nella battaglia contro lo spreco alimentare. “E’ un modo per tutelare le nostre risorse naturali ma anche per costruire una società che privilegia i valori della giustizia sociale e della civiltà”. Per avere un’idea di cosa è già stato fatto negli anni passati, è possibile consultare la pagina http://www.menorifiuti.org , mentre informazioni più dettagliate su com’è strutturata la SERR sono disponibili sul sito http://www.ewwr.eu
Quella del 2013, in particolare, è stata un’edizione da record: hanno partecipato 27 Paesi, per un totale di 12.682 azioni a livello globale; l’Italia si è aggiudicata il primo posto per numero di iniziative: ben 5.399! Oltre al grande numero di azioni realizzate, il nostro Paese ha avuto l’onore di organizzare, nel maggio scorso, la cerimonia di premiazione delle migliori azioni a livello europeo, durante una due-giorni di congresso organizzata a Roma.

Fonte: ecodallecittà.it

Comuni Ricicloni 2014: ecco i vincitori

C’è almeno un “Riciclone” in ogni regione (salvo la Valle d’Aosta): il primato nel Nord-Est, ma crescono i comuni virtuosi nelle Marche e nel centro sud. Milano unica grande città al 50% di differenziata. 1328 comuni (quasi 8 milioni di italiani) hanno raggiunto l’eccellenza superando il 65% di raccolta differenziata dei rifiuti ma le grandi città stanno a guardare379743

Consegnati a Roma i premi della XXI edizione di “Comuni Ricicloni”: sono 1.328 i campioni nella raccolta differenziata dei rifiuti, il 16 per cento dei comuni d’Italia per un totale di 7,8 milioni di cittadini che hanno detto addio al cassonetto, pari al 13,7 per cento della popolazione nazionale che oggi ricicla e differenzia i rifiuti alimentando l’industria del riciclo e quindi la Green Economy(150 mila posti di lavoro). Per accedere alle classifiche i comuni devono aver raggiunto l’obiettivo di legge del 65 per cento di raccolta differenziata. La classifica è poi costruita attraverso un indice di buona gestione dei rifiuti urbani: quest’anno per la prima volta i “primi della classe” sono almeno uno per ogni Regione d’Italia, con l’unica eccezione della Valle d’Aosta, che non ha neanche un comune virtuoso.
“La prima novità della classifica di quest’anno -ricorda Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente che ha coordinato la giuria- è il lento spostamento al centro sud della distribuzione geografica dei “ricicloni”, ancora saldamente insediata nel Nord Est, con metà dei comuni virtuosi. In particolare grazie alla crescita dei comuni marchigiani, che hanno applicato un sistema moderno di raccolta (porta a porta) e che usufruiscono degli sconti per lo smaltimento in discarica in base alle performance di differenziata. La seconda novità è la crescita del Comune di Milano: sfiora nel 2013 il 50 per cento di differenziata. Con oltre un milione di abitanti serviti dal porta a porta, Milano è così la prima in Italia e la seconda in Europa dopo Vienna. Insomma, in una Italia bloccata, da riformare nella gestione dei rifiuti, anche questi comuni virtuosi crescono ed evidenziano chiaramente una virtuosa direzione di marcia per tutti gli altri, grandi e piccoli, comuni d’Italia”. “I 300 comuni “Rifiuti free”, dove cioè la popolazione riduce e ricicla più del 90% dei rifiuti che si producono mediamente per ogni italiano, dimostrano chiaramente che è possibile trasformare una vergogna in una eccellenza nazionale, anche nel ciclo dei prodotti e dei rifiuti –dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente-. Un bel messaggio per il semestre italiano di guida europea. Ma dobbiamo decidere di intraprendere la strada anche di questa riforma nazionale e lasciare quella dell’ennesimo “condono”: chiediamo al Parlamento di abbandonare la strada che posticipa gli obiettivi di raccolta differenziata presente nel disegno di legge del collegato alla legge di stabilità e al Ministero dell’Ambiente di approvare il decreto della tariffazione puntuale. L’Italia virtuosa del semestre italiano dovrebbe, a nostro parere, da quest’anno avere una riduzione della Tari per le famiglie e le aziende, in proporzione ai rifiuti prodotti, in tutti i comuni e aumentare la tassa sulla discarica ai comuni che non raggiungono gli obiettivi di legge”. Le Regioni. Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sono le Regioni con la più alta concentrazione di Comuni Ricicloni. Ma la novità dell’anno è la crescita dei ricicloni nel centro sud che passano dal 15 al 20 per cento del totale nazionale. Crescono in particolare i comuni virtuosi nelle Marche (+15 per cento in un anno): qui, semplicemente, è stata applicata in maniera intelligente la legge nazionale, prevedendo un tributo di 20 €/tonnellata per i rifiuti urbani che finiscono in discarica, importo che viene modulato in base alle performance di raccolta differenziata raggiunte dai Comuni. Premi e penalità che i comuni sono invitati (applicando tariffe differenziate in funzione dei rifiuti prodotti da ciascuna famiglia) a trasferire ai cittadini, riducendo drasticamente le tariffe da pagare ai più virtuosi.  Le nuove tecnologie dell’informazione (non solo sistemi automatici di pesata e controllo nella raccolta, ma anche App scaricabili anche su smartphone e tablet di ciascuno) fanno il loro ingresso in centinaia di comuni d’Italia e fanno prefigurare alla futura smart comunity che popolerà le città e i quartieri una amministrazione dei flussi di rifiuti che arriva a ricordare il giorno prima la frazione di rifiuto differenziata da preparare davanti alla porta di casa, la pesata del proprio condominio e i premi (riduzione di tasse) che si possono ottenere per chi riduce all’indispensabile i rifiuti non riciclabili. Dopo i Ricicloni i Comuni rifiuti free ovvero quei comuni che sono riusciti a ridurre del 90 per cento circa la quantità di rifiuti da smaltire. Sono circa 300 quelli che nel corso del 2013 hanno prodotto meno di 75 chilogrammi a testa di rifiuto secco indifferenziato, mentre la produzione media pro capite nazionale si aggira sui 550 chili annui. E non si tratta di piccoli comuni: il toscano Empoli con i suoi 48 mila abitanti è seguito dai trevisani Castelfranco, Montebelluna, Vittorio Veneto, tutti attorno ai 30 mila abitanti. Le ricette sono diverse, ma con alcune caratteristiche comuni: la raccolta “porta a porta”, la modalità di tariffazione del servizio (due terzi applicano la tariffa puntuale), la responsabilizzazione dei cittadini attraverso una comunicazione efficace e con politiche di prezzo che premiano il cittadino virtuoso con una riduzione della tassa sui rifiuti se separa bene i materiali, incentivando la pratica del compostaggio domestico, promuovendo il consumo dell’acqua del sindaco riducendo le bottiglie di plastica, bandendo l’usa e getta.  Le grandi città stanno a guardare? Tutte, tranne Milano, che ormai ha superato la soglia del 50 per cento (prima metà del 2014), prima in Italia e seconda in Europa tra le città sopra il milione di abitanti (la prima è Vienna). Il “trucco” di Milano? Una buona e continua informazione (anche multilingue), porta a porta con bidoni condominiali, l’estensione a tre quarti della città della raccolta selettiva del rifiuto umido da cucina (da giugno appena esteso a tutta la città). Per questa ragione viene attribuita a Milano una menzione speciale:Milano non è “riciclona”, perchè non supera ancora il 65 per cento previsto dalla legge, ma è sulla buona strada. Un monito per Torino, che ha da tempo superato il 50 per cento, ma solo nella metà della città dove esiste la raccolta porta a porta, ma soprattutto per Roma non sa ancora scegliere tra raccolta porta/porta spinta e sistemi pasticciati fondati ancora sul cassonetto che impediscono l’indipendenza dall’ennesima discarica.
No al condono dell’ecotassa sulle discariche, sì alla tariffazione puntuale. La legge si deve rispettare e questo vale anche sulla raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio. Proprio per questo Legambiente trova inaccettabile e controproducente l’articolo del disegno di legge collegato alla legge di stabilità in discussione in Commissione ambiente della Camera dei deputati, che prevede di posticipare gli obiettivi di raccolta differenziata previsti dal decreto legislativo 152 del 2006. Con la normativa ancora oggi vigente, infatti, dal 1 gennaio 2013 tutti i Comuni che non hanno raggiunto il 65 per cento di differenziata pagano un’addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento in discarica. Con le disposizioni previste dal collegato ambientale alla legge di stabilità, invece, la multa verrebbe pagata solo a partire dal 2015 dai Comuni che non avranno raggiunto il 35 per cento di differenziata nell’anno precedente, nel 2017 sarebbero coinvolti i Comuni che non avranno raggiunto l’obiettivo del 45 per centonell’anno precedente e nel 2021 quelli che non avranno raggiunto l’obiettivo del 65 per cento nell’anno precedente. Un provvedimento di questo tipo rappresenterebbe inoltre un ingiustificato condono a chi ancora non si è attivato per una corretta gestione dei rifiuti, un disincentivo ad impegnarsi su questo fronte per i prossimi anni e una beffa per i “Comuni ricicloni” e che hanno dimostrato come l’obiettivo del 65 per cento fosse raggiungibile. Il Ministero dell’Ambiente, promotore di questo disegno di legge, invece di pensare al condono per le multe sull’ecotassa, dovrebbe approvare al più presto il decreto sulla tariffa puntuale, previsto dalla legge di stabilità 2014. Siamo già in forte ritardo (sono ampiamente trascorsi i sei mesi previsti per la sua approvazione) e nel frattempo le utenze, familiari o produttive, che producono meno rifiuti continuano a pagare nella maggior parte dei Comuni quanto quelle che ne producono di più. Insomma chi inquina purtroppo non paga come dovrebbe.  Cosa succede nelle diverse regioni? Andiamo dunque ad osservare cosa succede nelle nuove graduatorie. Intanto quali sono le regioni a vantare dei comuni in tutte le graduatorie (capoluoghi, sopra e sotto i 10mila abitanti) e fare così l’en plein? Non poteva certo mancare il Veneto, regione che negli ultimi anni è stata testimone di un crescendo che non si è ancora arrestato. Lo accompagnano le altre regioni del triveneto: Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Tra i capoluoghi Belluno, Pordenone, Novara e Salerno si riconfermano delle eccellenze. Non vale lo stesso per Oristano che esce dalla lista dei virtuosi per cedere il posto ad Andria. Tra i nuovi anche il comune diTrento. Il Piemonte mantiene il primato di unica regione ad avere due capoluoghi ricicloni: assieme a Novara c’è anche Verbania. Spulciando tra le prime 100 posizioni della graduatoria generale, troviamo numerosi comuni gestiti efficacemente in forma consortile: dei56 comuni veneti 46 sono trevigiani, la maggior parte appartenenti a 2 consorzi (Priula e TV3), così come i 29 comuni trentini, 8 in Friuli Venezia Giulia. I rimanenti 7 sono casi isolati: 2 in Campania e 1 per Lazio, Lombardia, Toscana, Piemonte e Marche. Sempre tra i primi 100 troviamo 9 comuni oltre i 10mila abitanti (Castelfranco Veneto con quasi 34mila), tutti veneti e trevigiani ad eccezione di Vigodarzere (PD). Difficile trovare comuni che facciano da sé che arrivino a risultati eccellenti, la forza rimane quella dell’unione nei consorzi. Ovviamente c’è sempre l’eccezione che conferma la regola e si chiama Ponte nelle Alpi che, gestendo in autonomia i rifiuti dei cittadini (e dei turisti – siamo nel territorio delle Dolomiti) raggiunge l’indice di gestione più alto.

 

Dossier Comuni Ricicloni 2014 [8,03 MB]

 

Fonte: ecodallecittà.it